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Percorso : HOME > Cassiciaco > Vexata quaestio > Carlo FruaCarlo Frua
Frontespizio dell'opera
UNA SERIA EDUCAZIONE
di Carlo Frua
TERZA EDIZIONE - CORRETTA DALL'AUTORE E NOTEVOLMENTE ACCRESCIUTA MILANO DOTT. FRANCESCO VALLARDI, TIP.- EDITORE - VIA DISCIPLINI, 15
1875
Pag. 68
IV. Del sentimento e del principio religioso. Razionalismo.
[ ...] - Se la filosofia sorregge l'animo e gli porge l'ottimo suo alimento, il culto della religione sulle ali del sentimento lo sublima al sommo bene, nel quale ei riposa in pace e si ristora da tutte le battaglie della vita. Non intende la sapienza chi nell'umiltà dell'animo non sente il bisogno della preghiera: le virtù umane sono zeri ed a nulla valgono senza la unità di Dio. La preghiera, dispregiata dallo stolto che non ne conosce lo spirito, rende eroina financo la femminetta; senza di essa il filosofo non è che un infelice ideologo od uno stoico. Invano l'uomo si affatica con intelligenza variamente limitata dalla natura ed offuscata dagli istinti; male egli sorreggesi a filosofia, se a quella del cristianesimo non si indirizza. Il sapere morale pagano non è vera sapienza, se non in quanto alcuni privilegiati intelletti giunsero ad adombrare principi che perfetti raccoglie il Vangelo. Né mi sorprende pertanto, se nelle conferenze tenute a Cassago dall'Agostino nell'anno 386 De beata vita, si trovino gli improvvisi dettati del giovinetto Adeodato e della di lui nonna Monica, superiori nella perfezione del concetto filosofico a quelli di Platone e di Cicerone. - La investigazione superficiale della ragione delle cose, conduce all'ateismo, lo studio profondo conduce a Dio; perciò la teologia non disdegni la umana sua sorella; condivisa seco ei la intelligenza d'amore dell'universo, chiaroveggente, la riconduca al principio del sommo amore. Boezio, da perfetto cristiano, scrive la sua professione di fede, e filosofo, maestro a coloro che sanno, tra i quali a Dante, detta il libro Della consolazione della filosofia, e consiglia di congiungere la fede colla ragione per quanto si possa: fidem, si poteris, ratio nemque conjunge. - In vero la filosofia in ogni sua parte è scorta al supremo principio, e colui che cerca veramente di sapere, per lo studio delle correlazioni delle cose non può a meno di condursi a Dio. Agostino, ardentissimo del conoscere, errava di cosa in cosa, di investigazione in investigazione, e trovò Dio allorquando, dopo lungo pianto, gli fu caduto l'orgoglio. Nella grande individualità di Agostino può specchiarsi il numero senza fine di quei giovani generosi che pur cercando il vero vivono alla passione, infelicissimi finché non giungano alla luce. [ ... ]
Pag. 383
XIX. Senso politico-morale.
[ ... ] Il merito degli illustri risplende vieppiù distinto, in ragione che vi muojono intorno gli inetti invidiosi; il tempo veramente li fa grandi; ed è la gratitudine ossequiosa dei posteri che li onora colla santa, vereconda, immortale parola dei marmi. La consorteria, ripeto, questa fatale inevitabile gramigna, che spunta ed ingrassa in ogni governo e ne isterilisce ogni buon virgulto, si affacenda all'incontro con bassa ipocrisia ad accumular marmi per l'estinto collega, spesso ancora insepolto, ben sapendo che una settimana di tempo sarebbe forse di troppo a farlo obliare. Vi sono monumenti di tal genere nella mia Milano, quasi a cemento ancora non asciutto, il cui personaggio è già dimenticato dal popolo. Mentre l'autorità municipale intende col mezzo di lapidi a fissare la memoria educativa della cittadinanza, ricordando i luoghi ove vissero illustri cittadini, vorrei, se ascoltata fosse la mia voce, che eziandio il vescovo con autorità officiosa persuadesse il Municipio a porre in considerazione del popolo anche la camera ove il grande Agostino alla Piazza dei Mercanti insegnava rettorica, già in tal senso ricordata da' secoli colla epigrafe: Dum terrena docet, coelestia discit.
