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Barbara Agosti: 'AMBROSII' A MILANO ALLA FINE DEL IV SEC. E LA 'BASILICA APOSTOLORUM'

 Il rus Cassiciacum, da un manoscritto del 1433 della Città di Dio conservato alla Biblioteca Nazionale di Firenze

Il rus Cassiciacum

 

 

 

'AMBROSII' A MILANO ALLA FINE DEL IV SEC. E LA 'BASILICA APOSTOLORUM'

di Barbara Agosti

 

 

 

Gli Ambrosii e Cassiciacum

 

... Da quanto è stato detto emerge chiaramente che alla fine del sec. IV l'area del Brolium era, almeno in parte, legata alla famiglia degli Ambrosii. Qui un Ambrosius fondò la Basilica Apostolorum; un Ambrosius dettò l'epigramma che celebra questa fondazione, l'epigrafe CONDIDIT; nella Basilica Apostolorum era conservata la teca reliquiario di Manlia Daedalia, sorella di Flavio Manlio Teodoro, lui pure, abbiamo supposto, un Ambrosius. Ma, e qui proponiamo altri dati in favore della nostra ricostruzione, questa zona più anticamente doveva essere stata proprietà dei Verginii. Lo provano due epigrafi trovate dall'Alciato (1), l'una presso S. Nazaro e l'altra in S. Stefano.

La prima indicava, come dice l'Alciato (2) un tumulus Verginiorum. Essa dice:

 

L. Verginius/IL.F.Ouf./AtilianusIV/ Vir sibi et/L. Verginio/ Messori patri/et Verveciae Q.F./ Atiliae matri et/ M. Didio Marcello/ L. Verginio / Quintiano fratrib / Verginiae Vergini../ Verginiae Paulinae / Verginiae Atiliae / sororib iun[ is] / Sentiae et Paulinae / uxorib et Constanpiis lib.

 

Il testo dell'altra, pure funeraria, è: Cn. V[erginio] / Murran / sibi et / liberis suis / Hispania[e] / Murrano F. / et Virginia[e]/ Symphe[rusae]/Cn. Ver... Fortunato L.

 

I personaggi nominati in queste due iscrizioni sono liberti dei Verginii che evidentemente furono sepolti, è sempre l' Alciato ad esprimersi così, nel poliandron di questa famiglia. Il loro tumulus era nella zona cemeteriale circostante la Basilica Apostolorum (3). Evidentemente quest'area, col tempo, cambiò di proprietà e, probabilmente nel corso di avvicendamenti ereditari, passò agli Ambrosii. Un'altra proprietà dei Verginii che, par di capire, dovette subire questa medesima sorte va riconosciuta nell'agro milanese, nella zona dell'attuale Cassago Brianza, a una trentina di chilometri da Milano.

Nel secolo scorso si rinvenne infatti a Valle Guidino di Besana, poco lontano da Cassago, un'epigrafe del sec. I che dice (4): I(OVl) O(ptimo) M(aximo)/pro salutelet victoria L. / Vergini Rufi / Pylades saltuar(ius)/ V(otum) S(olvit). Pilade era un saltuarius, uno schiavo addetto alla sorveglianza di un fondo appartenente a Virginio Rufo, sito evidentemente intorno a Cassago (5). Rufo (6), importante figura della vita politico-militare del sec. I, era anche il tutore di Plinio il Giovane. Quest'ultimo, in una sua lettera, parlando di se e di Rufo, scrive: utrique eadem regio, municipia finitima, agri etiam possessionesque coniunctae (7). I due municipia, quello milanese di Rufo e quello comense di Plinio, erano separati dal fiume Lambro. A occidente di questo, vicino a Fecchio, è stata trovata un'iscrizione che testimonia l'esistenza di fondi di Plinio in questa regione (8).

Poiché è a Sud di Cassago che si è rinvenuta l'iscrizione dedicata dal saltuarius Pilade, e noi sappiamo che le terre di Rufo e quelle di Plinio erano coniunctae, esse saranno state confinanti verso sud-est; e quindi Cassago era all'interno di una possessio di Rufo. I ritrovamenti occasionali avvenuti in questo paese (dove scavi sistematici non sono ancora stati intrapresi) rivelano tracce dell'esistenza di una grande villa romana, sulle vestigia della quale fu innalzato un palazzo dei Visconti di Modrone, abbattuto negli anni Sessanta di questo secolo; a poca distanza, sui resti di un impianto termale, era stata costruita un'altra casa (9). Un dotto studioso benedettino, il Morin, che poté scendere nei sotterranei del palazzo Visconti, fu molto colpito dai resti che ebbe modo di osservare, e pensò che dovesse trattarsi di una villa di grandi dimensioni e molto lussuosa (10). Questa villa sorgeva dunque all'interno di un praedium di Virginio Rufo, e sarà stata verisimilmente di sua proprietà. Cassago Brianza è il paese nel quale si tende a riconoscere, ormai con una certa sicurezza, l'antico Cassiciacum, la località della campagna milanese in cui Agostino andò a ritirarsi nei mesi che precedettero il suo battesimo (11).

