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La riorganizzazione della parrocchia compiuta da Antonio Brambilla (1566-1570)

La Sacra Famiglia di anonimo cinquecentesco

La Sacra Famiglia

 

La riorganizzazione della parrocchia compiuta da Antonio Brambilla (1566-1570)

di Luigi Beretta

 

 

Le prime attività e le prime iniziative del parroco Brambilla più che descritte possono essere organicamente immaginate sulla scorta di quanto si è potuto trasmettere e conservare fino a noi. Purtroppo i documenti al riguardo, che precedono la visita di S. Carlo sono pochissimi e al riguardo laconici. Si possono solamente individuare delle date e alcune circostanze, che permettono di fissare se non altro specifici caposaldi attorno a cui tessere i fili della storia. Il 1566 ad esempio è un anno fondamentale poichè segna l'inizio della documentazione ufficiale della chiesa di Cassago.

Risalgono infatti a quest'epoca tutti e tre i primi registri dei battesimi, morti e matrimoni di cui si abbia conoscenza. Originariamente tenuti separati l'uno dall'altro, sono oggi conservati in un volume unico, la cui rilegatura non sempre ne ha rispettato l'ordine e l'impaginazione. Ciascuno di essi inoltre doveva portare in testa una breve nota che ne introduceva il contenuto. Ce ne resta un discreto frammento solo per il registro dei morti, il cui testo, corroso in più punti, permette ancora di leggere "1566 adi 7 decembre notta de tutti li huomini [morti ne] la Cura di S.to Jacomo apostolo di Cassago et in p.a".

Per quanto non ne sia noto il giorno esatto, anche per i registri dei battesimi e matrimoni, la compilazione deve essere iniziata di lì a poco, forse verso gennaio in occasione della celebrazione di un matrimonio a Oriano (1). Lo stesso ne va per i battesimi, i cui primi esempi di inizio anno sono però in gran parte corrosi ed illeggibili. Dal 1566 in poi questo genere di registrazioni fu mantenuto con molta regolarità fino ai nostri giorni, se si esclude un breve periodo, che pare coincidere con la scomparsa da Cassago del parroco Antonio Brambilla. Si può aggiungere che l'ordinata stesura di questi atti divenne assai importante per tutte le vicende successive della parrocchia, dato che ne costituì una base indispensabile di documentazione, di riferimento e di confronto per la storia del paese. La loro importanza è sottolineata senza tanti preamboli nel corso delle visite pastorali, quando ne chiedono insistentemente gli originali e se ne verifica la buona tenuta. Quanto a questo Antonio Brambilla fu sicuramente un parroco preciso ed attento alle indicazioni del suo vescovo. Non fu mai tenuta a questo proposito a quanto ci risulta la compilazione di un Liber chronicus nè di altri quaderni o fascicoli, che ne avessero lo stesso scopo.

Quanto conosciamo deriva piuttosto da fogli, note, appunti, relazioni, che il parroco scrisse o dettò da inviare in curia a Milano. Non mancano a questo proposito notizie di un certo rilievo dato che la necessità di documentarsi e di conoscere con più particolari la storia di Cassago indusse il Brambilla talvolta ad indagini ed accertamenti, che si spingevano in vicende ormai lontane. E' il caso ad esempio dei legami fra la chiesa di Cassago e il monastero di Pontida. Questa questione venne sollevata nel 1571 in occasione della visita pastorale di S. Carlo, ma è indubbio che vi sia stato un interessamento del parroco molto tempo prima. In caso contrario non si piegherebbe la dovizie di particolari di cui fa sfoggio, nè la sua circostanziata conoscenza di luoghi e di persone interessate. Come per la faccenda dei legati e della loro esecuzione, anche in questo caso motivazioni economiche devono avere convinto il parroco ad approfondire l'argomento nella speranza di arrotondare le magre entrate della chiesa affidatagli. La visita di S. Carlo divenne un'occasione a questo punto per illustrare i risultati raggiunti con lo scopo più o meno palese di ottenerne un aiuto risolutivo.

