Contenuto
Percorso : HOME > Cassiciaco > Vexata quaestio > Carlo SalvioniCarlo Salvioni : DELLA VILLA DOVE AVREBBE SOGGIORNATO SANTO AURELIO AGOSTINO IN LOMBARDIA
sant'Agostino: opera di Consadori
DELLA VILLA DOVE AVREBBE SOGGIORNATO SANTO AURELIO AGOSTINO IN LOMBARDIA
di Carlo Salvioni
Estratto dai Rendiconti della «Reale Accademia dei Lincei», Roma seduta del 19 febbraio 1899.
..... fidelis promissor reddis Verecundo pro rure illo eius Cassiciaco, ubi ab aestu saeculi requievimus in te, amoenitatem sempiternae virtutis paradisi tui, quoniam dimisisti ei peccata super terram in monte incaseato, monte tuo, monte uberi. Così Agostino (1) nel 3° cap. del IX libro delle Confessioni, rivolgendosi a Dio, e dopo averci detto della morte e della conversione dell'amico Verecondo, cittadino milanese, che gli aveva dato ospitalità nella propria campagna. Cassiciaco dunque.
E, poichè tale lezione è accolta dallo Knöll senza esitanza nessuna, noi potremmo acquietarci alla costui autorità, e invitare a sbrigarsela con lui chi della lezione ancora dubitasse. Tuttavia, siccome un'altra lezione, - quella di Cassiaco, - ha avuto qualche fortuna, troppa fortuna, così mi si consenta di esporre, - sulla scorta degli avvertimenti che la prefazione alla editio maior ci dà intorno ai codici delle Confessiones, alla loro età, al loro valore, ai rapporti onde sono avvinti gli uni agli altri, - le ragioni che danno causa vinta a Cassiciaco, e di impugnare brevemente quelle che si invocano a favore di Cassiaco.
Lo Knöll ha ammannito l'edizione sua, fondandosi su quelli fra i manoscritti delle Confessiones che sono anteriori al sec. XI, e su due soli che a questo secolo appartengono. Tutti risalgono a un archetipo, che verisimilmente spetta al sec. V o VI, e di cui il migliore e più antico rappresentante (2) è il codice Sessoriano (S), che ora si conserva nella Biblioteca Vittorio Emanuele, sotto il num. 2099, e si reputa della fine del VII, o del principio dell'VIII secolo. Ora, questo codice, di valore capitale, legge Cassiciaco. Gli segue per importanza il codice O (= parigino, n. 1911), e anche questo legge cassiciaco; e così l'edizione minore dello Knöll, che nell'apparato critico tien conto solo di questi due codici, di nessuna variante accompagna la voce nostra. La quale compar pure come cassiciaco, nei codici C (= parig. n. 1913; sec. VIII), H (= parig. 12224; sec. IX), G (= parig. n. 12193; sec. IX), F (= parig. n. 10862; sec. IX), M (= monacense, n. 14350; sec. X) (3), E (= parig. n. 12191; sec. X-XI), D (= parig. n. 1913 A; sec. X), W (= vienn. n. 712 lat.; sec. XI) (3). Leggono invece Cassiaco, i codici P (= parig. n. 1912; sec. IX), B (= ambergensis n. B 93; sec. X), V (= vatic. n. 5756; sec. X), e cassiato (4) il codice Q (= cheltenham. n. 1678, ora berlin. 19; sec. XI), e la mano, contemporanea del codice e forse dello scriba stesso, che ha corretto e ritoccato il codice P (5).
La conseguenza che si trae da questo quadro è luminosa: la grande maggioranza de' codici, fra cui i più antichi e importanti, hanno Cassiciaco; questa lezione deve quindi attribuirsi, se il raziocinio e la scienza della critica dei testi valgon qualcosa, all'originale. Di tutti questi codici adoperati dallo Knöll, non doveva aver nessuna contezza il sacerdote Luigi Biraghi, quando nel 1854 dava alla luce un suo articolo su Sant'Agostino a Cassago di Brianza sul Milanese in Ritiro di sette mesi (in L'Amico Cattolico S. II, t. XI, pp. 361-77, 385-97, 409-18).
