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Fulbert Cayré: DOV'ERA «CASSIACUM» IL «LUOGO DEL RITIRO» DI AGOSTINO CONVERTITO?

 Il cenacolo agostiniano a Cassiciaco: disegno di De Nova

Il cenacolo agostiniano a Cassiciaco

 

 

 

DOV'ERA «CASSIACUM» IL «LUOGO DEL RITIRO» DI AGOSTINO CONVERTITO?

di Fulbert Cayré

da La Vie Augustinienne, 13, Parigi 1955, 84-87

 

 

 

Subito dopo la conversione Agostino si indirizzò alla vita religiosa. Ma prima di introdurre questa Istituzione in Africa, egli ne fece una prova, ritirandosi in una villa nei dintorni di Milano. Due problemi si presentano riguardo a questo «luogo di ritiro».

Il primo, filologico, concerne il suo vero nome: è «Cassiacum» o «Cassiciacum» che bisogna leggere nelle Confessioni ?

L'altro è geografico: dove situarlo?

E' a Cassago in Brianza, vicino a Milano, 30 Km più a nord, o nella provincia vicina, nei dintorni di Varese, a Casciago?

Le due questioni sono collegate e si rischiarano vicendevolmente. Ricordiamo i fatti. All'inizio delle vacanze dell'estate 386, senz'altro ai primi di agosto, Agostino, appena trentaduenne, rinunciò alla sua carica di retorica, ottenuta non senza difficoltà, nel 384, grazie alla protezione di Simmaco. In effetti, è la crisi morale e religiosa maturata in quello stesso anno, grazie a una crescente coscienza delle vanità del mondo, che ne fu il motivo determinante. La prova era stata così dura che egli dovette prendersi un lungo riposo: e d'altra parte ormai il mondo gli si presentava sotto un nuovo aspetto. Egli si ritirò per qualche mese nella campagna che un amico di Milano, Verecundus, mise gentilmente a sua disposizione.

Sant'Agostino ha reso immortale questo nome, così pure quello del suo amico, evocando il loro ricordo in una preghiera: «Fedele alle vostre promesse, Dio mio, rendete a Verecundus, in cambio di quella campagna di Cassiacum che era sua (pro rure illo ejus Cassiaco) dove ci siamo riposati in Voi dai calori del mondo, la dolcezza del vostro paradiso eternamente verdeggiante: poiché voi gli avete rimesso i suoi peccati sulla terra in questo "monte di formaggio" (in monte incaseato), la vostra montagna, una fertile montagna» (Confessioni, Libro IX, c. III, 5).I

l possesso era rurale (rus), lavorato da contadini, liberi o schiavi, di cui il maestro dirigeva le attività. Verecundus ne incaricò per qualche tempo Agostino. In effetti, è santa Monica che se ne prese cura, per lasciare libero suo figlio nei suoi lavori letterari e nelle sue meditazioni. Tre dialoghi furono, in realtà, discussi e scritti in questa piacevole solitudine: Contra Academicos, De beata vita e De ordine, verso la fine del 386. I Soliloqui vi furono cominciati e costituiscono la testimonianza del profondo lavoro interiore che accompagnava l'anima di questo convertito. E' tutto ciò che ricorda questa campagna milanese e la rende simpatica. Di qui l'interesse che vi scoprono tutti coloro che amano seguire l'evoluzione interiore di Agostino nei sei mesi che precedettero il battesimo ricevuto il 25 aprile 387 a 33 anni. Qual era il nome esatto di questa villa? Cassiacum probabilmente, e non Cassiciacum. Biraghi, il dotto autore di un eccellente opuscolo su questo argomento, forse esagera, quando fa derivare la parola da caseus (formaggio), dato che Agostino si diverte a giocare sulle parole, secondo un'abitudine giovanile che non abbandonò mai (Sant'Agostino a Cassago di Brianza sul Milanese, 1854, p. 43. Monsignor Biraghi era bibliotecario dell'Ambrosiana e particolarmente qualificato per lo studio dei manoscritti che interessavano Cassiacum.

