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Percorso : HOME > Cassago > Epoca Romana > Vasca alla PieguzzaIsabella Nobili: La seconda vasca di età romana scoperta alla Pieguzza
Ago crinale in osso con capocchia ovale a punta
LA SECONDA VASCA DI ETÀ ROMANA SCOPERTA ALLA PIEGUZZA
Isabella Nobile De Agostini
Il rinvenimento
Nel 1967 alla località Pieguzza di Cassago Brianza fu rinvenuta una vasca d'età romana. Non lontano da quel punto, nel novembre 1983, ne fu portata alla luce un'altra, che verrà illustrata nella presente relazione [1]. La prima vasca era stata oggetto di sopralluogo da parte dell'allora Soprintendente alle Antichità della Lombardia prof. Mirabella Roberti, che aveva steso una comunicazione [2] in base alla quale fu possibile constatare che le due vasche erano molto simili: medesima era la struttura, di forma quadrangolare, composta da pietre e frammenti di laterizi legati da malta, con angoli ben costruiti e una zoccolatura con sezione a quarto di cerchio che corre lungo tutto il bordo del pavimento [3].
Medesimo era il rivestimento interno, costituito da uno strato di intonaco di cocciopesto di circa 1 cm di spessore a scopo di impermeabilizzazione. Differivano un poco soltanto nelle misure: 160x198 cm la prima, 250x210 cm la seconda. Tutto lasciava pensare dunque che dovesse esistere uno stretto collegamento tra i due manufatti. L'indagine archeologica è stata pertanto estesa anche all'area circostante, sia per controllare la zona interessata dal progetto edilizio sia per scoprire i collegamenti tra le due strutture. Niente è tuttavia emerso: le due vasche sono risultate isolate fra loro e rispetto ad altre ipotetiche costruzioni cui esse potevano far riferimento. Sono stati individuati quattro strati: il primo (US 1), di circa cm 50 di spessore, ricopriva il manufatto (US 5), e si estendeva su tutta l'area indagata; corrisponde al terreno elaborato nel corso dell'attività agricola condotta sul sito fino a pochi decenni fa. In esso sono stati rinvenuti rari frammenti ceramici e laterizi [4]. Simile quanto a composizione e consistenza, ma di colore più nerastro, si presentava lo strato di riempimento della vasca (US 4), di circa 30 cm di spessore, in cui sono stati trovati parecchi frammenti ceramici; questo fatto lascia supporre che essa, quando ebbe esaurito la sua funzione, sia stata utilizzata come discarica. Alcuni frammenti presentavano attacchi fra loro ed anche con altri dello strato soprastante. Ciò induce a pensare che sia avvenuto un rimaneggiamento successivo della stratificazione a causa dei lavori agricoli: è infatti poco probabile che il riempimento della vasca e il suo interramento siano contemporanei e intenzionali. Altri strati archeologici non sono stati rilevati: la struttura, di cui i muri emersi costituivano la base, era scavata in uno strato (US 2) di alterazione della parte superficiale del deposito morenico di cui è formata la collina (US 3).
