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Maria BeTtetini: Terre di brianza

Immagine del libro I Viaggi dei Filosofi

Immagine del libro "I Viaggi dei Filosofi"

 

 

 

TERRE DI BRIANZA

di Maria Bettetini

tratto da "I Viaggi dei Filosofi" di Bettetini-Poggi

 

 

 

Agostino non si curava di "tali cose", tutto preso dal suo lavoro e turbato a proposito della via intellettuale da seguire: i manichei lo avevano deluso; i cattolici, grazie all'ermeneutica di Ambrogio, cominciavano a interessarlo, ma qualcosa non tornava. Tanto che un giorno, mentre andava a recitare l'elogio dell'imperatore, in un vicolo milanese provò invidia per un ubriaco felice della sua bevuta e della vita intera, almeno così pareva.

Non si fatica a immaginare l'elegante retore camminare verso la sede imperiale circondato da amici e segretari e attraversare le strade strette che ancora oggi tagliano la zona romana di Mila- no, perché tra un palazzo e l'altro lo spazio era esiguo e l'igiene, come in tutte le città fino al secolo scorso, nulla. Eppure lì l'uomo che si interroga sul bene e sul male riesce a provare stizza per il riso di un mendicante. Intanto la sua vita privata sta cambiando, quasi malgrado lui: Monica gli organizza un matrimonio con una fanciulla nobile ma ancora troppo giovane; l'anonima madre di suo figlio viene rimandata in Africa, per dove riparte docilmente giurando eterna fedeltà al non altrettanto casto Agostino e originando così mille romanzi, leggende, rivendicazioni nei secoli successivi.

È un altro anonimo, questa volta un uomo "gonfio di boria", che procura nel 386 i libri dei Platonici (traduzioni da Porfirio e forse da Plotino) che illustrano al retore la possibilità dell'esistenza di una sostanza non materiale e quindi la via per una spiegazione al problema del male, quando sia inteso come privazione. Pochi giorni di tormento milanese, quell'impegno alla castità che proprio sembra difficile e poi la "scena del giardino" (forse avvenuta in quella che ora è via Lanzone, dove una chiesetta ricorda il fatto), una voce di bimbo che invita Agostino disperato a leggere, l'apertura della Lettera ai Romani e la consapevolezza che l'aiuto per vivere cristianamente viene dalla grazia e non solo dai propri sforzi. Agostino si è convertito.

Con la scusa di un'oppressione al petto approfitta delle vacanze "della vendemmia" per licenziarsi e accettare l'ospitalità di Verecondo, a Cassiciacum, "ove", si legge nel libro nono delle Confessioni, "riposammo in te dalla bufera del secolo, nell'amenità del tuo giardino dall'eterna primavera".

In verità Cassago Brianza, tra ottobre e febbraio, non è molto primaverile. Un altro topos retorico (il locus amoenus di Virgilio, di Orazio e di molte pagine delle Confessioni) per dire di una terra ridente per lo spirito nonostante il freddo e la pioggia. I dialoghi trascritti o, per meglio dire, riscritti durante il soggiorno nella villa di Verecondo danno indicazioni chiare. La maggior parte delle discussioni a causa del brutto tempo avviene nelle termae, ovvero nei bagni riscaldati che i Romani avevano costruito in ogni città e messo a disposizione dei cittadini di ogni lignaggio e che si trovavano anche in ogni villa privata, se pur di piccole dimensioni. Anche il giorno del compleanno di Agostino, il 13 novembre, la torta di miele, farina e mandorle (oggi ancora venduta a Cassago come "torta della felicità") viene gustata tra i vapori delle terme, come ci racconta il dialogo sulla Vita felice, che solo al terzo giorno di discussione vede dissiparsi "la nebbia che ci costringeva a riunirci nella sala dei bagni", permettendo una passeggiata nel prato. E nel dialogo sull'Ordine, uno degli interrogativi sul bene e sul male, quindi sull'ordine o il disordine del mondo, posti da Agostino nell'introduzione al discorso finale è: "Perché gli Italiani invocano sempre cieli sereni e invece sempre la nostra povera Getulia è assetata"?

La terra dei Getuli, ovvero il Nord Mrica, non ha le piogge che invece tormentano gli Italici, come dice Virgilio nelle Georgiche ("Serenas hiemes orent"). Molti anni più tardi, nel Discorso 198 sull'Apocalisse, il vescovo di Ippona non avrà difficoltà a far comprendere la distanza tra gli angeli cattivi e quelli buoni, prendendo spunto dal peccato di superbia di Satana, che desiderò salire al posto di Dio, quindi a nord: "La zona settentrionale è all'opposto di quella meridionale, e per questo simboleggia la gente fredda e tenebrosa, mentre il mezzogiorno simboleggia le persone illuminate e ricche di calore. Pertanto i buoni, come gente che vive nel mezzogiorno, sono pieni di calore e di luce; al contrario i cattivi, da gente che vive a settentrione, sono freddi e vivono nelle tenebre, avvolti da oscura foschia". Il ricordo della nebbia di Lombardia non riusciva ad abbandonarlo. E venne anche il momento di lasciare quelle terre, felici solo per lo spirito: nel febbraio del 387 la villa di Verecondo viene abbandonata dalla comitiva, che comprendeva, oltre a Agostino, sua madre, il figlio Adeodato ormai adolescente, il fratello Navigio, gli allievi Trigezio e Licenzio, i cugini Lartidiano e Rustico.

Era assente l'amico fraterno Alipio, che sarà pure battezzato da Ambrogio con Agostino e Adeodato. Però, proprio grazie a una sua visita estemporanea agli amici, conosciamo con maggiore certezza la distanza tra Cassiciacum e Milano: un "viaggio in città" annunciato nel dialogo Contro gli Accademici (10-24 novembre) si conclude con il ritorno in campagna per fine mese; un viaggio probabilmente effettuato a piedi, impensabile se non compiuto in giornata. L'arrivo di Alipio, quindi, descritto nel secondo libro del dialogo sull'Ordine, oltre a coincidere con "un sole splendente, la serenità del cielo e la temperatura mite, per quanto lo possa essere d'inverno in quei luoghi", permette di collocare la villa o, come alcuni traducono correttamente, la fattoria di Verecondo a Cassago (meno di 50 chilometri da Milano), rispetto all'altra cittadina pretendente a tale ruolo, Casciago di Varese (quasi 70 chilometri).

Di quest'idea sono anche gli organizzatori del Cammino di Sant'Agostino (www.camminodiagostino.com), una nuova via al turismo sostenibile e spirituale, che ripercorre le tracce del retore africano nell'Italia settentrionale, a partire da Genova, dove arrivarono dirette a Pavia le reliquie riscattate dal longobardo re Liutprando ai Saraceni, che le avevano trafugate a Ippona e poi portate in Sardegna. li Cammino prevede una ventina di chilometri al giorno da percorrere a piedi o in bicicletta, e una tappa è proprio Cassago Brianza, da dove un giorno di fine inverno l'intera comitiva partì - probabilmente su carri trainati da muli - per giungere a Milano, dove era obbligatorio nomen dare, iscriversi per diventare catecumeni per tempo, prima della Pasqua.