Poichè de' codici ch'egli pone in fila per difendere la lezione cassiaco, nessuno è compreso nella enumerazione dello Knöll; e viceversa, non entra in questa nessuno dei codici del Biraghi. E si capisce; si tratta di codici di tarda età (6), cui non compete nessun diritto di deporre in giudizio. Nè accresce loro autorità, come pretende il Biraghi, la circostanza che si tratti di codici milanesi, di codici, cioè, che per essere redatti nella regione dove Agostino abitò, danno affidamento che i loro scribi abbiano saputo « e il nome vero e la pronuncia retta e la giusta scrittura nè avrebbero registrato una terra milanese con nome falsato ». Veramente se quei copisti mai hanno pensato a Cassago, l'illazione meno illegittima che da tale circostanza si potrebbe trarre, parmi questa: che si siano industriati a giustificare il loro preconcetto introducendo Cassiaco nelle loro copie. Altre ragioni allega poi in favore di Cassiaco il Biraghi, intorno alle quali è inutile soffermarci, poichè non reggono a un serio esame. Può però arrecare meraviglia che agli argomenti del Biraghi si sia arreso il De Vit che, nell'Onomasticon, II 156, aggiunto al Forcellini, postula senz'altro Cassiacus (7), e non minor meraviglia che il D'Arbois de Jubainville (8), appoggiandosi alla sua volta al De Vit, dichiari Cassiciaco doversi correggere in Cassiaco.
E, data l'autorità del dotto francese, si capisce facilmente, che ne sia stato sedotto A. Holder (9), che da Cassiciaco rimanda a Cassiaco, ma che certo si ricrederà dopo quanto siamo fin qui venuto esponendo. Ma colla lezione Cassiaco, cade anche Cassago (10), quel termine cioè, che secondo l'opinione vulgata di Lombardia, da Tristano Calco ai nostri giorni, rappresenterebbe il luogo della dimora campestre di Agostino, e che, dato Cassiaco come punto di partenza, ben poteva giustificarsi, almeno per quant'è delle forme fonetiche. Ora, movendo da Cassiciaco (11), è egli possibile rinvenire in Lombardia un nome, - dico un nome, non un luogo, - che da questa base si possa legittimamente ripetere?
Il primo, per quant'io ne sappia, che rispose affermativamente vuoi quanto al nome vuoi quanto al luogo, a questa domanda, è nientemeno che Alessandro Manzoni. Interpellato circa alla quistione dal Poujoulat, l'autore della Histoire de St. Augustin (Parigi 1845), egli lo soddisfaceva con una lunga lettera (datata dall'11 luglio 1843, che si legge nel 1° vol., pp. 325 segg. pp. [349-53 del 1° vol. della 2a ediz.; Parigi 1853], di quell'opera, ed è riprodotta dal Flechia, nel luogo che si allega più innanzi. In essa s'esclude Cassago e si propone Casciago (l. Cascago), villaggio prossimo a Varese. La proposta sua, il Manzoni la suffraga soprattutto (12) colla « manière que ce nom se prononce dans le patois milanais et qui n'est pas et ne pourrait être rendue par l'orthographe italienne. Le second c ne s'y confond pas avec la s qui le précède, mais y conserve le son qui lui est prope, comme s'il était au commencement d'un mot séparé: Cass-ciago. Ainsi il n'y avait d'autre changement qu'un i supprimé, et pour ainsi dire rendu muet; ce qui est assez ordinaire au milanais et à d'autres patois de la haute Italie ». Questa argomentazione del grande Milanese ebbe il suffragio del solerte G. Cossa (13), e quello ben più monumentoso di Giovanni Flechia (Di alcune forme de' nomi locali dell'Italia Superiore. Dissertazione linguistica (14), Torino 1871. Nelle Memorie di quell'Accademia, S. II, t. XXVII. V. pp. 25-7 dell'estratto, s. 'Casciago' e 'Cassago').
Contro tanti e tanto autorevoli suffragi, a me par tuttavia che anche l'equazione Cascago = Cassiciaco mal si regga. Discorreremo più in là la presunta sincope; ma, pure ammettendo questa, l'equazione si scarta, perchè a noi son note le fonti onde la lombardia trae la sua combinazione sc, e in queste non entra nè può entrare il s(i)c di Cassiciaco.