I materiali
Nello strato di riempimento della vasca si trovavano abbondanti materiali in frantumi, per la maggior parte frammenti di recipienti in ceramica grezza d'uso domestico destinati prevalentemente alla cottura e alla conservazione dei cibi, ma anche usati sulla mensa. Si tratta di vasellame realizzato con impasti piuttosto grossolani proprio per essere più resistente al fuoco, ed eseguito in fabbriche locali con forme semplici e funzionali. Il recipiente più frequente è l'olla, contenitore di derrate ma soprattutto vaso da cottura, eseguita con varianti più o meno rilevanti. Alla Pieguzza sono documentate per lo più olle con orlo estroflesso a sezione pressoché circolare; si trovano anche alcuni orli di coperchi e di catini-coperchio, questi ultimi individuabili con certezza grazie alla presenza del listello. Da segnalare poi la presenza di un fondo di mortaio, recipiente usato nell'antichità per lo più per la preparazione di alimenti, con la specifica funzione di triturare e grattugiare (il fondo infatti era estremamente granuloso) e mescolare gli ingredienti per la preparazione di salse, di cui i Romani facevano largo uso nella loro cucina. Sono stati rinvenuti anche alcuni frammenti di parete e due anse, una a sezione ovale, l'altra a sezione circolare, riferibili a due anfore diverse, benché simili per impasto; data la scarsa entità dei frammenti non è possibile risalire alla forma originaria. Si registra inoltre una certa quantità di ceramica fine da mensa, ben depurata, ricoperta di vernice rossa, che in parte è riferibile a forme della terra sigillata e da considerare sicuramente prodotto di fabbriche locali (terra sigillata norditalica). All'interno di questo gruppo, singolare risulta un fondo di una grande patera o coppa, ricostruibile da vari frammenti, che reca impressa una planta pedis anepigrafe, il cui impasto e le cui misure suggeriscono di assegnarle una datazione piuttosto tarda. E' probabilmente un prodotto di officine locali che si sono specializzate nell'esecuzione di ceramica fine da mensa secondo i canoni e il gusto della terra sigillata e che hanno continuato a realizzarla anche dopo che le fabbriche principali avevano terminato l'esecuzione di questo genere di vasellame, soppiantato dalla produzione delle province. Il materiale rinvenuto è riferibile nella quasi totalità ad un ambito cronologico di metà I - metà II secolo d. C. Per riassumere, la ceramica grezza rappresenta circa l’80% del totale della ceramica, mentre la terra sigillata rappresenta il 20%. Oltre ai reperti fittili è stato rinvenuto un frammento di orlo di tegame in pietra ollare da riferirsi ad un tipo presente generalmente in età tardoromana. Trattandosi di un frammento sporadico non muta sostanzialmente la datazione ai primi secoli dell'impero attribuita al restante materiale. Infine, è da segnalare uno spillone in osso di ottima fattura e assai ben conservato che non sembra certamente essere un oggetto di scarto, e pertanto in questo caso è molto probabile si tratti di uno smarrimento casuale.
Ceramica
I materiali fittili rinvenuti verranno suddivisi per classi (A-terra sigillata norditalica, B-ceramica comune, C-anfore) e, all'interno di queste, trattandosi esclusivamente di frammenti, verranno presentati quelli più significativi, vale a dire gli orli e i fondi ritenuti rappresentativi di una particolare tipologia [5]. Per avere un quadro complessivo sulla quantità del materiale rinvenuto si veda la Tabella A.
A) La terra sigillata comprende per lo più frammenti ad impasto ben depurato, compatto e farinoso, solo in pochi casi duro; la vernice rossa non è di eccezionale qualità ma neppure troppo scadente. Si tratta sicuramente di prodotti locali. All'interno della terra sigillata sono stati considerati i seguenti frammenti:
A1 frammento di orlo estroflesso di piatto di forma Drag. 36 [6]. Impasto ben depurato e compatto, duro, a frattura netta, di colore arancione pallido; vernice rosso-arancione ben conservata, coprente, più scura sull'orlo. Diametro orlo ric. 29. Da US 4 (Tav. 1, A1).
A2 due frammenti di alto orlo sagomato e arrotondato, che forma con la parete sottostante una carenatura arrotondata; con qualche incertezza può forse essere riferito ad una patera di forma Drag.17A (ma il profilo della parete sembra poco orizzontale) [7]. Impasto ben depurato e compatto, abbastanza duro, di colore rosa-arancione; vernice marroncino. Diametro orlo ric. 22. Da US 4 e US 1 su US 5 (ma non ricomponibili). (Tav. 1, A2)
A3 un frammento di orlo liscio e arrotondato che forse può riferirsi ad una coppetta Drag. 40 [8]. Impasto ben depurato, compatto, farinoso, di colore arancione rosato; vernice rosso-arancione un po' scrostata. Diametro orlo ric. 11. Da US 1 su US 5 (Tav. 1, A3).
A4 un frammento di orlo estroflesso a tesa orizzontale sagomata di piatto di forma Drag. 36/51 o Ludowici Tg [9]. Impasto ben depurato, compatto, piuttosto farinoso, di colore rosa-arancione; vernice in parte scrostata, di colore rossastro, in alcuni punti marroncino. Diametro orlo non ric. con precisione (attorno a 30?). Da US 1 su US 5 (Tav. 1, A4).