Con lui c'erano la madre Monica, il fratello Navigio, i cugini Lastidiano e Rustico, gli amici Alipio e Trigezio. Nelle opere che compose in questo periodo Agostino talvolta accenna al luogo in cui lui, i suoi familiari e i suoi amici soggiornavano. Da questi cenni descrittivi la villa di Cassiciacum appare come una residenza signorile di campagna, abbastanza grande per ospitare tutte le persone che Agostino aveva portato con sé, pregevole dal punto di vista architettonico (12), e dotata di terme, staccate dal corpo della villa (13). Alle finestre erano applicate lastre di talco, un materiale prezioso che lascia filtrare la luce, e che era utilizzato soltanto nelle case delle classi più agiate (14).

In un passo del De ordine (15) Agostino scrive: Nam et ipse (Trigezio) in eodern conclavi lecto suo cubans vlgilabat, nobis nescientibus,. erant enim tenebrae, quo in Italia etiarn pecuniosis prope necesse est. Insomma, anche il proprietario della villa di Cassiciacum doveva essere unpecuniosus, e le descrizioni di Agostino confermano pienamente quell'impressione di magnificenza che il Morin ricevette visitando le vestigia della villa di Cassago. Agostino dice che a Cassiciacum era ospite di Verecondo (16). Ma che Verecondo fosse il proprietario della grande villa appare impossibile, perché Verecondo era semplicemente un maestro di scuola (17), ed è noto quanto scarsi fossero a quell'epoca i guadagni dei grammatici (18). Né Verecondo era un retore di gran fama, dal momento che lo ricorda solo Agostino. Come poteva un maestro di grammatica possedere una villa così lussuosa? È molto più plausibile che Verecondo ci abitasse, senza però esserne il proprietario, che sarà stato una persona facoltosa. C'è la possibilità che il padrone della villa fosse Flavio Manlio Teodoro?

È solo un 'ipotesi, ma forse merita di essere presa in considerazione. Il Courcelle ha dimostrato che, mentre si trovava a Cassiciacum, Agostino ebbe delle difficoltà di ordine intellettuale, e che per risolverle si rivolse allora al maestro Teodoro (19), il quale, ricordiamolo, aveva da poco abbandonato la carriera politica per ritirarsi in una sua proprietà vicino a Milano: praesertim curn hic ante oculos nostros sit ille, in quo ipsam eloquentiam, quam mortuam dolebamus, perfectam revixisse cognovimus (20). È proprio in questo personaggio che Agostino aveva "lì, davanti agli occhi" che il Courcelle riconosce Teodoro.

Il Courcelle pensa però che hic vada inteso in senso lato, poiché non si è posto il problema se anche Teodoro potesse abitare a Cassiciacum. Forse invece questo passo allude proprio ad una reale presenza di Teodoro a Cassiciacum nel periodo in cui Agostino vi trascorreva le vacanze. Si è visto infatti che la villa non poteva, per ragioni economiche, appartenere al povero Verecondo; poiché Agostino, nei Soliloquia, composti a Cassiciacum, afferma di avere "lì, davanti agli occhi" una persona che con ogni probabilità è Teodoro, possiamo cautamente supporre che proprio Teodoro fosse il padrone della villa. Verecondo sarà stato qualcosa come un liberto, o discendente di un liberto di Teodoro, che risiedeva nella villa di quest'ultimo a Cassiciacum. Teodoro era molto ricco, ed è plausibile che possedesse una lussuosa casa di campagna vicino a Milano, città in cui abitava; proprio qui potrebbe essere andato a ritirarsi quando lasciò la politica per dedicarsi alla vita ascetica.

Si profilerebbe così una situazione parallela fra la campagna milanese intorno a Cassiciacum e l'area suburbana del Brolium, dove fu eretta la Basilica Apostolorum; queste due zone erano nel sec. I possedimenti dei Verginii, mentre trecento anni dopo la seconda, e forse anche la prima, risultano connesse alla famiglia di Flavio Manlio Teodoro. Come coi secoli l'area del Brolium aveva cambiato proprietario, così dovette avvenire, in modo analogo, per la possessio nel rus Cassiciacum.

 

 

(1) CIL V, 5899 e 6119.

(2) ALCIATO, Antiquae inscriptiones veleraque monumenta patriae, Milano 1973 (rist. anastatica), n. 5.

(3) DE CAPITANI D'ARZAGO, Lo zona di Porta Romana, cit., 58ss.