La sua opera conserva un grande valore: essa è quasi irrefutabile, dice Véga, l'autore di una recente edizione delle Confessioni, una delle migliori). Ma l'accostamento, che era naturale fra «caseus» e «Cassiacum», era pressoché impossibile con «Cassiciacum». La parola sembra piuttosto indicare un antico proprietario: dominio di Cassius (o di Cassicius, se si sceglie Cassiciacum). La campagna apparteneva in quel periodo a Verecundus. L'argomento essenziale comunque è quello dei manoscritti, a dispetto dell'autorità degli editori benedettini che hanno adottato «Cassiciacum» nel XVII secolo e hanno in seguito influenzato i colti a loro favore. Essi hanno, osserva Biraghi, seguito nell'insieme i migliori manoscritti in maggioranza francesi: ma su questo punto particolare crede che i manoscritti milanesi o italiani in generale avrebbero dovuto godere di maggiore attenzione. « Io ho avuto sotto gli occhi, dice, le lezioni di quattordici manoscritti, di cui otto, e fra questi i nazionali (italiani) e i più antichi, portano Cassiaco; due altri vi s'avvicinano; gli ultimi quattro divergono» (Cassiaco vi è deformato in Cassiciato e Cassiciaco). Queste semplici osservazioni sono decisive. Certamente la testimonianza dei manoscritti italiani prevale in questo caso per il numero e la qualità.

Anche in Francia, un solido erudito, Tillemont, conservò la lezione tradizionale «Cassiaco» (Mémoires pour servir à l'histoire ecclésiastique, t. XIII), proprio nel periodo in cui i Mauristi la modificavano, non avendo beneficiato del controllo e del correttivo locale. Un poeta illustre, milanese anch'egli, il grande Manzoni salvava la lezione «Cassiciacum» nel XIX secolo e vi si appoggiò per situare questa località fuori del milanese, sul lago di Varese, a Casciago, non lontano dal lago Maggiore, a 75 Km da Milano. Suo principale argomento, oltre alla bellezza dei luoghi, era la i di Casciago, assente in Cassago, le due i di Cassiciacum non potendo scomparire entrambe. Argomento alquanto debole: da un lato, la caduta delle due i è verificata altrove (Inzago per esempio, deriva di Inticiaco, dice Biraghi, op. cit., p. 29), dall'altro non ce n'è che uno in Cassiacum, la lezione più affidabile. Ma l'argomento principale contro Casciago è la distanza: di sicuro il circondario di Varese non apparteneva a quella periferia di Milano che suppongono diversi episodi ricordati nei Dialoghi scritti a Cassiacum. Il territorio di Cassago al contrario si adatta perfettamente a tutti.  Il paese era disseminato di ville simili a quella di Verecundus, testimone il nome di molteplici località odierne che sembrano derivare da antichi possedimenti: Barzago (Bartiacum), Barzanò (villa Bartianorum), Tornago (Tornacum), Oriano (Aurelianorum), etc. Le colline sono ricche, senza una particolare intensità estetica: se ci fosse stata la vista anche di un solo lago, questo sarebbe apparso in uno degli scritti; e in ogni caso, non sarebbe sfuggito a Licenzio, discepolo di Agostino a Cassiacum, che in una poesia in latino indirizzata al maestro qualche tempo dopo, ricorda le Alpi lontane (montesque per altos). Un giovane poeta avrebbe potuto dimenticare la vista di un lago tanto vicino?

Non è una questione di poco conto. La collina su cui si eleva in dolce ascesa Cassago è dominata da un piccolo castello, che può aver sostituito l'antica villa di Verecundus: e, sul lato nord, c'è spazio per una canalizzazione che conduce a delle vasche le acque di un piccolo torrente, chiamato nelle antiche carte «Cambaliorum flumen», che sgorga dalle vicine alture. Solo metodici scavi potrebbero dare la certezza che lì siamo sui luoghi ricordati da Agostino. La chiesa parrocchiale è dedicata a san Giacomo Apostolo e a santa Brigida vergine, morta nel 521, e questi titoli ci riportano all'antichità. Sant'Agostino vi fu aggiunto nel Medio Evo in un'epoca sconosciuta, ma lontana, benché non figuri sui registri parrocchiali che dal XVI secolo.

Una scrittura parla di «tradizione antica». Una cappella particolare è dedicata al santo Dottore, ed è stata recentemente decorata con tre affreschi che ricordano, artisticamente e con vero spirito cristiano, il ricordo degli scritti composti in questo luogo. Aggiungiamo che l'Ordo diocesano di Milano, nell'elenco delle parrocchie, accosta espressamente al nome di Cassago l'indicazione «Cassiciacum».