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Percorso : HOME > Cassiciaco > Vexata quaestio > mons. Giovanni Falbomons. Giovanni Falbo: Monica e Agostino
Immagine del volume di mons. Giovanni Falbo
SANT'AGOSTINO PATRONO DI OSTIA
di Mons. Giovanni Falbo
Municipio Roma XIII, 2004
In occasione dei festeggiamenti per il 1655° Anniversario della nascita del Santo, oggi, 13 novembre è stata presentata, presso la Chiesa Sant’Aurea ad Ostia Antica,la nuova edizione del volume “Sant’Agostino Santo patrono di Ostia” dall’Assessore alle Attività Produttive al Lavoro e Litorale, Davide Bordoni, alla presenza di Monsignor Giovanni Falbo, responsabile della zona pastorale di Ostia e Parroco della Chiesa di Santa Monica. Nel novembre 2004 Sant’ Agostino fu proclamato ufficialmente Patrono di Ostia da parte dei massimi organismi ecclesiastici della Santa Sede. Ha rappresentato un momento significativo per la comunità religiosa e per tutta la cittadinanza residente nel Municipio, testimoniato dalla grande partecipazione di pubblico durante i festeggiamenti organizzati in collaborazione con il Vicariato di Roma ed i Padri Prefetti del territorio. Le spoglie di Sant’Agostino vennero accolte solennemente nell’Aula Consiliare del Palazzo dell’ex Governatorato del Municipio e successivamente traslate nella Cattedrale di Sant’Aurea in Ostia Antica, retta dai Padri Agostiniani. Officiò la cerimonia l’allora Eminentissimo Cardinale Decano del Sacro Collegio, Joseph Ratzinger il quale, pochi mesi dopo, fu eletto al Soglio Pontificio con il nome di Benedetto XVI.
Nella premessa del volume di mons. Giovanni Falbo, il Presidente del Municipio XIII Davide Bordoni nel novembre 2044 scriveva:
"La proclamazione ufficiale di sant'Agostino Patrono di Ostia da parte dei massimi organismi ecclesiastici della Santa Sede ha rappresentato senz'altro uno dei momenti più significativi della nostra cittadina ed è per tale ragione che il Municipio Roma XIII, in collaborazione con il Vicariato di Roma ed i Padri Prefetti del territorio, ha scelto di organizzare un programma di festeggiamenti in onore del Santo, proprio nel 1650 anno dalla sua nascita.
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Grazie al prezioso contributo di Mons. Giovanni falbo, responsabile della zona pastorale di Ostia e Parroco della Chiesa di santa Monica, il Municipio Roma XIII ha potuto realizzare questo progetto educativo e culturale assieme, pubblicando il presente volume - in occasione dei Festeggiamenti per il Santo Patrono - da diffondere in maniera gratuita ..."
Capitolo VIII
LA CAMPAGNA DI CASSICIACO
La decisione di convertirsi e di lasciare tutto fu presa da Agostino nell'agosto del 386. La prima cosa da lasciare era la scuola che seguitava anche nei mesi estivi. Agostino ragionò con prudenza e pensò che non fosse il caso di suscitare un vespaio con le sue dimissioni improvvise da quella carica pubblica.
Mancavano pochi giorni alle vacanze vendemmiali e decise di aspettare quella scadenza per congedarsi dagli allievi. Avrebbe poi addotto motivi di salute, dato che era sofferente di asma, per non riprendere le lezioni quando la scuola avrebbe riaperto i battenti. Nel frattempo chi di dovere avrebbe provveduto alla sua sostituzione.
C'era anche la promessa sposa che attendeva il giorno di convolare a giuste nozze. Ad essa pensò Monica. Con tutto il suo tatto, le spiegò la situazione, perché non ci fossero offese o risentimenti. A questo punto tutto era pronto per intraprendere quel cenacolo di filosofia e di ascetica che Agostino aveva lungamente vagheggiato.
Ma come farlo in mezzo ai rumori della città e ai pettegolezzi che si sarebbero fatti sul suo conto ? Un suo amico, di nome Verecondo, collega nell'insegnamento della retorica, gli venne in aiuto. Possedeva una villa in Brianza, a circa trenta chilometri da Milano in una località chiamata "Cassiciacum", oggi Cassiago (1), e volentieri la mise a disposizione degli amici, rincrescendogli unicamente di non poter far parte del loro gruppo perché aveva moglie e non poteva lasciare inoltre la scuola di retorica.