A5 un frammento di orlo estroflesso, ingrossato e arrotondato presumibilmente riferibile ad un piatto di forma Drag. 37/32 [10]. Impasto ben depurato, compatto, farinoso, di colore arancione; vernice rossa, in parte scrostata. Diametro orlo non ric. con precisione (da 23 a 36). Sporadico. (Tav. 1, A5)
A6 sei frammenti di orlo estroflesso, appena ingrossato, arrotondato, simile al precedente, quindi forse riferibile ad un piatto di forma Drag. 37/32. Impasto ben depurato, compatto e un po' farinoso, a frattura abbastanza netta, di colore rosa-arancione; vernice ridotta a scarsissime tracce, di colore marroncino (?). Diametro orlo ric. 26. Da US 4 (3 frammenti) e da US 1 su US 5 (3 frammenti). (Tav. 1, A6)
A7 quattro frammenti di orlo diritto e arrotondato, sottolineato da una solcatura, con porzione di parete a listello sporgente, riferibile ad una coppetta di forma Drag. 24/25 [11]. Impasto ben depurato, compatto e farinoso, di colore nocciola rosato; vernice in buona parte scrostata, di colore marroncino, in alcuni punti rossastro. Diametro orlo non ric. Sporadico (1 frammento) e sporadici sopra US 5 (3 frammenti). (Tav. 1, A7)
A8 quindici frammenti di piede ad anello a sezione trapezoidale, con porzione di fondo sul cui interno corre una solcatura circolare, riferibili con ogni probabilità ad un grande piatto. Presenta un bollo in planta pedis anepigrafe. Impasto ben depurato e compatto, duro, a frattura netta, di colore arancione rosato; vernice assente. Diametro piede 12. Da US 4 (Tav. 1, A8).
A9 un frammento di piede ad anello a sezione trapezoidale arrotondata, riferibile probabilmente ad una coppa. Impasto ben depurato e compatto, farinoso, di colore arancione pallido, vernice rossa. Diametro piede ric. 9,6. Da US 4. (Tav. 1, A9)
A10 due frammenti di piede ad anello a sezione trapezoidale arrotondata, riferibile probabilmente ad una coppa. Impasto ben depurato, compatto, farinoso, di colore arancione-nocciola; vernice rossa. Diametro piede ric. 6. Da US 4 (1 frammento) e da US 1 su US 5 (1 frammento) (Tav. 1)
A11 un frammento di alto piede ad anello a sezione trapezoidale, con brevissima porzione di fondo sul cui interno corrono tre solcature circolari. Impasto ben depurato e compatto, duro e a frattura netta, di colore beige-nocciola; vernice rosso-marrone. Diametro piede ric. 14. Da US 1 su US 5 (Tav. 2, A11) A12 un frammento di piede ad anello a sezione trapezoidale arrotondata. Impasto ben depurato e compatto, farinoso, di colore arancione; vernice rossastra. Diametro piede ric. 6. Da US 4. (Tav. 2, A12)
A13 un frammento di alto piede ad anello a sezione trapezoidale arrotondata. Impasto ben depurato e compatto, farinoso, di colore arancione pallido; vernice rossa. Diametro piede ric. 7,6. Da US 4. (Tav. 2, A13)
A14 due frammenti di piede ad anello a sezione trapezoidale arrotondata. Impasto ben depurato e compatto, farinoso, di colore arancione pallido; vernice rossa. Diametro piede ric. 6. Da US 4 (1 frammento) e da US 1 su US 5 (1 frammento). (Tav. 2, A14)
A15 un frammento di piede ad anello a sezione trapezoidale. Impasto ben depurato e compatto, duro, di colore rossastro; vernice rossa abbastanza conservata. Diametro piede ric. 6. Da US 1 su US 5 (Tav. 2, A15) A16 un frammento di piede ad anello a sezione trapezoidale arrotondata. Impasto ben depurato e compatto, farinoso, di colore arancione pallido; vernice rossa. Diametro piede ric. 8. Sporadico. (Tav. 2, A16)
B) La ceramica grezza comprende per la maggior parte frammenti ad impasto grossolano, generalmente di color marrone rossastro, con frequenti inclusi di medie dimensioni. Si notano tuttavia anche rari frammenti ad impasto depurato, due dei quali sono orli, forse di ciotole [12], mentre alcuni altri si riferiscono a pareti a listello. Anche per questa classe si procederà presentando un esemplare significativo per ciascun tipo che è stato individuato all'interno di ogni forma.
