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PITTORI: Amanuense di Bruxelles

Agostino abbatte gli idoli pagani di Apuleio e Varrone

Agostino abbatte gli idoli pagani di Apuleio e Varrone

 

 

AMANUENSE DI BRUXELLES

XV secolo

Biblioteca Alberto I di Bruxelles, ms. 9005

 

Agostino abbatte gli idoli pagani di Apuleio e Varrone

 

 

 

 

L'immagine è tratta dal ms. 9005, fol. 147 v. col titolo De Civitate Dei, oggi conservato alla Biblioteca Alberto I di Bruxelles. Agostino è inginocchiato nei suoi abiti vescovili davanti ad un altare e guarda in preghiera l'immagine del crocifisso con ai lati san Giovanni e la Madonna. Dietro di lui due persone discutono, forse Apuleio e Varrone, mentre ai loro piedi un orribile demonio li osserva incuriosito. Un altro diavoletto rosso si nutre con alcuni libri per terra. Apuleio e Varrone sono due esempi della dissolutezza pagana e dell'esaltazione degli dei pagani che Agostino combatté con estremo vigore.

Apuleio godette di un'eccezionale fama già da vivo: sappiamo di due statue erettegli dai Cartaginesi e di altre anche in altri luoghi di cui ne parla lui stesso in Florida 16. Disponiamo anche della lapide del basamento di una statua a lui dedicata dai suoi concittadini di Madaura. L'Africa dell'ultimo paganesimo esaltò Apuleio per il profondo afflato religioso del libro X delle Metamorfosi e per le sue virtù di mago e taumaturgo, contrapponendo i suoi miracoli, e quelli di Apollonio di Tiana, ai miracoli di Cristo. All'inizio del 400 d. C. Apuleio diventa bersaglio dell'apologetica cristiana. La voce meno ostile è quella di Agostino, che proprio a Madaura aveva studiato fino ai sedici anni. Agostino non mostra di credere ad Apuleio mago, né ai suoi miracoli (Epistulae 138). Rispetta e combatte l'Apuleio filosofo neoplatonico e la sua teoria dei demoni: apprezza molto però lo scrittore e il retore e soprattutto battezza le Metamorfosi L'Asino d'oro, titolo con cui il romanzo è conosciuto nel medioevo. Per secoli, di Apuleio si lessero solo le opere filosofiche, finché con l'Umanesimo l'interesse si spostò sulle Metamorfosi.

Le immagini sono tratte da diversi testi del 1400 fra cui un graduale in uso a Gembloux, il ms. 5644 f. 99r, il ms. 9005, fol. 147 v. col titolo De Civitate Dei e il ms. 9064. Tutti i volumi sono oggi conservati alla Koninklijke Bibliotheeck Alberto I di Bruxelles. Sono ignoti gli autori di queste quattrocentine: sicuramente si tratta di qualche amanuense di uno dei diversi conventi che esistevano all'epoca in Bruxelles e nelle vicinanze. I disegni sono di discreta fattura e si riallacciano direttamente allo stile e al gusto dei miniaturisti tardo medioevali.

 

416 Agostino tratta la questione pelagiana

La fine della controversia donatista coincise pressappoco con l'inizio di una nuova disputa teologica che impegnò Agostino fino alla sua morte. L'Africa, dove Pelagio ed il suo discepolo Celestio si erano rifugiati dopo il sacco di Roma da parte di Alarico, era diventata il principale centro di diffusione del movimento pelagiano. Già nel 412 un concilio tenuto a Cartagine aveva condannato i Pelagiani per le loro opinioni sulla dottrina del peccato originale, ma, grazie all'attivismo di Agostino, la condanna dei Pelagiani, che avevano avuto il sopravvento in un sinodo tenuto a Diospolis in Palestina, fu reiterata dai successivi concili tenuti a Cartagine e a Milevi. Un secondo periodo di attivismo pelagiano si sviluppò a Roma; papa Zosimo, dopo essere stato convinto da Agostino, nel 418 pronunciò una solenne condanna contro i Pelagiani.

 

Questi errori ... cercavamo di confutarli ... allo scopo che anche Pelagio, venendone a conoscenza, li correggesse senza essere attaccato personalmente: in tal modo sarebbe stata eliminata la sua funesta dottrina e gli sarebbe stata risparmiata la confusione ... Furono pertanto inviati alla Sede Apostolica dai due Concili di Cartagine e di Milevi rapporti concernenti tale questione prima che arrivassero in mano nostra o nell'Africa i verbali del processo ecclesiastico in cui si afferma che Pelagio si sia giustificato davanti ai vescovi della Palestina.

AGOSTINO, Lettera 186, 2 a Paolino