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Giuseppe Ripamonti: CASSAGO E' IL RUS CASSICIACUM DI SANT'AGOSTINO

 

CASSAGO E' IL RUS CASSICIACUM DI SANT'AGOSTINO

di Giuseppe Ripamonti

 

 

Giuseppe Ripamonti (1577-1643) nacque a Tegnone una frazione di Nava in Brianza il 28 di agosto, nel giorno della festività di sant'Agostino. Aveva un temperamento irascibile, un ingegno pronto accoppiato a una tenace memoria. Di umili origini seppe mettere a frutto la sua cultura grazie all'intervento munifico del cardinal Federigo Borromeo, che lo creò Dottore della Biblioteca Ambrosiana e lo difese durante un lungo e aspro processo intentatogli da colleghi. Sue opere principali furono le Historiae Ecclesiae Mediolanensis, date alle stampe fra il 1617 e il 1628, il De peste Mediolani (1640) e le Historiae Patriae pubblicate postume (1641-1648). Notevole fu il suo talento nella narrazione storica, dove poté distendersi in quella fluenza tulliana, che caratterizza il suo stile.

 

Lo storico milanese Giuseppe Ripamonti

Lo storico milanese Giuseppe Ripamonti

 

 

Cassiciacum Brianteos in colles abijt, inde postea suo tempore ad lustrale Sacramentum rediturus ingenti regionis illius gloria quod hodieque decus iactant ... Cassiciacum occasio digredendi est ad montani fere tractus radices in Massaliae regione collis inclitus armorum et litterarium gloria ... non in amoenum agrum, et urbanam in eo villam habebat.

 

 

 

 

(Agostino) si recò a Cassiciaco sui colli della Brianza. Quando venne il tempo di ricevere il Battesimo se ne partì da quella regione, a cui ancora oggi deriva una grande gloria ....

Cassiciaco è un luogo poco discosto di un tratto in altura alle falde della regione di Missaglia, colle famoso per le armi e la gloria delle lettere ... (Verecondo) possedeva un villa urbana in quella amena campagna. 

 

 

 

 

 

GIUSEPPE RIPAMONTI, Historiarum Patriae in continuationem Tristani Calchi, usque ad mortem Federici Card. Borromei, l. XXIII, Milano 1641-1643.

Lapide che ricorda lo storico milanese Giuseppe Ripamonti

Lapide a Ravellino che ricorda Giuseppe Ripamonti

 

Giuseppe Ripamonti

Nasce a Tegnone, una frazione di Colle Brianza, che oggi ha assunto il nome di Ravellino. La sua attività di letterato termina a Rovagnate, dove si rifugiò per riprendersi dal carcere a cui era stato condannato dal Tribunale Ecclesiastico. Fin da bambino aveva dimostrato una predilezione per il greco e il latino. I suoi genitori, di famiglia benestante, lo avviano agli studi classici a Milano, dove inizia il percorso che lo porterà al sacerdozio.