Purtroppo non accadde così come era nelle intenzioni e nei desideri del Brambilla e solo a distanza di quattro secoli quella storia dei legami con il monastero di Pontida ha potuto essere parzialmente dipanata, perdendo quell'alone di leggenda che già la circondava in quel tardo '500. In altri casi il parroco si limitò a pure registrazioni, come è il caso dell'inventario di tutti i beni mobili ed immobili delle chiese di Oriano e Cassago, che sono stati più volte citati. Furono stilati tutti e due nello stesso giorno, il 17 giugno 1567, forse in preparazione della visita del Clivone, che si sarebbe effettuata di lì a qualche mese. Scarni e stringati, essi rappresentano l'ennesima denuncia della povertà della chiesa di Cassago. Stranamente in questa occasione il parroco non esprime quanto le Comunità di Cassago e di Oriano gli contribuivano a compenso dei suoi offici spirituali. Che li considerasse paga personale, da non confondersi con i proventi della chiesa ? Probabilmente era proprio così, tanto più che le relazioni sia del Clivone che del Borromeo sembrano ribadire lo stesso concetto.

Il Brambilla richiama piuttosto l'attenzione su un altro genere di entrate e precisamente sui legati. In questa occasione ne cita appena due, i soli di cui, come s'è già detto, aveva conoscenza all'epoca. Si tratta di quelli di Gio: Maria o meglio Marino della baretta e quello di un certo " Rajniro da cazanigha quale ha fato uno obligo alla giesia molto tempo fa di lire imperiali 40 dico y 40 una volta". Come nel caso di Marino della baretta, anche qui il Brambilla può aver fatto una certa confusione sui nomi, scambiando Rajniro per Guardino, il cui legato del 1524 ci è già noto. Nel foglio che descrive lo stato della parrocchia redatto il 25 luglio 1568 si trovano notizie che ci mettono in grado di valutare gli effetti della visita e delle disposizioni del Clivone. E' soprattutto il confronto sistematico degli arredi ecclesiastici e della loro variazione fra il 1567 e il 1568 a darci un'idea delle trasformazioni che a poco a poco maturavano anche a Cassago. Scopriamo così che nel breve volgere di un solo anno la dotazione dei paramenti si accresce, si perfeziona e si adegua alle nuove normative. Il tabernacolo di legno viene trasformato in "tabernaculo super dorato alla moderna con la cassetta non picta", si acquistano quattro candelieri in ottone, un'altra croce sempre in ottone, un paramento nuovo, una pianeta in seta morella e altri tre palii, uno in seta morella, uno in saglia gialla e l'altro in panno nero. Esternamente alla chiesa il cimitero viene finalmente delimitato da una recinzione o come dice il testo "mezo murato novo". Non accade invece nulla di simile a Oriano, dove non si fece nulla o meglio si decise di buttar via una delle quattro tovaglie "frustissime".

A differenza di Cassago, dove sembrano indirizzarsi gli sforzi maggiori di ammodernamento, pare proprio che ad Oriano tutto resti fermo. Non sono neppure aumentate le elemosine il cui valore pari a 8 lire imperiali e 9 soldi è rimasto tale e quale l'anno precedente. Curiosamente questi soldi non sono mai stati consegnati al parroco, ma sono "appresso a mf. francesco da perego", un nobile di campagna, che abitava a Oriano in case di sua proprietà. Si ripete anche in questa occasione la sottile ma sostanziale distinzione fra beni della chiesa, che appartengono alla Comunità e sono custoditi dai suoi rappresentanti, e mercede o paga del curato o del sacerdote di volta in volta chiamato ad assolvere compiti spirituali. La mancanza di un clero locale stabile ha fatto sì che Oriano sia rimasto un po' ai margini di questo rinnovamento e che comunque abbia intrapreso questo indirizzo con un certo ritardo rispetto alla chiesa capoluogo. Certo è che solo dopo il 1568 si incominciò a rinnovare i paramenti religiosi, forse in concomitanza con l'apertura e l'uso domenicale di quella chiesa. Il fervore delle nuove iniziative a Cassago è sottolineato anche da un altro foglio autografo del Brambilla, di cui possediamo praticamente solo la parte finale e che è relativa ad un sommario consuntivo degli ordini impartiti dal Clivone. Il gustoso linguaggio cinquecentesco ci chiarisce che "più nella data Cura già posto la Scola del corpus domini et si fa quanto commanda la constitutione Generale et circha ala Giesia se è fato per satisfare alla visita de monsignor leoneto quello hauemo mandato in aiutto de dio se sequirà" (2). In effetti di quanto prescritto dal Clivone non si era dato mano solamente alla realizzazione del campanile. Ma fu per poco, poichè tra il 1568 e il 1571 si procedette ad innalzarlo.

