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Michele Federico Sciacca: Sant'Agostino a Cassiciaco

Il libro di Michele Federico Sciacca

Il libro di Michele Federico Sciacca

 

 

 

SANT'AGOSTINO A CASSICIACO

di Michele Federico Sciacca

tratto da SANT'AGOSTINO, a cura di Pier Paolo Ottonello e Pietro Suozzo

EDIZIONI ARES 2021 - TESTO ORIGINALE DI M. F. SCIACCA 1949

 

 

 

Capitolo III

Il sacerdote, il filosofo e il teologo

Nella villa di Cassiciaco

 

La gioia di avere perduto «a un tratto» il senso dei vani piaceri - che prima tremava al pensiero di non avere e ora gioisce di aver lasciato per sempre - colmava Agostino [1]. Non si sentiva più d'insegnare, di vendere ciance menzognere e di vendersi. Decise di lasciare la scuola, ma «senza rumore». Mancavano ancora poche settimane dall'inizio delle vacanze della vendemmia, che correvano dal 22 agosto al 15 ottobre. Troncare subito avrebbe provocato le proteste delle famiglie degli studenti, avrebbe dato all'occhio e fatto parlare di lui; sarebbe sembrata un'ostentazione. Malgrado, ormai, continuare le lezioni, per Agostino, fosse un supplizio spirituale e anche una sofferenza fisica, a causa dei polmoni malfermi e della voce stanca per il mal respirare, decise di aspettare l'inizio delle vacanze. Poco prima della ripresa, si sarebbe dimesso per motivi di salute, buona scusa fondata. Palesò il suo disegno solo a pochi intimi con la raccomandazione di non diffonderlo. Così sofferse di sedere ancora per una ventina di giorni sulla cattedra della menzogna, col cuore ardente della milizia di Dio. [2]

La chiusura delle scuole restituì Agostino, non più impedito, alla sua nuova vita. L'amico e collega, il grammatico Verecondo, mise a disposizione la sua villa di CASSICIACO in Brianza [A] . Agostino vi si ritirò a riposare, lontano dalle vanità del mondo, con i suoi amici e discepoli: Alipio, Licenzio, Trigezio, i suoi due cugini, Lastidiano e Rustico, il fratello Navigio, il figlio Adeodato e Monica. Nebridio restò a Milano, in attiva corrispondenza con Agostino. Come trascorreva il giorno dei «solitari» di CASSICIACO?

Tra la preghiera, lo studio, le discussioni. Appena giorno Agostino e i giovani si alzano. Agostino prega a lungo lacrimando e offre a Dio i voti di ogni giorno; poi, con gli amici va al bagno. [3] Non trascura l'azienda del generoso Verecondo e si occupa di distribuire e di sorvegliare il lavoro dei lavoranti addetti alla villa. [4]

I giovani dedicano alcune ore del giorno ai loro studi e alle esercitazioni, mentre Agostino attende a meditare, a comporre e a pregare. Come i salmi di David lo facevano esclamare verso Dio! Inni di pietà, facevano sparire il gonfiore dell'orgoglio. Agostino li recitava e li cantava e avrebbe voluto, senza che egli lo sapesse, che i manichei (contro i quali pigliava fiero e doloroso sdegno) fossero stati a vederlo e a udirlo. Angustiato un giorno da un fortissimo mal di denti, sollecitò i suoi amici a pregare per lui. Appena in ginocchio, il dolore sparì. [5]

Gli studi dei giovani non erano solo di retorica, né Licenzio si occupava soltanto della sua esercitazione su Piramo e Tisbe. Quantunque Agostino avesse dato addio alla «verbosa professione» di maestro di retorica, la continuava ancora per qualche ora del giorno anche nel suo ritiro. Non manca però di esortare Licenzio e Trigezio (tornato dalla vita militare avido di sapere) allo studio della filosofia, al quale li aveva già conciliati l'Ortensio di Cicerone. [6]

La discussione vi aveva gran parte: i giovani si appassionavano alle dispute; Agostino dirigeva e suggeriva temi; lo scrivano notava; Monica, la madre di tutti, quando era libera dalle faccende domestiche, interveniva con la sua «maschia fede»; le parole che le suggeriva il cuore concordavano con le conclusioni filosofiche dei disputanti. Monica è come l'ideale della saggezza cristiana, a cui Agostino si era votato: «donna di maschia fede, che alla senile calma congiungeva la carità di madre e la pietà della donna cristiana». [7]

