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MONICA ED AGOSTINO
di Mons. Giovanni Falbo
intervento al Convegno su L'attualità della figura di S. Agostino
tenuto il 12 novembre 2004, presso l'Hotel Satellite Palace in Ostia Lido
Il mio intervento riguarda le relazioni di S.Agostino con Ostia. Perché S.Agostino patrono di Ostia? In effetti S. Agostino è stato ad Ostia, ma, se consideriamo che ha vissuto 76 anni, il tempo trascorso ad Ostia - 5-6 mesi - è stato meno di 1/150 della sua esistenza. Tutto il resto della sua vita lo ha passato perlopiù in Africa, con un intermezzo che va dal 383 al 388, anno in cui ripartì da Ostia per raggiungere di nuovo la sua città natale, Tagaste. Quindi S. Agostino ha trascorso la prima parte della sua vita (29 anni) in Africa. Prima a Tagaste, fino a 15 anni, dove ha frequentato le scuole, poi nella vicina cittadina di Madaura dove ha atteso a studi superiori e infine a Cartagine dove ha completato la sua formazione di retore. A Cartagine si trasferì nel 371, quando aveva 17 anni. Nel 372 la sua vita sregolata, come lui stesso racconta, lo portò ad avere un figlio fuori del matrimonio da una donna a lui molto fedele della quale tuttavia non conosceremo mai il nome. Conosciamo il nome del figlio, Adeodato e sappiamo che era un giovane di profonda intelligenza. Purtroppo morì a soli 18 anni. S. Agostino rimase in Africa fino al 383.
Già in questo periodo aveva passato in rassegna varie scuole filosofiche e di pensiero. In particolare si era imbattuto nei manichei nel 374, pensando che potessero risolvere tutti i suoi dubbi, i suoi problemi. Per esempio il problema del male che i manichei risolvevano dicendo che ci sono due principi, due divinità, quella del Bene e quella del Male. Da qui l'origine del Male, secondo i manichei, e la costante lotta contro il Bene. La vita di S. Agostino si intreccia sempre con quella di sua madre Monica, lo vedremo meglio nelle vicende che seguono. Egli nel 383, dopo essere stato professore di retorica, prima nella sua città natale, poi a Cartagine, venne a Roma in cerca di una migliore sistemazione, all'insaputa della madre. Le aveva infatti detto che doveva salutare un amico, invece fu lui a partire con la nave verso Roma sbarcando ad Ostia. A Roma rimase dieci mesi, fin quando il prefetto di Roma, Aurelio Simmaco, che era l'ultimo paladino del paganesimo, dietro raccomandazione dei manichei, tornando da Milano, fece ottenere ad Agostino un posto imperiale di insegnamento della retorica. Nel 384, all'età di 30 anni Agostino partì per Milano con questa bella gratificazione per la sua carriera di retore, ma la Provvidenza disponeva diversamente per lui. Il suo dissidio interiore aumentava sempre di più. Nel frattempo la madre, Monica, lo raggiunse a Milano, dove Agostino ebbe occasione di ascoltare la predicazione di Ambrogio che lo fece riflettere. A seguito di questo e dopo varie vicissitudini, giunse alla conversione nel 386 e si preparò al battesimo.
Istituì un cenacolo di filosofia con i suoi amici nella vicina Cassiciaco che oggi si identifica con Cassago in Brianza. Nel 387 ricevette il battesimo e subito dopo, dietro suggerimento di Monica, decise di tornare in Africa. Così da Milano vennero ad Ostia per imbarcarsi. Giunsero ad Ostia, secondo alcuni calcoli approssimativi, nella tarda primavera del 387 - poteva essere maggio o giugno (aveva ricevuto il battesimo nella veglia pasquale del 387, nel mese di aprile). Qui siamo nel nostro territorio, l'Ostia del tempo ovviamente, che non è la nostra Ostia moderna, ma l'attuale Ostia antica. Il mare allora arrivava fin lì ed era il porto di Roma (le porte di Roma etimologicamente: Ostia, plurale di ostium che significa porta). Qui ad Ostia Agostino, benché abbiamo detto si tratti solo di 1/150 della sua vita, trascorse, oserei dire, momenti fra i più belli e più intensi di tutta la sua vita.
