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Percorso : HOME > Cassiciaco > Vexata quaestio > Giuseppina Besanagiuseppina besana: EPIGRAFIA PALEOCRISTIANA IN BRIANZA
Epigrafe romana conservata nella Chiesa paleocristiana di Agliate
EPIGRAFIA PALEOCRISTIANA IN BRIANZA
di Giuseppina Besana
L'analisi delle iscrizioni paleocristiane della Brianza e più in generale del Lecchese, per il fatto che non sono molte (se comprendiamo tutta la campagna attorno a Milano sono 90 e non di più), spinge inevitabilmente chi se ne occupa ad indagare su una realtà più ampia e più complessa e cioè la diffusione del cristianesimo in Brianza, di cui queste iscrizioni sono una prova inconfutabile.
In questa mia indagine mi riferirò spesso ad un testo, che mi sembra estremamente valido nonostante abbia una certa età dato che risale al 1963. Si tratta di uno scritto di don Rinaldo Beretta, un sacerdote studioso di storia locale, che io reputo non solo esauriente, ma anche attuale ed esemplare soprattutto per la chiarezza espositiva e per il sapiente equilibrio con cui l'autore argomenta le proprie tesi. Rinaldo Beretta si interroga sui tempi, cioè quando, e sulle modalità, ossia come, il cristianesimo si diffuse nel territorio brianzolo. Ma avverte subito il lettore all'inizio delle sue pagine dell'oscurità e dell'incertezza in cui ci si muove di fronte a questo argomento che è anche di storia ecclesiastica quanto mai incerta ed oscura per tutto il territorio lombardo. La Brianza non può certo essere esente da questa oscurità. Va comunque detto che la cristianizzazione della Lombardia in generale è stato oggetto di studio del prof. Sannazzaro docente all'Università Cattolica di Milano, un archeologo, che si è occupato anche di epigrafia cristiana in particolare lombarda. In un suo recente scritto del 1990 egli sottolinea la complessità del fenomeno poiché deriva da numerosi elementi che si intrecciano a vicenda e contribuiscono poi alla sua attuazione. Del resto scarseggiano anche le fonti documentarie alle quali ci si possa riferire. Le prime memorie sicure per il cristianesimo in Brianza sono piuttosto tarde e risalgono al V secolo. Ci si muove quindi nel campo delle ipotesi e delle congetture, che si possono ricavare soltanto da indizi. Di certo sappiamo proprio poco. E' possibile comunque intravedere degli indirizzi di studio perché molte persone si sono dedicate con interesse e passione a questo argomento. Tuttavia si è ancora lontani dalla descrizione di un quadro esauriente. E' un'epoca questa di forti cambiamenti di cui dirò più avanti, un'epoca nella quale si intrecciano tanti fenomeni persino rivoluzionari, di ordine sociale, di ordine economico e politico, e persino di ordine etnico. Si pensi per esempio all'incontro di popolazioni che provengono dal mondo orientale e che arrivano per diversi motivi in occidente e in particolare nel nord Italia. Gli studiosi che si sono occupati della diffusione del cristianesimo in Lombardia si possono suddividere in due tendenze o scuole: quella critica che sostiene una analisi piuttosto cauta del fenomeno e quella tradizionalista che si appoggia esclusivamente su quello che c'è, ossia sulle tradizioni locali. Il valore delle tradizioni è sempre molto discutibile perché queste nascono per lo più dalla pietà popolare oppure dal pio desiderio della gente di giustificare in qualche modo un avvenimento. Lo storico, pur non rifiutando questi criteri non può comunque assumerli come propri.
