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L'ala cinquecentesca del Palazzo Pirovano-Visconti
MARTINO DE CAZAGO
di Cristina Belloni
tratto da FRANCESCO DELLA CROCE CONTRIBUTO ALLA STORIA DELLA CHIESA AMBROSIANA NEL QUATTROCENTO (Milano, NED, 1995, [Archivio Ambrosiano, LXXI])
Veronica Della Croce nel gennaio 1422 sposò Giacomo de Cazago: dal matrimonio nacquero numerosi figli, tra cui almeno cinque maschi - Alberto, Luca, Ambrogio, Martino e Ugo de Cazago - quattro dei quali furono avviati alla carriera ecclesiastica. G. Masini, Per la storia della società milanese. La famiglia della Croce tra XIV e XVI secolo, tesi di laurea, Milano, Università degli Studi, A.A. 1982-1983, pp. 56-57 riporta il regesto dell'atto di consegna della dote di Veronica, pari a 681 lire e 12 soldi imperiali e del suo corredo, del valore di 323 lire e 10 soldi. La famiglia de Cazago (Cassago Brianza, prov. di Lecco) aveva dato nel XIV secolo un capitano di Parma nella persona di Cassago de Cazago (B. Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi Guerra, Torino 1978, I, p. 762).
Francesco fu molto legato anche alla famiglia della sorella Veronica e di Giacomo de Cazago, che aiutò negli anni Cinquanta, durante un periodo di difficoltà economiche, non solo cedendo gratuitamente a Giacomo il godimento di una parte dei redditi e delle decime della chiesa di S. Eugenio di Sporzano, ma anche rinunciando ad alcuni benefici a favore di tre dei quattro figli della sorella che avevano all'epoca già abbracciato la carriera ecclesiastica. La chiesa parrocchiale di Sporzano fu assegnata a Martino, che già da tempo la officiava per conto dello zio; Ugo ricevette il canonicato di S. Nazaro in Brolo, mentre la prebenda di Rosate andò a Luca o ad Ambrogio [1].
Nel redigere il proprio testamento nel 1464 Francesco rammentò tali interventi a favore dei nipoti e vietò loro di avanzare altre pretese sui suoi beni, ricorrendo anche alla minaccia di ritorsioni: se Martino o i suoi fratelli avessero tentato qualcosa contro la volontà del testatore, infatti, i suoi eredi avrebbero dovuto esigere da loro la restituzione di una somma di denaro e di alcuni libri concessi loro dallo zio in uso precario [2].
Dei quattro figli ecclesiastici di Veronica quello che ha lasciato sicuramente più tracce nella documentazione milanese e, saremmo tentati di dire, nella storia della Chiesa ambrosiana è Martino de Cazago. Decretorum doctor, Martino fu particolarmente caro a Francesco della Croce che, dimostrando grande stima nei confronti del nipote e della sua competenza giuridica, si valse del suo aiuto per l'esame delle cause affidategli [3] e nel 1474 gli subdelegò la funzione di conservatore apostolico dell'Ufficio della Pietà dei Poveri di Cristo [4]. Il rapporto di fiducia tra zio e nipote aveva, d'altra parte, origini lontane: come abbiamo visto Francesco gli aveva affidato fin dalla fine degli anni Quaranta o dai primi anni Cinquanta l'officiatura della chiesa parrocchiale di S. Eugenio di Sporzano, prima di rinunciare a suo favore al beneficio nel 1457, riservandosi però gran parte dei frutti [5], e negli ultimi anni di vita avrebbe tentato più volte di ottenere la riserva del primiceriato a favore di Martino [6]. Canonico di S. Lorenzo maggiore di Milano almeno dal 1450 e fino al 1472 [7], arciprete della chiesa dei SS. Nabore e Felice di Postino nella diocesi di Pavia almeno dal 1465 [8] e fino al 1477 [9], Martino entrò a far parte del capitolo maggiore della cattedrale ambrosiana almeno dal 1467 [10], fu deputato alla Fabbrica del Duomo nel 1467, 1475, 1477-1478, 1480, 1489-1491 [11], acquistò nel 1478 anche la rettoria di S. Quirico di Gudo Tabiago - l'attuale Gudo Visconti - per cessione da parte del fratello Ugo e di un certo prete Giacomo Zacchei in lite per tale beneficio [12]. Ebbe, inoltre, un canonicato nella chiesa dei SS. Stefano e Zenone di Decimo [13], la cappella di S. Maria di Valle Arici, nella diocesi di Milano [14], la prepositura di S. Vittore di Casorate [15] e nel 1480 si definì canonico di Vercelli [16].