Ciotole
B1 due frammenti di orlo appena ingrossato e arrotondato, indistinto dalla parete sagomata. Impasto ben depurato, farinoso e compatto, di colore rosa-arancione. I due frammenti non sono ricomponibili ed il diametro non è ricostruibile data la loro esiguità. Sporadici. (Tav. 2, B1)
B2 un frammento di orlo estroflesso a tesa orizzontale e a sezione rettangolare con spigoli netti [13]. Impasto ben depurato e compatto, a frattura abbastanza netta, di colore arancione rosato. Diametro orlo ric. 23. Sporadico. (Tav. 2, B2)
Olle
B3 sette frammenti (alcuni dei quali ricomponibili) di orlo estroflesso a sezione circolare distinto dalla spalla [14]. Impasto poco depurato, con numerosi inclusi di medie/piccole dimensioni, di colore bruno-grigiastro; superficie interna del tutto annerita. Diametro orlo ric. 22,5. Da US 4 (5 frammenti) e da US 1 su US 5 (2 frammenti). (Tav. 2, B3)
B4 due frammenti di orlo come il precedente ma più estroflesso e ingrossato, così da presentare una sezione ovale [15]. Impasto poco depurato, con numerosi inclusi di medie/piccole dimensioni, di colore nerastro. Diametro orlo non ric. Da US 4. (Tav. 2, B4)
B5 due frammenti di orlo estroflesso a sezione subtriangolare16. Impasto poco depurato, con numerosi inclusi di medie/piccole dimensioni, di colore rossastro in superficie ma con nucleo di colore grigio. Diametro orlo non ric. Da US 4. (Tav. 2, B5)
B6 un frammento di orlo estroflesso preceduto da gola più o meno alta [17]. Impasto poco depurato, con numerosi inclusi di medie/piccole dimensioni, di colore bruno-rossastro in superficie (quella interna è però completamente annerita) ma con nucleo di colore nerastro. Diametro orlo non ric. con precisione (da 22 a 30). Da US 4. (Tav. 2, B6)
B7 un frammento di orlo arrotondato preceduto da una gola abbastanza alta ma poco profonda [18]. Impasto poco depurato, con numerosi inclusi di medie/piccole dimensioni, di colore rossastro in superficie ma con nucleo grigio-nerastro. Diametro orlo non ric. con precisione (attorno a 30). Da US 1 su US 5. (Tav. 3, B7)
B8 un frammento di orlo arrotondato con spalla decorata da tre solcature parallele [19]. Impasto poco depurato, con numerosi inclusi di medie/piccole dimensioni, di colore grigio-nerastro; la superficie interna è annerita. Diametro orlo non ric. con precisione (oltre 30). Da US 4. (Tav. 3, B8)
B9 tre frammenti di fondo piano, poco irruvidito, con stacco netto della parete dal fondo. Impasto poco depurato, con numerosi inclusi di medie/piccole dimensioni, di colore bruno-grigiastro; superficie interna annerita. Diametro base 13. Da US 4 (2 frammenti) e da US 1 su US 5 (1 frammento). (Tav. 3, B9)
B10 un frammento di fondo piano, sabbiato, con stacco netto della parete dal fondo. Impasto poco depurato, con numerosi inclusi di medie/piccole dimensioni, di colore arancione in superficie ma con nucleo color grigiastro e spessore maggiore del precedente. Diametro base 12. Da US 4. (Tav. 3, B10)
B11 un frammento di fondo che sembra più convesso (ma la porzione di fondo conservata è scarsa). Impasto poco depurato, con numerosi inclusi di medie/piccole dimensioni, di colore marrone-brunastro in superficie ma con un nucleo nerastro; la superficie interna è annerita. Diametro base 11. Da US 4. (Tav. 3, B11)
Mortai
B12 un frammento di fondo piano; l'interno è cosparso di pietruzze. Impasto abbastanza ben depurato, compatto, di colore arancione rosato. Diametro base 18. Sporadico. (Tav. 3, B12)
Coperchi e catini-coperchio
Accomunati dall'utilizzo come copertura di recipienti o alimenti, si differenziano essenzialmente in quanto i secondi sono caratterizzati dal diametro molto grande (generalmente attorno ai 50 cm; nei nostri esemplari è difficilmente ricostruibile, in quanto abbiamo a disposizione frammenti di orlo piuttosto esigui) e dal listello sporgente che corre a circa metà parete in senso orizzontale, con la probabile funzione di presa. Nei nostri esemplari i frammenti di orlo conservati non sono così ampi da arrivare a comprendere il listello, ma si può supporre con sufficiente motivazione che si riferiscono a catini-coperchio in base soprattutto all'ampiezza del diametro; non va inoltre trascurato il fatto che sono stati rinvenuti anche alcuni frammenti di pareti a listello (si veda la tabella) che testimoniano inequivocabilmente la presenza di questo vasellame [20].