Rinaldo Beretta senza respingere a priori le tesi dei tradizionalisti assegna comunque la sua preferenza all'indirizzo critico secondo cui il cristianesimo si sarebbe introdotto più tardi e si sarebbe diffuso più lentamente nelle terre di Brianza rispetto all'Oriente. Dunque non dobbiamo aspettarci delle conclusioni certe, troppo rigide o schematiche perché il problema continua ad essere e a rappresentare un fatto complesso e oscuro. Secondo alcuni storici locali la propaganda del Vangelo in terra di Brianza risalirebbe a tempi anteriori al IV secolo. Questa tesi non risponde a verità, ma per correttezza cito anche queste posizioni: penso per esempio allo storico Redaelli che ha scritto parecchio su queste terre, il quale in un saggio del 1825 racconta una storia che può sembrare interessante, ma è del tutto falsa. Secondo Redaelli il cosiddetto Buco del Piombo, che è una località sopra Erba, sarebbe stato un ricovero dei primi cristiani brianzoli durante le persecuzioni. Questa storia è interessante, avvincente, ma non è vera, perché sono numerosi gli studiosi, che non sto a citare, che in diversi scritti non trovano difficoltà a confutare e a respingere seriamente questa tesi. Se è vero che durante alcune persecuzioni, per esempio quelle di Diocleziano, alcuni cristiani fuggirono veramente da Milano per salvarsi e si diressero verso Como, dove furono successivamente uccisi, non si può pensare come inevitabile una propaganda del cristianesimo. Non si può cioè consequenzialmente credere che queste persone rifugiate a Como per salvarsi si siano date all'evangelizzazione sistematica di queste terre. Altri studiosi di storia ecclesiastica e di persecuzioni hanno osservato che i martiri trovati a Como non erano martiri locali, ma solo avventizi che morirono senza avere operato conversioni. C'è uno storico, il Baserga, che li chiama addirittura "cristiani senza seguito", cioè cristiani che si trovarono lì solo per salvarsi.
I primi tre secoli dell'era cristiana videro insomma il permanere del paganesimo. Su questo punto sono tutti d'accordo ed esiste una solida certezza. Questo paganesimo è documentato da tombe e da iscrizioni certamente pagane a conferma di una forte e prolungata tradizione pagana delle nostre terre. Va poi respinta la tesi di coloro secondo cui la diffusione del cristianesimo in Occidente sarebbe avvenuta esattamente negli stessi modi e negli stessi tempi incontrati in Oriente. Sono conclusioni arbitrarie ed erronee che vogliono tener conto di un quadro molto approssimativo e molto generico, perché l'Oriente e l'Occidente erano due realtà completamente diverse. Di questi autori Rinaldo Beretta dice che "sono persone che adattano i fatti alle idee e non viceversa, che tolgono al particolare la sua indiscutibile importanza."
Qual è il particolare cui si riferisce ? E' la realtà storica ed economica dell'Occidente che non era per nulla simile a quella orientale. Una attenta analisi delle fonti letterarie mette in luce anche i silenzi degli scritti: perché certi autori non ci hanno tramandato nulla ? Un classico esempio è Plinio il Giovane. Egli è uno scrittore originario della nostra regione che in un certo periodo della sua vita nel I secolo d. C. si trovava in Asia Minore, l'odierna Turchia, in una regione che si chiamava Bitinia. Plinio il Giovane scrive tantissime lettere di qualunque tipo, ad amici e parenti, e una volta si trova a scrivere, mentre è governatore in Bitinia, delle lettere all'imperatore Traiano perché non sa come comportarsi con i cristiani. In pratica gli chiede che cosa deve fare con queste persone che professano una nuova fede e Traiano gli dà varie risposte che possono essere riassunte in una sorta di consiglio di tolleranza. Ebbene dalla Bitinia Plinio il Giovane descriveva numerosi nella sua provincia i cristiani e sparsi "per vicos et agros ", cioè per villaggi e campi. Però nè in queste lettere nè in altre lettere, che Plinio scrisse da Milano e da Como o comunque in Italia, si fa il benché minimo riferimento alla presenza di cristiani nella campagna di Milano e in quella di Como. Questo è assai curioso perché Plinio era uno scrittore che indugiava molto sui particolari e descriveva anche le cose minime e i fatti che possono sembrare i più superflui. Questo suo silenzio suona strano: è strano che non scriva niente della cristianizzazione delle sue terre. Forse non lo fa perché non c'era niente ancora. Il silenzio poi dei Padri della Chiesa e degli scrittori ecclesiastici è un ulteriore indizio della lenta diffusione del cristianesimo nelle nostre terre. Perché avrebbero dovuto tacere, ci si chiede, un fatto così importante ? L'Oriente, più speculativo e filosofico dell'Occidente, era anche più preparato ad accogliere la fede cristiana. Nelle grandi città del nord Italia la penetrazione fu invece tarda e anche lenta. Ancora alla fine del III secolo il paganesimo prevaleva sui gruppi ancora scarsi dei cristiani. Secondo la tesi invece dei