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Percorso : HOME > Cassago > Medioevo > Monastero CremellaRicevuta della badessa Febronia del monastero di S. Pietro di Cremella
Napo Torriani in un affresco del XIV sec.
Ricevuta della badessa Febronia del monastero di S. Pietro di Cremella
di GLORIA CAMESASCA
I. COLLOCAZIONE
Il documento in questione si trova nell'Archivio della Biblioteca Capitolare della Chiesa di S. Giovanni Battista a Monza. Fa parte della cartella n° 10 del Fondo pergamene ivi conservato.
II. DATA
1. La data cronica del documento è il 2 maggio 1276.
2. La data topica del documento è Cremella, più precisamente il monastero benedettino femminile di S. Pietro.
III. REGESTI
1. REGESTO ARCHIVISTICO
Ricevuta della badessa Febronia del monastero di S. Pietro di Cremella.
2. REGESTO DIPLOMATICO
La badessa Febronia, insieme alle altre monache del monastero di S.Pietro, chiamando a testimoniare alcuni uomini della corte di Cremella, dichiara di aver ricevuto da Girardo di Cremella, procuratore dell'arciprete della chiesa monzese Manfredo della Torre, il pagamento della prebenda arcipretale e della prebenda comune, stabilite in precedenza, in generi alimentari ed in contanti.
3. RIASSUNTO
Il 2 maggio 1276, alla presenza, in qualità di testimoni, dei cittadini cremellesi Iohannes, figlio di Stephano de Monte, Cremellorius, figlio di Brunello Zati e Andreas Tabus, la badessa Febronia del monastero di S.Pietro di Cremella, in grazia di Dio, dichiara di aver ricevuto da Girardo di Cremella, procuratore dell'arciprete della chiesa di Monza, Manfredo della Torre, il pagamento della prebenda arcipretale, della prebenda comune e di un'altra non meglio definita prebenda. In primo luogo la prebenda arcipretale consisteva in 7 moggi di segale, 2 staie di frumento, 2 staie di fave e 12 di panico. L'altra prebenda consisteva in 4 moggi di segale, 7 staie di fave, 6 carri , 8 staie di vino. La prebenda comune, invece, consisteva in 22 staie di frumento, 22 staie di fave, 8 moggi di panico, 12 carri, 3 staie di vino, 15 polli e 5 uova per ciascuno di essi, 90 libbre di formaggio, 3 libbre e mezza di olio, 18 staie di sale, 28 solidi e 8 denari e segale in quantità non ben definita. Il tutto è avvenuto in base a quanto era stato stabilito l'anno precedente e in base al consenso e alla volontà non solo della badessa del monastero, ma anche di tutte le 10 monache, che facevano parte del capitolo in questione: Eufemie, Lucie, Agnetis, Caracosae, Ellene, Petrine, Malgarite, Cateline, Iacobine, Agathe. Il fatto in questione è avvenuto nel monastero di S.Pietro a Cremella, alla presenza anche del notaio Petrus Carello di Sexto Iohanne, figlio di Ziberti Carello, che ha sottoscritto il documento. Infine, viene riportata la sottoscrizione dell'altro notaio Philippus Cai di San Giovanni, figlio di un certo Alberto anche lui di San Giovanni, originario di Brulzago, che ha verificato la regolarità giuridica dell'atto e ne ha scritto il documento.
IV. DESCRIZIONE DI BASE
1. Il documento in questione è un originale.
2. L'attuale segnatura del documento, che si trova nella cartella n°10, è 143/B. Non si ha notizia di trascrizioni tarde di questo documento, né di edizioni, dal momento che, come é scritto anche sulla camicia, la carta é inedita. Non esiste nemmeno un regesto a stampa in cui si faccia menzione di questo documento. Comunque, per il momento, per i documenti conservati alla Biblioteca Capitolare di Monza esiste solo "Il regesto dei documenti monzesi" realizzato da Pandolfi nel 1962, ma che non è mai stato stampato.
3. La materia scrittoria usata è la pergamena.
4. Le misure del documento sono (base x altezza in mm.): 269-261 x 116-109. 269 è la misura della base inferiore e 261 è quella della base superiore. Invece 116 è la misura dell'altezza di sinistra e 109 è quella dell'altezza di destra. Le misure del campo scrittorio sono (base x altezza in mm.): 247-241 x 108-106. 247 è la misura della larghezza superiore del campo scrittorio e 241 la misura di quella inferiore. Mentre 108 è la misura dell'altezza del campo scrittorio a sinistra e 106 è quella dell'altezza del campo scrittorio a destra. Il documento è costituito da 15 righe, comprese le ultime 2 righe con le sottoscrizioni.