B13 un frammento di orlo estroflesso di coperchio o catino-coperchio a sezione circolare. Impasto mediamente depurato, con inclusi di medie/piccole dimensioni, di colore nocciola, con superficie del tutto annerita. Diametro orlo 40 circa. Da US 1 su US 5. L'esemplare qui raffigurato è quello di spessore e dimensioni più piccole (è stato preso come esempio perché era il frammento maggiormente conservato e pertanto permetteva di ricostruire il diametro orlo): gli altri esemplari riconducibili a questo tipo (che sono 4) hanno misure e spessore maggiori. (Tav. 3, B13)
B14 un frammento di orlo di coperchio o catino-coperchio ingrossato sia verso l'esterno che verso l'interno, così da assumere una sezione pressoché ovale. Impasto scarsamente depurato, con inclusi di medie dimensioni, di colore rossastro-marroncino, piuttosto variabile. Diametro orlo non ric. con precisione (da 30 a 40). Da US 4. (Tav. 4, B14)
B15 due frammenti ricomponibili di presa di coperchio concava a profilo arrotondato; il coperchio doveva avere dimensioni piuttosto ampie. Impasto pochissimo depurato, con numerosi inclusi di notevoli dimensioni, di color rossastro sulla superficie esterna e con nucleo nerastro; la superficie interna è annerita. Diametro massimo presa 7,2. Da US 4. (Tav. 4, B15)
B16 un frammento di orlo estroflesso di probabile catino-coperchio a profilo arrotondato, ma piuttosto piatto sul punto di appoggio. Impasto mediamente depurato, con inclusi di piccole/medie dimensioni, di colore grigiastro. La superficie esterna è in parte annerita. Diametro orlo 50 circa. Da US 4. (Tav. 4, B16)
B17 un frammento di orlo estroflesso di probabile catino-coperchio a sezione quadrangolare con spigoli smussati; poco sopra l'orlo vi sono tre solcature decorative. Impasto mediamente depurato, con inclusi di piccole/medie dimensioni, di colore nocciola scuro. Diametro orlo 50 circa. Da US 4. (Tav. 4, B17) Presento a parte un frammento di probabile orlo, piuttosto singolare, che non so a quale tipo di recipiente attribuire: ho ritenuto di farlo rientrare nella ceramica comune in quanto il tipo di impasto è quello tipico di questa classe ceramica. L'appiattimento potrebbe far pensare ad un coperchio o ad un catino-coperchio, ma l'inclinazione della porzione di parete conservata, brevissima in verità, lascia qualche dubbio:
B18 un frammento di orlo arrotondato e ripiegato, internamente piatto. Impasto poco depurato, con inclusi di piccole/medie dimensioni, di colore marrone. Diametro orlo non ricavabile. Da US 1 su US 5. (Tav. 4, B18)
C) Le anfore vengono considerate come classe a sé in quanto l'impasto è particolare (piuttosto ben depurato, compatto e farinoso, con piccoli inclusi per lo più micacei) e sono prodotti di importazione. Di questi contenitori sono stati rinvenuti complessivamente cinque frammenti: tre di essi sono pareti di un medesimo recipiente, ai quali si aggiungono due anse di due diverse anfore.