tradizionalisti, che prestano fede alle leggende, anche nelle province occidentali la diffusione del cristianesimo non fu dissimile da quella verificatasi in Oriente. Questi tradizionalisti si rifanno alle affermazioni di sant'Ireneo che fu vescovo di Lione nella seconda metà del II secolo. Si rifanno poi al cartaginese Tertulliano e qualche anno più avanti a Sulspicio Severo. Questi autori avrebbero in diverse loro opere testimoniato una estesa diffusione del cristianesimo e citavano regioni del nord Europa, però in termini estremamente vaghi, per esempio tramite l'espressione "trans Alpes ", al di là delle Alpi, che però non ha una significativa valenza geografica. Altri studiosi, come Savio e Conti, basandosi sui vescovi che avrebbero preso parte al primo concilio a Roma, convocato da papa Cornelio, proposero, sulla base di calcoli retroattivi, datazioni sull'inizio della diffusione del cristianesimo soprattutto nel nord Italia. Fatto sta che sempre nel III secolo nel nord Italia i cristiani erano pochi, così come pochi erano i vescovi verso la fine del III secolo. Esistevano solo tre sedi, Milano, Roma ed Aquileia. Oscure sono anche le origini della Chiesa di Milano. Solo il catalogo dei vescovi della città potrebbe fornire informazioni degne di credibilità, però la serie continua ad essere approssimativa. C'è infine una tesi dello storico Calderini, che mi sembra interessante, che riesce grazie alle retrodazioni a collocare fra il 193 e il 243 l'esplosione del cristianesimo. Questo periodo coincide con le prime epigrafi cristiane di Milano. Però non bisogna dimenticare che una cosa sono le epigrafi cristiane di Milano e ben altro sono le epigrafi della Brianza. Sono diverse soprattutto perché quelle di Milano precedono di parecchi decenni quelle della Brianza che per di più sono anche molto scarse. Altri storici, fra cui il Pellegrini, ribadiscono le tesi tradizionaliste, ma non è più il caso di approfondire l'argomento. Solo col IV secolo Milano divenne un punto di riferimento politico-amministrativo davvero notevole perché fu sede imperiale. Tuttavia già prima di allora siamo indotti a pensare alla vivacità di questo centro, in quanto era un passaggio obbligato per chi doveva spostarsi da nord a sud, e non solo in quella direzione. Non si può per esempio escludere che dei mercanti orientali siano penetrati in Milano e grazie ad essi si siano diffuse le prime notizie della nuova religione.
Non mi pare però corretto parlare di una vera e propria evangelizzazione, cioè non ci troviamo ancora davanti a delle persone che avevano in mente di andare presso le genti, come i nostri missionari, a predicare la nuova fede. Il prof. Sannazzaro, come il Beretta, pensa a buon diritto che gli evangelizzatori del nord Italia provenissero dal sud e che l'apporto romano sia stato determinante anche a livello organizzativo. In quest'epoca non si possono comunque escludere altre componenti sociali provenienti sempre dall'Oriente, ad esempio i soldati. La nascita della Chiesa di Milano città andrebbe collocata fra la fine del II e il primo decennio del III secolo. Il solo dato certo in nostro possesso è che l'epigrafia non ha dimostrato sinora alcuna presenza sicura del cristianesimo prima della metà del III secolo. Possiamo immaginare delle infiltrazioni e possiamo immaginare qualche presenza, ma niente di più. Da Milano la fede cristiana si sarebbe poi diffusa in altre città, mentre le campagne della Lombardia abitate dai discendenti delle popolazioni celtiche dimostravano un attaccamento molto forte al paganesimo. I nostri antenati erano veramente convinti pagani. Non diversa fu ovviamente la reazione della Brianza.
In questa regione il paganesimo dovette essere - così lo immaginiamo - tenace e persino ostinato. Questa situazione è attestata dai numerosi ritrovamenti di lapidi e di tombe pagane del III secolo d. C. e alcune addirittura sicuramente del IV. Ciò significa che il cristianesimo non si era affatto diffuso in maniera lineare e per di più aveva incontrato numerosi ostacoli, che potevano far retrocedere questi potenziali cristiani. Questi ostacoli sono diversi: innanzittutto l'attaccamento al paganesimo, poi le persecuzioni, in alcuni casi persino delle sacche di resistenza, episodi di fedeltà occulta, un grande attaccamento alla tradizione e persino fenomeni di paganesimo di ritorno. Infine aggiungerei, come ritengono anche alcuni storici, le conversioni di comodo dettate dall'opportunità più che dalla autentica adesione alla nuova fede. Nel V e VI secolo le campagne risentirono di alcuni fenomeni rivoltosi, cui ho già accennato e cioè la crisi per la fine di un sistema politico tradizionale, il passaggio da uno stato di relativa prosperità e pace al collasso economico e sociale che penalizzava soprattutto la campagna, i problemi legati alla sicurezza della popolazione, il calo demografico, la presenza di nuovi elementi etnici. Tutto ciò ha evidenti ripercussioni sugli insediamenti rurali.
