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Ambrogio de Cazago 

L'ala cinquecentesca del Palazzo Pirovano-Visconti

L'ala cinquecentesca del Palazzo Pirovano-Visconti

 

 

AMBROGIO DE CAZAGO

di Cristina Belloni

 

tratto da FRANCESCO DELLA CROCE CONTRIBUTO ALLA STORIA DELLA CHIESA AMBROSIANA NEL QUATTROCENTO (Milano, NED, 1995, [Archivio Ambrosiano, LXXI])

 

 

 

Veronica Della Croce nel gennaio 1422 sposò Giacomo de Cazago: dal matrimonio nacquero numerosi figli, tra cui almeno cinque maschi - Alberto, Luca, Ambrogio, Martino e Ugo de Cazago - quattro dei quali furono avviati alla carriera ecclesiastica. G. Masini, Per la storia della società milanese. La famiglia della Croce tra XIV e XVI secolo, tesi di laurea, Milano, Università degli Studi, A.A. 1982-1983, pp. 56-57 riporta il regesto dell'atto di consegna della dote di Veronica, pari a 681 lire e 12 soldi imperiali e del suo corredo, del valore di 323 lire e 10 soldi. La famiglia de Cazago (Cassago Brianza, prov. di Lecco) aveva dato nel XIV secolo un capitano di Parma nella persona di Cassago de Cazago (B. Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi Guerra, Torino 1978, I, p. 762).

 

 

Ambrogio abbracciò come il fratello Martino la carriera ecclesiastica. Nel 1440 scambiò diversi benefici con il fratello Luca: cedette tre prebende canonicali nelle chiese di S. Lorenzo maggiore, S. Giorgio di Cornate e dei SS. Stefano e Zenone di Decimo ricevendo in cambio i due chiericati di S. Quirico in Campis di Arese e di S. Ambrogio in Strada di Bollate [1]. Il 14 febbraio 1448 Enrico Rampini, arcivescovo di Milano e legato apostolico, lo autorizzò a rinunciare nelle mani di Francesco della Croce a una prebenda nella chiesa di S. Vittore di Corbetta, affinché fosse provvista al fratello Luca, allora studente di diritto canonico nel nuovo studio milanese [2]. Il 12 settembre 1449 Francesco, in qualità di preposito di Corbetta ed esecutore apostolico, lo immise in possesso di una prebenda in tale chiesa [3]. Negli anni Cinquanta rientrò a far parte del capitolo di S. Lorenzo maggiore di Milano [4]. Il 12 gennaio 1454 compare in un atto come canonico di S. Ambrogio e rettore della chiesa parrocchiale di S. Pietro in Vigna di Milano [5], mentre nel 1466 fu coinvolto in una vertenza per una prebenda nella collegiata di S. Donato in Strada, nella diocesi di Milano, della quale avremo occasione di riparlare.

E' possibile che la sua già cospicua dotazione beneficiaria ne abbia provocato l'esclusione dal novero dei nipoti cui Francesco rinunciò i propri benefici [6]. Negli anni successivi ottenne ancora una prebenda nella chiesa di S. Nazaro in Brolo che - dopo una lunga vertenza per la sua collazione - conservò fino alla morte, avvenuta nel febbraio 1480 [7]. Notaio [8], risiedette anch'egli come il fratello Martino per lunghi periodi presso la curia romana e qui ebbe modo di rappresentare anche lo zio, contraendo a suo nome l'obbligazione per la facoltà di rinunciare anche a scopo di permuta ai propri canonicati nelle chiese di S. Genesio di Dairago e S. Vittore di Corbetta [9]. Con il fratello condivise anche quello che agli occhi dei duchi di Milano doveva apparire come un intollerabile vizio di famiglia: quello di impetrare i benefici direttamente presso la curia romana, senza richiedere prima l'assenso del principe, un'abitudine che gli procurò non pochi guai. La prima vertenza che lo vide protagonista riguardò una prebenda nella collegiata di S. Nazaro in Brolo. Il 31 ottobre 1463 il duca scrisse a Roma al pontefice per chiedere la revoca di un rescritto pontificio con il quale Ambrogio aveva fatto citare in Roma il protonotario Cusano [10] per una causa relativa a tale beneficio che il Cusano aveva ottenuto col consenso del principe dieci anni prima.