Tra l'altre cose questo stesso foglio asserisce che i gruppi familiari o fochi, come venivano chiamati per analogia ai focolari, che contraddistinguevano ogni casa, erano 56 in tutto a Cassago e Oriano, una cifra questa di poco inferiore a quella dichiarata nel 1571. Il Brambilla non solo mandava regolari resoconti in curia, ma cercava pure di essere presente agli incontri che venivano organizzati per il clero. Lo troviamo elencato a questo riguardo fra i sacerdoti della pieve di Missaglia, che nel 1568 parteciparono alla Sinodo diocesana. In questi incontri del clero si leggevano e si approvavano i decreti che erano stati definiti e preparati da S. Carlo. Il Brambilla si preoccupava molto d'altra parte di far crescere la spiritualità cristiana dell'intero paese, anche negli aspetti più corali e popolari. Risale proprio a questi anni la sua opera a favore della Scuola del SS. Sacramento o del Corpus Domini (3), il cui apparato e la cui struttura furono largamente consolidati ed ampliati. Un documento di questi anni ci attesta che questa confraternita poteva contare su ben 55 iscritti o scholares, con a capo un priore (4). Quasi subito fu unita a un'altra organizzazione religiosa esistente a Cassago, la "schola beatissimae Virginis Mariae". Nata probabilmente da una antica devozione alla Vergine, alla quale era tra l'altro dedicato un altare nella chiesa parrocchiale, questa "schola Virginis" costituì, per così dire, il ramo femminile dell'altra. A quest'epoca la Schola del SS.mo Sacramento aveva finalità esclusivamente religiose e non si occupava dei problemi amministrativi della chiesa. L'assunzione di quest'ultimo compito, che la rese una specie di Fabbriceria, si produsse più tardi e pare sia da mettere in relazione con l'usufrutto dei lasciti terrieri del legato di Bernardino de Sappis del 1602.

Nel 1568 però "scholares non tenent redditus", non amministravano cioè alcun patrimonio, nè avevano alcun credito o debito verso il parroco. Possedevano una regola propria, che non tutti però conoscevano bene, non ultimo a motivo del generale analfabetismo. Ogni prima domenica del mese gli scolari facevano processione, inoltre erano tenuti a frequentare con una certa assiduità i sacramenti e in special modo la comunione, da cui traeva spiritualmente origine la stessa associazione. Le sue attività erano gestite da alcuni scolari della medesima confraternita, assieme al parroco, che, secondo il citato documento, conservava nei suoi libri la regola da seguire. Priore di quegli anni era Petrus de Brambilla, il fratello del parroco. La sua presenza ai vertici di questa confraternita costituisce una ulteriore conferma della eccezionale importanza che la famiglia Brambilla aveva raggiunto nel paese verso la metà del Cinquecento. A tal proposito val la pena di rammentare che nel 1566 console di Cassago era un altro Brambilla e precisamente "Antonio dito il tardino il biancho" (5), non solo omonimo del parroco, ma pure suo parente o forse cugino.

