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Nicola Abbagnano: AGOSTINO, AURELIO, SANTO

Il libro di Nicola Abbagnano

Il libro di Nicola Abbagnano

 

 

 

AGOSTINO, AURELIO, SANTO

di Nicola Abbagnano

tratto da L'ENCICLOPEDIA

GRUPPO EDITORIALE L'ESPRESSO S.P.A. - DIVISIONE REPUBBLICA - ROMA

QUEST'OPERA È STATA REALIZZATA DALLA REDAZIONE GRANDI OPERE DI CULTURA UTET (1) UTILIZZANDO E RIELABORANDO I CONTENUTI ENCICLOPEDICI DELLE BANCHE DATI UTET, GARZANTI GRANDI OPERE E DE AGOSTINI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'ENCICLOPEDIA NOVA. TUTTI I CONTENUTI SONO AGGIORNATI AL MARZO 2003

 

 

 

PAG. 307 E SEGG. - [NICOLA ABBAGNANO]

 

 

AGOSTINO, AURELIO, SANTO.

Vescovo d'Ipppona, uno dei quattro grandi Dottori della Chiesa occidentale (Tagaste, od. Suq-Ahras, Algeria, 354 - Ippona 430). Nato da padre pagano (Patrizio) e da madre cristiana (Monica), fu educato negli studi classici e si occupò con passione di grammatica finché, verso i 19 anni, fu tratto alla filosofia dalla lettura dell'Hortensius di Cicerone. Nel 383 si recò a Roma a tenervi il suo insegnamento di retorica che lasciò nell'autunno del 386 per ritirarsi con una piccola schiera di parenti e amici nella villa di Cassiciaco (Cassago) presso Milano. Nacquero lì le sue prime opere che hanno forma di dialogo: Contra Academicos (Contro gli Accademici), De ordine, (Sull'ordine), De beata vita (Sulla beatitudine), Soliloquia (Soliloqui). Il 25 aprile del 387 riceveva il battesimo dalle mani di Ambrogio. Nel 388, dopo la morte della madre, ritornò a Tagaste dove terminò lo scritto De libero arbitrio (Sul libero arbitrio), iniziato a Roma, compose il dialogo De magistro (Sul maestro), e il libro De vera religione (Sulla vera religione), che è tra i suoi scritti filosofici più notevoli.

A Tagaste morì il figlio Adeodato, che aveva seguito Agostino in Italia e con lui aveva abbracciato il cristianesimo. Nel 391, in Ippona, fu ordinato prete e nel 395 divenne vescovo di Ippona. Da allora in poi e la sua attività fu rivolta a chiarire e difendere i princìpi fondamentali della fede cristiana e a combattere le eresie che minacciavano la fede stessa e la chiesa: i suoi scritti polemici contro il manicheismo, i donatisti e il pelagianesimo sono numerosi tra il 391 e il 429. Intanto il sacco di Roma perpetrato dai goti di Alarico nel 410 aveva ridato attualità alla tesi che la forza dell'impero romano fosse legata al paganesimo e che il cristianesimo rappresentasse per esso un elemento di debolezza. Contro questa tesi Agostino compose tra il 412 e il 426 il suo capolavoro, De civitate Dei (La città di Dio). Nel 428 l'invasione dei vandali, che avevano varcato lo stretto di Gibilterra, minacciò l'Africa romana; e le truppe di Genserico assediarono Ippona quando, il 28 - VIII - 430, Agostino vi morì.

 

 

CARATTERI DELLA RICERCA AGOSTINIANA.

L'opera di Agostino ha un'importanza grandissima nella storia del cristianesimo perché a essa si sono ispirate non solo le correnti ortodosse della speculazione cattolica, ma anche le correnti innovatrici e riformatrici del pensiero cristiano. Delle tre grandi polemiche che Agostino condusse, da vescovo, contro il manicheismo, il donatismo e il pelagianesimo, solo quella contro il donatismo ha una portata prevalentemente religiosa o ecclesiastica: le altre concernono problemi filosofici fondamentali, quelli del male e della libertà. Contro i donatisti Agostino affermò che la validità dei sacramenti è indipendente dalla persona che li amministra giacché è Cristo che opera direttamente attraverso questa persona e conferisce efficacia ai sacramenti che essa amministra. Inoltre la chiesa non è una minoranza di perfetti, ma la comunità di tutti i fedeli ai quali Cristo intese estendere il beneficio della redenzione. Alle altre due polemiche il contenuto è offerto da problemi essenzialmente filosofici che Agostino tratta con disciplina razionale rigorosa. Per lui, infatti, non esiste alcuna possibilità di conflitto tra la ragione e la fede. La fede pertanto non si avverte, nella ricerca agostiniana, come un limite o una barriera al di là della quale la ragione non possa procedere, perché essa è piuttosto lo stimolo e la guida intrinseca della ricerca razionale.

