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Filippo Meda: Agostino a cassiciaco

La copertina del libro

La copertina del libro

 

 

 

SANT'AGOSTINO

di Filippo Meda

Edizioni Athena, 1930, pp. 31-32

 

 

 

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Questo accadeva nel luglio del 386 poche settimane prima delle vacanze vendemmiali, nelle quali anche allora si interrompevano i corsi scolastici: proposito di Agostino, deciso ormai a spezzare ogni servitù di passioni incompatibili colla pura vita spirituale, fu subito quello, non solo di rinunciare e alla concubina e alla fidanzata, ma anche all'insegnamento, e ad ogni altra aspirazione di agiatezze mondane: però volle evitare ogni sospetto di ostentazione, e attese che i corsi finissero; non è del resto a tacere che contribuiva al suo desiderio di ritiro la stanchezza che gli aveva reso pesante il respiro e fievole la voce. Un collega, Verecondo, professore di grammatica, gli afferse una sua casa di campagna in Brianza (1), perchè vi si raccogliesse in pace, dolente soltanto di non poterlo seguire perchè ammogliato (Verecondo morì l'anno seguente, dopo aver ricevuto il battesimo). La piccola brigata che si trovò riunita nell'agreste solitudine intorno ad Agostino era composta dalla madre, che attendeva alle cure domestiche, del fratello Navigio, del figlio Adeodato, giovanetto ormai di quattordici anni, svegliatissimo d'ingegno e puro di costumi, dei cugini Lastidiano e Rustico, poi dell'amico Alipio, e dei discepoli Licenzio e Trigezio.

Sono questi gli interlocutori dei dialoghi che Agostino scrisse nei sei mesi del soggiorno in Brianza, e che ci sono pervenuti coi titoli Contra Academicos, De vita beata, De ordine, Soliloquia, di soggetto, specie i primi tre, prevalentemente, per non dire esclusivamente, filosofico, e ancora ansanti, dirà egli più tardi, di scolastica boria, benché volti al servigio di Dio; e del pari le lettere inviate all'altro amico Nebridio, rimasto a Milano (e più tardi divenuto cristiano e morto santamente in Africa).

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(1) Il luogo ove sorgeva la villa, o casa di campagna, del grammatico Verecondo è indicata da Agostino col nome di Cassiciàcum: e che questo Cassiciàcum, attraverso una sincope medioevale Cassiàcum (lezione che si trova infatti in alcuni codici) sia diventato l'odierno Cassago, non è per me dubbio: è il medesimo processo fonetico documentato dalla derivazione, per esempio, di Inzàgo da Inticiàcum. Pure ci fu chi volle trasportare il Cassiciàcum assai più lungi da Milano, ponendolo nel luogo dell'odierno Casciago, in territorio di Varese; ma basta attendere alla pronuncia di questo Casciago, la quale non è Ca-sciàgo, ma Càs-ciàgo per indovinarvi un antico Castiàgum e per escludere ogni parentela col Cassiciàcum.

La nuova ipotesi accennò per un momento a spodestare la tradizione favorevole a Cassago, quando parve farla sua Alessandro Manzoni: dico parve, perchè in realtà egli non fece che riceverla da un impiegato della biblioteca braidense, e comunicarla come sua al Poujoulat, autore di una vita di Sant'Agostino, che ne lo aveva richiesto. Ma il Manzoni non ci insistette, anzi ritrattò, quando gli fu dimostrato l'errore. Tuttavia anche oggi ci sono taluni che persistono a sostenere con ogni sorta di argomenti, uno più specioso dell'altro, che la casa di Verecondo non era in Brianza, ma nel Varesotto: essi vogliono perfino trovare (a quindici secoli di distanza!) certe speciali rispondenze della località con taluni accenni narrativi che si incontrano nelle opere scritte in quel tempo da Agostino. Ricorderò a questo proposito che il Bertrand, autore della notissima e fortunata vie romancée del santo, volle recarsi personalmente così a Casciago come a Cassago, convincendosi che quest'ultimo villaggio risponde perfettamente o per lo meno ben più che non il suo concorrente, a quel tanto di descrizione, che Agostino ci ha lasciato: il resoconto di questi sopraluoghi è tra i saggi agostiniani che il Bertrand ha pubblicato qualche anno dopo la sua opera capitale.

 

 

 

 

pag. 80

 

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Dice il vero Agostino nel De Ordine (libro II, capo I) - uno dei trattati che scrisse, come vedemmo, nella villeggiatura di Cassago prima del battesimo - « Era con noi anche nostra madre; di essa avevo avvertito osservandola attentamente nella lunga convivenza, l'ingegno; ma ora in qualche discussione su temi importanti che ho riferito in un mio opuscolo, la sua mente mi si era rivelata così forte che nessuna appariva più temprata della vera filosofia".

Il commentatore ha notato che l'opuscolo in cui queste prove filosofiche sarebbero raccolte è il De vita beata (altro di quelli scritti a Cassago), ma che in esso, per verità, le cose messe in bocca alla buona vecchia non offrono proprio nulla di straordinario; onde bisogna perdonare all'amor filiale il quale ha fatto vedere ad Agostino nell'ingegno di sua madre dei pregi inesistenti.