Aspirava anche lui a diventare cristiano e volentieri avrebbe ascoltato le argomentazioni di Agostino sulla verità e sul bene. Dopo due anni, nel 388, Verecondo sarebbe morto, essendo tuttavia prima diventato cristiano.
Oltre ad Agostino e Monica, si ritirarono a Cassiciaco il fedelissimo Alipio, Navigio, fratello di Agostino, che era già battezzato, Licenzio e Trigezio, suoi allievi, i cugini Lastidiano e Rustico, e, infine, il figlio Adeodato, che era il più giovane di tutti. Romaniano, che d poco era uscito dalla minaccia del rovescio di fortuna, li aiutò come sempre generosamente per le spese che dovevano sostenere. Alcuni, come Alipio, Navigio, Adeodato, già li conosciamo. Licenzio era figlio di Romaniano, un giovane focoso, ma poco portato alla filosofia e alla religione, era allievo di Agostino, come anche Trigezio che si era dato alla filosofia dopo aver lasciato la vita militare.
Lastidiano e Rustico non avevano una grande cultura, avendo frequentato solo gli studi di primo grado e non essendo arrivati neanche alla scuola di grammatica; tuttavia Agostino li ammise alle dispute per le quali era necessario solo il buon senso e le capacità di ragionare.
La villa di Verecondo doveva essere poco più che una casa di campagna, con ampi locali, stanze a sufficienza, bagni, ma senza senza nulla di sontuoso e di ricercato. Vi era un'atmosfera di semplicità e di sobrietà che faceva proprio al caso di Agostino e dei suoi amici. Soprattutto utile era il parco con il prato e gli alberi alla cui ombra si sedevano nelle belle giornate. In cambio della sorveglianza sui contadini Agostino aveva la facoltà di attingere dall'orto e dagli alberi da frutto per non gravare troppo sulle altre spese.
Agostino e i suoi amici passarono a Cassiciaco circa sei mesi, dal settembre del 386 al marzo del 387, assistiti amorevolmente dalla madre Monica. Lei non avrebbe dovuto partecipare alle discussioni filosofiche col pretesto di non avere cultura e di non essere all'altezza di sottili disquisizioni. Ma Agostino la voleva presente.
In questo caso si presenta come un antesignano della cultura femminile:; nell'antichità si conoscono poetesse, ma non si conoscono cultrici di filosofia. per questo la partecipazione di Monica alle questioni filosofiche, immortalata da Agostino nei Dialoghi di Cassiciaco, costituisce un fatto nuovo e importante nella storia della cultura. La sua ammirazione per la madre era in parte dovuto all'affetto filiale, ma vi era anche un fondamento oggettivo nella mente acuta di Monica, nella sua penetrazione singolare di ogni questione.
in questi Dialoghi Agostino si rivela un gran maestro e un fine pedagogo. Dirige sapientemente la discussione e con l'arte maieutica di socratica memoria, mette ciascuno a suo agio in modo che possa esprimere al meglio e compitamente il suo pensiero. In questo modo esce dagli schemi scolastici del suo tempo, dimostrandosi un autentico educatore, nel senso etimologico del termine (dal latibo educere=tirar fuori), e un formatore di personalità non in serie, ma autonome e creatrici. Delle fervide e feconde discussioni di Cassiciaco ci rimangono gli appunti stenografici che ci fanno quasi rivivere la scena e l'atmosfera di quei giorni.
(1) L'identificazione di "Cassiciacum" con Cassiago in Brianza sembra la migliore e pare sia da scartarsi l'identificazione con Casciago in provincia di Varese. Inoltre la dizione esatta sarebbe "Cassiaco", anche se la tradizione, dai Maurini in poi, legge "Cassiciaco". Cfr. in proposito l'edizione critica delle Confessioni a cura di A. C. Vega, Madrid, B. A. C. 1963, libro IX, nota 11, p. 370. Ho seguito questa edizione soprattutto per le note sempre puntuali, anche se talune conclusioni sono date troppo facilmente per scontate.