Questa ricerca ha dunque la sua guida in sé stessa; o, in altri termini, l'uomo, per trovare la guida della sua ragione, non ha bisogno di guardare al di fuori di sé. Agostino è il filosofo dell'interiorità spirituale e della ricerca interiore. Non immeritatamente pertanto l'opera più famosa di Agostino sono le Confessiones: un'opera non esclusivamente autobiografica perché è la storia della vita interiore, quindi anche dei suoi dubbi, dei suoi problemi e delle soluzioni trovate. Le parole famose del De vera religione: «Non uscire da te, ritorna in te stesso, nell'interno dell'uomo abita la verità» esprimono l'essenza dell'atteggiamento filosofico di sant'Agostino. Ma a quelle parole seguono queste altre: «E se troverai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso», che esprimono più specificamente il principio trascendente della filosofia agostiniana: Dio come Verità è la «luce» che fa apparire all'uomo le cose come sono, quindi anche il dubbio come dubbio o la certezza come certezza. La ragione è superiore alle cose di cui giudica; la legge, in base alla quale la ragione giudica, è superiore alla ragione stessa (De vera religione 30-31).

 

 

TEOLOGIA E ANTROPOLOGIA NEL PENSIERO AGOSTINIANO.

L'Essere e la Verità sono le due prime persone della trinità divina e quanto alla terza persona essa è definita come Amore. Agostino identifica pertanto l'amore del prossimo con l'amore di Dio e afferma che l'amore fraterno fra gli uomini «non solo deriva da Dio ma è Dio stesso» (De Trin. VIII, 12). La possibilità di cercare Dio e di amarlo è radicata nella stessa natura dell'uomo. Ciò vuol dire che la costituzione dell'uomo ripete la trinità divina e che essa conferisce all'uomo la possibilità di riconoscere e cercare Dio. L'uomo, infatti, è costituito, secondo Agostino, dalla memoria, dall'intelligenza e dalla volontà che corrispondono alle tre persone della trinità (De Trin. X, 18). Queste tre facoltà, d'altronde, costituiscono un'unità inseparabile. La visione dell'uomo e della sua storia nel mondo che Agostino ha ripetutamente illustrato nelle sue opere si ispira a quel dualismo tra uomo vecchio o carnale e uomo nuovo o spirituale che è uno dei tratti fondamentali del cristianesimo paolino (cfr. I Cor. 15, 45 e segg.): dualismo che, secondo Agostino, pone a ogni singolo uomo e alla storia umana nel suo complesso un'alternativa cruciale, quella cioè di vivere secondo la carne e cadere nella menzogna e nel peccato o vivere secondo lo spirito, rinsaldando il proprio rapporto con Dio e preparandosi a partecipare alla sua stessa eternità (De civ. Dei XIV, I, 4). Ma la prima alternativa non è che l'attaccamento all'apparenza e all'errore. Essa quindi non è una scelta positiva, ma una rinunzia; e come tale costituisce il peccato che è la rinunzia a ciò che è sommo per adattarsi a ciò che è inferiore. Voler trovare le cause di tale defezione è come voler vedere le tenebre o udire il silenzio: esse non si possono conoscere che ignorandole, mentre conoscendole si ignorano (De civ. Dei XII, 7).

 

 

IL PROBLEMA DEL MALE

Questo concetto del peccato si connette con un caposaldo della filosofia agostiniana, cioè con la dottrina che l'essere è il bene e che il male non esiste. Questa era la vecchia dottrina degli stoici e dei neopitagorici; ma Agostino ha un senso assai più drammatico del problema del male. Il male è incompatibile con l'onnipotenza e la bontà di Dio. Questo è il punto che Agostino difende nella sua polemica contro i manichei che attribuivano il male a un principio del mondo altrettanto potente del principio del bene e in incessante lotta con esso. Per Agostino, poiché Dio è l'Essere e tutto ciò che è discende da lui, tutto l'essere è bene e il male non esiste. Ciò vuol dire che tutte le cose che esistono, in quanto esistono, sono buone e che sono considerate cattive soltanto per qualche relazione in cui entrano tra loro. Le sofferenze, le malattie e i dolori delle creature derivano dalla limitazione del loro essere, dal fatto cioè che il loro essere non è perfetto o totale: non sono quindi realtà positive ma privazioni o deficienze di bene. E quanto al peccato, che veramente per l'uomo è l'unico male, neppure esso ha realtà positiva: giacché non è volontà ma piuttosto deficienza o debolezza della volontà che si attacca alle cose inferiori e non ha la forza di sollevarsi alle superiori.