Nonostante gli ostacoli appena descritti è lecito supporre qualche infiltrazione del cristianesimo nelle nostre campagne sul finire del III secolo. Probabilmente non mancavano già fedeli del nuovo culto negli ambiti già citati e cioè nel commercio o nell'attività militare. Secondo Rinaldo Beretta queste nuove conversioni sarebbero delle eccezioni perché probabilmente la penetrazione del Vangelo nelle campagne a nord di Milano deve essere posta nel IV secolo e sicuramente dopo l'editto di Costantino che è del 313. Da questo momento la libertà di culto cambia radicalmente i rapporti fra le religioni all'interno dello stesso impero romano e il cristianesimo verrà alla fine accolto ufficialmente come religione di Stato. Il IV secolo fu molto importante per la Chiesa di Milano, città che tra l'altro si era già distinta per il nuovo ruolo predominante nella società civile. La Chiesa di Milano raggiunge il suo massimo splendore durante l'età di sant'Ambrogio. Dal 404 la sede imperiale fu trasferita a Ravenna e questo episodio segna purtroppo inevitabilmente l'inizio della decadenza della città di Milano, che si fa sentire non solo in ambito politico ma anche nel raggio di influenza ecclesiastico. Per esempio cominciano a venire meno i diritti giurisdizionali che erano stati acquisiti. Fino ad Ambrogio la nuova religione non fece comunque sensibili progressi nelle campagne. Va certamente scartata la tesi sostenuta da alcuni, ma non sorretta da adeguate documentazioni secondo la quale dopo il 313 ci sarebbe stata una adesione in massa al cristianesimo solo perché Costantino aveva dato il suo nulla osta alla nuova religione. Questa ipotesi è piuttosto inverosimile.
Scarse furono le leggi contro il paganesimo che però di fatto continuava anche dopo il 313 ad essere profondamente sentito persino nelle grandi città e a Roma stessa, dove, fonti letterarie sicure ce lo attestano, si continuava a frequentare i templi e a compiere i sacrifici pagani di una volta. Se questo accadeva a Roma è facile immaginarlo anche per le zone rurali. La forza conservativa della tradizione aveva avuto la meglio sulle leggi scritte che con l'imperatore Giuliano l'Apostata vennero meno poiché era sua intenzione riportare in auge i valori del paganesimo dei tempi antichi. Di fatto il paganesimo rifiorì ed il culto idolatrico continuò anche dopo la morte di quell'imperatore e soltanto un posteriore sovrano, Graziano, introdusse drastici provvedimenti contro il paganesimo.
Un'altra ragione che spiega i lenti progressi del cristianesimo nell'area brianzola va ricercata anche in un fenomeno, che sembra strano ma che in realtà è decisivo e cioè la scarsità del clero. Insufficiente nelle stesse città, a maggior ragione era insufficiente nelle zone rurali. Ecco pertanto tutta una serie di motivi che spiegano perché il culto pagano, soprattutto in campagna, continuava ad essere fiorente. Del resto la comunità cristiana della città doveva occuparsi dei suoi grandi problemi interni prima di occuparsi del contado. Certamente dal 313 il cristianesimo nel nord Italia riuscì ad allargare il suo raggio d'azione, tuttavia lo fece sempre molto faticosamente, con lentezza e in mezzo a mille difficoltà. Rinaldo Beretta usa dei termini molto precisi: parla di disgregazione del paganesimo in atto e sottolinea che disgregazione non è ancora demolizione. L'opera però metodica del clero si farà sentire da sant'Ambrogio in poi anche se non si può escludere qualche sporadico episodio precedente. Forse qualcuno, animato da volontà o desiderio personali, può essere andato a predicare in qualche località, ma tutto ciò è soltanto una ipotesi. Forte fu la battaglia di sant'Ambrogio contro il paganesimo. Il vescovo di Milano tra l'altro fu il confidente e l'ispiratore di imperatori cristiani del suo tempo. A lui si deve lo spirito che li spinse a promulgare delle leggi contro la vecchia religione pagana. Ambrogio combattè in prima persona il paganesimo partendo da una idea che mi sembra molto intelligente e cioè che occorreva innanzittutto distruggere la tradizionale alleanza tra culto pagano e lo Stato per sostituirvi la Chiesa. In questo modo sarebbe stato più facile ottenere la vittoria definitiva del cristianesimo. Gli atti degli imperatori dell'età ambrosiana si muovono in questa direzione: ad esempio Graziano fece rimuovere l'altare della dea Vittoria dalla Curia del Senato di Roma, il che fu una scelta molto audace, perché togliere quell'altare di una dea molto amata era uno strappo evidente con il passato. Questo stesso imperatore qualche anno prima aveva rifiutato il titolo di Pontefice Massimo, di colui cioè che nella Roma antica era il presidente di un collegio di sacerdoti di primaria importanza. Questo titolo era stato assunto dagli imperatori nel I secolo, che così, oltre a essere i responsabili dell'amministrazione politica e civile dello Stato, venivano ad assumere anche i poteri religiosi e spirituali. Graziano rifiutando la carica esprime il concetto che Stato e Chiesa debbono essere distinti ed avere due responsabili diversi.