5. Sul verso del documento si leggono le seguenti note dorsali:
• 1276: corrisponde all'anno in cui è stato redatto il documento, ma è scritto da una mano diversa da quella di chi lo ha redatto. Si pensa sia stato scritto in un'epoca posteriore al XIII secolo ed è scritto, inoltre, anche in un inchiostro di colore nero tendente ad un marrone scuro, diverso da quello con cui è scritto il resto del documento.
• 1 76: corrisponde all'anno in cui è stato redatto il documento, ma in questo caso compare il segno che indica il 2 secondo la numerazione arabica e che è usato soprattutto nel XVII-XVIII secolo, epoca a cui risale quindi questa annotazione.
• Confess(orum) d(e) C(re)me(lla): è scritto in un inchiostro simile a quello con cui è stato redatto il documento e da una mano molto simile, che se non è proprio la stessa, è comunque dello stesso periodo.
Da questa analisi delle note dorsali non risultano altre indicazioni e non si ha notizia di precedenti segnature del documento in questione, che abbiano preceduto quella riportata sulla camicia.
6. Lo stato di conservazione del documento in questione è cattivo. Infatti ha le righe n° 6 e 7 molto danneggiate per la presenza di molti buchi disposti in modo irregolare, ma specialmente nella prima parte del documento, a sinistra. Fino circa alla linea mediana del documento ci sono ben 6 buchi, di diversa grandezza, tra i quali quello più consistente è il secondo che si incontra partendo da sinistra, che non solo ha danneggiato le righe n° 6 e 7, ma che ha provocato anche dei tagli nella pergamena, che si estendono in alto fino alla riga n° 3 e in basso fino alla riga n° 11. Nella parte di destra, rispetto alla linea mediana del documento, ci sono invece molte piegature, che interessano ancora le righe n° 6 e 7 in modo particolare, ma che arrivano a intaccare, specialmente nel margine destro della pergamena, anche le righe n° 5, 8 e 9. In corrispondenza di questa parte molto danneggiata con buchi e piegature, si ha sul verso della pergamena il segno di una antica piegatura. Nello spazio interlineare tra le righe n° 12 e 13 si vede una piegatura, che risulta più evidente nella parte vicina al margine destro e che non ha prodotto danni notevoli, ma che coincide con una antica piegatura del documento, ben visibile sul verso della pergamena. Si deduce così, anche se ora il documento appare disteso, che in origine fosse stato piegato in 3 lungo il senso della larghezza. Per quanto riguarda il senso della lunghezza, il taglio della pergamena vicino al margine sinistro, che interessa le righe dalla 3 alla 11, può essere dovuto ad una antica piegatura del documento, che si può riscontrare sul verso della pergamena, anche se é meno evidente delle 2 precedenti piegature segnalate. Anche lungo la linea mediana si riscontra sul verso il segno di una antica piegatura.
Analogamente, vicino al margine destro, si riscontrano i segni di una antica piegatura, dalla riga n° 4 alla riga n° 13, che è visibile anche sul verso della pergamena, anche se è molto meno evidente rispetto alle precedenti. Nella prima riga su "die sabati scdo" c'è una macchia di colore marrone, che sembra essere stata prodotta da un liquido. In corrispondenza dello spazio interlineare tra le righe n° 6 e 7 e vicino alla linea mediana del documento c'è un grumo nero, non meglio identificato. A destra rispetto alla linea mediana e lungo una diagonale immaginaria che va da "ite" della riga n° 7 a "hac" della riga n° 15 , c'è tutta una serie di sgualciture della pergamena, che corrispondono ad una antica piegatura fatta male visibile sul verso del documento. In questa zona ora segnalata si ha una materia scrittoria non solo sgualcita, ma anche più scura rispetto al resto. I margini del documento in questione sono molto irregolari. Lungo il margine superiore troviamo un buco in corrispondenza di "ma" della prima riga. Lungo il margine destro c'è un buco che intacca lo spazio interlineare tra le righe n° 6 e 7, ma che non arriva a danneggiare alcuna parola. Il margine inferiore si presenta tutto ondulato e con una piccola ripiegatura del margine, subito sotto a "hac". Lungo il margine sinistro ci sono 2 buchi, uno più grande, in corrispondenza della riga n° 6 e uno più piccolo, in corrispondenza della riga n° 7, ma entrambi non danneggiano alcuna parola del testo.