Francesco Sforza inviò lo stesso ordine anche ai propri rappresentanti a Roma, Agostino Rossi e Ottone del Carretto [11], chiedendo, nel caso in cui non si potesse ottenere la revoca del rescritto, di esigere perlomeno, che la causa venisse commessa in partibus [12]. Ambrogio, raggiunto l'anno successivo dal fratello Martino [13], non se ne diede per inteso e portò avanti la causa, ottenendo nell'agosto del 1465 l'emissione di tre sentenze rotali a proprio favore e diffondendo nell'ambiente della corte papale voci molto pericolose per l'onore del duca di Milano [14]. Per impedirgli di dare esecuzione ai giudizi del tribunale pontificio, lo Sforza inviò a Roma due suppliche con le quali richiese al pontefice una nuova commissione della causa, possibilmente in partibus, ma Paolo II, pur consentendo ad un nuovo esame della vertenza, rifiutò, decisamente di trasferirla a Milano. L'oratore ducale Agostino Rossi, allora, preoccupato di impedire che nel frattempo Ambrogio ottenesse l'emissione di lettere esecutorie per le tre sentenze già ottenute, fece in modo di avere dal pontefice il permesso di farlo incarcerare [15].

Approfittando della detenzione di Ambrogio, il duca tentò anche di indurlo a rinunciare ad un'altra prebenda - nella collegiata di S. Donato in Strada - impetrata senza il suo consenso e di fargli rivelare i nomi di chi gli forniva con tanta rapidità le informazioni sulle vacanze dei benefici [16] inviando a Roma a tale scopo anche Martino de Cazago [17] . Inoltre, per vincere le sue resistenze contro la commissione in partibus della causa tra lui e il protonotario Cusano, autorizzò Agostino Rossi a concedergli pieno salvacondotto per il viaggio a Milano e indusse il protonotario a mettergli a disposizione uno dei propri cavalli e il denaro necessario [18]: ma Ambrogio non mutò la propria posizione. Miglior esito sembrarono avere le pressioni ducali riguardo al canonicato di S. Donato. All'inizio di dicembre, infatti, Ambrogio si dichiarò disposto ad effettuare la rinuncia e il duca diede tutte le disposizioni per la segnatura della supplica a favore del proprio candidato, Donato dal Pozzo [19], ma una volta ottenuta la libertà grazie al fratello e all'intercessione di Ardicino della Porta, futuro cardinale [20], Ambrogio cambiò nuovamente idea [21].

Né le trattative subito riprese, né le successive missioni a Roma dell'oratore ducale Giovan Giacomo Ricci [22] e del preposito di S. Lorenzo, Nicola da Brusimpiano ebbero esito alcuno: ancora in settembre entrambe le questioni risultavano irrisolte [23]. La richiesta di rinunciare al canonicato di S. Donato in Strada fu forse abbandonata negli anni successivi - certo è che non ne abbiamo trovato più traccia nella documentazione e che alla morte, nel 1480, Ambrogio era in possesso di tale beneficio [24] - ciò che non avvenne per la vertenza relativa al canonicato di S. Nazaro. Nell'ottobre del 1468 la questione era ancora aperta, ed affidata ad un consigliere ducale in attesa della cui decisione si era vietata la raccolta dei frutti sulle terre del beneficio [25], ma neppure così si riuscì a trovare una composizione. L'anno seguente la causa fu portata nuovamente a Roma, ove Ambrogio, spalleggiato dal fratello Martino, riuscì a ottenere una nuova sentenza a proprio favore mentre il Cusano, consigliato da Galeazzo Maria che sperava ancora di ottenere una commissione in partibus, rimase a Milano, figurando quindi come contumace. Dopo la sentenza il protonotario inviò a Roma Nicola da Brusimpiano per cercare una compromesso con i de Cazago che, in cambio di un indennizzo di centosettanta ducati rinunciarono a valersi della sentenza e si impegnarono a far definire la causa da un arbitro eletto da Cicco Simonetta [26].

