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Le Origini di Cassago: Il Neolitico

Frammento di chela di mollusco acquatico utilizzato come lisciatoio provenienza: località di Zizzanorre a Cassago. Questo genere di mollusco viveva nel lago della Valletta durante l'ultima glaciazione Wurm

Frammento di chela di mollusco acquatico utilizzato come lisciatoio

provenienza: località di Zizzanorre a Cassago.

Questo genere di mollusco viveva nel lago della Valletta

durante l'ultima glaciazione Wurm

 

 

I MANUFATTI PREISTORICI DI CASSAGO

Mario Viscardi

 

 

La preistoria è la chiave di lettura di tutte le altre stratigrafie che si susseguono sul territorio nel tempo. Le molteplici opere che hanno trattato la storia della Brianza, dei paesi, delle parrocchie partono invece dal periodo romano, tardo romano o medioevale e sono ricchissime di notizie circa questi periodi. La preistoria resta sempre confinata in una zona d'ombra, forse anche perchè sono in pochi quelli che cercano di fare un po' di luce circa i primi insediamenti umani sul territorio. Desidero quindi approfondire alcuni aspetti metodologici che ritengo fondamentali per una migliore comprensione della storia locale e in particolare di quella relativa agli studi del rus Cassiciacum di S. Agostino e della possibile individuazione delle aree di sviluppo umano a Cassago nelle varie età della sua storia millenaria. Su Cassago molto abbiamo sentito, molto si è detto e molto si è scritto. Gli studi tuttavia sia di Marcora, sia di Beretta, sia recentemente della Casiraghi, sviluppandosi attorno alla ricerca conscia o inconscia di Agostino, hanno cercato a mio avviso di forzare un poco le letture della storia, per il tentativo di far convergere argomenti sia di tradizione, sia litici, sia di emergenze di scavi, sia di riferimenti storici. In effetti è necessario superare l'aspetto delle deduzioni sia pur logiche nei riguardi di reperti, che richiamano l'epoca di Agostino.

Essi costituiscono la cornice in cui si espresse il messaggio culturale del periodo che va dal III al IV secolo d. C. ma non rappresentano la scena del quadro. Se l'archeologo non trova veramente il pezzo concreto che schiude un nuovo orizzonte, si resta sempre in una condizione di incertezza e di incompletezza. E' importante scavare, poichè è importante trovare qualche cosa. Gli scavi comunque vanno fatti con criterio e con ampio respiro scientifico, perchè tante volte la pista è vicina al saggio che si sta facendo, ma non è proprio quella. Può rappresentare un segnale, una indicazione, che va capita, che va interpretata. Nel caso della "fontana di S. Agostino", dove nel 1983 furono effettuati dei sondaggi con il compianto presidente dell'Associazione S. Agostino signor Ernesto Cattaneo, gli scavi diedero dei segnali. Probabilmente si è vicini a qualche importante scoperta, ma manca ancora un elemento decisivo. Purtroppo non si è trovato il fondo di una casa, non si è trovato un manufatto. A livello generale di Cassago si sono trovati invece moltissimi reperti coevi, di cui manca ancora una lettura significativa e comunque non abbiamo ancora la chiave che ci permetta di interpretarli sistematicamente. Io credo che sia importante mettere assieme tutte queste tessere bellissime, però credo che sia altresì importante fare un passo avanti. E' necessario effettuare una catalogazione specifica per giungere alla rifinitura indispensabile. Traccio pertanto una ipotesi, come è tipico di qualsiasi ricerca. Io credo che l'uomo abbia cercato nei secoli di rioccupare i luoghi già urbanizzati dai suoi prede­cessori. In qualsiasi scavo archeologico si scopre in effetti che l'uomo è ripetitivo: le strade che hanno fatto i Celti o i Galli, o ancora prima di loro gli uomini del Neolitico, sono ancora le strade che percorriamo, che abbiamo allargato, che abbiamo acciottolato.

