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Lettera a Torquato

Santa Marcellina in gloria di Gonin, affresco del XIX secolo

Santa Marcellina in gloria di Gonin

 

 

 

LETTERA DI MARCELLINA A TORQUATO

 

 

 

L'epistolario di Marcellina

Le lettere che Marcellina scrisse e che ci sono state conservate costituiscono un osservatorio privilegiato per comprendere la sua personalità. Alcuni suoi insegnamenti denotano una finissima sensibilità verso le persone che la circondavano, un affetto caritatevole verso i fratelli e una capacità tutta femminile di meditare sui problemi e sulle questioni aperte della sua epoca.

Del suo epistolario riportiamo quella esortatoria indirizzata a Torquato, un lettore della Chiesa milanese.

 

 

 

Al diletto Torquato, salute.

 

Quando un avvocato pronuncia la sua arringa in tribunale, si prende cura di tutto quanto può servire a convincere il giudice: il tono della voce, i gesti, l'espressione del viso, il rigore dell'argomentazione, la pertinenza degli esempi. Può raggiungere una tale efficacia che gli ascoltatori sono indotti al riso, al pianto, allo sdegno, alla compassione. Quando un bravo attore recita la sua parte in teatro, la sua voce cura l'effetto delle parole che dice e gli spettatori sono come catturati dalla vicenda raccontata tanto da provare i sentimenti dei protagonisti.

Il mio santo fratello Ambrogio, di venerata memoria, curava in ogni modo la proclamazione pubblica della scrittura e la predicazione: non furono pochi coloro che, come il santo vescovo Agostino, proprio attraverso la predicazione di Ambrogio ricevettero incoraggiamento alla conversione. Al contrario quando leggono alcuni lettori poco preparati sembra che la parola delle Scritture sia ridotta a un mormorio confuso e noioso: l'assemblea ascolta rassegnata e inerte, qualcuno chiacchiera, qualcuno s'appisola, molti seguono i loro pensieri. Non sempre e non tutto si deve attribuire alla cattiva volontà e superficialità dei fedeli.

 

Nelle Scritture la Parola di Dio "è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio" (Eb 4,12) e il Verbo di Dio si presenta come un cavaliere vittorioso: "dalla sua bocca esce una spada affilata per colpire con essa tutte le genti" (Apc 19,15). La Parola di Dio è come un fuoco che divampa, come un attraente legame d'amore, come una sorgente d'acqua purissima e fresca: ma talora la proclamazione nell'assemblea è così scialba e incomprensibile che il fuoco sembra trasformarsi in un fumo fastidioso.

Per questo ho trovato l'ardire di scriverti: per chiedere a te che sei lettore di leggere meglio!

Qualche volta capita che la pigrizia, la vergogna, la paura di fare figure inducano molti a non accettare di essere lettori. Coloro che si fanno avanti pensano d'aver compiuto un atto meritorio e d'essere benefattori della comunità solo perché sono tra i pochi che accettano di fare quanti altri rifiutano: e non si può certo disprezzare la generosità, occorre piuttosto essere loro grati. Se però la loro lettura spesso fraintende le parole, non tiene conto delle pause, sbaglia il tono, degenera in noiosa cantilena, trasforma le domande in affermazioni, incespica nella lettura di parole sconosciute e di nomi ebraici difficili, allora invece di rendere un servizio questi generosi arrecano un danno.

 

Non ti sembra doveroso, diletto Torquato, che la lettura pubblica delle Scritture debba essere ben preparata? Come coloro che cantano, come il prete che deve tenere l'omelia, per prestare un servizio degno è necessaria adeguata preparazione: altrimenti tutto diventa squallido e noioso. Non ti sembra necessario che, mentre tu leggi, risulti evidente a chi ti ascolta che tu capisci quello che stai leggendo? e come potrai capirlo se improvvisi la lettura di testi talora molto complessi come quelli dell'apostolo Paolo o di esortazioni con molte sfumature come i testi dei profeti o di poesie raffinate come i salmi?

Non ti sembra indispensabile che quando tu leggi la parola letta sia udita anche da coloro che stanno in fondo alla Chiesa? Non ti sembra giusto che la parola letta trasmetta agli ascoltatori le intenzioni di chi la scrisse? E come potrà una parola far pensare, l'altra commuovere, questa dare coraggio, quella indurre a pentimento, un testo aprire il cuore all'esultanza, se tu leggi tutto con il medesimo tono monotono e inespressivo?

 

Il ministero del lettore è troppo importante per consentire che sia così trascurato: cerchiamo di avere almeno quel minimo di attenzioni che si insegnano nelle scuole dove si prepara chi deve dare notizie parlando in pubblico. E non dovrebbe succedere che una prestazione cominciata come un servizio si trasformi in un privilegio dal quale sia arduo staccarsi: il bene della comunità deve prevalere sull'amor proprio del servitore. Infatti il passar degli anni può rendere più roca la voce, più confusa l'articolazione delle parole e noi, povere donne attempate e devote, fatte un po' dure d'orecchi, talora non riusciamo quasi neppure a sentire che venga letto qualche cosa. Eppure dire a qualcuno di non leggere più sembra quasi un affronto e un'offesa.

 

Diletto Torquato, ti ho scritto con un po' di sfacciataggine, perché so che ti sta veramente a cuore d'essere un buon servitore della tua comunità e già ti sono grata perché so che farai tesoro delle mie parole per aiutare noi tutte che desideriamo ascoltare la Parola di Dio, intenderla meglio e lasciarcene più profondamente toccare.

 

Marcellina