Non riuscì, invece, a conseguire il possesso di un canonicato nella chiesa di S. Antonino di Piacenza provvistogli dal pontefice nel settembre 1479 in seguito alla morte di Ardighino Biffi, che andò invece a Matteo da Clivio [17] e dovette impegnarsi in una lunga vertenza con Antonio Calvi per una prebenda nella collegiata milanese di S. Nazaro in Brolo già detenuta dal fratello Ambrogio e rinunciata a suo favore nel febbraio del 1480 [18]. A lungo residente in corte di Roma negli anni Sessanta e Settanta [19], familiare di Sisto IV e di diversi cardinali [20], recatosi nel 1470 anche a Napoli [21], dagli anni Ottanta risiedette per lo più a Milano. Vicario capitolare in sede vacante nel novembre del 1484, comparve nel febbraio 1485 come vicario generale dell'arcivescovo Giovanni Arcimboldi. Nuovamente vicario capitolare tra il 7 ed il 27 febbraio 1488, affiancò poi anche il nuovo presule Guidantonio Arcimboldi fino all'aprile 1491 [22]. Morì nel settembre del 1491 [23], dopo aver davvero ripercorso molte tappe della carriera dello zio, senza però raggiungerne mai il prestigio e il potere. Nel 1484 gli erano stati consegnati anche il sigillo e la cancelleria della Chiesa di Milano, già appartenuti a Francesco della Croce [24].
Il primicerio di Milano fu costretto ad intervenire più volte in favore del nipote, che, approfittando dei soggiorni presso la curia e della propria posizione di familiare pontificio impetrò la provvista di benefici senza il preventivo consenso del principe. Un primo provvedimento contro Martino fu adottato dal duca tra la fine del 1464 e l'inizio del 1465. Il 19 dicembre 1464, infatti, Francesco Sforza, appreso che Martino che egli aveva convocato per un colloquio [25] aveva, invece, abbandonato la città, gli intimava di fare immediato rientro a Milano, dando ordini opportuni anche al referendario di Lodi affinché lo fermasse e rinviasse nella capitale [26], ma il Cazago, diretto a Roma, riuscì a sfuggire alle maglie invero non molto strette dei controlli ducali e raggiungere il fratello Ambrogio, implicato in una vertenza col protonotario Cusano per una prebenda nella collegiata milanese di S. Nazaro in Brolo [27].
Lo Sforza replicò a tale mossa con un ordine di confisca di tutti i beni patrimoniali dei due fratelli e dei redditi dei loro benefici, ed inviò il proprio familiare Benedetto da Milano a riscuoterne i frutti a beneficio della camera ducale [28]: da tale confisca furono esentati solo i redditi della parrocchiale di Sporzano in quanto, come sappiamo e come sapeva anche il duca, essi spettavano quasi completamente a Francesco della Croce [29]. Un nuovo scontro tra Martino e il duca si ebbe nell'estate del 1470. Il Cazago, recatosi a Roma fin dall'anno precedente [30], impetrò, infatti, un beneficio - la prepositura di S. Vittore di Casorate, nella diocesi di Milano [31] - senza il placet di Galeazzo Maria Sforza. Appena la notizia giunse a Milano, Galeazzo Maria ordinò l'arresto immediato del colpevole e dei fratelli, ordine che fu prontamente eseguito a danno di Ambrogio, Ugo e Alberto, trovandosi Martino, per sua fortuna, ancora a Roma [32]. Il nostro non aveva semplicemente infranto un divieto stabilito dalla legislazione viscontea e rinnovato da Francesco Sforza con uno dei primi decreti emanati in materia beneficiaria dopo la propria ascesa al ducato di Milano [33], ma aveva scavalcato con la propria impetrazione il candidato sforzesco: il cremonese Giuliano Merli, cappellano della duchessa. Questo spiega la durezza della reazione di Galeazzo Maria che costrinse il Cazago a rinunciare per il momento al beneficio, che avrebbe comunque ottenuto più tardi [34]. La brutta esperienza del 1470 rese Martino più prudente negli anni successivi.