 

 

GRAZIA E LIBERO ARBITRIO

Quest'ultimo punto sembrerebbe attribuire a Dio la causa del peccato cioè della deficienza umana così come attribuisce all'allontanamento dell'anima la causa della morte. Ma in realtà Agostino attribuisce a Dio solo l'iniziativa umana che ha per oggetto il bene: cioè la positiva e autentica libertà umana. Questo è il punto che egli difende nella sua lunga polemica contro il pelagianesimo, dottrina che conduceva a ritenere non indispensabile l'opera del Cristo e l'azione della chiesa. Di fronte a conseguenze così rovinose per i princìpi stessi del cristianesimo e per la funzione della chiesa, Agostino è portato a sostenere le tesi diametralmente opposte a quelle del pelagianesimo. Dio ha costituito l'intero genere umano come unico uomo. Con Adamo e in Adamo ha peccato perciò tutta l'umanità e la salvezza dell'uomo è così dovuta interamente all'iniziativa divina, cioè alla grazia. Non si può neppure parlare, come facevano i semipelagiani, di una cooperazione dell'uomo con Dio ai fini della salvezza dell'uomo giacché l'uomo non è sullo stesso piano di Dio: Dio è la causa, l'unica vera causa della sua salvezza. Questa è dovuta pertanto alla scelta imperscrutabile di Dio cioè a un atto di predestinazione dal quale alcuni uomini sono «eletti» alla salvezza, mentre gli esclusi sono abbandonati alla perdizione. Ma l'intento fondamentale della filosofia agostiniana su questo punto non è quello di negare la libertà umana ma di identificarla con l'iniziativa divina. Il primo libero arbitrio, quello che fu dato ad Adamo, consisteva nel poter non peccare; perduta questa libertà per la colpa originaria, la libertà finale, quella che Dio darà come premio, consisterà nel non poter peccare.

 

 

CREAZIONE E TEMPO

In realtà la dottrina agostiniana della libertà è un corollario del principio che Dio è l'essere e che tutto ciò che è (quindi anche la libertà come volontà positiva del bene) deriva da Dio. Un altro corollario di questa dottrina è il concetto della creazione e del tempo. Il Logos o Verbo, cioè il Figlio di Dio, ha in sé le idee, cioè le forme o le ragioni immutabili delle cose, che sono eterne com' è eterno egli stesso; e in conformità di tali forme o ragioni sono costituite le cose che nascono e muoiono. Ma le cose nascono e muoiono perché sono nel tempo: Dio quindi ha creato con le cose anche il tempo che tuttavia non s'identifica per Agostino con il mutamento stesso delle cose. Il tempo include la misura del tempo che avviene nell'anima: il passato non è più, ma c'è la memoria che è il presente del passato; il futuro non è ancora ma c'è l'attesa che è il presente del futuro; il presente trapassa continuamente nel passato ma c'è l'attenzione che è il presente del presente. Agostino ha così, per la prima volta, affermata la soggettività del tempo.

 

 

LA CITTÀ DI DIO

Ma la soggettività del tempo non implica, per Agostino, la soggettività della storia: giacché il protagonista della storia non è l'uomo ma Dio o meglio Dio attraverso l'uomo. La storia è difatti, per Agostino, la storia della «città di Dio», cioè della progressiva vittoria dello spirito sulla carne, sino al trionfo finale. Essa tuttavia non è priva di sostanza drammatica perché è dominata dalla stessa alternativa che domina la vita dell'uomo singolo: vivere secondo la carne o vivere secondo lo spirito. Nella storia queste due alternative si oppongono nella lotta tra la «città terrena» o città del diavolo, che è la società degli empi e la «città celeste» o città di Dio che è la comunità dei giusti. I campi rispettivi delle due città non sono mai nettamente separati. Nessun periodo della storia, nessuna istituzione è dominata esclusivamente dall'una o dall'altra delle due città: esse sono mescolate insieme sin dall'inizio della storia umana e lo saranno fino alla fine dei tempi. Babilonia e Roma da un lato, Gerusalemme dall'altro, sono i simboli delle due città, che solo alla fine della storia saranno separate col trionfo della città celeste. La Città di Dio di Agostino è la prima grande concezione teologica della storia che si sia affacciata nel pensiero occidentale e sulla quale si sono poi modellate le altre, compresa quella di Hegel. L'opera agostiniana contiene anche una summa di tutta la cultura pagana e una critica di essa dal punto di vista cristiano.

 

 

 

(1) Questo testo, stampato nel 2003 presumibilmente riprende le pubblicazioni del 1961 curate da Nicola Abbagnano e pubblicate da UTET: "Storia della Filosofia", e "Dizionario di Filosofia".