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Luigi Beretta: Il parroco Antonio Brambilla

Ricostruzione dell'entrata della chiesa medioevale di santa Brigida d'Irlanda

Ricostruzione dell'entrata della chiesa medioevale

 

Il parroco Antonio Brambilla (1530-1610)

di Luigi Beretta

 

 

Il tentativo di ricomposizione storica di Cassago nel Cinquecento può senz'altro approfondire le indagini sulla struttura della società proprio da chi ebbe il compito gravoso di organizzare la parrocchia appena nata, preparando e realizzando localmente le nuove norme ecclesiastiche e giuridiche introdotte da S. Carlo o dai Governatori spagnoli. Intendiamo riferirci al parroco, che il brano della premessa purtroppo non ci fa conoscere, per quanto ne citi l'esistenza. Da altre fonti apprendiamo che si chiamava Giovanni Antonio Brambilla ed era nativo di Cassago. E' lui stesso a confessarlo in una dichiarazione autografa, che dettò per la curia milanese, affermando di essere «oriundus in loco Cassaghi plebis massaliae, habitans Cassaghi» (1). Nella stessa occasione sostiene inoltre di avere 48 anni e di essere figlio di un certo Simone "che passa l'età di anni 100" (2).

Questo padre, di professione tornidor, possedeva una casa propria nel capoluogo, dove abitava con tutta la sua numerosa famiglia, forse già a partire dagli ultimi decenni del '400 (3). Com'era consuetudine e necessità di quegli anni, e non solo di quelli, Antonio Brambilla fu sicuramente partorito proprio qui, a casa sua, in un edificio del vecchio centro storico di Cassago.

Purtroppo ignoriamo l'anno esatto in cui nacque. Da deduzioni e calcoli è però possibile porre tale data fra il 1526 e il 1530. Questi valori si ottengono sottraendo 48 agli anni 1574 e 1578, l'intervallo in cui fu certamente redatto quel documento citato in precedenza che riporta l'età del parroco. Nel corso di quei quattro anni si verificarono infatti tutti gli avvenimenti annotati tra una riga e l'altra e cioè la morte di Simone Brambilla, l'affermarsi della dedicazione della chiesa parrocchiale a S. Brigida oltre che a S. Giacomo e l'abbandono della cura di Cassago da parte dello stesso Antonio Brambilla. E' comunque presumibile che la data esatta di nascita sia il 1530, poichè verso il 1589, quando ricevette la visita pastorale a Costa Masnaga, don Antonio dichiarò di avere 59 anni. Quando prese possesso della sua cura, era ancora relativamente giovane e certamente nel pieno vigore delle sue forze e della sua maturità. Di sua madre conosciamo il nome, Caterina, così come appare nell'elenco degli abitanti di Cassago redatto il 12 novembre 1571 proprio dal figlio, ormai parroco del paese. Questa povera donna non compare più invece nel successivo censimento del 1574, poichè nel frattempo era deceduta il 15 settembre 1572 (4). Nello scarno atto di morte che fu steso di propria mano dal figlio, Antonio Brambilla ce ne rivela finalmente il cognome, il che consente di sapere che era originariamente della famiglia dei de Maueri, a quei tempi particolarmente diffusa ad Oriano. Dopo di lui i suoi genitori ebbero ancora un figlio, forse l'ultimo, nel 1534 e lo chiamarono Pietro o Pedro. In entrambi i casi si trattò di paternità in età molto avanzata. Il padre Simone Brambilla era nato infatti nel lontano 1470.

Quando il figlio Antonio venne alla luce aveva dunque ormai superato abbondantemente i cinquant'anni. Ne aveva addirittura 64 quando nacque Pietro, l'ultimogenito di una probabile lunga serie di figli, la cui sequenza e i cui nomi purtroppo non ci sono stati conservati con sicurezza. Questa differenza d'età tra padre e figli non era una rarità a quell'epoca ed anzi si conoscono diversi altri esempi, che ci presentano sotto una luce nuova questo secolo, in cui la scarsità della popolazione e le frequenti malattie mortali condizionavano pesantemente lo sviluppo e le scelte quotidiane della vita. Ad Antonio del resto non mancò mai l'affetto e la presenza del padre, la cui straordinaria longevità ne fece alla lunga l'uomo più anziano del paese. Quando morì il 15 aprile 1574 (5) aveva già raggiunto i 104 anni (6), un'età di tutto rispetto ancora ai nostri giorni (7). In una società che stimava profondamente i vecchi, ciò gli assicurava considerazione e prestigio, che si riflettevano sugli altri familiari, non ultimo proprio sul figlio parroco.