Quelle fonti sono:
1. il prefisso s o il -s del prefisso dis- venuto a porsi davanti a voce cominciante per c (p. es. scesóra cesoje, scerveláç discervellarsi; cfr. ancora sescent, cioè ses+cent, seicento);
2. la combinazione skj (scèna schiena, mescá mischiare, ecc.);
3. la combinazione stj, primaria o secondaria (mil. üsc, che è un dotto 'ostio' disposato al popolare üç; cfr. il bresc. ostiól usciolino; bésca bestia, criscán cristiano, brüsca = mil. brüstja spazzola, che son di più parti di Lombardia, e ai quali la toponomastica aggiunge Bisüsc, Bisuschio, su quel di Varese, se è legittimo il Bisustium delle carte medioevali, e Cascón = Castione = Castiglione).
Altri sc da altre fonti non si hanno. Se poi si considera, che le carte medioevali conoscono per Cascago la forma Castiaco, non esiteremo punto, dopo quanto si è detto, a vedere in questa forma l'immediata precorritrice o una ben indovinata riscostruzione (15) della attuale; cui quindi starà come sta Cascón a Castione.
E come questo si ragguaglia a Castiglione, così si ragguaglierà Castiaco a un anteriore *Castigliaco (16), una forma questa, come ognun vede, che di molto ci allontana da Cassiciaco. Dopo le quali negative conclusioni, ci rimane, come parte positiva della indagine nostra, di ricercare qual forma debba o possa corrispondere in Lombardia a quella base che latinamente suona Cassiciaco. E in primo luogo, giova toccare della sincope invocata dal Manzoni a sostegno della sua proposta. Essa mi pare ed è impossibile, se supposta in età più antica, quando cioè la pronuncia di ci era o si suppone essere stata ci, molto inverosimile se supposta in età relativamente fresca. E' noto infatti, che la Lombardia, a differenza dei dialetti del Piemonte e dell'Emilia, va molto sobria nell'espellere le vocali atone. E se anche gli esempi dell'espunzione non manchino, e non manchino soprattutto fra i nomi locali (v. Cossa, o. c.; Bollettino storico della Svizzera italiana, XX, 36) (17), si tratta sempre di combinazioni, dove o non sorge, in seguito alla espunzione, un nesso mal pronunciabile, o, sorgendo, è facilmente riparato; e in ogni modo non conosco esempio (18) di una espunzione, che avrebbe avuto per effetto l'incontro di due sibilanti; nel caso nostro, di sezos (*Caszago *Cassago), poichè non si potrebbe supporre la sincope anteriore al ridursi di cj a zos.
Le ragioni obiettive son dunque contro la sincope; e io loro aggiungerò anche una ragione soggettiva, che in un caso come il nostro, può avere qualche peso, ed è questa: la sincope, o quantomeno la combinazione fonica che dalla sincope sarebbe risultata, ripugna all'istinto linguistico di me lombardo (19). Messa così da banda la sincope, rispondiamo alla domanda di sapere cioè, come si sarebbe ridotta, considerata nella sua integrità, la base nostra.
E la risposta è facile: nell'ambiente dialettale lombardo, Cassiciaco poteva solo dare o *Caçešág(-çi) o *Caçezag (20). Toscanamente, questa forma avrebbe sonato *Cassicciago-co, a non tener conto, s'intende, di *Cassizzago o *Cassisciago, che sarebbero le forme lombarde rintonacate alla toscana. Ora, un *Cassisciago o *Cassizzago ha forse esistito, ma non consta. E certa cosa gli è che un tal nome non resulta da nessun elenco di luoghi attuali di Lombardia. Il che però non esclude in via assoluta che ci possa essere, visto che quegli elenchi non offrono che una piccolissima, una minima parte dei nomi locali realmente adoperati. Ma se pure la forma aspettata venisse prima o poi alla luce, se pure le vaghe circostanze locali, che, circa a Cassiciaco, si desumono dagli scritti di Agostino, trovassero riscontro nel luogo da quella forma designato, anche allora non dovremmo illuderci d'aver fatto un lungo passo verso la soluzione.
I luoghi, i nomi di luogo scomparsi nel giro de' secoli non sono pochi (21), e ben potrebb'essere di questo novero il nome del luogo dove sorgeva la dimora campestre di Verecondo; d'altra parte, è risaputo che un nome di luogo può ripetersi più e più volte nella stessa regione.
