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PITTORI: Mainardi Andrea

Madonna in gloria con Agostino e Nicola

Madonna in gloria con Agostino e Nicola

 

 

MAINARDI ANDREA detto il CHIAVEGHINO

1585

Cremona, chiesa di sant'Agostino

 

Madonna in gloria con Agostino e Nicola

 

 

 

La composizione della tela rivela una certa influenza della pittura lombardo-emiliana di Giovan Battista Trotti detto il Molosso. Uno stretto rigore iconografico contraddistingue questa composizione, una caratteristica peculiare e distintiva del suo modo di dipingere. Questa sua tendenza lo rende interprete singolare di interessanti interpretazioni contro riformistiche. Qui la Vergine in trono sovrasta con la sua presenza ogni altro personaggio, fra cui riconosciamo a sinistra sant'Agostino e a destra san Nicola da Tolentino.

Agostino indossa i paramenti propri della sua dignità episcopale. In testa porta la mitra e con la spalla sinistra regge un esile e lunghissimo pastorale. Sotto un elegante piviale, Mainardi ha dipinto il saio nero dei monaci eremitani. E' una consuetudine di lunga data messa in atto nell'Ordine agostiniano per sottolineare e affermare il suo rapporto privilegiato con gli agostiniani che lo ritengono il loro Padre fondatore e ne seguono la Regola. Agostino è prostrato in ginocchio ed ha lo sguardo completamente rivolto alla visione della Madonna con in braccio il Bambino. Il suo volto ha un aspetto ancora giovanile con una foltissima barba rossastra. Le sue mani sono aperte in segno di sottomessa umiltà. Davanti a lui san Nicola con in mano dei gigli ripete la postura di Agostino. Alle loro spalle compaiono altri due santi, mentre in una piccola luce in basso si apre la visione di un lontano orizzonte.

 