La sua esperienza e soprattutto il ricordo di avvenimenti passati lo rendevano un testimone autorevole ed insostituibile, la cui memoria poteva supplire efficacemente alla penuria di informazioni o di tradizioni scritte, tipiche di una popolazione fondamentalmente analfabeta. A lui ricorrerà anche il figlio quando in pieno Cinquecento dovrà fornire ai funzionari arcivescovili notizie particolareggiate e sicure su fatti e dicerie riguardanti addirittura il secolo precedente. Da un tale punto di vista l'esistenza di questo vecchio è certamente singolare ed emblematica. Possiamo anzi aggiungere che la sua morte chiude simbolicamente un'epoca della storia di Cassago, dai contorni sfumati, in gran parte sconosciuti e ne apre una nuova ormai decisamente proiettata nella storia moderna. Chi ne raccoglie l'eredità è il figlio Antonio, cresciuto ed educato in una mentalità che ben presto, sotto l'esempio e l'autorevole impulso di S. Carlo, non tarderà ad imporsi in ogni strato della società. La sua condizione di prete lo pone per di più in una posizione di maggior prestigio del padre: non è più solo il depositario fedele della tradizione, è anche e soprattutto il nuovo e razionale organizzatore della vita sociale del paese, che è stato affidato alle sue cure pastorali. Non sappiamo se abbia manifestato subito la sua vocazione, nè se questa fosse autentica o più che altro dovuta alle insistenze paterne o alle necessità materiali del tempo. Indipendentemente dai motivi che lo convinsero a questo passo, certo è che fu un parroco scrupoloso, perfettamente a conoscenza dei doveri che si era assunto quando fu ordinato sacerdote l'11 giugno 1552.

Come egli stesso afferma in una dichiarazione autografa (8), il suo cammino verso questo ordine sacro incominciò nel 1544 e precisamente il 6 marzo con la stesura a Milano di un Istrumentum Collationis relativo alla cosiddetta "prima tonsura", un rito non sacramentale, durante il quale venivano tagliati i capelli a forma di croce. Purtroppo non conosciamo il contenuto di questo atto nè di quelli seguenti. Sappiamo però che dopo quel passo acquisì regolarmente tutti i diversi gradi della formazione ecclesiastica. Non si trattava tuttavia di studi veri e propri, quanto piuttosto, almeno per gli ordini minori, di una adesione da sottoscrivere davanti al notaio e al cancelliere della Curia. Per gli ordini maggiori invece era necessario sostenere una prova o colloquio dinanzi ad esaminatori ecclesiastici. Ne abbiamo un esempio dall'avviso promulgato dall'Arcimboldi, Vescovo di Milano, nel maggio del 1550, nel quale ordina ai candidati agli ordini sacri di presentarsi alla commissione giudicatrice nella casa della Fabbriceria della chiesa maggiore di Milano (9).

