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Agemundo e Gaiderisso de Cassiaco 

Altare del duca Ratchis, l'adorazione dei Magi (fine VIII secolo) al Museo Cristiano del Duomo di Cividale del Friuli

Altare del duca Ratchis, l'adorazione dei Magi (fine VIII secolo)

 

 

AGEMUNDO E GAIDERISSO DE CASSIACO

di Luigi Beretta

 

 

 

L'esistenza di insediamenti in Cassago nell'alto medioevo è attestata da una preziosissima pergamena datata 854. Si tratta di una cartola venditionis che riguarda un certo Gaiderisso o Guiderisso figlio di Agemundo de Cassiaco, entrambi di legge e di etnia longobarda, come gli stessi nomi esplicitano senza dubbio.

Il testo, scritto in latino medioevale assai corrotto, riporta:

" Nel Nome del Signore. Indizione seconda del mese di febbraio durante il trentaquattresimo e quarto anno di regno di Lotario e di suo figlio Lodovico grandi imperatori. Presentemente ricevo io Lupo figlio del fu Gundione del borgo di Auci e venditore da te Gaiderisso figlio di Agemundo de Cassiaco solidi d'argento con buoni denari in numero di 160 al prezzo da noi convenuto. A tale soprascritto prezzo in denari vendo io Lupo a te già nominato Gaiderisso acquirente un pezzo di terra nel territorio di Lierna dove si dice al Mandronio. Le sue coerenze sono da mane e da meridie S. Lorenzo, da nord una strada e dall'altro lato Flodoberto del soprascritto borgo Auci.

Fra queste coerenze la giusta misura della superficie è di tavole 67. Vendo al patto che da questo giorno quella stessa soprascritta pezza di terra sia di tua proprietà e dei tuoi eredi unitamente alla vite, agli alberi e ai suoi accessi, con completa facoltà di possederla, di tenerla e di farne quello che vuoi come proprietario. Per il soprascritto prezzo a me sopradetto venditore nulla più è dovuto ma da questo giorno ti consegno e ti investo della stessa soprascritta terra. Dichiaro quindi e prometto io venditore soprascritto assieme ai miei eredi di difendere la predetta terra da qualsiasi pretesa di uomo che asserisse il contrario, poichè se farò poco per sostenere questa carta di vendita oppure chiederò di agire e fare causa contro questa vendita, prometto di accordare per la soprascritta pezza di terra la giusta stima al doppio nel tempo che sarà trascorso, tanto io venditore che i miei eredi a te Guiderisso e ai tuoi eredi. Atto stipulato a Lecco nel borgo di Arlenico.

Segno della mano (firma) di Lupone soprascritto venditore che fece rogare questa carta di vendita e fu a lui rilasciata.

Segno della mano di Landoaldo testimone Vasso di Bernardo di stirpe franca.

Segno della mano di Giovanni testimone del borgo di Acquate figlio del fu Feleni.

Segno della mano di Adalberto testimone cugino del soprascritto Giovanni di Acquate.

Cunimondo rogato sottoscrisse.

Io Odilo rogato sottoscrissi.

Io Concesso rogato sottoscrissi.

Io Uvalcario rogato sottoscrissi.

Roperto chierico e notaio rogato scrissi e dopo averla trascritta, la conservai e diedi al soprascritto Lupone venditore " (1).

 

Questo atto fu redatto nel febbraio 854 in un periodo in cui si stava assistendo alla disgregazione dell'impero fondato da Carlo Magno, morto solo quarant'anni prima. Dopo Lodovico detto il Pio (814-840), di temperamento debole, aveva assunto la corona il suo primogenito Lotario, che aveva tuttavia dovuto riconoscere l'autonomia dei fratelli Carlo e Lodovico. Con il trattato di Verdun dell'843 a Carlo fu assegnata la Francia occidentale dalla Mosa all'Atlantico, a Lodovico le terre germaniche a destra del Reno, e a Lotario l'Italia, la Provenza, parte della Borgogna, l'Alsazia, la Francia media e la Frisia. Le nostre regioni furono quindi attribuite nell'844 a Lodovico II, che fu creato re d'Italia dal padre Lotario. Nell'854 Lodovico II era associato ormai da quattro anni alla corona imperiale del padre, che sarebbe morto di lì a poco l'anno seguente. Il nostro atto li definisce con una certa enfasi "grandi" imperatori, per le gesta compiute e per la longevità del regno, che aveva assicurato una certa stabilità e sicurezza. E' in questo clima che si realizza una compravendita di poderi a Lierna sul lago di Como, che vede protagonista Gaiderisso.

