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Optimo Viro Monumentum Fecit

La lapide con la scritta X.O.V.M.F.

La lapide con la scritta X.O.V.M.F.

 

Optimo Viro Monumentum Fecit

 

 

Cassago ha restituito interessanti reperti di età romana: tra questi di particolare interesse è un masso sagomato di marmo, rotto in due parti che combaciano perfettamente. Sembrerebbe marmo di Luni, dalle tipiche striature verdognole. L'impiego di questo marmo nelle iscrizioni risale all'inizio dell'età imperiale, per generalizzarsi poi più avanti.

Dunque in questo caso il materiale rappresenterebbe il termine post quem per una datazione del pezzo. Eccone le dimensioni e il testo: altezza m 0,175 larghezza m 0,38 e spessore m 0,15.

Reca incisa la seguente iscrizione, allora inedita:

 

X IV O. V. M. F.

 

L'epigrafe fu resa pubblica il 21 novembre 1986 ma il suo ritrovamento risale a molti anni prima ad opera di un privato. Dell'iscrizione, mutila, resta soltanto la parte conclusiva, incisa con caratteri rozzi e non particolarmente profondi, alti in media 7 cm. Dall'evidente frattura del marmo prima del segno X si riconosce che la pietra manca di qualche parte, forse fu appositamente rotta in questo punto per un suo reimpiego. Il retro dell'iscrizione presenta delle scanalature verosimilmente eseguite per consentire l'incastro con gli altri pezzi dello stesso monumentum. Si potrebbe sciogliere la sigla in questo modo: O (ptimo) V (iro) M (onumentum) F (ecit) e riferire il testo a una moglie che fece erigere un monumento al proprio consorte defunto. Questa interpretazione, una tra le tante possibili, è suggerita dal confronto con un'altra epigrafe di Cassago. Il segno IV è inciso, con caratteri più piccoli, alti circa cm 2, tra la X e la O, ma non sullo stesso rigo, bensì 4 cm più sotto. L'iscrizione si componeva probabilmente di quattro parti: a noi resta soltanto quella conclusiva, appunto la quarta. IV piuttosto che IIII è tipico della scrittura volgare e di solito non lo si trova documentato sui monumenti d'epoca imperiale. Il IV non fa parte del testo: sembra essere una rapida nota del lapicida, un appunto dal valore puramente pratico, quindi non si può respingere l'ipotesi che questo materiale sia stato reso nella forma corsiva. I rozzi caratteri, dal solco stentato e impreciso, che costituiscono questo breve frammento d'iscrizione, farebbero pensare alla mano di un lapicida poco abile. Queste lettere sembrano appena scalfite nel marmo e non si può escludere che si tratti di una prima e provvisoria stesura del testo. Tuttavia è insolito l'uso del marmo in una zona dove si utilizzava quasi esclusivamente il serizzo, facilmente reperibile in grandi quantità e destinato ad un uso non esclusivamente locale. L'iscrizione potrebbe allora essere parte di un monumento funerario di un certo rilievo richiesto da una facoltosa committente. Le lettere che costituiscono questo frammento epigrafico sono poste nello spazio compreso tra due allineamenti di punti, che, quasi equidistanti e paralleli, scorrono appena sopra le stesse lettere e alla base di queste. Si distinguono chiaramente dai segni di divisione e perciò ritengo che questi punti si possano spiegare come un originale e sbrigativo accorgimento del lapicida per delimitare lo spazio entro cui disporre le lettere dell'iscrizione.

Singolare è l'abbreviazione riportata: O. V. M. F. Si trova infatti soltanto in un'altra lapide attestata proprio a Cassago verso la fine del '700. Non si tratta della stessa, perchè quest'ultima, nota indirettamente anche al Mommsen e riportata in C. I. L., V, 5662 ( MARRILLA / ROMINI F. /O.V.M.F.) "pare fosse di sasso scuro ed era posta a circa m 6 da terra nel pilone di S. Giacomo, all'interno della parrocchiale."

Non sono mancati studi e interessanti osservazioni relative a questa iscrizione, alcuni in verità troppo fantasiosi, ma tutti concordi nella difficoltà di assegnare un senso convincente all'abbreviazione O. V. M. F. che costituisce un unicum in quanto non compare negli elenchi dei manuali di epigrafia latina più autorevoli quali il Cagnat, il Calderini o la Calabi Limentani.