E' quanto mai verosimile che anche Antonio Brambilla abbia fatto altrettanto appena un anno dopo nel 1551. Non è da escludere che disposizioni similari regolassero l'accesso alla carriera ecclesiastica pure verso il 1546 quando con l'Instrumentum quatuor minoris il 18 dicembre gli furono conferiti i Quattro Ordini Minori, cioè Ostiariato, Lettorato, Esorcistato e Accolitato (10). Cinque anni dopo il 23 maggio 1551 ottenne l'Instrumentum Subdiaconatus, il primo degli Ordini Maggiori, la cui professione, equiparata all'emissione di un voto solenne di castità, obbligava a vivere perpetuamente come celibe. Inoltre da questo momento era tenuto alla recita integrale ogni giorno delle Ore Canoniche (11). Il 19 settembre di quello stesso anno otteneva l'Instrumentum diaconatus e l'anno seguente finalmente veniva consacrato sacerdote della Diocesi milanese e grazie all'Instrumentum presbiteratus potè iniziare il suo servizio. L'attuale stato delle ricerche non ci permette di conoscere la sua prima destinazione, nè se ve ne furono diverse prima di stabilirsi a Cassago. Un certo padre Antonio Brambilla è comunque noto a Veduggio come parroco dal 1556 al 1566 e non è imprudente riconoscervi proprio il nostro Antonio Brambilla. A supporto di una richiesta di don Prospero Ordio questo padre Antonio Brambilla, con proprio autografo in data 20 maggio 1603 affermava di essere ora curato di Costa Masnaga e ricordava che "il P. Gio:Angelo Bergamasco, qual resse la chiesa di Veduggio dal anno 1552 sino al anno 1556 al quale successi io ... et a me successe il R. P. Hieronimo Perego ..." (11 bis). In ogni caso lo troviamo insediato stabilmente in Cassago già a partire dal 1566. Fu lui infatti ad incominciare la stesura proprio in quell'anno dei primi registri dei battesimi, morti e matrimoni che si conoscano della parrocchia di Cassago. Egli resse questa Cura per dodici anni fino al 1578. Per tutto questo tempo la sua attività pastorale fu assai intensa e nonostante avesse ricevuto una educazione ecclesiastica e l'ordinazione in epoca pre-carolina, in un periodo cioè di grande confusione morale, ma anche di forti tensioni spirituali, seppe tuttavia stare al passo dei tempi, ottemperando alle nuove disposizioni tridentine caldeggiate da S. Carlo. Sotto questo aspetto, come avremo occasione di verificare, fu senz'altro assai ligio ai suoi doveri di parroco. Non mancò mai ad esempio di redigere i registri della parrocchia, nè di inviare relazioni alla Curia sullo stato spirituale o materiale della Cura affidatagli. Stese inoltre regolarmente tre volte lo Stato d'Anime della popolazione e, ciò che più conta, si impegnò a istruire costantemente i propri parrocchiani nella fede cristiana. Si preoccupava di partecipare alla vita diocesana tant'è che lo troviamo nell'elenco dei sacerdoti della pieve di Missaglia, che furono presente nel 1568 alla Sacra Sinodo Diocesana (12).

Questi ed altri particolari, nonchè gran parte della documentazione che possediamo sul suo conto, confermano senz'altro la sua forte personalità tutta tesa ad una autentica vocazione sacerdotale. La mancanza del suo atto di investitura curiale a rettore della chiesa dei SS. Giacomo e Brigida non risolve le molte lacune della nostra possibile ricostruzione storica e soprattutto non ci permette di sapere se Antonio Brambilla fu il primo parroco di Cassago soggetto all'obbligo della residenzialità così come richiesto dal Concilio di Trento ed espressamente imposto nel milanese da S. Carlo. Da un documento del 1571 si sa solo che fu la stessa Comunità di Cassago a eleggerlo di propria iniziativa verso il 1566-1567, sia pure con la debita approvazione ecclesiastica del Vicario Generale di Milano (13), mons. Giovanni Battista Castelli (14). Altro non si può aggiungere su quest'epoca di transizione dato che, oltretutto, non conosciamo neppure il nome del suo predecessore, nè se mai ve ne fu alcuno. Per affrontare correttamente la questione giova comunque ricordare che la Cura di Cassago non possedeva redditi propri, il che non la poneva certamente in una condizione tale da attirare l'interesse di sacerdoti e preti spesso alla ricerca di una sistemazione se non definitiva, almeno dignitosa ed economicamente efficace. In realtà sono ben pochi gli esempi noti di preti operanti a Cassago prima del '500. Conosciamo solo un certo dominus prebiter Joannes de tabiago che nel 1397 era "benefitialis ecclesiae sancti Johannis de Biolzago et rector sanctae Marie loci de Cassago" (15). Tuttavia neppure in questo caso possiamo parlare di un vero e proprio parroco del paese poichè forse non vi risiedeva nemmeno. Si trattava probabilmente di un cappellano che celebrava più o meno regolarmente in S. Maria, una vecchia chiesa di Cassago scomparsa nel '400, che dipendeva dal monastero di Pontida.

Da un altro atto, che risale al 17 maggio 1386 (16), sappiamo che gli abitanti di Cassago si erano già impegnati da diversi anni con questo monastero a mantenere a proprie spese un cappellano per le funzioni religiose in paese: Johannes de tabiago era dunque il prete che la Comunità aveva prescelto verso lo scorcio finale di quel secolo. Ancora nella prima metà del '500 dovettero certamente esistere dei cappellani, poichè sono noti diversi legati, soprattutto dopo la peste del 1523-1524, che richiedevano la celebrazione di messe nella chiesa di Cassago. Tuttavia hanno sempre il connotato di fatti episodici, ben lontani dall'esprimere una condizione che indichi una parrocchia stabile con un proprio prete residenziale. Mentre la chiesa di S. Maria (17) aveva proprietà, che le garantivano redditi per la propria esistenza (18), l'altra chiesa di Cassago, dedicata ai SS. Giacomo e Brigida, non aveva, almeno fino al XVI sec. redditi propri. Tuttavia è probabile che con la scomparsa del monastero di Pontida da Cassago verso la metà del '400, le proprietà di S. Maria siano state, se non furono vendute, attribuite alla chiesa dei SS. Giacomo e Brigida, attenuandone la primitiva povertà.