Nel gennaio del 1472, avuta notizia di una grave infermità di prete Tommaso Landriani, canonico di S. Nazaro in Brolo, indusse lo zio Francesco e il consigliere ducale Giovanni Andrea Cagnola a chiedere al duca la riserva a suo favore della prebenda e di un altro chiericato «de puocha intrata» che l'infermo deteneva a Dormelletto, rammentando la rinuncia alla prepositura di Casorate effettuata «de bonissima voglia per far cosa grata» al duca l'anno precedente [35]. La guarigione del Landriani pose, comunque, fine alle sue speranze riguardo a tali benefici [36]. Nell'aprile del 1475 troviamo il nostro nuovamente rinchiuso in un carcere ducale, per la precisione nella torre grande del castello di porta Giovia [37]. Non sappiamo quale fosse stata la causa della sua nuova detenzione, né se essa avesse a vedere con uno scontro tra i fratelli de Cazago da un lato, il preposito di S. Maria degli Ottazzi [38] e il generale degli Umiliati dall'altro, avvenuto in pubblico il 25 marzo dell'anno precedente [39], sappiamo, però, che questa volta la sua liberazione tardò a venire, e di parecchio. Infatti, malgrado una grave malattia che lo colse nel settembre del 1475 ed indusse anche Ambrogino da Longhignana, responsabile del castello, a scrivere al duca [40], per ottenere qualcosa dovette muoversi ancora una volta l'anziano Francesco della Croce. Dopo un primo tentativo andato a vuoto, il primicerio si rivolse al duca con due lettere nel marzo del 1476, durante la Quaresima, rammentando al principe come tale periodo dovesse indurre tutti i cristiani «a fare gratie et opere de pietà» e supplicandolo di liberare il nipote, detenuto ormai da un anno [41]: le sue preghiere andarono a buon fine e il 9 aprile Martino fu rilasciato, però dietro pagamento di una cauzione di duemila ducati e con l'obbligo di non allontanarsi da Milano più di venti miglia [42].
Pochi mesi dopo Martino si trovò nuovamente contrapposto ad un candidato ducale nella vertenza per la conquista di un beneficio. La morte dell'ordinario Cristoforo Grassi, avvenuta nel mese di luglio, aveva, infatti, lasciato vacante anche una delle due porzioni in cui era ripartita la rettoria della parrocchiale milanese di S. Satiro e i vicini della chiesa avevano eletto come nuovo rettore il de Cazago, che aveva scritto immediatamente al Simonetta per chiedere l'autorizzazione ducale ad accettare la provvista [43]. Ma il pingue beneficio [44] era stato destinato dal duca a uno dei cantori della propria cappella, tale Enrico Knepp da Liegi, che i parrocchiani della chiesa rifiutarono, però, di accettare [45].
Ne nacque una vertenza, che si tentò di comporre con una serie di transazioni poco chiare e molto in odore di simonia tra il cantore ducale, Martino de Cazago e il familiare papale Domenico Lonati [46] e che era sicuramente ancora aperta nel marzo del 1478 quando Martino, dopo aver impetrato la collazione apostolica del beneficio ed essersi obbligato per il pagamento della relativa annata, fece inserire la bolla tra le restitute, tra quelle, cioè, rilasciate senza obbligazione, in quanto il beneficio risultava occupato da un intruso [47]. L'ultima notizia che abbiamo su Martino riguarda un fatto di sangue del quale egli fu vittima: nei primi mesi del 1479, infatti, un certo prete Tommaso, «sacrilego et excommunicato», aggredì il nostro nello studio di d. Branda Dugnano e «lo perforò nel pecto con uno pugniale accutissimo con grande effusione de sangue» [48]. Il colpevole fu arrestato [49], quindi rilasciato e bandito dal dominio, ma non tardò molto ad infrangere il bando e tornare in città [50].
Note
(1) - Il dubbio nasce da due circostanze: non abbiamo individuato alcun documento nel quale Ambrogio figuri come canonico di Rosate, mentre Luca ha tale titolo almeno dal 1443, ma figura presente ad un riunione capitolare del 6 giugno di tale anno (ASMi, Notarile, c. 474) alla quale partecipò, sia pure per procura, anche Francesco della Croce. Stando così le cose non possiamo dire a chi dei due sia andata la prebenda, né escludere che il primicerio abbia conseguito un secondo canonicato dopo aver ceduto il primo a Luca. Su Ambrogio, Ugo e Luca v. sotto, pp. >>>>. Luca e Ambrogio erano probabilmente maggiori di Martino e Ugo, come testimonia il fatto che essi risultino godere di benefici già nel 1440 (v. sopra, p.>>>>).