Costui era figlio di Agemundo de Cassiaco, la cui onomastica longobarda lascia intendere che abbiamo a che fare con una famiglia attiva in questo paese forse da più di una generazione. La certezza di una presenza longobarda in Cassago è importante perchè, come ha dimostrato lo Schneider, questo popolo, ove si stanziò, piuttosto che edificare nuovi castelli o studiare nuovi raggruppamenti di presidi, ha preferito collocarsi in piccole colonie militari, dove già esistevano castelli, insediamenti o opere belliche minori costruite dai Bizantini (2) o risalenti all'età romana. E come l'archeologia ha ampiamente dimostrato in questo ultimi anni, Cassago fu una località frequentata dai Romani e prima ancora dalle tribù celtiche dell'età di La Tène. La disponibilità finanziaria di Gaiderisso, accrescitivo di Gaido o Guido, che paga in contanti in solidi d'argento per l'equivalente di 160 denari, lascia intuire che si tratta di un grosso proprietario terriero con buona liquidità o forse del "signore" locale, che intende differenziare i suoi interessi economici nell'area lariana.

Gaiderisso acquista una pezza di terra da un certo Lupo figlio di Gundione de vico Auci, da identificarsi più con Olcio che con Asso, soprattutto per la prossimità di Lierna, dove si trovava il fondo di terre coltivabili. Sia Olcio che Lierna si trovano sulla riva del lago in un territorio ricco di coltivazioni, tra cui scopriamo già in questa carta del IX secolo la vite e probabilmente l'ulivo. Di ulivi sul Lario parla Paolo Diacono nel suo Versus in laude larii laci: ... cinctus oliviferis utraque es margine silvis, numquam frondes cares cinctus oliviferis ... (3). Il prezzo di 160 denari per 67 tavole, cioè per poco meno di tre soldi la pertica, può sembrare eccessivo, ma è forse comprensibile supponendo anche l'esistenza di una coltura a vigneto. Da queste parti avevano possedimenti il monastero di S. Ambrogio di Milano, che aveva giurisdizione sulle corti di Limonta e Civenna, e la Chiesa plebana di Missaglia il cui arciprete governava il casale e gli uomini di Conno. Tra i possessi del monastero di S. Ambrogio va citata la località Madrenino o Madronino, che ricorda non solo formalmente il fondo acquistato da Gaiderisso. L'interesse destato da queste terre lacuali era motivato proprio dal genere di coltivazioni praticatovi, che permettevano di ricavare vino ed olio, due prodotti di grande pregio economico, che attiravano l'interesse della nobiltà e del clero. L'importanza di Olcio e di Lierna sono attestata dalla presenza anche in epoche posteriori di insediamenti di rilievo: a Olcio nel XIII secolo funzionava ancora un ospizio di templari, retaggio di un'epoca che aveva vissuto numerose trasformazioni politiche e militari. L'atto dell'854 fu stipulato a Leoquo vico Aurolinigo, cioè nel villaggio di Arlenico poco sopra Lecco, dove nel medioevo vi fu un monastero di monache cisterciensi. Testi furono Giovanni e Adelberto de Coade, cioè di Acquate e Landoaldo vasso di Bernardo, appartenente alla stirpe dei Franchi. La raccolta di tanti personaggi dà l'impressione che la compravendita sia avvenuta in una plaga di scambio che gravitava attorno a Lecco, ormai divenuta o prossima a divenire sede comitale.

La presenza come notaio del chierico Roperto fa inoltre supporre attivi coinvolgimenti del monastero di Civate nei complessi rapporti economici e giuridici della società locale. Oltre al prestigio e alla influenza politica, il monastero di Civate, assai copioso di monaci rispetto agli altri monasteri lombardi, poteva fornire un buon numero di persone istruite e colte nel diritto, spronate dall'azione formidabile e riformatrice dei monaci franchi Leudegario e Ildemaro (4). Abate del monastero era in quegli anni Leudegario, che con Ildemaro era venuto in Italia al seguito di Lotario. Il notaio e chierico Roperto compare in effetti già nell'845 in un elenco dei 35 monaci presenti a Civate sia pure come semplice diacono. La sua presenza nell'atto dell'854 tuttavia può anche significare un'influenza del monastero di Civate, risalente all'epoca longobarda o forse a quella carolingia, sul territorio di Cassago e in particolare sulla località di Zizzanorre, la cui dipendenza venne riconfermata al monastero di Civate nel 1162 in un diploma dell'imperatore Federico Barbarossa all'indomani della distruzione della città di Milano. Zizzanorre al pari delle altre proprietà elencate nel diploma apparteneva probabilmente al monastero di Civate da secoli: già nel 927 una sentenza emessa in Pavia ci ragguaglia che il monastero aveva dipendenze in Brianza, che erano state acquistate da un certo Auscario, venuto dalle parti della Francia. Queste stesse proprietà erano state usurpate all'inizio di quel secolo da un certo Giselberto da Merate (5).

