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CICLo AGOSTINIANo a Naro

La chiesa agostiniana di Naro con l'annesso convento

Chiesa di sant'Agostino a Naro

 

 

MAESTRO DI NARO

1713

Naro, chiesa di sant'Agostino

 

Il ciclo di intagli

 

 

 

Nella chiesa di S. Agostino a Naro si trova una splendida porta di accesso alla sacrestia con interessanti intagli che narrano alcuni episodi della vita di Agostino. Il primo accenno a quest'opera è ricordato dallo storico Salvatore Pitruzzella, che attesta l'esistenza di "un'artistica porta di legno, eseguita dalle maestranze locali, che è un vero capolavoro di scultura del 1700”.

Il portale a sesto acuto all'ingresso della sacrestia in cui è inserita, è caratterizzato da una eccellente decorazione propria dell'architettura siciliana trecentesca. Indubbiamente si tratta di uno dei rari esempi nell'architettura agrigentina pre-chiaramontana. La porta, un vero e proprio capolavoro artistico di anonimi scultori del legno del primo Settecento, nei pannelli, narra episodi della vita di Sant'Agostino e chiude il portale unendo due stili di due epoche diverse.

La porta è articolata in quattro riquadri principali, due per ciascun battente. Ogni riquadro, di forma rettangolare, è incorniciato da tre fasce ornamentali decorate con motivi zoomorfi. Ogni riquadro contiene al suo interno una cornice ogivale che racconta in bassorilievo un episodio della vita di Agostino. Le scene sono state ordinate in sequenza temporale: partendo dal riquadro in basso a destra e procedendo in senso orario vengono presentate il battesimo del santo a Milano, la sua ordinazione sacerdotale, la sua consacrazione a vescovo e infine la scena leggendario di Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine.

Per quanto ricca di spunti ornamentali, la porta ha una struttura armonica e ben strutturata nelle parti. L'anonimo artista ha cercato di realizzare effetti pittorici giocando nella disposizione dei personaggi ben sistemati all'interno della ambientazione delle singole scene. Molto importante è pure l'accuratezza della rifinitura dei singoli dettagli. L'opera è senza dubbio uno degli esempi più importanti di arte decorativa a Naro.

Da un punto di vista artistico si può proporre un confronto con le due porte di noce scuro della Cappella del Crocifisso nel Duomo di Monreale, che che danno accesso alla sacrestia e al campanile, entrambe realizzate da Alberto di Orlando e Antonio Rallo nell'ultimo decennio del Settecento. Gli stilemi barocchi della porta conducono anche ad altri confronti e in particolare si può pensare agli armadi lignei della Chiesa del Collegio di Trapani, realizzati tra il 1645 e il 1646 con tutta probabilità da Gian Paolo Taurino con Onofrio Rugieri, Carlo Di Bona. Per quanto riguarda l'intaglio e il fine calligrafismo dei motivi zoomorfi il parallelismo corre al coro della Cattedrale di Nicosia, realizzato nel 1622 da Giovan Battista e Stefano Li Volsi.

In ogni caso questa porta della sacrestia esprime l'ottimo livello artistico che erano in grado di assicurare le maestranze di Naro ed agrigentine in genere nei secoli XV-XVIII.

Stando al parere alcuni storici locali la fondazione del convento di sant'Agostino risalirebbe addirittura al VI secolo, quando alcuni eremiti che professavano la regola di sant'Agostino, per sfuggire alle persecuzioni dei Vandali, dalla vicina Africa sarebbero sbarcati in Sicilia. Alcuni si insediarono a Siracusa, altri giunsero a Naro, trovando rifugio nelle grotte del colle chiamato "romito" , dove costruirono la cosiddetta "chiesa del romito". Accanto ad essa si sviluppò un piccolo convento, dove i monaci sarebbero rimasti fino all'invasione araba. Tradizionalmente si crede che in quel primo convento sia vissuto intorno al 627 il venerabile San Eustachio da Naro eremita con alcuni frati che seguivano la regola agostiniana.

Un corridoio del chiostro del convento di sant'Agostino a Naro

Un corridoio del chiostro del convento

I monaci tornarono a Naro nel 1086 sotto la protezione del Conte Ruggero e si stabilirono in un luogo vicino all'abitato. Nel 1117, abbandonato quel luogo, eressero la loro terza residenza nel luogo, dove attualmente sorge la Chiesa con quel che resta dell'antico convento che fu ampliato nel 1254 e nel 1617.