Non sappiamo se questa sia stata la commissione buona e definitiva, ma in luglio Francesco della Croce si rivolse a Cicco Simonetta per sollecitare la concessione di una licenza ducale che permettesse ad Ambrogio di rinunciare al canonicato di S. Nazaro e agli altri benefici a favore dei fratelli, il che significa che il nostro poteva ancora vantare buoni diritti sulla prebenda [27]. La rinuncia definitiva al beneficio conteso non ebbe, comunque, luogo se non undici anni più tardi, quando, pochi giorni prima di morire Ambrogio cedette a Martino i canonicati di S. Nazaro e S. Donato [28]. Negli anni successivi al 1469 non abbiamo più rinvenuto notizie di Ambrogio nei documenti esaminati, fino al novembre 1478, quando egli fu nuovamente imprigionato col fratello Ugo - questa volta, crediamo, per colpe commesse da quest'ultimo [29] - per essere rilasciato pochi giorni più tardi su richiesta del fratello Martino e del cugino Donato della Croce [30]. Nell'aprile 1479 fu invece un certo Santino detto Frappa ad essere citato da parte del consiglio segreto del castello per rispondere dell'accusa di aver ingiuriato il nostro, accusa respinta dall'imputato [31].

 

 

Note

 

(1) - Sul cambio, nel quale Ambrogio fu rappresentato dallo zio Aloisio della Croce e che avvenne col consenso di Francesco della Croce, allora vicario arcivescovile, v. sopra, p.>>>>.

(2) - ASMi, Notarile, c. 568.

(3) - V. sopra, p.>>>>. 

(4) - Vi compare il 30 marzo 1452 insieme al fratello Martino (ASMi, Notarile, c. 675 - segnalazione di M. Spinelli). Sulla sua attività come canonico di S. Lorenzo è in corso di redazione una scheda da parte di P. Merati nell'ambito di una ricerca sul capitolo di tale collegiata nella seconda metà del XV secolo.

(5) - ASMi, Notarile, c. 1360 - segnalazione di Marina Spinelli.

(6) - V. sopra, p.>>>>.

(7) - Risulta dalle obbligazioni contratte per l'annata dei suoi benefici da Pietro Modegnani e dal fratello Martino, per le quali v. sopra, nn. >>>>.

(8) - Il 12 dicembre 1463 il notaio della curia arcivescovile milanese Donato della Torre venne autorizzato ad estrarre atti dalle sue imbreviature durante una sua assenza (ivi, c. 708). Come notaio egli fu uno dei procuratori designati da Francesco della Croce il 29 dicembre 1462 per occuparsi in sua vece di una vertenza patrimoniale (ASMi, Notarile, c. 737 - segnalazione di Consuelo Roman).

(9) - M. Ansani, Camera apostolica ..., n° 152, pp. 218-219 - 1464 giugno 6. Il reddito dei due benefici era valutato rispettivamente sedici (Dairago) e otto fiorini d'oro di camera (Corbetta).

(10) - Giovanni Bartolomeo Cusano, milanese, protonotario apostolico e consigliere segreto del duca dal 1480 sul quale M. Ansani, La provvista ..., p. 71, C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, p. 17. Sulla sua candidatura al vescovato novarese nel 1466 F. Somaini, Giovanni Arcimboldi ..., p. 55 sgg.

(11) - Sui due si vedano le schede biografiche di F. Leverotti, Diplomazia ..., pp. 136 e 235-237.

(12) - ASMi, Reg. Duc., reg. 165, c. 151r e v . 

(13) - Sulla partenza di Martino e le ritorsioni dello Sforza v. sopra, p. >>>>.

(14) - ASMi, Reg. Duc., reg. 101, c. 231r - il duca ad Agostino Rossi, 1465 agosto 26.