Un *Cassizzago o un *Cassisciago, che si scovasse domani in qualche angolo della terra milanese o lombarda, non potrebbe esimersi dunque da queste ovvie considerazioni; e allora, tra esso e il Cassiciaco di Agostino altro rapporto non potrebbe intercedere se non quello di una identità possibile sì, ma pur sempre vaga, lontana, controversa. Queste le conclusioni delle ricerche mie; le quali, se non d'altro, potranno per avventura lusingarsi d'avere spazzato via e Cassago e Cascago (Casciago).
(1) Il passo è citato secondo le due edizioni, la maggiore (Sancti Aurelii Augustini Confessionum libri tredecim. Recensuit et commentario critico instruxit P. K. Vienna 1896. = Vol. XXXIII, ser. 1a, parte 1a, del Corpus scriptorum ecclesiasticorum latinorum editum consilio et impensis Academiae Litterarum Vindobonensis) e la minore (S. Aurelii Augustini Confessionum libri tredecim. Ex recognitione P. K. Lipsia, Teubner, 1898), che negli ultimi anni ci hanno ammannito le sapienti cure di Pio Knöll.
(2) «Omnium codicum mss. antiquissimus et optimus est codex Sessorianus» Kn., p. XXXII; «codex S ... ceteros libros mss. et aetate et praestantia longe superat», ib., p. VIII.
(3) Veramente i codici M e W hanno cassitiaco. E' una mera variante grafica, che si può a buon diritto trascurare.
(4) Questo cassiato si risente per certo dell'incaseato, che segue nel testo a poca distanza.
(5) Secondo lo Knöll, i codici P, B e Q sono molto affini fra di loro, e dipendono da un solo archetipo, derivato, s'intende, dall'archetipo comune del sec. V e VI. Il codice P è il più antico di questa famiglia.
(6) Un solo codice, di cui anche è dato il fac-simile e che proverrebbe da Bobbio, è dal Biraghi stesso attribuito al IX o al X sec. Senonchè, il mio carissimo prof. C. Cipolla ritiene, giudicando appunto dal fac-simile, che si tratti di scrittura del sec. XII; e il chiarissimo sacerdote don Achille Ratti, dottore dell'Ambrosiana, ha la bontà di scrivermi che è impossibile far risalire il codice oltre il sec. XI, essendo anzi più probabile la seconda che non la prima metà di questo secolo.
(7) «Cassiacus, i. m. Nomen villae in pago Med. nunc Cassago. ... In hanc villam se recepit Augustinus ... ut ipse scripsit in Confess. 9.5., quo loco quidam perperam legunt Cassiciacus ut probat cl. Biraghi in Amico Cattolico ... ubi etiam confutat eos, qui interpretantur de Casciago seu Cas'ciago».
(8) Recherches sur la propriété foncière et les noms de lieux habités en France (Paris, 1890), p. 143.
(9) Alt-celtischer Sprachschatz, disp. 4a, 1893.
(10) Ben è vero che il Biraghi (p. 392 n) ritiene di potersi al postutto difendere anche l'equazione Cassago = Cassiciaco; ma il linguista deve recisamente affermare che questo non è possibile.
(11) Circa alle attinenze di questo nome locale, v. il Holder s. 'Cassicius' 'Cassiciate'; e il Flechia, nel posto che citeremo or ora, e dove anche si ragguaglia alla nostra base il nl. fr. Chassezac. Il che parmi sia da escludere.
(12) Altri argomenti sono tratti dalle circostanze del luogo, la montuosità, l'amenità, la vicinanza di un'acqua, ecc.
(13) Di alcuni luoghi abitati nell'agro milanese e comasco che dal Medio Evo in poi cambiarono nome o più non esistettero. A pp. 3-17 del t. III, (ann. 1851) del Giornale dell'Istituto lombardo di Scienze, Lettere ed Arti e Biblioteca italiana (v. p. 5).
(14) Non potrà certo considerarsi come una mancanza di rispetto verso la memoria del sempre rimpianto e venerato Maestro, se si afferma che questo memorabile lavoro, il quale sta ormai per compire il terzo decennio, potrebbe andar riveduto in parecchi particolari. Così una affermazione, che oggi non meneremmo più per buona, è quella (p. 11) secondo cui, p. es., Sacconago, Catenago, Medolago, Cavedago, Bestago, Voltago, e altri nomi locali consimili, sarebbero da -iäcu, e avrebbero smarrito l'i senza che di questo rimanesse traccia nessuna. Gioverà invece ravvisarvi de' casi in cui -äcu s'è aggiunto al tema senza l'intermediario di -i-, e ristudiare, con tal criterio, la teoria fondamentale del Maestro; la quale andrebbe forse riformata anche là dove si stabilisce (p. 9), che i nomi locali in -iaco [e -aco] sempre derivino da nomi propri.