V. TRASCRIZIONE
1. In no(m)i(n)e D(omi)ni, MCC LXXVI, die sabati s(e)c(un)do die maii Ma[.]a, indict(ione) IV. P(re)se(n)tib(us) testib(us) Ioh(ann)e(s), fili(us) q(uon)da(m) Stephani //
2. De b Mo(n)te et C(re)mellori(us), fili(us) q(uon)da(m) Brunelli Zati et Andreas Tab(us), om(n)es d(e) loco C(re)mella, (con)te(n)ta et (con)fessa fuit d(omi)na Febro(n)ia //
3. Abba(tissa) mo(n)asterii S(an)c(t)i Petri d(e) C(re)mella, no(m)i(n)e et vice capituli et (con)ve(n)tus illi(us) mo(n)asterii se accepisse et h(ab)uisse a f(rat)re //
4. Girardo d(e) C(re)mella, p(ro)curato(r)e d(omi)ni M(anfredi) De la T(ur)re, Dei gr(ati)a, Modo(eti)e(nsis) eccl(es)ie archip(res)b(ite)ri, dante et solve(n)te, no(m)i(n)e illi(us) d(omi)ni archi- //
5. - p(res)b(ite)ri et capituli illi(us) eccl(es)ie. In p(ri)mis p(re)benda archip(res)b(ite)r(ale) mo(dios) VII s(icalis) et st(a)r(ia) II for(menti) et st(a)r(ia) II fabar(um) et st(a)r(ia) XII pan(ici). //
6. Ite(m) pre[.....]c de detzore[...] VIII et mo(dios) IV s(icalis) [..] st(a)r(ia) V[..] et st(a)r(ia) VII fabar(um) et st(a)r(ia) XIII[..]dcarra VI et st(a)r(ia) VIII //
7. vini et p[..]eba[.] III librar(um) LIII et med(iam) p(ro) [...]libet. Ite(m) p(re)be(n)da co(mmun)is mo(dios) [...] IIII et st(a)r(ia) VI et mo(dios) [..] s(icalis) et st(a)r(ia) XXII //
8. for(menti) et st(a)r(ia) XXII fabar(um) et mo(dios) VIII pan(ici) et carra XII et st(a)r(ia) III vini et pull(os) XV et ova q(ui)nq(ue) p(ro) quolibet //
9. et lib(ra)s nonaginta casei et lib(ra)s III et med(iam) olei et st(a)r(ia) XVIII salis et sol(idi) XXVIII et d(e)n(aros) VIII d(e) d(e)n(aro) fict(i). Hec //
10. om(n)ia p(ro) ficto p(re)terito unius anni p(ro)x(ime) p(re)teriti cur(si) MCCLXXV renu(n)tia(n)do except(ioni) no(n) facte sollutio(n)is p(re)dic- //
11. –tor(um) om(n)iu(m) et no(n) recepti ficti et o(mn)i p(ro)batio(n)i i(n) (con)t(ra)riu(m) (etiam); om(n)ia fecit p(re)dicta d(omi)na abba(tissa) d(e) (con)sensu et vollu(n)tate om(m)ni(um) //
12. d(om)inar(um) e mo(n)ialiu(m) illi(us) mo(n)asterii, scilicet d(omi)ne Eufemie et Lucie et Agnetis et Caracosae et Ellene et Petrine //
13. et Malgarite et Cateline et Iacobine et Agathe, actu(m) i(n) dicto mo(n)ast(erio), p(re)sens Petro Carello d(e) Sesto p(ro)not(ario). //
14. [Signum tabellionis] Ego Petr(us) not(ario), fili(us) q(uon)dam Zib(er)ti Carelli, d(e) Sexto Iohanne, p(ro)not(ario), int(er)fui et (subscripsi) //
15. [Signum tabellionis] Ego Philip(pus) Cai, d(e) S(an)c(t)o Ioh(ann)e, fili(us) q(uon)dam Alb(er)ti d(e) S(an)c(t)o Ioh(ann)e, d(e) Brulzago, tradidi et scripssi ha(n)c car(tam). //
VI. DESCRIZIONE ANALITICA ESTERNA (PALEOGRAFICA)
1. La materia scrittoria utilizzata è la pergamena. Il lato carne, che corrisponde al recto del documento, appare abbastanza chiaro rispetto al verso e anche abbastanza liscio, tranne i punti nei quali la pergamena risulta piegata o molto danneggiata. Invece il lato pelo, che corrisponde al verso del documento, appare più scuro, meno rifinito e molto più ruvido al tatto rispetto al recto.