C1 ansa di anfora a sezione subcircolare. Impasto ben depurato, compatto, farinoso, di colore arancione. Lunghezza massima cons. 6,5. Da US 4. C2 ansa di anfora a sezione ovale. Impasto ben depurato, compatto, farinoso, di colore rosa-arancione. Lunghezza massima cons. 9,5. Sporadico su US 5.
Pietra ollare
D1 un frammento di orlo estroflesso a sezione quadrangolare probabilmente da riferirsi ad un tegame; la faccia superiore presenta tre solcature decorative, mentre altre due si trovano sulla parete appena sotto l'orlo 21. Pietra ollare grigia. Diametro orlo non ric. con precisione (da 20 a 30). Sporadico. (Tav. 4, D1)
Osso E1
spillone con capocchia ovale a punta, separata dallo stelo mediante una serie di tre filettature e un disco [22]. Osso lavorato a tornio che ha assunto una colorazione marrone. Conservazione ottima. Lunghezza 8,2. Da US 4. (Tav. 4, E1)
Valutazioni
Per l'interpretazione della struttura, cioè della sua funzione, si sono rivelati utili due strumenti: l'analisi del terreno prelevato all'interno della vasca, eseguita da parte del dr. Castelletti presso il Laboratorio di Archeobiologia del Museo di Como, e il confronto con strutture simili rinvenute in altri scavi. I risultati delle analisi, che verranno più dettagliatamente presentati dal dr. Castelletti, hanno evidenziato la presenza di elementi vegetali tipici di latrine e letamai. Nel mondo antico il valore del letame, indispensabile per la concimazione dei campi, era notevole, ed in tal senso si esprimono gli agronomi romani [23]: uno dei problemi maggiori per alcuni agricoltori era proprio la mancanza di stallatico laddove scarseggiavano gli animali [24]. In età romana venivano perciò costruite vasche allo scopo di raccogliere e far macerare il letame [25], del tutto simili alle due individuate alla Pieguzza. Il rivestimento interno e la zoccolatura lungo i bordi del pavimento, con la precisa funzione di rendere il fondo ancor più impermeabile e di evitare che negli angoli si potessero annidare gli insetti, erano realizzati secondo gli insegnamenti contenuti nei trattati di agronomia [26]. Questi consigli sembrano applicati con scrupolo nel caso della vasca di Cassago, eccezion fatta forse per l'inclinazione del pavimento, che risulta essere minima (5 cm) [27].
Conclusioni
Se l'interpretazione avanzata è corretta, viene da chiedersi a quale tipo di insediamento doveva riferirsi questa concimaia: ad un insediamento certamente di tipo rustico, una villa rustica forse, collocabile nelle vicinanze, presumibilmente in posizione appena più elevata rispetto alle vasche, che tuttavia, va rilevato, potevano anche essere poste in prossimità dei campi e a notevole distanza dalla villa cui facevano capo.
Certo dovevano riferirsi ad un insediamento di buon livello, anche se è forse azzardato avanzare ulteriori ipotesi sulla sua ubicazione e sulla sua consistenza. L'area circostante, per quanto è stato indagato dopo il rinvenimento della vasca (va infatti precisato che al momento della scoperta e della sua comunicazione al Museo di Como era già stata aperta un'ampia trincea a N della struttura) non ha restituito reperti utili dal punto di vista archeologico, come è già stato detto prima. Sta di fatto tuttavia che l'intervento effettuato nel 1983 ha permesso di aggiungere un ulteriore tassello alle conoscenze che già avevamo circa la romanità della zona. Le testimonianze d'età romana qui emerse sono numerose: una tomba del I secolo a. C. rinvenuta in località Crotto nel 1968 [28], altre tombe coeve trovate nel 1974 in località Pieguzza, non lontane dalla nostra vasca [29], ed infine una vasca che, come già è stato detto, era del tutto simile a questa, scoperta nel 1967 a poca distanza [30], anch'essa contenente cocci di vasi d'età romana.