Ripamonti racconta quali furono i suoi studj: « Sino alli 17 anni io sono stato allevato da mio zio curato di Barzanò, chiamato prete Battista Ripamonte, che è morto. Studiavo grammatica che m’insegnava detto mio barba. Io andai dopo li 17 anni in Seminario ad interessamento di mio barba suddetto, il quale m’haveva insegnato parte della lingua Hebraica della quale il sig. Cardinale si dilettava, e da esso sig. Cardinale fui esaminato e da lui posto nel Seminario in Canonica, nel quale stetti un anno. Et in detto Seminario il sig. Cardinale mi fece attendere alla lingua Hebraica et io l’insegnavo a certi altri giovani. Et perchè mio barba non poteva o non voleva pagare la dozzina del Seminario, uscii fuori, e mi misi in una camera vicino a Brera in compagnia d’un prete Antonio Giudici di Macconaga, et andava a Brera a scuola alla logica, et lì stetti un anno. Finito poi l’anno, mi ruppi con questo mio barba, et andai a stare con il sig. Giacomo Resta in Milano per maestro d’un suo figlio che hoggi si chiama il sig. G. Battista, con il quale io stetti quattro anni. Dippoi andai a stare con il vescovo di Novara, monsignor Bescapè, quale mi voleva introdurre per scrivere sue lettere, con il quale stetti sei mesi. Dippoi ms. Settala, arciprete di Monza, mi fece andare a Monza per maestro di quella Comunità dove stetti duoi anni, et da Novara mi partii perchè non mi piaceva servire quel vescovo, et da Monza partii chiamato dall’Illustr. sig. Cardinale Borromeo nel Seminario di Milano, dove stetti per maestro di Grammatica per lo spatio di quattro anni circa. Nel qual tempo con li ammaestramenti et indirizzi dello stesso sig. Cardinale fui incamminato allo studio della Historia, et insieme della lingua Greca, Hebraica et Caldaica; nelle quali lingue avendo fatto qualche progresso, esso Cardinale, comandò ch’io attendessi solamente all’Historia. Et finiti detti quattro anni, dopo essere stato due anni nel detto Seminario a studiare ciò che il sig. Cardinale mi aveva ordinato (nel 1606), fui aggregato al Coleggio Ambrosiano et ivi addottorato, sebbene stetti altri quattro anni nel Seminario della Canonica. Poi per le liti che aveva coi rettori del Seminario, i quali pretendevano ch’io pagassi la dozzina, et io non pretendeva pagarla, il Cardinale per sua cortesia m’accettò in sua casa a sue spese, attendendo io al Coleggio Ambrosiano, dal quale era stipendiato di lire 1000 all’anno»  (dagli atti del Processo MS).

Diventa docente di eloquenza e latino presso il Seminario Maggiore di Milano, ma manifestando un carattere irascibile e poco incline alla mediazione, entra presto in conflitto con i colleghi. La protezione che gli accorda il cardinale Federigo Borromeo lo aiuta a risolvere i conflitti che si erano creati in seminario. Viene allontanato e nominato dottore della Biblioteca Ambrosiana costituita qualche anno prima.

Il cardinale gli chiede di scrivere una storia della chiesa milanese e frutto di questo suo lavoro è la "Historia ecclesiae mediolanensis", un'opera che purtroppo, al momento della stampa nel 1617, gli creò ulteriori questioni con i suoi colleghi, che lo accusarono di non avere rispettato il testo approvato dalla Chiesa. L'accusa è talmente grave che viene condotto in carcere e accusato di vilipendio alla religione. Dopo tre anni di prigionia, il 16 agosto 1622 viene condannato alla totale censura del suo operato, ad altri tre anni di carcere più due di esilio in qualche luogo a scelta del cardinale. Inoltre i giudici decretano che non potrà più scrivere nulla senza la speciale autorizzazione del sant'Uffizio.

Federigo Borromeo tuttavia gli commuta la pena del carcere con gli "arresti domiciliari" nel palazzo vescovile. Qui, benché malato, poté continuare a scrivere, tanto che la seconda parte della storia della Chiesa di Milano uscì nel 1625 e la terza parte nel 1628.

Attorno al 1640 compose il "De peste Mediolani quae fuit anno 1630", opera ampiamente utilizzata da Alessandro Manzoni per la ricostruzione storica dei Promessi Sposi. Negli ultimi anni della sua vita proseguì la scrittura dei XXIII libri della Historiarum patriae in continuationem Tristani Calchi, già iniziata dallo storico milanese Tristano Calchi nel Quattrocento. La sua autorevolezza di storico fu ampiamente riconosciuta dai suoi contemporanei, tanto che i decurioni della città di Milano lo nominarono cronista mentre il marchese de Legnanes, governatore del Ducato milanese, lo elesse regio istoriografo e canonico della chiesa di santa Maria della Scala di Milano. Gli anni di carcere avevano minato a fondo il suo fisico per cui i medici gli consigliarono di tornare in Brianza. Ripamonti cercò un ricovero a Rovagnate, dove fu ospitato dal curato. Questo soggiorno però non giovò alla sua salute e il 14 agosto 1644 morì per idropsia. Il suo corpo venne sepolto nella cappella riservata ai parroci della chiesa di Rovagnate e al suo funerale parteciparono 12 sacerdoti.