2. Nonostante le righe del documento siano abbastanza allineate e regolari, non si riscontrano segni evidenti che indichino la presenza della rigatura. E' da escludere, dunque, la presenza di una originaria rigatura a secco, perché avrebbe lasciato dei solchi abbastanza visibili. Si può forse ipotizzare la presenza di una rigatura a piombo molto leggera, che non abbia lasciato tracce evidenti, ma che sia solo servita da guida per chi ha redatto il documento. L'ipotesi, più che da riscontri sul documento, potrebbe essere avvalorata dal fatto che, durante il XIII secolo, cioè quando fu redatto il documento in questione, la rigatura a piombo era usata molto di frequente.
3. L'inchiostro con cui è stato redatto il documento è di colore ocra chiaro e presenta minime sfumature nelle varie parti del testo e nella seconda sottoscrizione. Invece, l'inchiostro con cui è stata scritta la prima sottoscrizione, compreso il signum tabellionis che la precede, è di un colore ocra più scuro rispetto al resto. Da segnalare inoltre, l'uso di un inchiostro di colore ocra scuro e che è penetrato a fondo nella pergamena fino quasi a corroderla, nel signum che si trova vicino al margine sinistro in corrispondenza della riga n°2.
4. La scrittura usata per redigere il documento in questione è una gotica corsiva. Nella gotica corsiva c'è un uso continuo e consistente delle legature tra le lettere che compongono una parola. Nel documento in questione si possono riconoscere anche delle forme e il tratteggiamento di alcune lettere, che sono tipiche della gotica corsiva, come ad esempio:
• La A di forma rotonda e non più aperta.
• La B e la L che hanno uno svolazzo in alto.
• La C il cui tratto superiore lega con la lettera seguente.
• La D di forma rotonda, che ha un occhiello in alto che lega con la lettera seguente.
• F, S, P, Q scendono sotto il rigo.
• G aperta in basso, come si vede bene in nonaginta alla riga 9.
• U ha la forma acuta, quando si trova ad inizio di parola. A differenza del testo e della 2° sottoscrizione, che sono redatti dalla stessa mano e con un inchiostro di uguale colore, la 1° sottoscrizione è scritta, come ho già sottolineato al punto 3, in un inchiostro più scuro. Inoltre è scritta anche da una mano meno pesante e i tratti che costituiscono le lettere sono tracciati in modo più leggero. Ma anche per quanto riguarda il ductus delle lettere della 1° sottoscrizione, c'è una differenza rispetto al resto del testo.
5. Nel documento in questione vengono usate moltissime abbreviazioni che si possono distinguere in 6 categorie:
• Nomina sacra Ad esempio sono nomina sacra dni (x domini), sci (x sancti), gra (x gratia), cioè tutte quelle abbreviazioni di nomi sacri. • Segni abbreviativi con valore specifico Tra i segni abbreviativi con valore specifico bisogna sottolineare: la lineetta soprascritta, che indica la mancanza di una nasale, come in Febroia (x Febronia); un segno simile al 9 che indica "con" o "cum", come in 9fessa (x confessa); il trattino soprascritto alla P che indica "pre", come in pdicta (x predicta); lo svolazzo sotto alla P che indica "pro", come in pficto (x proficto); un segno simile al 3 alla fine della parola che indica "bus", come in testib3 (x testibus); la lineetta ondulata soprascritta che indica la mancanza di R o di sillaba con R, come in pcuratoe (x procuratore) o in de la Tre (x de la Turre); la linea obliqua / posta dopo una consonante indica il troncamento della desinenza del genitivo plurale, come in dnar (x dominarum); l'apostrofo posto alla fine della parola indica il troncamento della desinenza "us", come in Tab' (x Tabus); da segnalare inoltre l'uso della nota tironiana che indica "et".
• Segni abbreviativi con valore generico Tra i segni abbreviativi con valore generico bisogna sottolineare: la lineetta che attraversa l'asta di alcune lettere o che è posta sopra di esse, che indica un troncamento sillabico generico, ma che di solito implica la mancanza di una R, come in lib s (x libras); la lineetta posta sopra la parola che indica il troncamento della desinenza finale, come in indict (x indictione).
• Abbreviazioni sillabiche
Ad esempio sono abbreviazioni sillabiche st'r (x staria) o px (x proxime), cioè quelle in cui ad essere abbreviata non è una singola lettera, ma una sillaba composta da più lettere.