Non per nulla Agostino dice che egli, retore e filosofo, è il discepolo di sua madre. Nacquero così dalla vita reale e vissuta [8] i Dialoghi di CASSICIACO, i primi scritti di Agostino che, perduto il De pulchro et apto, noi possediamo. Quando Monica chiamava a tavola, si consumavano pasti frugalissimi: una sola portata indispensabile. Anche una parte della notte era consacrata allo studio, alla meditazione tacita, alla quale assuefà l'amore di trovare il vero. [9]

Chi vuol conoscere che cosa facesse Agostino a CASSICIACO è mandato da Agostino stesso, nelle Confessioni [10], ai Dialoghi (composti «conversando con gli intimi e con me solo alla tua [di Dio] presenza») e alle lettere che indirizzava a Nebridio a Milano. [11] Agostino era, dunque, sicurissimo che fra il racconto delle Confessioni e il contenuto dei Dialoghi non vi fosse quella discordanza che l'eccesso dell'analisi critica e del «rigore scientifico» dei moderni (non tanto rigoroso da non essere malizioso) ha fatto loro fantasticare.

Agostino dichiara:

a) che i suoi studi di CASSICIACO erano ormai volti «al servizio di Dio»;

b) tuttavia, come capita all'atleta quando è anche in riposo, era ancora «ansante di scolastica boria».

Dunque Agostino stesso riconosce che non ha smesso del tutto l'abito di retore e di filosofo; ma premette che, pur così come sono, quegli studi sono ormai volti al servizio di Dio. Ricerca filosofica sì, ma consacrata a Dio: filosofia, amor sapientiae, che è amore della verità che è Dio, il Dio di Gesù Cristo; e dunque filosofia cristiana. Agostino nel Contra Academicos, il dialogo dove meno si parla di sacre Scritture e di religione e dove si dimostra tanta ciceroniana fiducia nel magistero di saggezza della filosofia, manifesta all'amico Romaniano, a cui il dialogo è indirizzato, il proponimento di scrivere «intorno alla vera religione». [12]

La promessa sarà adempiuta quattro anni dopo con lo scritto omonimo che esplicitamente si riattacca a quel proponimento [13] ; ma l'idea dell'operetta risale al tempo di CASSICIACO. Del resto, Agostino aveva rinunciato al mondo per amore della verità; nessuna meraviglia che nel ritiro la meditazione si alternasse con la preghiera. [14]

Conversava da filosofo, ma la vera maestra era Monica, la saggia cristiana, l'umile serva di Dio. Del resto, la retorica, l'arte dello scrivere e la ricerca filosofica sono forse mali per sé stessi? No: sono male o bene secondo l'uso che se ne fa. Quel che è cambiato è l'uso, precisamente: ora Agostino se ne serve in servizio di Dio, cioè per confutare lo scetticismo, che è un ostacolo non solo per la filosofia, ma anche, per la fede; per chiarire ancor meglio il problema del male, responsabile principale del suo passato di manicheo; per chiarire il concetto di vita beata, che è saggezza filosofica, ma di una filosofia cristiana, che impone la pratica perfetta delle tre virtù - cristiane e non pagane o neoplatoniche - della fede, della speranza e della carità; per meditare sull'ordine delle cose, che porta l'anima fattasi umile a Dio e a tributargli lode. Problemi filosofici, trattati e discussi con l'occhio fisso alla religione. È vero, dunque, che Agostino a CASSICIACO, con gli amici, discute e discorre di filosofia, ma è anche vero che c'è filosofia e filosofia; c'è, appunto, la «sua» filosofia, quella di Agostino, la filosofia della saggezza cristiana. Agostino di CASSICIACO è lo stesso Agostino di Milano: le Sacre Scritture, l'insegnamento della Chiesa e lo studio dei filosofi, che aiuta l'intelligenza. Il linguaggio usato è ancora quello dei neoplatonici; è vero: non per nulla i Dialoghi sono la prima testimonianza del «neoplatonismo cristiano» di Agostino. [15]

Agostino convertito vuol dichiarare la verità conquistata, vuol ricercare la ragione delle verità contenute nelle Sacre Scritture. Perciò il suo filosofare, dopo la conversione, è fides quaerens intellectum, «è una fede che cerca il più possibile razionali, intelligibili, gli insegnamenti della Sacra Scrittura o della dottrina cattolica». [16] Il neoplatonismo fa le spese, ma solo perché, anche nei Dialoghi, Plotino è cristianizzato e trasposto. Come è stato ben scritto, nei Dialoghi, Agostino interpreta «filosoficamente il Dio della religione, e religiosamente la verità della filosofia».  [17]