Carlo Frua nacque a Intra nel 1810. Laureatosi in medicina divenne pediatra della Ca' Granda. Dal matrimonio con Teresa Minola ebbe due figli: Giovanni, medico anche lui, che sposò la figlia naturale di Poldi Pezzoli; e Giuseppe. Carlo Frua era molto colto e amava scrivere. A 53 anni pubblicò un libro con un titolo di timbro morale Una seria educazione, che ebbe successo di critica e di pubblico. In effetti erano "considerazioni e raccomandazioni" sotto forma di lettere ai figli (Giovanni di 17 anni e Peppino di 12) che dovevano essere lette quando i due ragazzi avessero raggiunto i vent'anni. E fu al raggiungimento di questa data che pubblicò anche il libro. Le sue raccomandazioni erano principalmente rivolte al "diletto figlio Peppino". Accortosi che Peppino, più che agli studi classici, fosse adatto ai commerci, per poterlo avviare a tale attività , riuscì a trovargli un posto in Germania, presso una tintoria tessile. Giuseppe si ripromise che, una volta rientrato in Italia, si sarebbe dedicato a potenziare il suo Paese nel settore dell'industria tessile. Tornato con questa vocazione, cominciò a girare da porta a porta per vendere scialli per conto del lanificio Caprotti. Ma anche il mestiere di venditore ambulante lo fece per poco, perchè venne assunto dal cotonificio Cantoni. Il giovane, che aveva vent'anni, fu destinato in una delle manifatture dove, come capo responsabile, c'era un tale Ernesto De Angeli. Alla morte del padre, che aveva lasciato la vedova e cinque figli, Ernesto De Angeli, ch'era il maggiore, fu costretto ad abbandonare gli studi per mettersi a lavorare. Aveva bussato alla porta del cotonificio Cantoni. Al vecchio Cantoni, banchiere e imprenditore, Ernesto piacque. Ne aveva intuito l'intelligenza e l'intraprendenza e più tardi lo mandò in Germania, in Francia e in Inghilterra per fare esperienza nel campo dei tessili. Erano gli anni della rivoluzione industriale e Cantoni gli affidò l'incarico di acquistare tutto il macchinario necessario per sostituire la vecchia lavorazione a mano con quella meccanica. Fu allora che Ernesto suggerì a Cantoni d'impiantare anche una fabbrica di tintura per colorare e stampare le stoffe. Giuseppe Frua lo incontrò: i due si frequentarono, divennero amici e divennero anche cognati: Giuseppe sposò Anna, una delle quattro sorelle di Ernesto De Angeli. Più tardi tutti e due lasciarono la Cantoni: Ernesto si mise in proprio impiantando una tessitura; mentre Giuseppe aprì a Legnano una filatura. Qualche anno dopo si fusero e realizzarono l'intero ciclo di produzione: dalla filatura, alla tessitura, alla stamperia. La De Angeli, diventò la De Angeli e C. Ernesto De Angeli non aveva figli e nel testamento espresse la volontà, in nome della grande amicizia che l'aveva legato per trent'anni a Giuseppe Frua, marito di sua sorella, che il loro primogenito potesse aggiungere al proprio cognome Frua quello di De Angeli. Dopo la morte di Ernesto tutto passò nelle mani di Giuseppe. Gli stabilimenti continuarono a crescere, il prodotto divenne competitivo anche all' estero e le esportazioni raggiunsero punte altissime. Frua aveva preso a cuore le condizioni degli operai: era convinto che quanto più la provvidenza era dalla sua parte, tanto più doveva impegnarsi in favore degli altri.