• Abbreviazioni per contrazione
Ad esempio sono abbreviazioni per contrazione: dne (x domine), dna (x domina), oppure omia (x omnia), eccl'ie (x ecclesie), cioè quelle in cui si riscontra la mancanza di elementi intermedi della parola, indicata da un segno abbreviativo sovrapposto. Ci sono anche dei casi di "contractio impura", cioè quando vengono espressi anche elementi intermedi della parola, come ad esempio in noie (x nomine).
• Abbreviazioni per troncamento
Ad esempio sono abbreviazioni per troncamento indict (x indictione), fili' (x filius), testib3 (x testibus), illi' (x illius), Tab' (x Tabus), cioè quelle in cui viene abbreviato l'elemento finale, quindi la desinenza, della parola in questione.
6. Per quanto riguarda l'ortografia si discosta in parte da quella del latino classico, soprattutto per l'uso di E al posto del dittongo AE, come avviene ad esempio in "hec" (riga 9) e in "domine" (riga 12).
7. Nel documento in questione sono presenti dei segni di punteggiatura che corrispondono ad un puntino posto a mezza altezza rispetto alle parole. Questo segno si trova in corrispondenza delle date e per separare le varie parole nell'elenco in cui vengono riportati i generi alimentari e i contanti ricevuti con le rispettive quantità.
8. La 1° sottoscrizione è preceduta da un segno di tabellionato che è costituito da una croce greca pomellata racchiusa in 4 lobi decorativi. Si tratta della sottoscrizione del notaio Petrus Carello, che fu presente quando si svolse il fatto dichiarato nel documento. Il 1° termine che si trova è "Ego", con il quale normalmente iniziano tutte le sottoscrizioni, seguito dal nome del notaio "Petrus" con la qualifica appunto di "notario". Subito dopo, come era consuetudine in quei tempi, c'è l'indicazione del padre "flius quondam Ziberti Carelli" secondo la formula usata di solito, cioè utilizzando i termini filius e quondam, seguito dal genitivo del nome del padre. C'è poi l'indicazione del luogo di provenienza "de Sexto", seguito da "Iohanne", accompagnato dall'espressione "pronotario" che indica che svolse per loro l'attività di protonotario. Al termine viene usato il verbo "interfui" che sottolinea la presenza sul posto del notaio e l'ultima indicazione è costituita dal signum che indica la sottoscrizione, cioè indica che lo stesso notaio ha sottoscritto l'atto giuridico in questione. La 2° sottoscrizione è preceduta da un segno di tabellionato abbastanza complesso in cui compare lungo le 3 linee a sinistra la lettera D ripetuta per 3 volte, anche se non è ben chiaro quale attinenza abbia con il nome del notaio in questione, forse è riferita alla formula ripetuta per ben 2 volte nella sottoscrizione "de Sancto Iohanne". Di nuovo la sottoscrizione è introdotta da "Ego", seguito dal nome del notaio "Philippus Cai". Subito dopo si trova la formula già ricordata "de Sancto Iohanne" che potrebbe alludere al Santo protettore del Duomo di Monza, che è appunto S. Giovanni Battista e potrebbe essere legata anche con "Iohanne" presente nella precedente sottoscrizione. Di nuovo troviamo l'indicazione del nome del padre con la stessa formula usata nella precedente sottoscrizione "filius quondam Alberti" e ancora una volta la formula "de Sancto Iohanne" seguita dall'indicazione del luogo di provenienza "de Brulzago", che è l'attuale Bulciago. Poi viene usato il verbo "tradidi", che indica che il notaio ha provveduto a verificare non solo la regolarità dell'atto giuridico in questione, ma anche che effettivamente la badessa del monastero abbia ricevuto quanto pattuito in base alle norme stabilite e dichiarate nel documento. L'ultimo verbo "scripssi" non fa altro che attribuire a questo notaio la redazione del documento, fatta eccezione per la 1° sottoscrizione, come già dimostrato nei paragrafi precedenti.
VII. DESCRIZIONE ANALITICA INTERNA (DIPLOMATICA)
1. Nel documento in questione la data viene espressa con i numeri romani MCCLXXVI. Segue l'indicazione del giorno della settimana DIE SABATI e poi si trova l'indicazione del giorno e del mese corrispondenti SECUNDO DIE MAII. Nell'anno in questione, 1276, il 2 maggio era effettivamente un sabato. Da ultimo viene riportata l'indizione INDICTIONE IV, che coincide con il risultato ottenuto dal calcolo indizionale per l'anno 1276. Nel documento non ci sono altre informazioni relative alla data cronica e quindi non abbiamo elementi per capire quale fosse l'era di riferimento utilizzata sia per indicare l'anno, sia per indicare l'indizione.