 

La chiesa di sant'Agostino presenta una bella architettura settecentesca con una facciata che richiama la chiesa di san Giovanni in Laterano. Alcune statue dall'alto proteggono il paese. Tra le opere d'arte conservate al suo interno ricordiamo che nel presbiterio si può ammirare un coro ligneo tardo settecentesco e due dipinti: l'estasi di S. Agostino e la Madonna col Bambino e i SS. Agostino e Scolastico della scuola del Provenzani. Di notevole valore pure i dipinti, dei quali sei sono opera matura del Provenzani: La Madonna della Consolazione, Sant'Agostino, San Tommaso di Villanova, San Giovanni da S. Fecondo, San Guglielmo, San Nicolò da Tolentino. Interessanti sono pure il Transito di San Giuseppe dell'agrigentino Michele Narbone, nonché la Samaritana al pozzo e la Fuga in Egitto, opere tra le più rappresentative del settecento locale. La chiesa si affaccia su una piazza molto spaziosa su cui sfocia via Cannizzato. Nota anche come chiesa di S. Caterina, fu edificata nel 1366, rimaneggiata nel 1700 ed infine riportata all'aspetto originario. L'interno, molto lineare, si arricchisce di un bell'arco di trionfo in stile chiaramontano. La chiesa conserva molte opere d'arte. Nella sacrestia si possono vedere molte opere di una certa importanza artistica come ad esempio una stampa con l'albero genealogico dell'ordine Agostiniano opera dell'incisore piacentino Oliviero Gatti che si ispira al manierismo emiliano. Inoltre c'è una splendida porta, posta nell'antisacrestia, che è stata dipinta da Provenzani. Allo stesso autore settecentesco si devono i sei tondi con la Madonna del Soccorso e Santi. Tra i numerosi ritratti di Priori, si possono ammirare i nove dipinti da Provenzani ed inoltre ricchi armadi settecenteschi (1796) realizzati da Giacinto, Raimondo e Paolo Caci, ed ancora un lavabo in marmo policromo fine settecento con influssi neoclassici.

La chiesa di sant'Agostino presenta una bella architettura settecentesca. L'edificio ha una pianta a croce latina. Il suo interno è articolato in tre navate delimitate da due file di colonne; l'intersezione con il transetto dà luogo ad un'ampia cupola. L'interno è arricchito dalle opere del Provenzani, ossia sei pale d'altare; da un crocifisso ligneo d'autore ignoto del 1535 situato sul quarto altare a sinistra e da un fonte battesimale dal 1400. Opera di un artigiano locale sono invece il coro in noce lavorato e il pulpito in legno scolpito. Inoltre, la chiesa presenta al suo interno, i sarcofagi funerari di Francesco Alacchi, noto giureconsulto, e del notaio Lorenzo Favara nell'antisagrestia. Sottostante la chiesa vi è una cripta che era adibita alla sepoltura dei monaci agostiniani.  Al suo interno si conservano numerose opere d'arte. Il quadro più pregevole è una tela con S. Girolamo in meditazione di Provenzani, una tra le opere migliori dell'artista palmense. Nell'antisacrestia si trova il monumento funerario barocco del notaio Lorenzo Favara (1692) ancora legato al gusto manieristico. La chiesa, progettata da un certo Francesco Querni, fu iniziata nel 1707, ma rimase incompleta. Fu finita in un secondo tempo nel 1815 con l'aggiunta del secondo ordine con un progetto che rispecchia a grandi linee quello della basilica romana di san Giovanni in Laterano. L'interno, a croce latina con cupola e coro semicircolare, è ricca di opere d'arte, tra cui sono degne di nota un Crocifisso ligneo del 1535, la statua di S. Francesco di Paola di Nicolò Bagnasco, un'acquasantiera marmorea di gusto rinascimentale gaginesco, un pulpito ligneo di fine cinquecento, il manieristico sarcofago di Melchiorre Alacchi (1606) e l'organo costruito nel 1770 dall'agrigentino Di Franco.

 

Il convento

Il nostro viaggio prosegue affrontando alcuni episodi leggendari, poichè alcuni storici locali credono che la fondazione della chiesa risale alla venuta degli eremiti agostiniani, che arrivarono in Sicilia per sfuggire alla violenza dei Vandali in Africa nel 493. Essi si sarebbero rifugiati sul colle Romito (a nord-ovest da Naro) dove costruirono un convento in cui vissero fino all'occupazione araba. Nel 1117 i monaci se ne andarono dal colle Romito e si trasferirono in un luogo più vicino alla città (l'attuale Piazza Favara) dove fondarono un piccolo convento nel 1254. Gli elementi architettonici del convento risalenti al periodo gotico sopravvissuti fino ad oggi sono: alcune finestre cieche e un portale della sagrestia. Dopo vari restauri al convento, nel 1707 iniziarono i lavori della costruzione della nuova chiesa, che inglobò la sua antica struttura, completata e benedetta dal priore Ludovico La Lomia.