A conclusione di questa forzatamente breve panoramica delle vicissitudini di Cassago prima dell'arrivo di S. Carlo, è necessario analizzare ancora un ultimo documento, non datato, che ci proietta sicuramente in quegli anni, per quanto sia stato redatto un poco più tardi. Si tratta dell'elenco delle feste che venivano celebrate nelle chiese sia di Cassago che di Oriano. La loro origine pare sconosciuta anche al Brambilla, il quale però non sa specificare se siano nate dalla devozione e dalla tradizione popolari oppure siano state istituite da qualche voto della Comunità. Precisamente si limita ad elencare le feste di voto, "non che sia voto ma di consuetudine le quali sono queste nella nostra cura". Segue una ordinata esposizione delle stesse in base ad un rigoroso criterio cronologico. Si tratta di un gruppo di 12 feste, concentrate per lo più d'estate, quando il bel tempo e la fine dei lavori nei campi poteva favorire un grande concorso della popolazione per un collettivo ringraziamento religioso. L'elenco presenta non poche sorprese. Una sicuramente è di grande importanza e riguarda la questione della festa patronale. Come si vedrà tra poco, si verifica infatti una curiosa situazione dove il titolo della chiesa non coincide con la sua festa patronale. Il fatto è strano ma non inspiegabile.

Se stiamo a quanto dice il foglio, e non v'è dubbio di credere diversamente, la festa patronale della chiesa di S. Giacomo di Cassago veniva celebrata il giorno di S. Brigida Vergine il 1 febbraio. Su questo il Brambilla non ha dubbi: la festa di S. Brigida è "festa ancho della nostra chiesa". Se ciò può stupire, stupisce ancor di più sapere che la festa di S. Giacomo non è neppure citata nel nostro elenco, nonostante che S. Giacomo in quest'epoca dia sempre il titolo alla chiesa parrocchiale. Fortunatamente un altro documento del 1571 ci aiuta a comprendere meglio la natura di questa stranezza. In quest'ultima carta viene ribadito che la festa di S. Giacomo non era nè di voto nè di consuetudine, ma era celebrata saltuariamente "quale ne fusse bisogno". Ma perchè - possiamo chiederci - si creò questa situazione e soprattutto perchè maturò la straordinaria importanza alla festa di S. Brigida, che, lo si ricordi, veniva celebrata addirittura con l'eccezionale presenza di ben sei sacerdoti dei paesi vicini ? Rispondere a questa domanda significa in realtà riscoprire la storia di questa chiesa. E a questo proposito è quanto mai opportuno riconsiderare che la prima dedicazione di questa chiesa fu per S. Brigida e non per S. Giacomo. Quest'ultimo titolo è sicuramente una aggiunta posteriore ed è il retaggio di una dipendenza di questa chiesa dal monastero di Pontida che, com'è noto, è sotto il titolo di S. Giacomo Maggiore Apostolo. Non v'è dubbio a questo punto che la primitiva dedicazione, altrimenti dimenticata, sia sopravvissuta proprio in questa festa di S. Brigida e nella marcata importanza che essa mantenne nella devozione popolare fino a questo secolo. Nel tardo Cinquecento essa appare ancora molto viva in parallelo a quanto invece ha conservato la tradizione scritta, che indubbiamente ha privilegiato il titolo di S. Giacomo, più recente e legato al ricordo della presenza di Pontida. Non è un caso che appena ne ebbe sentore dal popolo e dalla tradizione S. Carlo abbia subito ripristinato il titolo più antico associandolo al moderno, ormai unanimemente riconosciuto e consolidato. Quanto alle altre feste, l'elenco incomincia con quella di S. Cristoforo, che a quei tempi doveva essere assai diffusa a partecipata, tanto che il Brambilla si sente in dovere di aggiungere che "si osserva quasi in ogni luogho in questi contorni giorno seguente alla epiphania". Questo culto, che la chiesa milanese celebrava da diversi secoli, derivandola dalla ricorrenza del ritorno di Gesù dall'Egitto, fu frequentemente associato dalla religiosità popolare, che in campagna si intrecciava di frequente al folclore, all'invocazione di una protezione dei raccolti dei frutteti. Il suo culto fu diffusissimo nel Medioevo ed egli fu inserito fra i 14 Santi Ausiliatori. La devozione popolare si esprimeva in forme folcloristiche assai curiose: si pensava che bastasse uno sguardo alla sua immagine per salvaguardarsi tutto il giorno dalle disgrazie. La sua protezione era specialmente efficace contro la fame, la peste, la grandine. Per questo se ne dipingeva la figura sulla faccia delle chiese in dimensioni enormi, perchè si potesse scorgere da lontano.