2. Il documento può essere diviso nelle seguenti parti:
• INVOCATIO: riga fino a Domini
• DATATIO (data cronica): riga 1 fino a IV
• TESTIMONI: righe da 1 a 2 fino a Cremella
• INSCRIPTIO-NARRATIO: righe da 2 a 5 fino ad ecclesie
• DISPOSITIO: righe da 5 a 9 fino a ficti
• CLAUSOLE: righe da 9 a 11 fino a etiam
• CLAUSOLA ROBORATIVA alla INSCRIPTIO-NARRATIO: righe da 11 a 13 fino a Agathe
• DATATIO (data topica): riga 13
• SUBSCRIPTIONES: righe 14 e 15.
3. Il documento in questione, anche se è una semplice ricevuta della badessa Febronia, si inserisce a pieno titolo nella vertenza, che animò l'età medievale, che ci fu tra il monastero di S Pietro di Cremella e la chiesa di S Giovanni Battista di Monza. Infatti, insieme ad altri due confessi di ricevuta della badessa Febronia del 1274 e del 1275, questo documento del 1276 indirizzato, come i precedenti, all'arciprete di Monza Manfredo della Torre, dimostra come il monastero non solo continuò a sussistere, ma la chiesa di Monza continuò anche a somministrargli gli alimenti di obbligo, nonostante la minaccia dell'arciprete Raimondo della Torre, a cui Papa Alessandro IV aveva concesso l'uso dell'anello vescovile, di sopprimere il monastero. La vertenza, infatti, che si svolse all'incirca tra il 1135 e il 1201, aveva messo in discussione l'esistenza e la legittimità del monastero, dal momento che la chiesa di Monza rivendicava a sé il diritto di ammettere e dimettere le monache del monastero e di eleggerne la badessa. Proprio in merito a quest'ultimo punto, lo scontro si fece molto acceso e si concluse solo con la sentenza del processo terminato nel 1201, che diede ragione alla canonica monzese. Chiusa questa intricata vicenda, emersero tra i due enti questioni eminentemente temporali, come quella relativa al canone che la chiesa monzese doveva versare al monastero e di cui ci offre una testimonianza il documento in questione. Per quanto riguarda i personaggi citati nel documento spicca per importanza, non solo sua, ma anche dell'intera famiglia, Manfredo della Torre, che fu arciprete di Monza dal 1263 al 1276 e che successe nella carica a Raimondo della Torre, che ho citato prima, che fu arciprete di Monza dal 1251 al 1263 e poi fu vescovo di Como e patriarca di Aquileia. La badessa del monastero di Cremella era invece Febronia e nel documento in questione vengono riportati anche i nomi delle monache che nel 1276 facevano parte del cenobio femminile: Eufemie, Lucie, Agnetis, Caracosa, Ellene, Petrine, Malgarite, Cateline, Iacobine, Agathe, per un totale di 10 monache. I luoghi citati nel documento sono Cremella, dove ha sede il monastero di S. Pietro e Monza.
4. GLOSSARIO:
Prebenda: provvigione di denaro o di cibo. Staria: unità di misura di capacità per aridi, che si usava in Italia prima dell'adozione del sistema metrico decimale, ancora in uso nella campagna toscana ( 24, 36 litri) come misura del grano e di altri cereali o legumi. Panico: erba annua delle Graminacee, con culmi gracili alla cui estremità si trova una spiga cilindrica, eretta o pendula, formata da numerose spighette contenenti i frutti a cariosside, per lo più gialli. Modius: unità di misura di capacità per aridi, specialmente per le granaglie, già usata in Italia con valori variabili da luogo a luogo. Solidus: moneta d'oro dell'età imperiale, ma anche piccola moneta utilizzata in età medievale.
VIII. STORIA DEL DOCUMENTO
1. Il documento si trova conservato in una camicia di carta. Sulla prima pagina in alto ci sono le indicazioni relative al documento in questione, che ne costituiscono un breve regesto diplomatico e sono scritte in un inchiostro marrone scuro che ha lasciato tracce anche sul verso del foglio. Le indicazioni sono:1276.