(2) - Poiché due di tali volumi sono di diritto canonico - un testo di Bartolomeo da Brescia identificato da M. Ferrari, Un bibliotecario ..., p. 189 con un codice dell'Ambrosiana e una Summa super rubricis decretalium di Goffredo da Trani - immaginiamo fossero necessari a Martino, che abbracciò tale ramo di studio. Il prestito riguardava anche un breviario ambrosiano del valore di otto ducati (AMI, Testatori, c. 369, fasc. 5 - 1464 agosto 19 e M. Ferrari, Un bibliotecario ..., p. 187, n. 42). Nel 1465, dopo la rinuncia al canonicato di Monza a favore di Benedetto da Cassano (v. sopra, p.>>>), Francesco, temendo forse che i nipoti avanzassero dopo la sua morte pretese su tale beneficio, stabilì che le ritorsioni previste nel 1464 andassero applicate anche nel caso in cui essi dessero molestia a Benedetto (AMI, Testatori, c. 369, fasc. 5- 1465 aprile 23)
(3) - Risulta da una missiva di Martino de Cazago a Cicco Simonetta del 31 luglio 1472 (ASMi, Sforzesco, c. 905).
(4) - ASMi, Notarile, c. 1274 - 1474 giugno 8, segnalazione di M. Lunari.
(5) - V. sopra, p. >>>>>.
(6) - V. sopra, p. >>>>.
(7) - Per la prima indicazione ASMi, Notarile, c. 674 - 1450 marzo 10 (segnalazione di M. Spinelli). La seconda data risulta dal fatto che il 19 luglio 1472 Galeazzo Maria autorizzò Rugirolo Castiglioni a ricevere la provvista della prebenda rinunciata da Martino (ASMi, Sforzesco, c. 905 - supplica non datata del Castiglioni e relativa risposta del duca). Sulla sua attività come canonico di S. Lorenzo è in corso di redazione una scheda biografica ad opera di P. Merati, nell'ambito di una ricerca sul capitolo di tale collegiata nella seconda metà del Quattrocento.
(8) - M. Ansani, Camera apostolica ..., n° 181, p. 237 - 1465 giugno 16.
(9) - In tale anno rinunciò al beneficio a favore del canonico pavese Giovanni Michele Aliprandi. In proposito E. Salanti, Il capitolo ..., ad vocem. L'Aliprandi, anch'egli decretorum doctor, ricomparve nella vita di Martino nel luglio 1477, durante una malattia del Cazago che fece temere per la sua sopravvivenza, inoltrando supplica alla duchessa Bona per chiedere la riserva a proprio favore dei benefici dell'infermo (ASMi, Sforzesco, c. 1076 - 1477 luglio 24).
(10) - E. Salanti, Il capitolo..., ad vocem. Rimandiamo a tale scheda biografica anche per le notizie relative alle commissionisvolte da Martino in qualità di membro del capitolo maggiore.
(11) - Annali ..., II e III, ad annos.
(12) - ASV, Annatae, reg. 25, c. 151v - 1478 febbraio 18, in corso di edizione in G. Battioni, Camera apostolica..., II, sub data. Il reddito del beneficio era di settanta fiorini d'oro di camera.
(13) - Progettò di cederlo al fratello Ugo nel 1477 nel corso delle trattative che lo portarono a conseguire la provvista della parrocchiale di Gudo Tabiago, ma lo conservò almeno fino 1l 1479, quando si fece rappresentare dal fratello alla riunione capitolare che designò Gabriele della Croce come successore del defunto Francesco (E. Salanti, Il capitolo ..., ad vocem).
(14) - Si obbligò per tale beneficio, conseguito per cessione dei propri diritti da parte di Pietro Filippo Schiaffenati con il quale aveva in corso un vertenza, il 24 aprile 1478. Il reddito dichiarato ammontava a trentasei fiorini d'oro di camera (ASV, Annatae, reg. 27, c. 19r - in G. Battioni, Camera apostolica ..., II, sub data).
(15) - ASV, Annatae, reg. 27, c. 42v - 1478 maggio 30 (G. Battioni, Camera apostolica ..., II, sub data). Si trattava in realtà della conferma di una provvista concessa il 2 maggio 1470 da Paolo II., per la quale v. sotto, p. >>>. Il reddito annuo dichiarato era di novanta fiorini d'oro di camera.