Per questo riteniamo giusto che S. Agostino sia divenuto patrono della nostra città. Cosa fece ad Ostia? Innanzitutto era fresco di conversione, aveva l'ardore del neofita, aveva riconquistato pienamente il suo rapporto con la madre, che gli era sempre stata dietro con la preghiera, con il pensiero, con ogni interessamento perché si convertisse. Non era stato battezzato da piccolo - sappiamo bene - perché non era ancora generalizzato l'uso del battesimo degli infanti. Quindi neanche S. Monica fece battezzare il figlio Agostino. Tuttavia lo iscrisse all'albo dei catecumeni. Aveva già ricevuto alcuni dei primi segni dei catecumeni, come il segno della croce sulla fronte e il sale che si poneva sulla lingua. Quando Agostino da fanciullo stava per morire, Monica si affrettò a chiamare il sacerdote per farlo battezzare, ma Agostino si riprese e conosciamo la sua vita successiva fatta di trasgressioni, di ricerca della verità, fino alla conversione. Ma Monica non aveva risparmiato nulla per lui, la frase più bella che lo stesso Agostino ci riporta nelle Confessioni è quella di un vescovo che Monica era andata ad importunare perché parlasse con il figlio che si era fatto manicheo perché lo convincesse che il manicheismo era una dottrina sbagliata, un'eresia. Alcuni dicono che questo vescovo fosse quello di Tagaste, ma a quel tempo Tagaste non aveva un vescovo, lo avrà successivamente nella persona di Alipio che è uno degli amici di S. Agostino. Probabilmente era il vescovo di Madaura, la città vicina più importante, che a quel tempo era Antigono.
Questo vescovo dopo tutte le insistenze di S. Monica le disse: "Adesso datti pace; non è possibile che perisca un figlio di tante lacrime" perché Monica non faceva che pregare e piangere per il figlio Agostino. Ci parlava anche, ma poi si ritirava in buon'ordine dinanzi alla cultura e alla dialettica del figlio che lei non era certamente in grado di sostenere. Per questo cercava delle persone che potessero convincerlo e quindi oltre a questo vescovo, a Milano cercò in Ambrogio un potente alleato e questa volta finalmente riuscì. Monica nella sua pedagogia materna usò tutti i metodi per riportare Agostino alla vera fede e soprattutto all'ortoprassi, alla vita cristiana. Infatti quando nel 374 tornò da Cartagine con la donna anonima ed il figlioletto Adeodato, Monica lo cacciò di casa perché nella Scrittura era scritto di non avere neanche rapporti di saluto con gli eretici. Poi ebbe il famoso sogno dell'angelo che le disse: "Ma non vedi che sulla stessa trave dove sei tu c'è anche lui?". In seguito a questo sogno premonitore lo riprese in casa. E ancora, Monica partecipò al cenacolo filosofico di Cassiciaco, quando si meritò da parte del figlio il titolo di filosofa. Era una donna senza istruzione come normalmente avveniva in quel tempo, tuttavia possiamo intravedere la sua intelligenza dalle risposte che ci riporta S. Agostino nei dialoghi di Cassiciaco. Erano risposte talmente acute che lui le disse: "Sei filosofa, mamma".
Una volta arrivati ad Ostia, nel fervore del neofita, la sua unione con quella santa madre che era Monica, divenne così stretta e dolce e beata che se leggiamo il IX libro delle Confessioni, traspare continuamente questa unione, questa dolcezza, questa tenerezza di S.Agostino verso la madre, la quale anche sul letto di morte ricordava di non aver mai sentito dalla sua bocca una parola offensiva nei suoi confronti, Agostino aveva sempre rispettato e amato la madre, anche quando non dava retta ai suoi consigli. Qui ad Ostia c'è questa perfetta intesa e soddisfazione nel condividere la medesima fede. E' proprio in quest'ambito che Agostino descrive, sempre nel IX libro delle Confessioni, l'episodio culmine della sua permanenza ad Ostia, l'estasi di Ostia. Giunti ad Ostia avevano preso in affitto una delle tante case, non sappiamo esattamente quale, che oggi possiamo incontrare negli scavi. Lì ad Ostia c'era una comunità cristiana, c'era anche una basilica cristiana, un luogo di culto che risale proprio al tempo nel quale Agostino è stato ad Ostia- è del IV secolo. Quindi con tutta probabilità Agostino e sua madre hanno frequentato questo luogo di culto insieme alla comunità locale che poi parteciperà ai funerali di S.Monica, che starà vicino ad Agostino e tenterà di consolarlo in questo tragico frangente della sua vita. Proprio in quella casa c'era una finestra dalla quale si vedeva un giardino. Lì appoggiati al davanzale, in una di quelle sere d'estate, mentre si preparavano alla navigazione, si rinfrancavano dopo il viaggio faticoso da Milano a Roma. Lì tutti e due si mettono a discutere dei temi più cari ai cristiani. Quale avrebbe potuto essere la vita beata dei santi. Allora incominciano a parlare delle cose. La prima rivelazione di Dio è nella creazione. Le creature, come leggiamo anche in altri passi delle Confessioni, dicono: "Non siamo noi Dio, siamo belle e perfette ma devi andare più su". Quindi Agostino, partendo dalle creature terrene, insieme alla madre Monica, si eleva alle creature celesti, agli astri, al sole, alla luna, alle stelle, poi si eleva alla spiritualità dell'uomo, alla mente dell'uomo che è fatta per l'infinito e con questa mente si pongono dinanzi alla parola eterna della Sapienza di Dio che non ha passato e futuro, ma è il presente. Questa Sapienza che diventa il diletto dei santi. In questo sforzo di comprensione hanno la folgorazione divina che chiamiamo l'estasi.