In ogni caso pur assurgendo al titolo di parrocchiale quest'ultima chiesa rimase per lungo tempo mercenaria e almeno fino al tardo '500 fu a completo carico della Comunità di Cassago. Essa si manteneva cioè con i proventi delle offerte dei fedeli, il cui valore, in una economia prevalentemente agricola, doveva fissarsi a livelli alquanto modesti. Questa condizione di evidente disagio economico e soprattutto l'assenza di probativi esempi contrari induce a ritenere che il prete Antonio Brambilla se non di diritto, almeno nei fatti fu il primo vero parroco di Cassago.

Con lui incomincia quindi la storia di questa parrocchia, che progredirà regolarmente fino ai nostri giorni.

Nel 1578-1579 Antonio Brambilla si trasferì nella cura di Costa Masnaga, che resse per 32 anni fino al 1610, quando morì. Venne sepolto nella chiesa di questo paese che aveva così a lungo servito spiritualmente. Nel corso di quest'ultima sua residenza si occupò, dal febbraio 1602 al settembre 1606, dell'assistenza spirituale delle monache benedettine di Lambrugo di cui era diventato confessore. Un documento della fine del Cinquecento ci fornisce ulteriori interessanti notizie sulla sua famiglia: aveva un fratello, Giovanni Antonio detto il Bianco che abitava a Cassago, e un parente materno, un certo Lazaro Mauro che era, pure lui, sacerdote. Alla sua morte gli pervennero in eredità alcune terre note come la "segalbina".

 

 

 

(1) Arch. Curia arciv. Milano, Sez. X, Pieve Missaglia, vol. 18.

(2) Cfr. il foglio «pro ecclesia s.ti Jacobi dell'8 ottobre 1571», in Arch. curia arciv. Milano, Sez. X, Pieve Missaglia, vol. 18, q. 37.

(3) Si hanno notizie di questa famiglia già dal 1442, quando per motivi fiscali fu redatto un elenco dei capifamiglia di Cassago. In tale occasione sono citati certi "fratres de Brembilla filii quandam Petri", in A. S. M., Arch. Notarile, cart. 646 notaio Quartironi Cristoforo, atto del 7 maggio 1442. Una consistente migrazione di persone provenienti dalle valli della bergamasca è nota già da alcuni documenti lecchesi del primo '400. Sovente si tratta di famiglie legate alla fazione guelfa di Val San Martino e di Valle Imagna, che verso il 1408 divennero fautrici della politica signorile di Pandolfo Malatesta signore di Lecco, Bergamo e Brescia. Cfr. D. BRIVIO, Pandolfo Malatesta Signore di Lecco, Lecco 1982.

(4) Registro dei battesimi, morti e matrimoni, I, 1 in Arch. parrocchiale di Cassago. (5) Registro dei battesimi, morti e matrimoni, I, 2 in Arch. parrocchiale di Cassago.

(6) Cfr. Il stato delle anime del luoco di cassagho plebe de massaglia fatto l'anno 1574 adi primo magio, in Arch. curia arciv. Milano, Sez. X, Pieve di Missaglia, vol. 18.

(7) Questo record fu superato a Cassago solo da una certa Apollonia Valtorta, che morì il 25 maggio 1640 a ben 110 anni. Cfr. II° Registro battesimi, morti e matrimoni della parrocchia di Cassago. Non sappiamo tuttavia se questa donna fosse nativa di Cassago o di Oriano, poichè non compare in alcun elenco della popolazione ivi residente nel '500. Conosciamo però una certa Catelina de Valtorta, nata nel 1536 da Orsina de Catanei e andata in sposa ad Andrea de Maueri di Oriano, che potrebbe esserne la sorella, tanto più che chiamò Apolonia una figlia nata nel 1560. Se questa congettura fosse vera si può supporre che questa vecchia longeva sia ritornata ad Oriano al seguito del fratello Ambrogio, per risiedere con questa sua sorella.