(16) - ASV, Annatae, reg. 29, c. 61v - 1480 agosto 4 (G. Battioni, Camera apostolica ..., II, sub data).
(17) - Il 6 settembre 1479 aveva contratto l'obbligazione per il pagamento dell'annata sia del canonicato piacentino, sia dell'ordinaria detenuta dal Biffi nel Duomo milanese, probabilmente optata da Martino. Il reddito complessivo dei due benefici ammontava a settantacinque fiorini d'oro di camera (ASV, Annatae, reg. 28, c. 83r in G. Battioni, Camera apostolica ..., II, sub data).
(18) - Sulla vertenza v. E. Salanti, Il capitolo ..., ad vocem. La rinuncia di Ambrogio, effettuata nell'imminenza della morte, riguardava anche un canonicato nella collegiata di S. Donato in Strada, diocesi di Milano. Martino contrasse l'obbligazione per entrambi i benefici , il cui reddito complessivo ammontava a settantacinque fiorini d'oro di camera, il 4 agosto 1480 (doc. cit. sopra, n.>>>>), ma già il 29 aprile precedente il protonotario lodigiano Pietro Modegnani aveva fatto lo stesso, dichiarando, però, che i frutti dei due benefici ammontavano a cento fiorini d'oro di camera (ASV, Annatae, reg. 28, c. 190v - G. Battioni, Camera apostolica ..., II, sub data). Ne sorse una vertenza conclusa il 9 luglio dell'anno successivo dalla cessione al Modegnani della prebenda di S. Donato in Strada, valore trenta lire turonensi piccole (ASV, Annatae, reg. 30, c. 41r - G. Battioni, Camera apostolica ..., II, sub data).
(19) - La prima attestazione relativa alla sua presenza in curia riguarda l'obbligazione da lui contratta il 16 giugno 1465 a nome di Ambrogio Zacconi per la provvista della parrocchiale di Gudo (M. Ansani, Camera apostolica ..., p. 237, n° 181). Il 17 dicembre 1468 effettuò il pagamento del rochetum a nome della badessa di Lambrugo, in diocesi di Milano (ivi, n° 257, p. 278). Contrasse personalmente le obbligazioni per la parrocchiale di Gudo, la cappella di Valle Arici, la prepositura di Casorate, l'ordinaria e il canonicato piacentino del Biffi, nonché per i benefici del fratello Ambrogio (v. alle nn. precedenti).
(20) - Si definì familiare pontificio il 18 febbraio 1478 in occasione dell'obbligazione per Gudo Tabiago, il 12 marzo dello stesso anno, quando contrasse l'obbligazione per la parrocchiale milanese di S. Satiro - una vicenda di cui avremo modo di riparlare - il 24 aprile 1478 in occasione della provvista di S. Maria di Valle Aricii e il 6 settembre 1479 in occasione dell'obbligazione per i benefici del Biffi. Il 30 maggio 1478 risultava essere cappellano del cardinale di Urbino, Giovanni Mellini, ed essere stato nel 1470, in occasione della prima provvista della prepositura di Casorate, familiare e continuo commensale del cardinale di S. Maria in Trastevere, Amico Agnifilo, ruolo che, come vedremo, conservò almeno fino al 1476. Il 17 febbraio 1481, infine, si definì familiare e continuo commensale del nuovo cardinale di S. Maria in Trastevere, l'arcivescovo di Milano Stefano Nardini (G. Battioni, Camera apostolica ..., II, sub data 1480 agosto 4).
(21) - La notizia è riportata in una commendatizia a favore di Martino inviata al duca il 7 gennaio 1472 da Francesco della Croce (ASMi, Sforzesco, c. 903). Che il soggiorno risalisse al 1470 si deduce dal fatto che in tale occasione Martino contrasse amicizia con il giureconsulto milanese Giovanni Andrea Cagnola, consigliere segreto dal 1472, che fu a Napoli proprio in tale anno per condurre le trattative per il rinnovo della lega (L. Cerioni, La diplomazia ..., p. 150).
(22) - Le notizie sono desunte dal repertorio dei vicari, in corso di redazione.
(23) - E. Salanti, Il capitolo ..., ad vocem.
(24) - Ibidem. Riteniamo si trattasse, comunque, di un ufficio onorifico, in quanto, come abbiamo già detto, la funzione di cancelliere era svolta da notai della curia arcivescovile (v. sopra, p.>>>>).