C'era poi la festa di S. Antonio abate o eremita (250-355 d.C.), un santo di origine orientale il cui culto pare sia da mettere in relazione all'intenso sviluppo del monachesimo d'Oriente in Europa durante il periodo di occupazione bizantina. La sua festa si celebrava il 17 gennaio e costituiva l'occasione per invocare l'aiuto del santo a protezione del "fuoco di S. Antonio", il male che porta il suo nome. Non è da escludere che in tal giorno si accendessero i famosi fuochi di S. Antonio, che sono sopravvissuti fino a non molto tempo fa nel folclore locale. Le sue capacità taumaturgiche sono inoltre da mettere in relazione ai suoi attributi di protettore dei suini, una qualifica che è rimasta in larga parte nella tradizione rurale delle nostre campagne anche sotto forma di filastrocche di vario genere (6). Il maiale, che nelle rappresentazioni iconografiche sta solitamente accanto al santo, non è infatti solamente il simbolo delle tentazioni superate, ma ricorda che con il suo grasso misto a certe erbe aromatiche i Cavalieri dell'Ordine Antoniano curavano appunto il citato "fuoco di S. Antonio". Segue la festa di S. Brigida Vergine (453-524 d.C.), che cadeva il 1 febbraio. Costituiva la festa principale del paese. Altri esempi, specialmente dell'Alsazia e dell'Isère, inducono a credere che questa santa fosse invocata a protettrice dei contadini in generale. Il Brambilla prosegue poi proponendoci S. Giorgio martire (270-303 d.C.) il 24 aprile e S. Marco il 25 giorno seguente. Il primo era invocato come protettore delle vigne. Se ne hanno molteplici esempi nelle regioni francesi della Senna, della Loira, di Montluçon ed anche nelle nostre campagne sopravvive il proverbio "A San Giorc dà la volta el trôs", a S. Giorgio, cioè, incomincia a crescere il tralcio, che ricorda questo genere di invocazione (7).

In Brianza, soprattutto in epoca recente dall'Ottocento in poi, fu associato dalla pietà popolare alla coltivazione dei bachi da seta ed in particolare soprintendendeva al periodo della schiusa dei bachi da seta, allorchè dovevano adattarsi alla fredda temperatura locale. S. Marco invece era un patrono della chiesa di Oriano. Non sappiamo tuttavia se godesse di qualche attributo o di proprietà taumaturgiche particolari. V'erano poi tre feste di contenuto squisitamente spirituale, celebrate per devozione del popolo. Erano il giorno della Visitazione di S. Maria ad Elisabetta (8), la festa di Maria Maddalena e la Trasfigurazione del Signore. La loro popolarità è attestata con sicurezza dalla diffusione di questi nomi nell'onomastica femminile. Sempre ad agosto venivano celebrate ancora altre tre feste: S. Rocco il 16, S. Bernardo abate di Chiaravalle (1091-1153) il 20 e la Decollazione di S. Giovanni Battista il 29. Il primo dei tre possedeva a Cassago addirittura una cappella, per quanto fosse ormai desueta e destinata a scomparire. Il suo culto è certamente da collegarsi al periodico diffondersi della peste, contro la quale era invocato comunemente. S. Bernardo invece proteggeva dal brutto tempo, mentre S. Giovanni Battista oltre che per devozione popolare era celebrato anche come patrono dei pastori e degli allevatori in genere. Fu certamente, assieme a quello della Vergine, uno dei primi culti ad essere introdotti nella religiosità contadina. La devozione per il Battista in Cassago è una traccia della presenza della chiesa monzese ancora dopo il mille e rappresenta un'eco della primitiva influenza che questa chiesa ebbe a Cassago e Oriano, dove possedeva diversi appezzamenti terrieri (9). L'ultima festa cadeva il 25 novembre a S. Caterina di Alessandria, vergine e martire, in un periodo dell'anno assai importante poichè segnava in una certa misura la fine delle attività agricole prima dell'arrivo dell'inverno. Ne fa fede il sopravvivere di due proverbi, che annunciano sia l'interruzione dei lavori dei campi: "A Santa Caterina se tàca i vacch a la cassìna", sia l'incipiente freddo o addirittura la caduta della neve: "A Santa caterina o nef o brina" (10). Come si può notare tutti o gran parte di questi santi sono strettamente legati alle abitudini ed ai modi di vita del mondo contadino (11). Essi riflettono le speranze e la fede della gente che invocava ogni giorno la benedizione celeste sul proprio lavoro affinchè fosse proficuo e assicurasse di che sfamarsi. Il che purtroppo non accadeva sempre e più spesso o il tempo o gli uomini erano motivo di carestia e di miseria. Proprio come accadde nell'anno 1569 venendo il 1570 quando "calò in terra tanta quantità di neve che fece notabil danno, rovinando le case, causando grandissima carestia" (12).