Dice Agostino: "Lasciammo avvinte le primizie dello spirito". In questa contemplazione di cui non riesce ad esprimere i contenuti, parla dell'abbondanza, della plaga sterminata della beatitudine. Potremmo confrontarla a quello che dice S. Paolo per la sua estasi nella seconda lettera ai Corinzi quando dice: "Non so se con il corpo o fuori del corpo fui elevato al terzo cielo e lì udii delle parole arcane che non è lecito agli uomini pronunciare". Queste parole arcane sono appunto l'essenza di Dio, la cui visione rende beati e, ridiscendendo, dice Agostino, da questa contemplazione ritornammo alle nostre parole vuote, che hanno principio e fine ma non esprimono nulla dinanzi alla grandezza di questo mistero. E' una delle espressioni della ineffabilità di Dio: non si può parlare di Dio, le nostre parole non arrivano che a darne un'idea. E' solamente questo dono della visione, dell'estasi, che Dio ha dato al figlio e alla madre insieme, che è una intuizione che preludeva alla loro glorificazione, che per S.Monica sarebbe avvenuta di lì a poco.
Tanto è vero che dopo questa estasi, Monica dice ad Agostino: "Che cosa sto a fare ancora in questo mondo? Io avevo un solo scopo nella vita, quello di vederti cristiano e cattolico e l'ho ottenuto, anzi ancora di più perché non solo ti sei convertito e sei stato battezzato, ma hai il proposito di consacrarti totalmente a Dio, cioè di diventare monaco" - come difatti fece. Tornò a Tagaste nel 388, poi divenne prete nel 391 e vescovo nel 395, ma rimase sempre monaco nello spirito. Allora, dice S. Monica, non c'è alcun motivo che mi trattenga su questa terra. E infatti pochi giorni dopo fu presa da grandi febbri, forse un attacco di malaria, e in queste grandi febbri ebbe uno svenimento e quando si riprese disse: "Dove sono?". Agostino e il fratello Navigio e il figlio Adeodato erano lì insieme - quindi si è trattato di un momento di riunione familiare, perché il padre Patrizio era morto già nel 372, l'altra sorella che tradizionalmente si chiama Perpetua era una religiosa rimasta in Africa e quindi tutta la famiglia era presente. Agostino ha vissuto questi momenti fondamentali per la sua vita. Monica dice: "Deporrete qui vostra madre, la seppellirete qui".
Navigio comincia a dire: "Ma come? Tu hai preparato a Tagaste una tomba insieme a tuo marito Patrizio, allora non morirai qui, ma in Africa". S. Monica dice ad Agostino: "Guarda cosa sta dicendo!", come a dire: è uno che non ha capito nulla della vita cristiana. Già qualche giorno prima, parlando con la comunità cristiana di Ostia, aveva detto: "Non c'è posto sulla terra dal quale Dio non sappia trovarmi per risuscitarmi" - non è questa della sepoltura la cosa importante – "L'unica cosa che vi chiedo è di ricordarvi di me all'altare del Signore". Poco dopo morì ed Agostino ebbe questa dolorosissima esperienza della morte della madre all'età di appena 56 anni; lui ne aveva 33. Cercò di reprimere il suo pianto, anche durante il funerale, quando si celebrava la messa con la salma della madre deposta accanto al sepolcro, secondo gli usi del luogo, poi il suo pianto sfociò pienamente e ne ebbe questo giovamento, vivendo però sempre in seguito in questa comunione con la madre, come si esprime poi nel libro X. S. Agostino fece quindi un sepolcro alla madre ad Ostia, anche per questo Ostia gli doveva essere cara, perché qui la madre era morta e qui era sepolta. Avvicinandosi l'inverno e non potendo più partire per l'Africa, pensò bene insieme ai suoi amici di tornare a Roma.
Tuttavia nell'anno seguente, nel 388, tornò frequentemente ad Ostia per pregare sul sepolcro della madre, finché nell'estate del 388 si imbarcò di nuovo per Tagaste e non tornò più in Italia e quindi neanche ad Ostia. Ma questi mesi che passò ad Ostia, con questi eventi così importanti della sua vita, hanno lasciato in lui un solco, ma soprattutto lo hanno lasciato in noi di questo territorio. Il proconsole Artemio Basso fece incidere sul sepolcro della madre questa iscrizione che parla di Agostino pastore e di Monica che è un'altra luce del suo merito. Un notevole frammento di questa lapide è stato trovato nel cortile accanto alla chiesa di S. Aurea, nel 1946, dal patrologo agostiniano Antonio Casamassa. Questo pone dei problemi al riguardo dell'autenticità delle reliquie di Monica che oggi tradizionalmente sono nella chiesa di S. Agostino. Io penso che non siano quelle, ma che le reliquie di Monica siano ancora ad Ostia disperse nel sottosuolo di S. Aurea. E' per tutto questo che noi siamo lieti di accogliere S. Agostino come patrono e siamo lieti soprattutto che dopo 1616 anni dal 388, quando partì da Ostia, domenica le sue spoglie torneranno in mezzo a noi.