La chiesa di S. Agostino sorse nel XIII secolo sulla base della preesistente chiesa di S. Giacomo in braida, nei pressi della città "quadrata" romana. Nella parlata longobarda la braida era un'ortaglia presso l'abitato. La facciata, ad una cuspide, con galleria ad archetti gotici, risale al 1339-45. Nei secoli XIV-XVIII la chiesa era uno degli edifici più illustri, con 2 chiostri e la famosa Libreria, creata tra il 1461 e il 1478. Le modifiche apportate all'esterno, campanile compreso, e all'interno, con l'aggiunta di volte, testimoniano una ricostruzione rinascimentale, così come pure le due cappelle esterne, quella dei Cavalcabò e quella dei SS. Grisante e Daria, andata distrutta, tranne i Ritratti dei Duchi. Mentre l'affresco della cappella Cavalcabò risale alla metà del Quattrocento, i dipinti e le terracotta dell'altra cappella manifestano influssi tosco-romani. All'interno di S. Agostino è custodita la celebre tavola con Madonna e Santi di Pietro Vannucci detto il Perugino, datata 1494. La costruzione subì nel 1553 una grande ristrutturazione interna, che le conservò, della forma originaria, solo la facciata. La chiesa e l'annesso monastero divennero ben presto un punto di riferimento per la vita religiosa e culturale della città. Le donazioni arricchirono la chiesa di importanti opere d'arte, che sono visibili ancora oggi. Di straordinaria ricchezza artistica sono gli affreschi di Bonifacio Bembo e della sua bottega nella cappella Cavalcabò (sec. XV) nonchè la pala del Perugino con la Madonna fra i SS. Agostino e Giacomo dipinta nel 1494. La chiesa subì un considerevole mutamento nella seconda metà del Cinquecento quando il corredo artistico venne aggiornato per rispettare le imposizioni dottrinali della Controriforma. E' a quest'epoca che risalgono le pale d'altare commissionate soprattutto al Malosso e al Chiaveghino. Proprio un'opera di quest'ultimo, per l'insolita iconografia, si differenzia dalle altre: si tratta della pala dell'altare maggiore con Cristo sotto il torchio. Mainardi la dipinse nel 1594 e realizzò un'opera che alludeva alla grandezza dei meriti di Cristo: il sangue che sgorga dalle sue ferite è la linfa dei credenti che viene raccolto e dispensato dalla Chiesa attraverso la penitenza e le indulgenze. Come accennato una peculiarità della chiesa di S. Agostino in Cremona le deriva dalla famosa Cappella di Cavalcabò che vi è ospitata. La Cappella venne fatta edificare dal "generosus miles" Ugo Cavalcabò nel 1399 per celebrare la Beata Vergine Maria. La decorazione venne iniziata dopo il 1447 a seguito della donazione di terreni al convento da parte di Giovanna, figlia di Ugolino. Tale donazione impegnava i Frati Agostiniani a far dipingere "entro quattro o cinque anni prossimi futuri" la Cappella. La decorazione venne commissionata dagli Agostiniani a Bonifacio Bembo, il quale "realizzò una delle più alte pagine della pittura lombarda del 1400". Visitando la chiesa e fermandosi davanti alla Cappella si nota che è decorata da una serie di affreschi aventi come tema comune gli ultimi avvenimenti della vita terrena della Vergine, esempio di ogni virtù e Mater misericordiae. Inoltre, vi sono raffigurate e affrescate le Virtù teologali e cardinali, personificate ognuna da una figura femminile, nonché le opere di misericordia. La Carità è colta in un duplice gesto: quello di allattare un bambino che porta in braccio e quello di porgere con l'altra mano un pane ad un vecchio, quasi a significare le due età dell'uomo, l'infanzia e la vecchiaia, i due estremi cronologici della vita umana, in cui si ha più bisogno di cure, di attenzione e di amore. Ma l'iconografia della Carità in atto di offrire l'elemosina compare anche negli affreschi del Cappellone di S. Nicola a Tolentino del 1325, luogo particolarmente caro agli Agostiniani per il ricordo del più importante Santo dell' Ordine dopo il fondatore. In questo caso, però, la figura allegorica della donna riflette una tipologia più tradizionale, quella della distribuzione di denaro ad un gruppo di fanciulli. Per quanto riguarda le allegorie della Cappella Cavalcabò a Cremona, sembra di poterne individuare una fonte d'ispirazione nell'Arca di S. Agostino sita nella Basilica di S. Pietro in Ciel d'Oro in Pavia, opera dei maestri campionesi realizzata tra il l362 e il 1397. Nel complesso scultoreo le allegorie delle Virtù presentano più di un elemento in comune con quelle cremonesi: l'opera, infatti, era certamente nota agli agostiniani di Cremona poichè vi era sepolto il fondatore del loro Ordine. La Carità è anche qui in atto di allattare, sebbene due bambini contemporaneamente. La tipologia dell'allattamento era la più ricorrente in Lombardia per la presenza del prestigioso prototipo dell'Arca di S. Pietro Martire, nella Chiesa di S. Eustorgio di Giovanni Balduccio in Milano. Comunque, nonostante la pluralità delle realizzazioni, la precisa scelta della committenza agostiniana sul tema della carità trova sempre fondamento nella cultura derivata loro dal pensiero di S. Agostino, loro Maestro.

 

Mainardi Andrea

Andrea Mainardi detto il Chiaveghino nacque a Cremona verso il 1550. Figlio di Sepolcro, crebbe probabilmente nella parrocchia dei santi Siro e Sepolcro, in una località prossima a un affluente detto la Chiavega del naviglio cremonese di più grandi dimensioni. Da qui originò il soprannome con cui è conosciuto. Fu allievo di Bernardino o Giulio Campi a Cremona. La prima opera firmata e datata (1577) è l'affresco con la Madonna in trono fra i santi Agostino e Nicola da Tolentino per la chiesa cremonese di S. Agostino, in origine nel coro e successivamente trasferito nella cappella del SS. Sacramento. Dipinse la pala d'altare con Cristo che guarisce il cieco per la chiesa di San Facio a Cremona. Al 1593 risale il Battesimo di Cristo (Cremona, chiesa di S. Agostino), che riprende motivi campeschi. Dipinse assieme con il nipote la pala d'altare Maddalena ai piedi del crocifisso nel 1600 e la pala Sante Cecilia e Caterina (1598) per l'abbazia dei Gerolamini di Ospedaletto Lodigiano. Suo è anche un olio su tela della fine del Cinquecento raffigurante santa Lucia e san Francesco nella collegiata della Beata Vergine Annunciata di San Secondo Parmense. Tra gli allievi della bottega che aprì a Cremona con Giovan Battista Trotti troviamo Giovanni Battista Tortiroli e Carlo Natali. Mainardi morì a Cremona nel 1617.