2.Maggio carta inedita Ricevuta da parte della Abbadessa e monache del monastero di S. Pietro a Cremella di certo canone in genere ed in contanti al quale erano verso le medesime obbligate la prebenda arcipretale e le prebende comuni. N°143/B Quest'ultima indicazione relativa alla segnatura è scritta in un inchiostro diverso che tende al grigio. Al centro del foglio compare anche una filigrana visibile in controluce, racchiudibile in un rettangolo di 33x58 mm (base x altezza). La carta della camicia è giallastra e presenta molte irregolarità nei margini e anche sulla superficie che appare ruvida e con diverse macchie marroni. Sul verso dell'ultimo foglio in basso a sinistra ci sono due macchie di inchiostro, forse lo stesso con cui sono state scritte le indicazioni sulla prima pagina. 2. Il documento in questione si trova nella cartella n° 10, che fa parte del Fondo pergamene della Biblioteca Capitolare del Duomo di Monza. I documenti originali più antichi ivi conservati sono della seconda metà dell'VIII secolo e quelli più recenti risalgono al XIX secolo. Complessivamente l'archivio raccoglie circa 474 atti suddivisi in 17 cartelle. Di queste, 15 fanno parte del Fondo pergamene con la numerazione progressiva delle cartelle che va da 1 a 14 e con la presenza delle due cartelle 3a e 3b, inoltre c'è la Busta dei Privilegi Pontifici e la Cartella Bellani. Di molti documenti si conservano però, solo tarde copie cartacee. In alcuni casi abbiamo la copia autentica del secolo XIII di documenti originali del secolo X o anteriori che furono scritti per mano del notaio Drudo di Giovanni Belli di Anzano, sotto dettatura del canonico Obizzone da Osa, che riteneva l'antica corsiva del X secolo troppo difficile da decifrare per chi era ormai abituato alla diffusissima gotica cancelleresca. Oltre alle pergamene ci sono anche molti volumi membranacei e cartacei come i libri mastri, libri di ordinazioni e una Miscellanea che, oltre ad atti amministrativi di varia natura ma di età moderna, contiene le schede o minute realizzate dal canonico monzese Anton Francesco Frisi. Egli scrisse nel 1794 le "Memorie storiche di Monza e sua corte", opera fondamentale per conoscere la storia della città. E' un'opera in 3 volumi, di cui il primo contiene appunto uno studio storico, il secondo contiene l'edizione di molte pergamene dell'Archivio Capitolare di Monza e il terzo un catalogo descrittivo di manoscritti, incunaboli e alcune cinquecentine della Biblioteca capitolare. Nel 1962 p. Luigi Sisto Pandolfi compilò il "Regesto dei documenti monzesi" conservati nella Biblioteca Capitolare del Duomo di Monza e presso l'Archivio di Stato di Milano. L'opera rimase inedita, ma il dattiloscritto e il manoscritto microfilmato si possono consultare oggi alla Biblioteca Civica di Monza. Recentemente è stato realizzato un inventario dei documenti conservati nella Biblioteca Capitolare del Duomo di Monza sotto la guida della professoressa Mirella Ferrari, ma il lavoro non è ancora stato pubblicato.
3. Il Fondo pergamene, di cui fa parte il documento in questione pertiene alla chiesa di S. Giovanni Battista di Monza, che fu fondata agli inizi del secolo VII dalla regina longobarda Teodolinda. Fu poi al centro di complesse vicende soprattutto durante l'età medievale, come ad esempio la già citata vertenza tra il monastero di S. Pietro di Cremella e la canonica monzese di S. Giovanni Battista, oppure la nota questione dello Scisma dei tre Capitoli che riguardò anche Como.
4. L'origine dell'Archivio della Biblioteca Capitolare del Duomo di Monza è tradizionalmente legata alla custodia dei preziosi papiri allegati alle reliquie che S. Gregorio Magno inviò nel 603 alla regina Teodolinda, dopo il battesimo di suo figlio Adaloaldo. Con l'accumulo di testi liturgici si rese poi necessaria la costituzione di una biblioteca, in cui furono collocate anche, nel corso degli anni, le pergamene che attestavano i possedimenti, le concessioni e i vari atti amministrativi compiuti dalla basilica e in località limitrofe e ad essa dipendenti. Durante le campagne napoleoniche molti codici della biblioteca furono requisiti e portati a Parigi e la Repubblica Cisalpina decretò il trasferimento all'Archivio di Stato di Milano di una parte cospicua dei documenti dell'Archivio di Monza. Questo fu senz'altro il momento peggiore della Biblioteca Capitolare ed è per questo motivo che i canonici che succedettero al Frisi dovettero riscontrare notevoli perdite. Tuttora nella Biblioteca Capitolare sono raccolti 252 manoscritti dei quali 175 anteriori all'anno 1500, 25 incunaboli, 110 cinquecentine e circa 900 volumi stampati dal 1500 al 1900, oltre alle 17 cartelle contenenti i documenti.