(25) - Il colloquio riguardava probabilmente la richiesta da parte del duca che Martino insistesse presso il fratello Ambrogio, che si trovava a Roma, affinché rinunciasse a un canonicato nella chiesa di S. Donato in Strada destinato dal duca a un certo Donato dal Pozzo ed impetrato da Ambrogio senza il placet preventivo dello Sforza (v. sotto, p. >>>>).
(26) - ASMi, Reg. Duc., reg. 101, c. 112v.
(27) - V. sotto, p. >>>.
(28) - ASMi, Reg. Duc., reg. 101, cc. 162v ,178r e v e 217r - il duca ad Aloisio dal Pozzo, 1465 marzo 15, patente ducale 1465 aprile 20 e il duca al podestà di Rosate, 1465 luglio 14.
(29) - Ivi, c. 218r - il duca a Benedetto da Milano, 1465 luglio 19. Sulla riserva dei redditi a favore di Francesco v. sopra, p. >>>>.
(30) - La partenza era già avvenuta il 7 luglio 1469, quando Francesco della Croce scrisse al Simonetta per sollecitare la concessione di una licenza ducale che consentisse ad Ambrogio, fratello di Martino, di rinunciare ai propri benefici a favore dei fratelli sacerdoti (ASMi, Sforzesco, c. 889).
(31) - Il beneficio è stato identificato in base a quanto tramandato dalla documentazione Vaticana. Provvistogli da Paolo II il 2 maggio 1470 (G. Battioni, Camera apostolica ..., II, sub data 1478 agosto 30) egli risulta avervi rinunciato prima del 18 gennaio 1471, quando il nuovo titolare, il cremonese Giuliano Merli, contrasse l'obbligazione per il pagamento dell'annata (M. Ansani, Camera apostolica ..., n° 332, pp. 327-328. Il reddito del beneficio era calcolato in cento fiorini d'oro di camera).
(32) - ASMi, Missive, reg. 95, cc. 197v e 199r - il duca al capitano di giustizia di Milano, 1470 settembre 10 e 17 e Sforzesco, c. 896 - il capitano al duca, 1470 settembre 13. Nella prima missiva Galeazzo Maria ordinava di applicare contro Martino e i fratelli le pene previste dai decreti di Gian Galeazzo contro i colpevoli di simile reato (v. sopra, p.>>>>). In base a tali disposizioni, il bolognese Giovanni Angelelli, capitano di giustizia, procedette all'arresto di Ambrogio, Ugo e Alberto, e ne diede immediata comunicazione al signore di Milano, il quale nella replica successiva intimò al proprio ufficiale di trasferirli nella peggiore delle prigioni e non rilasciarli fino a nuovo ordine.
(33) - V. sopra, p. >>>>.
(34) - Sulla rinuncia v. sopra, n.>>> e una lettera del duca ad Antonio Bracelli, oratore a Roma, del 30 gennaio 1471 (ASMi, Sforzesco, c. 67). Il 5 gennaio 1471 il duca autorizzò l'immissione in possesso del Merli (ASMi, Sforzesco, c. 902).
(35) - ASMi, Sforzesco, c. 903 - Giovanni Andrea Cagnola al duca, 1472 gennaio 8 e Francesco della Croce al duca, 1472 gennaio 7. Le frasi trascritte provengono dalla lettera del Cagnola, nella quale si rammenta anche il rapporto di familiarità tra Martino e il cardinale Agnifilo.
(36) - Il repertorio dei canonici attesta la presenza del Landriani nel capitolo di S. Nazzaro fino al 1488.
(37) - ASMi, Sforzesco, c. 926 - Martino de Cazago al duca, 1475 aprile 28. L'arresto dovette avvenire attorno al 15 marzo come risulta da una missiva di Francesco della Croce a Galeazzo Maria del 5 marzo dell'anno successivo (Ivi, c. 929).
(38) - Negli anni Settanta il beneficio era tenuto da Giovanni Medici da Novate (cfr. M. Lunari, Contributo ..., p. 315, tab. 6).