Purtroppo gli eventi successivi all'854 sono completamente sconosciuti per la attuale mancanza di documentazioni che riguardino Cassago fino a tutto il X e l'XI secolo. Gli atti posteriori tuttavia lasciano presagire una storia non molto dissimile da quella che conobbero le corti di Bulciago e soprattutto quella di Cremella, con cui mantenne pur qualche tenue legame. A onor del vero è noto un documento del 903 che riporta il testamento del vescovo milanese Andrea (899-906), dove si parla di "massaricios duos in vico et fundo Aureliano" (6), ma l'accenno a Oriano è così dubbio (potrebbe essere piuttosto Oriano Ticino) e circoscritto, che lo rende poco produttivo per la nostra analisi. E' assodato invece che nel 920 Berengario marchese del Friuli e re d'Italia attribuì le sopracitate corti, appartenenti ai beni della corona, alla Chiesa di S. Giovanni di Monza (7).

Un diploma dell'imperatore Ottone III di Sassonia riconfermò nell'anno 1000 tali corti, assieme a Calpuno, alla medesima Chiesa monzese (8). In quest'ultima occasione veniamo a sapere che a Bulciago esisteva già un castro fortificato a difesa da eventuali pretese o molestie arrecate da potenti vicini o dal Comune di Milano già in forte espansione politico-militare. La protezione imperiale dovette essere di nuovo richiamata nel 1136 dall'imperatore Lotario di Supplinburgo e dopo la sconfitta di Milano fu lo stesso Federico Barbarossa a farsene garante nel 1162. In questo periodo che va dal IX al XII secolo il territorio di Cassago perse la sua unitarietà amministrativa e giurisdizionale: già s'è detto che parte fu soggetto a Cremella come dipendenza della Chiesa di S. Giovanni di Monza, parte appartenne invece al Monastero di Civate, parte fu di pertinenza della Comunità e infine parte appartenne a pochi elementi della nobiltà locale. Ed è proprio a questi ultimi, per quanto manchino documentazioni precise, che appartenne il paese vero e proprio, dove sarebbe poi sorto il castro. Alcune indicazioni di documenti del XII secolo individuano l'esistenza di queste famiglie, che gravitavano quasi sicuramente all'ombra giurisdizionale della corte di Cremella. In ogni caso la sorte di Cassago in questi secoli appare legata alla fazione dei filoimperiali e in contrapposizione alla crescente influenza di Milano in questa regione.

 

 

(1) DOZIO, Notizie di Vimercate e sua Pieve raccolta da vecchi documenti, Milano 1853, 173; A. FUMAGALLI, Codice Diplomatico Sant'Ambrosiano delle carte dell'ottavo e nono secolo, Milano 1805, 297; C. MARCORA, Cassago Brianza, Oggiono 1982. Cfr. anche FERNANDO CESARE FARRA, Onomastica e toponomastica nei documenti altomedioevali dell'Archivio di Stato di Milano, in Arch. Storico Lombardo 1974, X, fasc. I-III, pag. 35 che riconosce in Cassago il Cassiaco dell'854. La pergamena conservata all'A.S.M., Archivio Diplomatico sec. IX n. 52 è stata pubblicata in trascrizione e fac-simile ne "Il Museo Diplomatico dell'Archivio di Stato" a cura di ALFIO NATALE, vol. I, parte I, n. 92.

(2) F. SCHNEIDER, Mittelalter bis zur Mitte des Dreizehnten Jahrhunderts, Leipzig 1929.

(3) PAOLO DIACONO, in Mon. Germ. Hist., Poetarum Latinorum Medii Aevii, tom. I, 42-43.

(4) Per la personalità di Ildemaro e i suoi rapporti con gli intellettuali del suo tempo cfr. A. CAMPANA, Il carteggio di Vitale e Pacifico di Verona col monaco Ildemaro, in Studi Veronesi, III, 1951.

(5) G. P. BOGNETTI - C. MARCORA, op. cit., 61-62.

(6) GIULINI, Memorie della città e campagna di Milano, VII, 34.

(7) A. FRISI, Memorie storiche di Monza e sua corte, Milano 1794, II, 17 doc. XII.

(8) A. FRISI, op. cit., 27, doc. XXIII.