Iscrizione al Dio Silvano conservata nella chiesa paleocristiana di Agliate
Ambrogio e il suo segretario e poi biografo Paolino nei loro scritti non fanno riferimento a predicazioni fra i rurali nella campagna milanese ad opera di sacerdoti. Dobbiamo pertanto supporre che in quegli anni la campagna milanese non era ancora sistematicamente cristianizzata. In effetti la più antica iscrizione cristiana di queste zone proviene dalla Valsassina ed è soltanto del 425. Chi ha indagato la regione comasca, il milanese e anche il bergamasco ha riscontrato che attualmente questa iscrizione è in assoluto la più vecchia. Fu scoperta in Valsassina ed è anche l'unica nota di quel periodo, perché le altre sono databili tutte dopo il 425. E' una iscrizione funeraria, come tutte le iscrizioni cristiane, ed è dedicata ad una certa Flora. Fu trovata vicino a Primaluna nel 1756 mentre si demoliva l'altare della chiesa di san Lorenzo ed oggi è conservata nei Civici Musei di Brescia. Come è possibile una datazione così precisa ? Il motivo è presto chiarito: nel testo si fa riferimento ad un personaggio politico piuttosto noto. Si menziona infatti il consolato di un certo Castini viri clarissimi, che ricoprì tale carica nel 425. Questa iscrizione riporta il seguente testo:
Bonae memoriae hic requiescit in pace Flora
quae vixit in saeculo annos plus minus triginta
Si tratta quindi della iscrizione funeraria di una donna chiamata Flora che morì all'età di circa trent'anni. Le iscrizioni cristiane, come questa di Flora, non riportano mai l'età precisa del defunto, bensì la dizione plus minus. Quando in una iscrizione si trova questa dizione, oppure requiescit in pace o ancora Bonae memoriae certamente la lapide è da riferire all'età cristiana. Questa lapide risulta la più antica testimonianza epigrafica riferibile al cristianesimo nelle aree rurali lombarde e l'unica inquadrabile nella prima metà del V secolo quando ormai la nuova religione, consolidatasi nei centri urbani, inizia una penetrazione più consistente in campagna. Tuttavia allo stato attuale risulta molto difficile chiarire come si giustifichi tale testimonianza in una vallata tutto sommato abbastanza periferica rispetto alle principali vie di comunicazione e piuttosto lontana dai centri urbani, dai quali potevano giungere gli evangelizzatori e che attualmente manca di documentazione archeologica del tardo antico e del medioevo. Ci sono tante ipotesi sulla diffusione del cristianesimo in Lombardia e fra queste alcune seguono le ipotesi già prospettate per altre regioni, come ad esempio il Piemonte. Spesso le ragioni e le motivazioni addotte sono assurde o poco accettabili. Voglio citare a questo proposito lo studioso di storia piemontese Alessio che avanza delle ipotesi in riferimento alla mancanza di iscrizioni cristiane in Piemonte durante i primi secoli del cristianesimo. Egli sottilinea che uno dei motivi va collegato alle numerose persecuzioni che costringevano i cristiani ad essere cauti e a non esporsi pubblicamente per paura di essere riconosciuti. Egli sostiene che nel nord questo fenomeno era diffuso a differenza di Roma, dove la presenza delle catacombe garantiva una certa sicurezza e tranquillità al culto cristiano. Un'altra ragione sostenuta dall'Alessio viene ricercata da questo storico nella spiritualità cristiana: secondo lui i cristiani, umili per istinto di vita, ma soprattutto per la nuova fede, non aspiravano ad avere scritti i loro nomi in libro vitae. A queste supposizioni si può obiettare che se l'assenza delle lapidi nei primi secoli può essere