(15) - ASMi, Sforzesco, c. 58 - Agostino Rossi al duca, 1465 settembre 14. Il Rossi avvertiva, però, il proprio signore di come la permanenza di Ambrogio in prigione potesse risultare di pregiudizio al proseguimento dell'esame della causa in quanto egli avrebbe potuto chiedere la sospensione del procedimento perché privo della possibilità di difendersi. Gli comunicava, inoltre, che le amicizie di cui godeva Ambrogio in curia facevano temere che il pontefice sarebbe stato sottoposto a forti pressioni per la sua liberazione ed invitava il duca a scrivere a Paolo II, per ringraziarlo di quanto aveva già fatto e pregarlo di trattenere il Cazago in carcere affinché la sua detenzione fosse di esempio a chi lanciava false accuse contro il governo milanese. L'invito fu raccolto dallo Sforza che il 3 ottobre inviò al pontefice i propri ringraziamenti, accompagnati da una nuova richiesta di commissione in partibus della causa, promettendo in tal caso di concedere un salvacondotto ad Ambrogio perché potesse venire a Milano ad esporre le proprie ragioni (ibidem - il duca ad Agostino Rossi).

(16) - Ivi, c. 259v - il duca ad Agostino Rossi, 1465 ottobre 18. Il Rossi inviò allora il milanese Pietro Casola, futuro ordinario del Duomo (cfr. E. Salanti, Il capitolo..., ad vocem) a visitarlo in carcere. Nel colloquio Ambrogio dichiarò di ricevere le informazioni riguardo alle prebende vacanti solo dai propri fratelli e soprattutto da Martino e di aver iniziato la vertenza in corte contro il protonotario Cusano di propria inziativa, ricorrendo solo all'aiuto di Francesco della Croce per la redazione della supplica. Nel tentativo, forse, di proteggere il fratello da nuove ritorsioni, dopo quelle che lo avevano colpito nei mesi precedenti, aggiunse anche che Martino, durante l'ultimo soggiorno a Roma, aveva tentato in ogni modo di convincerlo a rinunciare al canonicato di S. Donato, ma senza successo. Ambrogio si diceva ora disposto a fare tale rinuncia in cambio della liberazione dal carcere (ASMi, Sforzesco, c. 58 - Agostino Rossi al duca, 1465 novembre 4).

(17) - Il primo novembre 1465 Francesco Sforza ne dava notizia ad Agostino Rossi (ASMi, Reg. Duc., reg. 101, c. 268r).

(18) - ASMi, Sforzesco, c. 58 - il duca ad Agostino Rossi, 1465 novembre 18.

(19) - ASMi, reg. Duc., reg. 169, c. 11r - il duca ad Agostino Rossi, 1465 dicembre 16.

(20) - Su Ardicino cfr. G. Petrucci, Della Porta, Ardicino II, in D.B.I., XXXVII, Roma 1982, pp. 148-150 e M. Ansani, «Curiales» lombardi..., ad indicem.

(21) - Ivi, cc. 37v-38r - il duca ad Agostino Rossi, 1466 gennaio 10. Ad irritare ulteriormente il principe aveva provveduto Martino de Cazago che, in palese violazione degli ordini principeschi che vietavano la citazione dei sudditi ducali di fronte a tribunali esterni al dominio (v. sopra, p.>>>>), aveva fatto citare in corte di Roma un certo Aloisio della Chiesa per una causa già pendente a Milano di fronte ad Angelo Birago, arbitro designato dalle parti.

(22) - Sul Ricci F. Somaini, Giovanni Arcimboldi ..., p.p. 73-74, n. 65.

(23) - ASMi, Reg. Duc., c. 32r - il duca ad Agostino Rossi, 1466 febbraio 1; c. 95v - il duca ad Ambrogio de Cazago, 1466 giugno 13; c. 127v - il duca ad Agostino Rossi, 1466 settembre 4.

(24) - V. sopra, p.>>>>>.

(25) - Ce ne dà notizia una protesta esposta al duca da Martino de Cazago a nome del fratello Ambrogio contro il protonotario e il suo procuratore, il preposito di S. Lorenzo Nicola da Brusimpiano, accusati di aver proceduto ugualmente alla raccolta dei frutti (ASMi, Missive, reg. 82, c. 50r - il duca a Giovanni Bartolomeo Cusano, 1468 ottobre 5).

(26) - ASMi, Sforzesco, c. 888

(27) - Ivi, c. 889 - 1469 luglio 9.

(28) - V. sopra, p.>>>>.

(29) - V. sotto, p. >>>>.

(30) - Acta in consilio ..., II, p. 334 - 1478 novembre 26.

(31) - Ivi, III, p. 170 - 1479 aprile 28.