L'uomo è ripetitivo negli insediamenti, nella modificazione dell'ambiente, nelle aree di costruzione, nel tramandare gestualità ed etimi. Questa ripetitività è elemento fondamentale di lettura del dato storico-archeologico e può aiutarci nella ricerca sia teorica che sul campo. La presenza di un castelliere, ossia di un insediamento con fondi di capanna, con reperti litici, microliti, macrolitici, con oggetti, con modifiche del terreno, con la presenza di muri a secco, spiana­menti, focolari e altri oggetti ossei, è una prima indicazione altamente significativa della presenza umana, di un insediamento sta­bile, di un nucleo omogeneo. Quando questo gruppo omogeneo si ingrandisce, si dilata e inevitabilmente cambia e si differenzia. Dopo il castelliere il territorio è interessato in area lombarda da successivi insediamenti, talora effetto di invasioni. Ricordiamo quelle celtiche, galliche, etrusche e romane. Le strutture organizzative si perpetuano anch'esse: dopo il rus, abbiamo il vicus, che si dilata in pagus. Qui avviene una elaborazione di nuclei sociali, di tipi di lavorazione, di momenti culturali, di scambi e di modifiche del territorio in villaggi. Su questi stessi insediamenti nel medioevo si sovrappongono altre stratificazioni: longobardi, carolingi e infine spesso i cluniacensi, i quali demolendo quanto restava di pagano, hanno cercato di cristianizzare le popolazioni e il luogo. In ogni caso resta il fatto che dove c'è una chiesa antica cristiana o proto-cristiana bisogna tenere presente che sotto è possibile trovare un tempio, ma sotto ancora, negli strati inferiori, si può trovare un insediamento umano preromano, celtico o addirittura preceltico risalendo fino alla preistoria.

Leggendo la storia a rovescio dall'oggi all'ieri la costante di lettura è proprio questa continuità di insediamenti, che affondano nella storia preromana. Così mi è capitato al Monticolo, a Breno e in tutti i luoghi ove ho effettuato delle campagne di scavo. Dico questo non per deviare il discorso dal rus Cassiciacum, ma proprio per avvicinarmi con maggiore sicurezza alla sua analisi. In realtà se noi leggiamo la storia a rovescio comprendiamo meglio il significato dei reperti che già sono affiorati a Cassago: si potrà forse comprendere il valore dei reperti romani e tardo romani conservati nel parco archeologico di Cassago, il significato delle ceramiche galliche, romane e tardo romane affiorate in gran copia nel paese, ma soprattutto alla Pieguzza. Bisogna trovare la chiave di lettura e la chiave di lettura è il popolo che per primo spianò, allargò, trovò le sorgenti, trovò il modo di canalizzare le acque, costruì le strade, definì le prime vie di comunicazione e in definitiva creò il primo vero e significativo insediamento sul territorio. Se noi scopriremo questa prima presenza umana diventerà facile ricostruire tutta la storia successiva, con tutti gli insediamenti successivi pertinenti ai nuovi popoli invasori.

Dai Celti ai Romani la storia di questi insediamenti si sarà certamente ripetuta, modificando, migliorando o peggiorando l'esistente, cambiando o deviando i corsi d'acqua, aggiungendo nuovi abitati: ma questa è la storia. Se noi riusciamo a rompere questo velo della preistoria, noi possiamo senz'altro riuscire a trovare anche altre testimonianze, che ci richiamano presenze fisse, chiare e leggibili. La preistoria quindi è la mia frontiera e cercherò ora di tracciare un profilo degli insediamenti umani in Cassago in tale età. Debbo premettere che tracciare questo profilo attualmente è molto difficile, perché i reperti che sono in nostro possesso, sia litici, sia ossei, sia ceramici sono pochi. Soprattutto sono scarsamente significativi. Fra i prodotti litici purtroppo non c'è neanche un'amigdala, non ci sono raschiatoi, che sono segni di una civiltà attiva e produttiva. Si è trovata una punta di freccia a Zizzanorre, ma potrebbe essere stata persa o dimenticata da un cacciatore o raccoglitore di passaggio. Oppure potrebbe essere stata portata a valle da risciacquii o alluvioni. Un elemento così isolato purtroppo non è un dato che permetta più precise e attente considerazioni. Sarebbe interessante poter sapere qualcosa di più circa il ritrovamento e se mai ci potesse essere qualcosa attorno. In ogni caso materiale ne è stato trovato. Reperti ce ne sono a sufficienza per intraprendere una indagine più approfondita. Tuttavia le difficoltà ci sono e consistono nel trovare ipotesi che colleghino le microliti della Pieguzza con il ritrovamento di Zizzanorre. Un aspetto non secondario di studi della preistoria consiste poi nella opportunità di avere a disposizione sufficienti informazioni circa la raccolta dei reperti: purtroppo gli occasionali ritrovamenti di microliti in selce alla Pieguzza non sono stati adeguatamente documentati con schede.