giustificata da motivi di sicurezza personale, il perdurare di tale assenza dopo il 313 non è più certo giustificabile con questa stessa motivazione. E invece le iscrizioni cristiane continuano a mancare anche dopo l'editto di Milano che consentiva a tutti di professare la propria fede senza più alcun timore. Come può essere giustificata questa assenza di iscrizioni ? La risposta più ovvia è sempre la stessa: perché non c'era una diffusione capillare del cristianesimo. Si può aggiungere che a questa assenza fa riscontro nella campagna la presenza di tombe con iscrizioni ancora pagane. Il cristianesimo non era dunque ancora diffuso, altrimenti qualche oggetto di culto sarebbe pur stato trovato nelle tombe del IV secolo magari assieme ad oggetti pagani. L'Alessio chiude le sue ipotesi affermando che sciagure di vario tipo, incendi, terremoti hanno disperso o distrutto le lapidi cristiane: ma Rinaldo Beretta con grande acutezza gli obietta che non tutte le regioni e le località ebbero a soffrire tali calamità o disastri, nè furono colpite allo stesso modo. Inoltre non si capisce perché quelle sciagure avrebbero dovuto far scomparire soltanto le iscrizioni cristiane lasciando intatte quelle pagane. Le calamità infatti in genere non fanno distinzioni nè selezionano il materiale da distruggere.
Per quanto le tante lapidi frammentarie o prive di riferimenti cronologici rinvenute non consentano una datazione precisa, tuttavia lo studio dei nomi gentilizi, del nome proprio cioè della persona defunta, così come i simboli, tipo il pesce, o i monogrammi, la grafia stessa, i caratteri e la tecnica di incisione, anche se in maniera talvolta approssimativa, permettono di assegnare i frammenti a un periodo sufficientemente preciso. Applicando questi parametri ancora una volta tuttavia veniamo ricondotti attorno al V secolo d. C. e non prima. Anche se non sempre sicure, le informazioni epigrafiche rappresentano comunque un serio indizio da prendere in considerazione, soprattutto quando vengono confermate dai testi letterari. In questa prospettiva un testimone d'eccezione, sant'Agostino, che soggiornò a rus Cassiciacum per alcuni mesi nell'estate ed autunno del 386 non accenna alla presenza di cristiani in queste terre. Eppure, pur trovandosi nel pieno della preparazione al battesimo, non avrebbe dovuto perdere l'occasione di far rimarcare la presenza in quella campagna di fratelli nella fede cristiana. La sua testimonianza ci dice invece che i rustici del luogo erano pagani, come pagano era Verecondo il padrone della tenuta. Pagane erano sicuramente le vicine Cremella e Barzanò, poiché vi si conservano iscrizioni pagane. Un ampio e interessante elenco delle iscrizioni cristiane dell'area rurale in Lombardia è stato raccolto in un lavoro del prof. Sannazzaro. Si può notare che non ci sono iscrizioni cristiane ritrovate nell'area brianzola: le località più prossime che hanno restituito iscrizioni sono Galliano, Garlate, Agliate. Non priva di testimonianze cristiane è la basilica di Agliate, interessante anche per altri motivi.
Nelle immediate vicinanze di Cassago però non sono stati sinora ritrovati testi epigrafici riferibili alla religione cristiana. Fa eccezione, l'unica, una iscrizione scoperta a Cassago che reca una croce iscritta in un cerchio, che potrebbe essere un simbolo cristiano. Delle iscrizioni cristiane rinvenute in Brianza desidero citarne una proveniente da Garlate e una da Agliate che presentano degli elementi tipici delle iscrizioni cristiane. Da Agliate leggiamo: Hic requiescit in pace Albinus lector.
