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CICLo AGOSTINIANo nella Basilica di sant'Ambrogio a Milano

La Basilica di sant'Ambrogio a Milano

Basilica di sant'Ambrogio

 

 

MAESTRO DI SANT'AMBROGIO

1498

Basilica di sant'Ambrogio a Milano

 

Episodi della Vita di sant'Agostino

 

 

 

Sotto il portico del nartece della Basilica di sant'Ambrogio a Milano, su un fianco della parete di testa, esisteva un tempo un ciclo di affreschi che narrava la storia della vita di sant'Agostino. Sull'altro lato era dipinta la vita di sant'Ambrogio. Su una grande scena era riportata la data 1498.

Ne dà notizia Mongeri alla fine dell'Ottocento (ne L'arte in Milano, 1872 a pag. 28 pubblicato a Milano dalla Società Cooperativa fra Tipografi). A quel tempo, come testimonia l'autore, era ancora ben visibile la data sull'architrave di destra, riferita a storie a chiaroscuro assai guaste delle vite di Agostino ed Ambrogio.

Le Storie erano collocate entro incorniciature e finte architetture di sapore bramantesco, con personaggi in parte desunti dai ritratti dei principi sforzeschi. Gli affreschi furono staccati e conservati in un ripostiglio che venne distrutto durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale.

 

Edificata tra il 379 e il 386 per volere del vescovo di Milano Ambrogio, la basilica fu costruita in una zona in cui erano stati sepolti i cristiani martirizzati dalle persecuzioni romane. Per questo venne dedicata ai martiri ed era chiamata Basilica Martyrum: lo stesso Ambrogio voleva riporvi tutte le reliquie dei santi martiri Satiro, Vittore, Nabore, Vitale, Felice, Valeria, Gervasio e Protasio. Sant'Ambrogio stesso vi venne sepolto e da allora cambiò nome, assumendo quello attuale.

Le varie basiliche edificate da Ambrogio assumono una evidente dislocazione a croce ai vertici del cardo e del decumano, segnando simbolicamente il territorio e offrendo l'immagine di una città cristianizzata alla vista del viandante che entra nella città. Le zone fuori della cinta muraria e lungo le principali arterie, erano comunque destinate per "legge" alla sepoltura di tutti i cittadini milanesi (pagani o cristiani che fossero) e pare superfluo rilevare che non potevano esserci catacombe dato il terreno ricco di acque dell'antica Mediolanum. I cimiteri a livello del terreno ospitavano urne cinerarie secondo il rito pagano e tombe ad inumazione cristiane. All'interno dei loro recinti avevano trovato sicuramente sepoltura anche martiri cristiani del periodo delle persecuzioni antecedenti all'editto di Costantino. Le reliquie di tali martiri (vedi soprattutto la Basilica Martyrum) costituiscono presupposto indispensabile per la costituzione di una "città rituale" cristiana voluta da Sant'Ambrogio.

Nel IX secolo, la Basilica subì importanti ristrutturazioni volute dal vescovo Angilberto II (824-860), il quale fece aggiungere la grande abside, preceduta da un ambiente sovrastato da volta a botte, sotto il quale si svolgevano le funzioni liturgiche. Nello stesso periodo, il catino dell'abside venne decorato da un grande mosaico ancora esistente, il Redentore in trono tra i martiri Protasio e Gervasio e con gli arcangeli Michele e Gabriele, corredato da due episodi della vita di Sant'Ambrogio. Il quadriportico e la facciata, di epoca paleocristiana, vennero aggiunti quattro fastigi con timpano, decorati con stucchi nel X secolo ed ancora eccellentemente conservati.

Sotto il ciborio venne collocato l'Altare di Sant'Ambrogio, capolavoro dell'oreficeria carolingia, in oro, argento, dorato, pietre preziose e smalti, quale vistoso segnale della presenza delle reliquie dei santi, collocate al di sotto dell'altare stesso e visibili da una finestrella sul lato posteriore. La basilica ha preso il definitivo aspetto tra il 1088 e il 1099, quando, sulla spinta del vescovo Anselmo, venne radicalmente ricostruita secondo schemi dell'architettura romanica. Venne mantenuto l'impianto a tre navate (senza transetto) e tre absidi corrispondenti, oltre al quadriportico, anche se ormai non serviva più a ospitare i catecumeni, ma come luogo di riunione.

 

 

La Basilica di sant'Ambrogio

7.15. Non era molto che la chiesa di Milano aveva introdotto questo rito carico di suggestione e conforto, con l'intensa partecipazione dei fratelli che cantavano in armonia di voci e sentimenti. Era un anno o poco più che Giustina, madre dell'imperatore bambino Valentiniano, perseguitava Ambrogio, quest'uomo tuo, a causa dell'eresia in cui s'era lasciata trascinare dagli ariani. Il popolo cristiano vegliava in chiesa, pronto a morire con il suo vescovo e tuo servo. Là mia madre, ancella tua, ai primi posti nelle veglie e nello zelo, viveva di preghiere. Noi, benché ancora poco sensibili al calore del tuo spirito, ci sentivamo tuttavia coinvolti nello smarrimento e nell'emozione di tutta la città. Fu allora che si introdusse l'uso delle regioni orientali di far cantare gli inni e i salmi, perché il popolo non si adagiasse nell'inerzia dello sconforto: un uso che da allora ai giorni nostri molti hanno già adottato e che quasi tutti i tuoi greggi imitano, in tutto il mondo.

- 16. Tu allora con una visione rivelasti al tuo vescovo il luogo in cui erano nascosti i corpi dei martiri Protasio e Gervasio, che per tanti anni avevi conservato intatti nel tesoro del tuo segreto, per tirarli fuori al momento opportuno a mo' di argine alla rabbia di una femmina, sì, ma potente come un re. Furono esumati, e durante il trasporto che se ne fece con i dovuti onori alla basilica di Ambrogio, non solo guarivano gli indemoniati - per esplicita confessione degli stessi demoni - ma accadde anche che un uomo cieco da molti anni, conosciutissimo in città, fattasi dire la ragione di quell'esplosione di gioia popolare, balzò in piedi e si fece portare sul posto. E là ottenne di essere ammesso a toccare con un fazzoletto le spoglie della morte dei tuoi santi, preziosa ai tuoi occhi. Lo fece, si accostò il fazzoletto agli occhi, e subito questi si aprirono. La fama si diffonde, a te si leva un coro altissimo e raggiante di lodi, quell'avversaria tua si vede, se non indotta a credere, almeno a soffocare la sua furia di persecuzione. Grazie a te, Dio mio! Da dove l'hai cavato questo mio ricordo, e dove lo porti ora che anche questi eventi mi hai fatto confessare? Son grandi cose: come avevo potuto trascurarle, dimenticarle? Eppure allora, quand'era così intenso il profumo dei tuoi unguenti, non correvamo dietro a te, e perciò il mio pianto di ora, quando ascoltavo cantare i tuoi inni. Avevo sospirato per te un tempo, e ora finalmente respiravo - per poco che si possa aprire all'aria, al vento, una dimora d'erba.

AGOSTINO, Confessioni, 9, 7, 15 -16