(15) La seconda alternativa ha però maggiori probabilità. Poichè Orriverius de Casgiago de Capitemale si legge in un documento del 1180, proveniente dalla Madonna del Monte sopra Varese; v. Rajna, Romania, XVII, pag. 12. La combinazione sgi dice senza nessun dubbio sc (cfr. mesgiada=mescada mischiata, masgi= mil. masc maschi, ecc.).
(16) Se, a spiegar questa forma, non vogliamo uscire dai nomi propri di persona, gioverà pensare a un *Castilius o *Castillius. - In Francia, la forma corrispondente a Cascago dovrebbe allora sonare *Châtilly, e in Provenza *Castelhac. Ma tali nomi sembran mancare alla toponomastica di que' paesi. - Un'altra supposizione potrebbe condurci a un *Castláco *Castuláco, rispondendosi allora a un it. *Caschiago -co, a un franc. *Chálay, a un prov. *Casclac. Ma questa, o altre analoghe basi che si potrebbero immaginare, e che in ogni modo ci allontanerebbero sempre da Cassiciaco, mi pajon meno probabili.
(17) La poca antichità di queste sincopi mi par anche da inferirsi dal fatto che si conservi, fin giù giù nel Medio Evo, la tradizione della forma integra di parecchi di quei nomi, che, per la oscurità dei luoghi da loro designati, non avrebbero forse avuto ragione di conservarcela (Cislago-Cistellago, Inzago-Anticiaco o Inticiaco, Sizzano-Septiciaco, ecc.)
(18) Il solo esempio che si potrebbe citare, parmi sia *deceseptem, ridotto a *des-çétte *de-ççétte (cfr. dexsetena in Bonvesin, alla diciassettesima cortesia da tavola, e deççèt nel dial. di Bormio). Ma su un *deseçete (cfr. il bresc. disiçèt) doveva influire il primitivo des, rinfiancato da des-nöf, e fors'anche da *des-ót (cfr. dexeogena in Bonvesin), che potrebbe sì essere per anteriore desedo-; ma che, pur rispecchiando storicamente questa base, alla coscienza linguistica doveva apparire come un presso composto di des e 'otto'.
(19) Sia detto, ad abundantiam, che quando Cassiciaco si fosse continuato per *Caçzago, questa forma non si sarebbe mantenuta, visto che il dialetto lombardo ripugna della combinazione sz, quando questa non si derivi da un s prefissale venuto a porsi davanti a voce incipiente per vocale; caso assai raro (deszacass Cher., deszolá Monti, 388), e tanto singolare del resto che anche il toscano tollera allora le combinazioni sc e sg (scingersi sgelare). Essa si sarebbe ridotta o a *Cazzago (cfr. deççét), o, e forse meglio, a *Carzago (cfr. lomb. derçét; e vedi un mio articolino, nella Zeitschrift für romanische Philologie, XXII, 471, dove, a proposito appunto di questa forma, si allegano più esempi di due sibilanti attigue dissimilate col ridurre la prima a r). Anche la via che avrebbe preso *Caçságo ci è additata per una parte dal milanese posèna, pusigno, da *pos sèna per l'altra, dall'arbed. purséna, di cui è pure fatta menzione in quell'articoletto della Zeitschrift - [I lombardi Cazzago e Carzago, di cui tocca il Flechia o. c. s. vv., nulla hanno da vedere colle identiche forme, che, come derivate da Cassiciaco, e munite perciò di un asterisco, noi in questa nota supponiamo].
(20) Poichè c- cede, anche in Lombardia, facilmente il posto a g-, così dovremmo ritener legittima ogni forma che con questo g- si presentasse. E circa al *Carzago di una delle precedenti note, esso potrebbe offrircisi come Cra- Cre- o Cherzago, a tacere delle forme con g-.
(21) Per la Lombardia, si consulti la più volte ricordata Memoria di G. Cossa.