(39) - Ivi, c. 922 - Francesco Fossati a Cicco Simonetta, 1474 marzo 25. La missiva, nella quale si lanciavano gravi accuse contro i nipoti del della Croce, colpevoli di minacce nei confronti di molte persone, di aver malmenato i famigli del generale, di comportarsi come se fossero essi i signori di Milano e ciò benché fossero stati anche scomunicati, lascia intuire l'esistenza di un contrasto profondo, della cui origine e dei cui sviluppi successivi purtroppo non sappiamo nulla. Possiamo, però, ipotizzare che lo scontro nascesse da iniziative intraprese dal preposito degli Ottazzi contro la chiesa di S. Nazaro in Brolo, in difesa della quale era già intervenuto l'anno precedente lo stesso Francesco della Croce (v. sopra, p.>>>>, n.>>>>), tanto più che insieme a questa lettera è conservata una supplica del capitolo di S. Nazaro contro il preposito stesso.
(40) - ASMi, Sforzesco, c. 927 - 1475 settembre 15.
(41) - Ivi, c. 929 - Francesco della Croce al duca, 1476 marzo 5 e 21.
(42) - Ivi, c. 931 - Galeazzo Maria ad Ambrogino da Longhignana. La decisione di limitare i suoi movimenti induce a ipotizzare che il duca temesse un suo nuovo viaggio a Roma. Il 21 aprile il cardinale Agnifilo scriveva al signore di Milano per rallegrarsi del rilascio di Martino, a lui carissimo (ASMi, Sforzesco, c. 81). Dopo la morte di Galeazzo Maria il Cazago chiese alla duchessa la restituzione della cauzione e la liberazione da ogni vincolo, affermando che la sua detenzione era avvenuta «a complacentia de domina Lucia» - una chiara allusione alla Marliani, amante del defunto duca (ASMi, Famiglie, c. 51, fasc. Cazzago - supplica non datata di Martino alla duchessa di Milano). La richiesta fu probabilmente soddisfatta, se negli anni seguenti ritroviamo il nostro in corte di Roma.
(43) - Ivi, c. 931 - 1476 luglio 29. Il giorno stesso Ambrogino da Longhignana scrisse a Cicco per raccomandare Martino (ibidem) ed anche i vicini presentarono al duca la sua elezione (ASMi, Comuni, c. 46, fasc. S. Satiro - supplica non datatadella vicinia al duca).
(44) - Nel 1478 il reddito dichiarato ammontava a ottanta fiorini d'oro di camera (ASV, Annatae, reg. 25, c. 154v - 1478 marzo12 in G. Battioni, Camera apostolica ..., II, sub data) .
(45) - ASMi, Sforzesco, c. 931 - Ambrogino da Longhignana a Cicco Simonetta, 1476 agosto 1 e Filippo Calvi e Giovanni Imperiali, economi dei benefici vacanti, al duca, 1476 agosto 2. La situazione era ulteriormente complicata dal fatto che un altro pretendente alla rettoria, Giovan Pietro Grassi, aveva impetrato il beneficio in curia, obbligandosi per la relativa annata (ASMi, Comuni, c. 46, fasc. S. Satiro - supplica non datata di Giovan Pietro Grassi al duca)
(46) - In una replica ad una supplica presentata dal cantore ed indirizzata ai principi, quindi successiva alla morte di Galeazzo Maria, il Cazago affermava che lo Knepp aveva accettato di cedere la rettoria al famigliare pontificio Domenico Lonati in cambio di un beneficio sito Oltralpe, e ciò col consenso di Martino, eletto dai vicini, cui il Lonati aveva promesso di cedere alcuni chiericati siti presso Arona del valore di dieci fiorini. Avuta la rettoria il Lonati aveva però infranto l'accordo con Martino e ceduto i chiericati ad un altro in cambio di un canonicato a Pavia (ASMi, Famiglie, c. 51 - fasc. Cazago).
(47) - ASV, Annatae, reg. 25, c. 154v - 1478 marzo 12 (G. Battioni, Camera apostolica ..., sub data).
(48) - Le frasi trascritte provengono da una relazione non datata del vicario generale Giovanni Stabili, che tenne tale incarico tra il 1479 e il 1481, alla duchessa, conservata in ASMi, Famiglie, c. 51, fasc. Cazzago.
(49) - Era prigioniero l'8 giugno 1479, quando si discusse in una seduta del consiglio segreto del castello se la carcerazione dovesse o meno provocare la sospensione di una causa in discussione che opponeva Martino al predetto prete Tommaso (Acta in consilio secreto in castello Portae Iovis Mediolan, a cura di A. R. Natale, Milano 1963, III, p. 218).
(50) - Le continue infrazioni furono denunciate dallo Stabili nella propria lettera alla duchessa cit. sopra, n.>>>>.