La lapide attesterebbe che in questa località fu sepolto un lettore di nome Albino. E' un testo che evidenzia una scarsa conoscenza della lingua da parte dello scalpellino, perché la S è stata incisa alla rovescia o specularmente, mentre le altre lettere sono state incise frettolosamente e senza particolare precisione. Il nome indica che il dedicante Albinus è un cristiano libero. Il testo nel suo insieme è stato datato verso il VI secolo d. C. Numerosi sono gli studi che riguardano questa iscrizione: uno dei più recenti è del prof. Resnati dell'Università Statale di Milano. L'espressione che compare nelle prime due righe, cioè hic requiescit in pace, è sicuramente del V secolo o addirittura, secondo alcuni, della prima metà del VI secolo. Il personaggio qui ricordato, Albinus, sarebbe un lector, una persona che apparteneva agli ordini ecclesiastici minori e forse era l'aiutante di un presbyter, magari quello stesso Garibali sacerdote che è stato segnalato in questa località ad Agliate. Da questo luogo infatti proviene un'iscrizione, che attualmente non è disponibile perché andata perduta, il cui testo è però noto perché dopo il suo ritrovamento fu copiato e pubblicato nel 1773 dal bibliotecario Branca. Vi si legge quanto segue:
Amiza mater Garibali presbyteri in nomine Christi
(VI P. C. Paulini ind III)
Il testo parla di Amiza madre di Garibali sacerdote nel nome di Cristo, cui segue una riga, che secondo alcuni non sarebbe autentica. Non è possibile aggiungere altro perché l'assenza di ulteriori iscrizioni non ci consente di verificare direttamente queste conoscenze. Infine da Garlate proviene un gruppo molto interessante di iscrizioni ritrovate all'interno del perimetro della chiesa di santo Stefano assieme a delle capselle per reliquie scoperte sotto l'altare. Sarebbe interessante eseguire una ricerca analitica delle capselle rinvenute in Brianza perché non sono scarse. Garlate si segnala come un centro piuttosto importante per la diffusione del cristianesimo. Un'altra iscrizione, letta ma non conservata, suona così:
Hic requiescit in pace Agnella quae vixit in saeculo annus plus minus
Si tratta di una bambina che visse solo otto anni. Vi sono ancora altre lapide, molto simili fra loro:
Hic requiescit in pace Cisellus innocens bonae memoriae
Hic requiescit in pace Pierius
e così via.
Che dire di queste iscrizioni ? Innanzitutto notiamo la presenza di innocens, che ricorre negli epitaffi dei bambini. Quanto ad Agnella è un nome tipicamente cristiano che si trova già attestato in epigrafi più antiche. In uno studio molto recente del 1993 Michela Motta mette in luce le caratteristiche delle epigrafi cristiane della media Lombardia: queste iscrizioni pur non essendo numerose, hanno tuttavia uno stile comune e delle espressioni che non si ritrovano altrove. La sua analisi ha riguardato un campione di 170 iscrizioni rinvenute nell'area milanese e comasca, che spaziano per un intervallo di tempo che va dal IV secolo fino al VI. I testi sono stati confrontati con quelli di altre iscrizioni dello stesso periodo, relativi però ad altri contesti di rinvenimento fra cui principalmente le necropoli romane. Questo lavoro ha permesso di ottenere risultati interessanti. Ad esempio a Como e nell'area lariana sono state trovate lastre di mole considerevole che indicavano le sepolture sotterranee.
Oltre a tale uso che era molto comune, interessa notare che in queste iscrizioni comasche e lariane non ci sono delle cornici e il piano di scrittura e il materiale scrittorio non hanno particolari decorazioni. A Roma invece le cornici abbondavano. Questo fatto si spiegherebbe con la spontaneità espressiva e la semplicità nella realizzazione del monumento epigrafico. L'osservazione vale in generale per l'epigrafia cristiana, perché i cristiani non erano ridondanti nelle loro epigrafi, però per la Lombardia il dato è massiccio e frequentissimo. Nel comasco poi il testo di solito era inciso con lettere piuttosto piccole e vicine le une alle altre: esse occupavano solo una minima parte della pietra mentre il resto venivano lasciato non scritto. La funzione del supporto per l'epigrafia cristiana era dunque principalmente di natura pratica perché esso doveva semplicemente segnalare i luogo della sepoltura, che per i cristiani era molto importante in virtù della fede nella risurrezione.