E' evidente che la zona è stata interessata dalla presenza di un insediamento romano, che però non è per ora definibile con precisione; possiamo tuttavia ipotizzare che tale insediamento doveva essere già presente nel corso del I secolo a. C. (e ad esso potrebbero riferirsi le tombe succitate), epoca forse della sua maggior vitalità, e che vi sia stata anche una certa continuità fino alla tarda età romana, come testimoniano i rari reperti di questo periodo rinvenuti nel corso dell'indagine, per lo più sporadici. Già tuttavia nel I-II secolo d. C. probabilmente l'insediamento subì perlomeno una contrazione, se la concimaia non fu più usata come tale ma come scarico di rifiuti, come prova il materiale ceramico in essa rinvenuto, assegnabile prevalentemente ai primi due secoli dell'età imperiale.
NOTE
(1) L'indagine (operata in occasione dei lavori di costruzione di alcune villette a schiera da parte dell'impresa Fumagalli di Bulciago, finanziatrice dell'intervento) è stata condotta dal 14 al 18 novembre 1983 sotto la direzione del Museo "Giovio" di Como su incarico della Soprintendenza Archeologica della Lombardia e con la collaborazione di due operatori della Cooperativa Archeologica Lombarda. Molto importante è stato l'attivo interessamento dell'Associazione S. Agostino di Cassago, a cui si deve fra l'altro la segnalazione del rinvenimento del manufatto. Una prima comunicazione sull'intervento è stata pubblicata da I. NOBILE, Cassago Brianza (Como). Resti di età romana, in "Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia 1983", 1984, p. 60.
(2) Cfr. C. MARCORA, Da "Rus Cassiciacum" a Cassago Brianza, Oggiono 1982, pp. 23-24.
(3) A metà circa del lato S-W compare quella che a prima vista potrebbe sembrare un'apertura, ma che dovrebbe piuttosto essere considerata una spaccatura accidentale, dal momento che non presenta contorni regolari nè il rivestimento di cocciopesto.
(4) Questi reperti sono stati considerati come "sporadici", mentre quelli rinvenuti sempre nello strato US 1 ma in quella porzione che si trovava sopra la vasca (=US 5) sono stati considerati come "sporadici su US 5".
(5) Le misure sono espresse in centimetri; dell'orlo viene fornito il diametro esterno. L'abbreviazione ric. sta per "ricostruibile".
(6) Per una trattazione generale del tipo si veda AA. VV. , Atlante delle forme ceramiche, II suppl a EAA, Roma 1985, p. 208.
(7) Anche per questa forma si veda Atlante, cit. , p. 198.
(8) L'esiguità del frammento impedisce un'attribuzione sicura; per un esemplare di Drag. 40 con pareti diritte simili al nostro si veda AA. VV. , Angera romana. Scavi nella necropoli 1970-1979 ( a cura di G. Sena Chiesa), Roma 1985, tav. 80, 20, datato all'età antonina.
(9) Si veda Atlante, cit., p. 208.
(10) Si veda Atlante, cit., pp. 205-206.
(11) Si veda Atlante, cit., pp. 199-200.
(12) Sono tuttavia entrambi sporadici, e pertanto poco significativi ai fini di qualsiasi considerazione relativa alla struttura.
(13) Sono molto in dubbio circa la forma cui doveva appartenere questo orlo: potrebbe riferirsi anche ad un coperchio, ma tale supposizione non sembra convincente sia per il tipo di impasto sia per l'assenza di qualsiasi traccia di combustione; potrebbe forse trattarsi di una ciotola-coperchio utilizzata sulla mensa.
(14) Si veda a titolo esemplificativo M. SAPELLI, in AA. VV. , I Romani nel Comasco, Como 1980, p. 97, tomba 117, 1, tav. 5, dalla necropoli di Mariano Comense.
(15) Si veda un frammento di orlo analogo dalla villa romana di Arzago d'Adda (cfr. M. FORTUNATI ZUCCALA, Arzago d'Adda (Bergamo). Via Leopardi, campo "La Rovere". Villa romana, in "Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia 1986", 1987, p. 72, tav. 67, 4).
(16) Si veda SAPELLI, cit. , pp. 97-98, tomba 98, 1, tav. 5 e G. P. BROGIOLO, Roccafranca (Brescia). Località Vezzola. Rinvenimento di nuove sepolture (tombe 14-28), in "Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia 1982", 1983, p. 101, tav. 78, 11, da Roccafranca (Bs).
(17) Si veda SAPELLI, cit. , pp. 98-99, tomba 16, 1, tav. 6.