Tutto ciò rende più difficile la loro interpretazione. Rare sono le indicazioni circa il luogo di ritrovamento, lo strato in cui è avvenuto il recupero, il tipo di terreno interessato ed altri elementi indicatori utili. Ciò che comunque mi lascia perplesso è la presenza di reperti che qualifico come orfani, di reperti cioè che sono slegati fra loro a livello di epoca, di composizione del tritume, del tipo di lavorazione e anche della provenienza. Penso in questo caso alle possibili officine che li hanno prodotti. In genere ogni tribù usava sempre la medesima tecnologia, lavorava secondo schemi e abitudini consuetudinarie: certuni decoravano a pettine, altri con linee verticali, altri ancora avevano tipologie diverse per i vasi, i poculi e ogni tipo di vasellame. Bisogna anche considerare che si servivano dell'argilla che riuscivano a reperire nel luogo e spesso la disponibilità di questo materiale forniva l'opportunità per insediamenti. Il caso di Figina è esemplare al riguardo. Il luogo fu nel medioevo sede di un monastero cluniacense ricco di storia.

I monaci vi si insediarono verso il Mille proprio perché trovarono ancora attiva una cava di argilla rossa finissima nella conca sopra Villa Vergano. Senz'altro in quel posto ancora prima dei Romani, avevano già spianato e collettivato le acque gli uomini del Neolitico. Forse c'era una pista già in quell'età che scendeva a Consonno e poi proseguiva di là dal crinale: non a caso ho trovato delle selci proprio nel sentiero che scende a Consonno. E' quindi auspicabile conoscere la provenienza di questi reperti orfani, che troviamo anche a Cassago. Ciò ci porterebbe al grembo della storia della Comunità locale e soddisfarebbe la curiosità di conoscere chi per primo ha abitato questo paese. Quale lingua parlavano questi primi uomini, che si sono insediati a Cassago? Come gestivano e organizzavano la loro vita e che tipo di cultura avevano ? Che tipi di scambi commerciali avevano, come nascevano e come morivano: ecco solo alcuni degli interrogativi che esigono una risposta. Questa è la storia che dobbiamo ancora scrivere. Di qui la necessità di conoscere il territorio e di individuare un'area opportuna per i rilievi e i sondaggi, che finalmente ci permettano di trovare quei fondi di capanni, quei reperti litici ed ossei, che rappresentarono gli strumenti di uso comune nel Neolitico e nelle età seguenti. Così potremo dare una voce al materiale fittile e alla grande abbondanza di ceramica sinora scoperti, nonchè ai frammenti di microliti e ai tre grossi frammenti di macroliti neri provenienti dalla Pieguzza.

Ci sorregge la considerazione che le genti, che hanno prodotto questi manufatti, non pos­sono non avere lasciato altro materiale. E' impossibile in effetti che queste genti non abbiano lasciato proprio nient'altro. La mia personale esperienza di raccolta sul territorio di Cassago, specialmente riguardo alla Pieguzza, mi consente di affermare che la storia di questo paese parte senz'altro dal Neolitico (3.000 a. C. circa), perchè ho visto nei manufatti scoperti dei particolari della lavorazione della selce tipici di quel periodo. Dal Neolitico quindi c'è stata una presenza umana che ha modificato l'ambiente, nell'ambito di un paesaggio che, per il clima e la presenza di sorgenti d'acqua, permetteva certamente attività collegate alla pesca e alla caccia. C'era quindi la possibilità dello sviluppo normale di un gruppo umano, in grado di produrre interscambi locali ma anche a più grande distanza. Già allora si conoscevano percorsi che partivano dal lago di Costanza e raggiungevano la Val Camonica.

L'ampiezza della vallata del Lambro tuttavia non deve avere permesso una monocultura, per cui la lettura stratigrafica diventa più difficile. Data una presenza romana a Cassago così significativa, sono convinto che una indagine seria e adeguate campagne di scavo possono permetterci di collegarci con il primo anello di quelle persone che passarono in questi territori. Credo anche che bisogni incominciare da Zizzanorre, dalla località detta la "Prisòm", che attualmente offre i migliori indizi per corrispondere al primo luogo ove si in­sediò l'uomo a Cassago nel Neolitico.