La situazione divenne talmente grave che "non potendosi sostentar i poveri della città" S. Carlo in persona, dopo aver venduto il Principato di Massa (13), "accrebbe la elemosina facendo distribuire gran quantità di riso cotto in Arcivescovato sotto un portico a chi concorreva" (14). Anche nelle campagne la condizione della gente doveva essere preoccupante tanto che S. Carlo "quell'anno mentre durò la carestia andava lui stesso per le ville e per le terre della diocesi visitando et soccorrendoli d'elemosina, acciò non morissero di fame, et induceva ancora i gentil huomini di quelle terre a far larghe elemosine per quell'effetto "(15). Si raggiunsero livelli critici anche a Cassago. Lo dimostra, sia pure grazie ad una documentazione indiretta, il netto calo delle nascite e dei matrimoni nonchè il parallelo aumento delle morti. Si chiudeva così drammaticamente un decennio che peraltro aveva segnato una svolta fondamentale nella storia della parrocchia e del paese, mentre se ne apriva un altro altrettanto importante e purtroppo tutt'altro che privo di nuovi, tragici e luttuosi eventi.

 

 

(1) Cfr. il primo atto di matrimonio: "Fatte le tre denuntiationi ne gli tre giorni di festa ne hauendosi inteso essere alcuno legittimo impedimento tra Thomaso figliolo de Stephano de maueri et Franceschina figliola de Bertholo de Galbusera in Oriano è stato celebrato il matrimonio fra essi per parole de presente nella presenza di me prete Antonio Brambilla et a mia interrogatione presenti gli infrascritti testimoni videlicet Battista di Sappini in la costa de Cassagho et Bertholomeo di Maueri in tornagho adi 20 januario 1567", I Registro matrimoni, in Arch. parr. Cassago.

(2) Arch. Curia Milano, Pieve di Missaglia, vol. 18.

(3) Questa Pia Associazione, riconosciuta dall'autorità ecclesiastica, aveva come propria specifica finalità l'onorare pubblicamente il S. Sacramento con particolari manifestazioni devote. Nella sua costituzione non differiva dalle altre confraternite, che lo spirito di associazione fece sorgere in tutto l'occidente cristiano a partire dal sec. XIII, se non per l'oggetto della sua particolare venerazione. Nelle città germaniche durante i sec. XIV-XV la Scuola del SS. Sacramento si trova costituita anche esclusivamente da preti. In Italia invece era formata soltanto da laici con l'assistenza di preti o di religiosi. Da noi diventano man mano più frequenti durante i sec. XV e XVI. I francescani Cherubino da Spoleto e soprattutto Bernardino da Feltre sulla fine del XV sec. se ne fecero zelanti propagatori insistendo in particolare sulla pratica di accompagnare il S.mo Viatico quando lo si portava ai malati. Particolare importanza acquistò a Roma la Scuola eretta nel 1501 a S. Lorenzo in Damaso da umili devoti. Un'altra se ne istituì qualche anno dopo presso la parrocchia di S. Giacomo Scassacavalli. Nel 1538 il domenicano fra Tommaso Stella istituì una nuova Scuola nella chiesa di S. Maria della Minerva che Paolo III approvò con bolla del 30 novembre 1539 perchè servisse da modello alle altre che venivano sorgendo, elargendo a tutte speciali indulgenze. Infatti se ne fondarono in quasi tutte le chiese parrocchiali d'Italia, grazie anche allo spirito di pietà che si allargò dopo il Concilio di Trento. Alcune di esse ebbero regolamenti speciali ed erano composte di uomini e di donne, che portavano proprie cappe per le funzioni religiose. Erano dotate sovente di un proprio patrimonio, alcune volte assai ragguardevole ed erano governate da un priore, un sottopriore, un provveditore, un tesoriere ed altri ufficiali secondo il bisogno. Tenevano le loro adunanze con l'assistenza di un sacerdote. Nella diocesi di Milano queste confraternite furono incoraggiate nel loro sorgere dall'opera di S. Carlo.