(18) Un orlo analogo è documentato da un esemplare da Nave (cfr. R. PARECCINI - G. BOTTURI, Nave (Bs). Località Medolo. Struttura di età romana, in "Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia 1988-89", 1990, p. 101, fig. 82).
(19) Si veda come confronto SAPELLI, cit. , pp. 93-94, tomba 17, 4b, tav. 2 e I. NOBILE in AA. VV. , Carta archeologica della Lombardia. IV. La provincia di Lecco, Modena 1994 (in corso di stampa), da una tomba di Valmadrera della seconda metà del I secolo d. C.
(20) Per la difficoltà ad assegnare alcuni frammenti di orli a coperchi o catini-coperchio a causa della loro esiguità si veda anche I. NOBILE in AA. VV. , Archeologia a Monte Barro. Il grande edificio e le torri, Lecco 1991, p. 72, a cui si rimanda per i riferimenti bibliografici e per un discorso più ampio sul tipo in età tardoantica-altomedioevale. Per la presenza di catini-coperchio nella prima età imperiale si veda L. LECCA BISHOP in AA. VV. , Scavi MM3. 3. 1. I Reperti, Milano 1991, p. 201.
(21) Si veda come confronto un tegame da Valbrona (I. NOBILE, Recipienti in pietra ollare di età romana nel territorio comasco, in AA. VV. , La pietra ollare dalla protostoria all'età moderna, Como 1987, p. 139, 14 e tavola IV, 14) in tomba di IV secolo d. C. con altri confronti alle note 19 e 20.
(22) Un esemplare da Luni, privo però di capocchia, presenta una decorazione analoga (cfr. AA. VV. , Scavi di Luni. Relazione delle campagne di scavo 1972-74, Roma 1977, tav. 203, 11, CS 1266, p. 409).
(23) Si veda, ad esempio, la concimaia rinvenuta nel corso dello scavo della villa romana di Settefinestre (AA. VV. , Settefinestre. Una villa schiavistica nell'Etruria romana. La villa nelle sue parti, Modena 1985, pp. 147-149): anch'essa presentava un perimetro quadrangolare, di dimensioni un po' più grandi della nostra vasca, ed i muri erano conservati in alzato per circa 1,50 m mentre l'altezza originaria doveva essere di circa 2 m. A Settefinestre si trovavano però due vasche attigue e comunicanti, mentre qui a Cassago le vasche, pure due, si troverebbero ad alcune decine di metri di distanza.
(24) Columella raccomanda allora di raccogliere tutti i rifiuti ai quali unire frasche e arbusti, cenere, fango e farli marcire (L. G. M. COLUMELLA, L'arte dell'agricoltura e libro sugli alberi, trad. R. Calzecchi Onesti, Torino 1977, pp. 144-145, II, 14) e fornisce poi diverse altre indicazioni utili (COLUMELLA, cit. , pp. 146-149, II, 15).
(25) Columella distingue tre tipi di letame: quello dei volatili, quello degli uomini e quello del bestiame. Assai pregiato era quello dei piccioni e quello degli asini, mentre pessimo era quello dei maiali e dannoso addirittura quello delle anatre e delle oche (COLUMELLA, cit. , pp. 142-147, II, 14).
(26) Cfr. COLUMELLA, cit. , pp. 58-59 (I, 6): esse dovrebbero essere poste all'esterno della villa, in posizione isolata, e dovrebbero essere preferibilmente due, una per la raccolta e la macerazione del letame fresco (che doveva durare almeno un anno), l'altra per l'asportazione del letame già macerato. L'autore consiglia poi che il fondo di entrambe sia leggermente inclinato e ben pavimentato per impedire che escano le parti liquide, indispensabili per la macerazione del letame, grazie alla quale si rendono inattivi eventuali semi di rovi o altre erbe infestanti che altrimenti potrebbero diffondersi nei campi. Bisogna pertanto far attenzione che il letame non si essichi troppo, per macerare bene: a tal fine va coperto per ripararlo dal sole.
(27) Tuttavia va notato che anche nel caso della villa di Settefinestre succitata non si è registrata questa inclinazione.
(28) Cfr. MARCORA, cit. , pp. 21-22.
(29) Cfr. MARCORA, cit. , p. 25.
(30) Si veda supra, nota 2.