L'epigrafe funeraria cristiana non aveva una finalità informativa o pubblicitaria, come invece era prassi comune nel mondo pagano, dove aveva il compito di ricordare la memoria del defunto. Pur nella molteplicità delle forme che indicano una grande libertà espressiva, è possibile riscontrare in tutte queste iscrizioni cristiane una comune spontaneità. A Roma invece c'è più precisione, più attenzione alla stesura dei testi. Ciò accade ad esempio nella disposizione delle lettere, più ordinata e precisa. Probabilmente in questa città esisteva più manodopera specializzata che andava incontro alle elevate richieste. Al contrario in Lombardia dovevano mancare delle officine epigrafiche, intese come luogo di produzione in serie delle iscrizioni secondo modelli. I testi che sono stati analizzati lasciano supporre l'esistenza di maestranze non specializzate, ma forse erano gli stessi dedicanti che incidevano o affidavano la realizzazione dell'opera a personale non qualificato. Non va poi dimenticato che l'epigrafia cristiana si discosta da quella pagana sia per questa sua trascuratezza sia per il fatto che accoglie degli strati sociali ben più ampi. Un pagano, un romano della Roma dei Cesari, se di ceto umile non poteva certo permettersi un'iscrizione: invece il cristianesimo accettando tutti permetteva a tutti di procurarsi una iscrizione.
Ricordiamo infine che per i cristiani ciò che conta non è più la realtà terrena, ma la certezza della sopravvivenza dopo la morte. Il monumento si limita a ricordare senza intenti pubblicitari dove giace il corpo del defunto ed esalta piuttosto anche nella lapide la forte umiltà e povertà che anima il cristiano. Ecco perché non sono epigrafi belle o pregevoli dal punto di vista artistico: questa attenzione non interessava i cristiani. I caratteri di queste iscrizioni sembrano molto simili al corsivo vero e proprio a conferma di quella semplicità di cui si diceva. Fra i simboli che ricorrono, soprattutto nel milanese piuttosto che in Brianza, troviamo principalmente il pesce, l'ancora, la croce. Si possono trovare incise anche delle colombe con o senza rami frondosi nel becco. Si incontrano anche figure di oranti che rappresenterebbero l'anima del defunto in preghiera.
Oltre ai simboli sono assai comuni le sigle che accompagnano i testi, per esempio il B. M. che significa bonae memoriae, che sono un chiaro e sicuro indizio dell'appartenenza del testo all'ambito cristiano. La sigla B. M. sembra ricordare la D. M. con cui i pagani aprivano solitamente le proprie iscrizioni: D. M. voleva dire Diis Manibus, cioè agli Dei Mani, che erano gli dei pagani delle anime dei defunti. I cristiani avrebbero in qualche modo adattato la sigla trasformandola in bonae memoriae e questo fatto indica il debito soltanto formale dell'epigrafia cristiana verso l'epigrafia pagana. Vi sono poi altre formule che ricorrono con una certa frequenza, come hic requiescit in pace, che secondo alcuni andrebbe collocata senz'altro a partire dalla seconda metà del IV secolo. Prima in effetti si scriveva soltanto il nome del defunto. C'è poi l'indicazione degli anni di vita che l'epigrafia pagana esprimeva con grande precisione. Invece nell'epigrafia cristiana l'età viene rilevata con più approssimazione attraverso le formule plus minus, cioè più o meno. Ai cristiani importava in realtà la vita dopo la morte, perché questa era la vera vita. Per di più non era sempre facile fornire i dati anagrafici sicuri in un periodo di grave incertezza politica. Talvolta si trovano poi specificazioni temporali che riguardano la data di morte oppure se l'iscrizione coinvolge due coniugi si dice la durata del matrimonio. In altre iscrizioni provenienti da Como si possono leggere la durata di una carica, che può essere civile, ecclesiastica o militare. A proposito di cariche ecclesiastiche Como e la sua campagna sono aree di un certo interesse, perché nonostante le numerose attestazioni di personalità del clero locale non viene mai indicata la durata del servizio. Non si dice cioè per quanti anni l'individuo in oggetto rivestì quella determinata carica di lector, presbyter o altro ancora.
Secondo la Motta questo fatto si spiegherebbe con la volontà di conferire maggior rilievo al servizio prestato alla chiesa indipendentemente dalla sua durata. La spontaneità e la semplicità caratterizzano dunque sicuramente le iscrizioni dell'area brianzola cristiana. Il quadro che abbiamo presentato non ha certo la pretesa di esaurire l'argomento, però mi auguro che abbia perlomeno sollevato la problematicità di questi studi e spero che abbia descritto con sufficiente chiarezza un aspetto coinvolgente ma tuttora per molti versi oscuro della nostra storia locale.