(4) Foglio In Ecclesia S.ti Jacobi, in Arch. Curia Milano, Pieve di Missaglia, vol. 18, q. 29.

(5) I Registro matrimoni, in Arch. parr. Cassago.

(6) F. BASSANI - A. AONDIO, Dialetto da salvare, Oggiono 1977, 122-124.

(7) F. BASSANI - A. AONDIO, op. cit., 35.

(8) Nelle vicinanze di Cassago questa festa fu particolarmente sentita a Briosco, dove gli uomini di quella Comunità si imposero, con atto notarile del 21 ottobre 1640, un obbligo di versare ogni anno alla chiesa la somma di L. 30 imperiali in perpetuo, perchè venisse celebrata una messa in canto ogni anno il 2 luglio, giorno della Visitazione della Madonna e il giorno seguente l'Ufficio defunti per tutti i morti della Comunità.

(9) Cfr. A. S. M., Pergamene del fondo di Religione, S. Giovanni di Monza, atto del 29 luglio 1206.

(10) Ancora oggi questa santa è annoverata tra i famosi "mercanti di neve" della tradizione popolare. Il suo culto tipicamente orientale penetrò in Occidente con le Crociate e fu vivissimo nel tardo Medioevo.

(11) Un raffronto con la devozione di altri paesi è opera che esula da questo studio. Tuttavia per pura curiosità riportiamo l'elenco delle feste celebrate nel 1568 nella parrocchia di Moggio in Valsassina: "da tutto il popolo" S. Antonio per esser sopra il fuocho, S. Marco per esser evangelista, il giorno della Visitatione per divotione dela Madona, S. Rocho per esser un santo periculoso, S. Bernardo per esser sopra il tempo, S. Naborre e Felice per esser sopra li cavalieri, la decolatione de S. Gioan Battista perchè è la consacratione dela Chiesa de Mogio, S. Francesco per esser festa patronale, La Conception della gloriosa Vergene Maria per divotione dela Madona, "da quasi tutto il popolo" S. Apollonia et S. Giuseppe per racomandatione de uno predicatore che predicava in Cremeno, S. Barnaba apostolo, SS. Gervasio e protasio per esser festa de cavalari, SS. Caterina et S. Luzia per voto, "de pocha gente" la Trasfiguratione del nostro Signor Giesù per divotione. Cfr. A. MASTALLI, Parrocchie e chiese della Valsassina nel XVI secolo, in Memorie Storiche della Diocesi di Milano, IV, Milano 1957, 133.

(12) Codice G 30 inf. della Biblioteca Ambrosiana, "Processi sopra la vita ed Azzioni di S. Carlo ad istanza della Congregatione degli Oblati con l'autorità dell'ordinario", 1601- 1603, pubblicato da C. MARCORA, Il Processo Diocesano informativo sulla vita di S. Carlo, in Memorie Storiche della Diocesi di Milano, IX, Milano 1962, fol. 271r e 348.

(13) Codice G 30 inf., op. cit., fol. 363v e 431.

(14) Codice G 30 inf., op. cit., fol. 271r e 348.

(15) Codice G 30 inf., op. cit., fol. 445v e 503.