I Soliloqui, l'ultimo scritto di CASSICIACO, dove il filosofo sente il bisogno di discorrere con sé stesso e con la ragione, sono il dialogo che meglio di ogni altro fa intendere il vero spirito con cui il «solitario» ha scritto e pensato gli altri. Egli vuol conoscere due cose e nient'altro: Dio e l'anima. Se Plotino fosse stato presente, avrebbe capito e approvato. Ma se avesse anche visto Agostino pregare Dio per guarirlo delle sue piaghe, non avrebbe capito più nulla e certamente non si sarebbe associato nella supplica a Dio, quella che apre la ricerca e la meditazione intorno al problema dell'immortalità dell'anima. Conoscere la verità è possedere Dio; si possiede Dio solo quando l'anima è pura e lo spirito comanda sui sensi; si arriva a Dio attraverso due strade, la filosofia e la religione, i due pesi che attraggono verso lo stesso punto, dove risiede la nostra beatitudine e dove ci conduce anche la contemplazione dell'ordine che governa l'universo creato. È qui l'anima (neoplatonica, ma innanzitutto cristiana) dei quattro Dialoghi di CASSICIACO - Contra Academico, De beata vita, De Ordine, Soliloquia -, i primi del 386 e l'ultimo dei primi mesi del 387.

 

 

NOTE CRITICO - BIBLIOGRAFICHE DELL'AUTORE

 

(A) - Il Manzoni, con dotte ricerche, cercò di ravvisare il sito di questa antica villa nel villaggio di Casciago presso Varese. Le sue congetture sono riferite, fra i documenti, da F. Poujoulat, Histoire de S. A., Paris 1844, 1852. Come poi ebbe a consentire lo stesso Manzoni, sembra invece che si tratti di Cassago di Brianza, Cfr G. Morin, Où en est la question de Cassiciacum?, in «La scuola Cattolica», (1927).

 

 

NOTE

(1) - Conf, 1 IX, c. 1

(2) - Ivi, 1. IX, c. 2

(3) - De Ordine, 1. I, c. 7, cc. 22, 25

(4) - Contra Acad., 1. I, c. 5, n. 15

(5) - Conf, 1. IX, c. 4

(6) - Cfr il c. 1 del 1. I del Contra Acad.; anche De Ordine, 1. I, c. 2, n. 4

(7) - Conf, 1. IX, c. 4

(8) - Acutamente A. Guzzo nota che il dialogo agostiniano, «mentre si ricongiunge alla tradizione illustre del dialogo filosofico, inaugura tuttavia una formula di dialogo reale e vissuto, che ha un sapore proprio nella letteratura filosofica. Non si parla del dialogo filosofico ciceroniano, che si sa come sia retoricamente concepito e condotto, ma perfino il dialogo platonico è ricostruzione di dialogo quando non proprio invenzione del dialogo. Ma questi dialoghi agostiniani sono proprio i dialoghi come avvengono, con tutte le incertezze, le oscillazioni, i ritorni, gli scoramenti, le accensioni del dialogo reale. Agostino descrive la scena, ma la descrizione non è né la pagina poetica, così incantevole nei dialoghi platonici, né l'inscenamento studiato e artificiale dei dialoghi ciceroniani. Quando Agostino descrive il tardo autunno lombardo, le giornate di nebbia e, passata la nebbia, la limpidissima trasparenza del cielo italiano, questi non sono amminicoli descrittivi: il dialogo si è svolto lì, in quella luce; a prescinderne il dialogo si dissecca, mentre è stato sforzo vivo di ricerca, e tale Agostino vuol che resti. Donde un realismo che, ripeto, ha un sapore tutto nuovo e moderno». (A. Guzzo, Agostino dal «Contra Academicos» al «De vera religione», Vallecchi, Firenze 1925, p. 5)

(9) - De Ord. 1. I, c.3, n. 6

(10) - Conf. 1. IX, c. 4

(11) - Di esse resta ben poca cosa

(12) - Contra Acad. 1. II, c. 3 n. 8

(13) - De Vera Religione, VII, 12 «Da alquanti anni ti ho promesso di esporti il mio pensiero intorno alla vera religione»

(14) - Non «Soltanto» le Confessioni presentano un Agostino dedito alla preghiera e alla recitazione dei Salmi. Oltre ai passi del De Ordine, già citati, molto espliciti, nello stesso dialogo si legge che Licenzio cantava sottovoce quel salmo profetico: «O Dio di virtù convertici; mostraci la tua faccia e saremo salvi» (1, I. c. 8 n. 22). Dunque anche dai dialoghi cosiddetti «neo-platonici» e «tutti filosofia» risulta che i Salmi a Cassiciaco erano conosciuti, recitati e cantati

(15) - Del contenuto dottrinale dei Dialoghi discorreremo in seguito, a mano a mano che esporremo i vari problemi

(16) - A. Masnovo, op. cit. p. 130 - [Masnovo - S. Agostino e S. Tommaso]

(17) - A. Guzzo, op. cit. p. 42