(4) CIL V, 5702.

(5) A. PASSERINl, Il territorio insubre in età romana, in Storia di Milano, cit., l, 120 nt. 5; I. CALABI LIMENTANI, Epigrafia latina, Milano 1983, 88-9; L. BERETTA, S. Agostino e Cassiciaco, Cassago Brianza 1982, 33-4. Anche A. DE MARCHI, Le antiche epigrafi di Milano, Milano 1917, 11 crede che le terre intorno a Valle Guidino appartenessero a Virginio Rufo.

(6) Virginio Rufo, dopo aver sconfitto Vindice in Gallia nel 69 d.C. fu acclamato imperatore dalle truppe, ma rifiutò il principato: Tac., Hist., 1,8; 2,51; MAZZARINO, Antico, tardoantico, cit., Il, 175-7.

(7) C. PI. Sec., ep. 2,1,8. Rufo aveva un altro saltus nel Lazio presso Alsium; qui c'era una sua villa, in cui egli fu sepolto. Questa villa, col tempo, fu ereditata da Pompeia Celerina, madre della seconda moglie di Plinio il Giovane: C. PI. Sec., ep., 6,10,1. I Rufi erano infatti un ramo della gens Pompeia, cui apparteneva la seconda suocera di Plinio: FORCELLINI, Totius latinitatis onomasticon, Prati 1859-67, s.v. Pompeius, 514.

(8) CIL V, 5667; PASSERINI, Il terrilorio, cit., 120 nt. 5; BERETTA, S. Agostino, cit., 34.

(9) PAREDI, Sant'Ambrogio, cit., 411; sull'affiorare di reperti a Cassago: C. MARCORA, Da " Rus Cassiciacum " a Cassago Brianza, Cassago Brianza 1982, 21-2, 24-5; BERETTA, S. Agostino, cit., 39ss.

(10) G. MORIN, Où en est la question de Cassiciacum ?, in La Scuola Cattolica, 9 (1927), 51-6.

(11) Le ricerche per determinare a quale località corrispondesse il nome Cassiciacum iniziarono con il CALCO, Mediolanensis Historia, cit., Il, 38. La storia della lunga indagine, inquinata da polemiche campanilistiche fra i vari paesi in lizza per aggiudicarsi l'illustre soggiorno, è esposta da F. MEDA, Ancora il Cassiciacum di S. Agostino, in Mliscellanea Agostiniana, Roma 1930-31, 49-59; BERETTA, S. Agostino, cit., 13-41. L'argomentazione più convincente, al di là di tutte le varie teorie toponomastiche, è , quella di L. BIRAGHI, Sant'Agostino a Cassago Brianza nel milanese in ritiro per sette mesi, in L'amico cattolico (1854), ora in F. CAJANI, Le stagioni di Sant'Agostino in Brianza, Besana Brianza 1986, 68: a Barzanò, nei pressi di Cassago, si rinvenne un 'ara recante l'iscrizione V(otum) S(olvit) L(ibens) M(erito) al / to Summ / ano Felici / anus Pri / mius cu / m suis / D(eo) D(onum) D(edit) (CIL V, 5660). II dio Summanus, nel nord Italia, è menzionato solo in un'altra iscrizione, su un'ara di provenienza incerta, ora a Verona (CIL V, 3256). Agostino scrive (de civ. Dei 4,23) che ai suoi tempi si era ormai perso il ricordo di questa antica divinità, che presiedeva ai fulmini della notte: ut vix inveniatur qui Summani nomen, quod audiri iam non potest, se saltem legisse meminerit. E il Biraghi giustamente concludeva: "Tra questi pochi imbattutisi a leggere quel nome in sassi o monumenti forse era Agostino stesso, se mai aveva dato degli occhi su quest'ara di Barzanò, e se ne sovveniva".

(12) Aug., de ordine 1, 8, 25 in CSEL XXIX, 101.

(13) Ibid. 2, 11, 34, 126.

(14) lbid., 1, 7, 20, 98-9; BERETTA, S. Agostino, cit., 69- 70.

(15) Ibid. 1, 3, 6, 92.

(16) lbid. 1, 2, 5 , 91.

(17) Aug., conf. 8, 6, 13, 121.

(18) F. DELLA CORTE, Augustinus orator urbis Mediolani, in Euphrosyne, 14 (1986), 89-96, che proprio trattando di Agostino e dei suoi conoscenti si sofferma sul disagio economico dei maestri di grammatica, soprattutto se, come Verecondo, esterni alle scuole di Stato.

(19) COURCELLE, Recherches, cit., 203-10; SOLIGNAC, Il circolo neoplatonico, cit., 44.

(20) Aug., Soliloquia 2, 14,26 ed. D. GENTILI, Roma 1970, 468.