IX. BIBLIOGRAFIA
1. Il documento in questione si trova menzionato in R. BERETTA, Il monastero delle benedettine di San Pietro di Cremella, ‹‹Archivio storico lombardo›› 39 (1912), p. 293-356; una seconda versione di questo saggio senza sostanziali varianti venne successivamente pubblicata con un altro titolo Il monastero di S. Pietro di Cremella e la chiesa di Monza in ID., Appunti storici su alcuni monasteri e località della Brianza, Monza 1966², p. 73-134; nella prima edizione di questo volume del 1956, il saggio sul monastero di Cremella non è presente.
2. Non sono stati trovati riferimenti bibliografici specifici sul notaio.
3. Sulla vertenza tra il monastero di S. Pietro di Cremella e la canonica di S. Giovanni Battista di Monza si può consultare sia la già citata opera di R. BERETTA, Il monastero, ricordando che Rinaldo Beretta fu il primo studioso della questione. Ma si può consultare anche la tesi di laurea di M. BASILE WEATHERILL Il monastero di S. Pietro di Cremella e la canonica monzese di San Giovanni Battista nel Medioevo, discussa presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, oppure anche il saggio di M. BASILE WEATHERILL, Il monastero di San Pietro di Cremella e la canonica di San Giovanni Battista di Monza nel Medioevo: nuove ipotesi sugli interventi dell'arcivescovo Robaldo, in ‹‹Rivista di storia della chiesa in Italia››, I, 56 (2002), p.17-79. Sulla storia di Cremella si possono consultare alcuni documenti in FRISI, Memorie storiche di Monza e sua corte, T. II e III, Milano 1794 in particolare i documenti: T.II p.17.27.53, sul Castrum T. II p. 130, sulla curia T. II p. 68, sul locus T.II p.116, sulla castellantia T. II p. 119.129, sulla ecclesia S.Sisini et monasterium B. Petri T. II p. 17.48.51.53.56.68.73.127 e sul Thassamatia fundus monasteri T. II p. 52., T. III p. 201. Sul personaggio storico di Manfredo della Torre si può consultare, oltre alla bibliografia già indicata, ancora FRISI, Memorie, T. II e III, in particolare i documenti: T.II p. 133.136.146 e T. III p. 116.
4. Sul Duomo di Monza e la sua storia si può consultare senz'altro la già citata opera di FRISI, Memorie, T. I, II, III. Si possono trovare riferimenti a studi specifici nella bibliografia raccolta da Renato Mambretti nel Liber ordinarius Modoetiensis cum Kalendario-Obituario, tomo B: Kalendarium-Obituarium Modoetiense, a cura di R. MAMBRETTI, (Monumenta Italiae liturgica, 2), Roma 2001. Si può consultare anche il volume Monza. La sua storia, a cura di F. DE GIACOMI - E. GALBIATI, Monza 2002, dove i saggi che riguardano il Duomo di Monza e la sua storia sono in particolare S. GASPARRI, L'alto Medioevo: da Teodorico a Berengario, p. 48-73, R. CASSANELLI, Sovrani committenti e cultura figurativa nell'Alto Medioevo, p.76-87, A. AMBROSIONI, Tra re, arcivescovi e mondo comunale. Monza e la sua Chiesa nel cuore del Medioevo, p. 90-115, R. MAMBRETTI, La terra di Monza tra Visconti e Sforza, p.116-135.
5. Sulla Biblioteca Capitolare del Duomo di Monza è possibile consultare ancora FRISI, Memorie, T. I, II e III, il cui secondo tomo contiene l'edizione di 283 documenti dalla seconda metà dell'VIII secolo alla seconda metà del XVIII secolo, con anche l'antico papiro con l'elenco delle reliquie inviate da Gregorio Magno alla regina Teodolinda. Inoltre si può consultare anche l'opera di L. S. PANDOLFI , Regesto dei documenti monzesi, (dattiloscritto), Monza 1962 e il brevissimo saggio di R. MAMBRETTI, Biblioteca capitolare del Duomo di Monza, in Storia religiosa della Lombardia, X, p.886-887. Per una storia approfondita della Biblioteca Capitolare si possono consultare anche A. BELLONI- M. FERRARI, La Biblioteca Capitolare di Monza, con aggiunte di L. TOMEI, Padova 1974 ( Medioevo e Umanesimo, 21) e in Monza: il Duomo e i suoi tesori a cura di R. CONTI, II, Milano 1988, i saggi di B. G. BAROFFIO, La biblioteca capitolare, p. 178-197 e di V. LONGONI, L'archivio, p. 200-216 con l'annessa appendice I fondi dell'archivio di San Giovanni, p. 218-220.