(8) Instrumentum ordinum presbiter Jo:Antonij Brambillae videlicet Cassagi, in Arch. Curia arciv. Milano, 240, vedi anche Codice D 330 inf. "S. Caroli Borromei Tractatus de Ordine etc.", Biblioteca Ambrosiana, ed. critica Milano 1984, 20-22. 

(9) Cfr.: "Iacobus Zerbus juris utriusque doctor canonicus ordinarius nuncupatus R.mi in Christo patris et Ill.mi domini domini Io. Angeli Arcimboldi Sanctae Mediolanensis ecclesiae electi archiepiscopi vicarius generalis, Universis et singulis presentes et inspecturis, Notum facimus sicut R.dus in Christo pater D. D. Melchior Cribellus Dei et apostolicaee sedis gratia episcopus tagatensis a predicto R.mo domino Archiepiscopo licentiatus, Diebus Veneris et sabati ebdomade proxime future tenebit ordinationem generalem in ecclesia maiori Mediolani. Propterea volentes se promoveri facere ad Clericatus et acolitatus ordines compareant diebus Jovis et Veneris praedictae ebdomade proxime venture coram notario et canzellario infrascripto ad eius notarius bancum situm in audientia Archiepiscopali Mediolani, ad se scribi seu in lista poni faciendum, Promoturi vero ad reliquos sacros ordines comparent die Veneris suprascripta Coram dominis examinatoribus in domibus fabricae ecclesiae maioris Mediolani ... ad se examinari faciendum. Datum Mediolani die Jovis XXIJ mensis maii 1550", Arch. Curia Milano, Schede Ratti, 3, cart. 39.

(10) Nell'attuale disciplina post Vaticano II sono rimasti solo il Lettorato e l'Accolitato. Cfr. Codice D 330 inf., op. cit., 22-28.

(11) Questo ordine è stato soppresso nella nuova disciplina. Cfr. Codice D 330 inf.. op. cit., 28-30.

(11 bis) Arch. Curia arciv. Milano, Sez. X, vol. 16.

(12) Cfr. Nota parrochorum et Capellanorum Plebis Missaliae etc., in Arch. Curia arciv. Milano, Pieve di Missaglia, vol. 18.

(13) Cfr.: "... noi infrascritti ... prometemo ... al Reverendo domino prete Antonio Brambilla quale hauemo eletto per governare et regere le anime sottoposte alla chiesa di S.to Jacomo di Cassagho etiam con licentia del Molto Reverendo signor Castelio Vicario Generale di Milano ...", in Conventione fra il prete Antonio Brambilla e la Comunità di Cassago del 1 giugno 1571, in Arch. Curia Milano, Pieve di Missaglia, vol. 18.

(14) Mons. Castelli, protonotario apostolico, divenne Vicario Generale di Milano il 25 gennaio 1567 (C. MARCORA, Nicolò Ormaneto vicario di S. Carlo, in Memorie Storiche della Diocesi di Milano, VIII, 1961, 361). Prima era canonico di Bologna (CAPPELLETTI, Le chiese d'Italia, 2, 241) e successivamente fu creato vescovo di Rimini, dove morì nel 1629. Del Castelli, Enrico III re di Francia, fece questo elogio: "Se tutti i vescovi italiani fossero della bontà e della santità che è nel card. Borromeo e nel suo ottimo mons. Castelli, io non proporrei nelle vacanze de' vescovadi alcun prelato francese, ma li vorrei tutti italiani". Cfr. SALA, Documenti per la vita di S. Carlo, III, 56.

(15) Atto del 28 febbraio 1397, in Arch. Stor. Milano, Fondo Religione, Cremella, Monastero di S. Pietro, cart. 5.

(16) A. S. M., Fabbrica Duomo di Milano, fol. 309: "... debeant homines solvere presbitero de Cassago omne ac totum id quod eidem solitum est solvi, pro offitiando ad ecclesiam dicti loci et eum manutenere suis expensis".

(17) BUSSERO, Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, 257 A: " Recordationis ecclesiarum sanctae dei genetris marie: Cassago, ecclesia sancte marie".

(18) cfr. atto del 1186 in LUPO, Codex diplomaticus civitatis et ecclesiae Bergomatis, II, Bergamo 1784-1799, col. 1360 e l'Inventario della consegna delle terre della chiesa di S. Giovanni di Monza in Zizzanorre del 29 luglio 1206 in Arch. Stor. Milano, Pergamene del Fondo Religione, S. Giovanni di Monza, cass. 590.