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Sant'Antonio Abate in trono fra i santi Agostino e Guglielmo d'Aquitania
SABATINI LORENZO
1570-1573
Cento, Pinacoteca Civica "Il Guercino"
Sant'Antonio Abate in trono fra i santi Agostino e Guglielmo d'Aquitania
L'opera è stata realizzata da Lorenzo Sabatini noto anche come Lorenzino da Bologna, un pittore attivo nella seconda metà del Cinquecento.
Il dipinto realizzato a olio su tela misura cm 110 in larghezza e 150 in altezza. La tela riproduce una sacra conversazione fra tre santi disposti in una composizione piramidale. Al centro della scena, seduto in cattedra, troviamo S. Antonio Abate, riconoscibile per la lettera tau sul piviale e per i consueti attributi del porcellino, del fuoco e del campanello, collocati ai suoi piedi. La raffigurazione del santo in abito vescovile con mitra e pastorale è una vera e propria rarità iconografica, dato che Antonio non fu mai vescovo ed abitualmente indossa un saio monastico. Alla sua sinistra si trova sant'Agostino, che ha deposto la mitra ai piedi in segno di umiltà, così come il bastone pastorale. Il santo, dall'aspetto giovanile, con una folta barba nera, rivolge lo sguardo a sant'Antonio, mentre impugna una penna d'oca con l'intenzione di scrivere su un libro che tiene fra le mani. Antonio sembra suggerirgli cosa scrivere indicando con l'indice della mano destra dove trovare l'ispirazione.
Più problematica è l'identificazione del terzo personaggio di destra, santo guerriero o santo monaco, oppure S. Paolo. Due elementi fanno supporre che si tratti di un santo agostiniano: il saio nero e forse l'antica collocazione in una chiesa di S. Antonio Abate a Cento che appartenne ai Padri Agostiniani. Tuttavia non esistono prove o documentazioni certe. E' plausibile che possa trattarsi di S. Guglielmo d'Aquitania, dato che è accompagnato dai sui tipici elementi iconografici:, e cioè l'elmo e la corona. Quest'ultima è giustificata da suo status sociale poichè godeva del titolo di duca. la spada, che impugna con la mano sinistra, si riferisce alla sua vita errabonda e di guerriero. Prima dell'arrivo dell'opera in Pinacoteca non esistono notizie riguardanti la sua collocazione e la sua paternità. Nel catalogo d'entrata in Pinacoteca l'opera è stata attribuita a un "manierista bolognese tibaldesco prossimo al Sabatini". Questo pittore in effetti aveva affrescato in maniera assai simile, i santi Agostino e Ambrogio, nella chiesa di San Giacomo Maggiore a Bologna. L'opera, quindi, potrebbe appartenere anche alla mano di un allievo di bottega.