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PITTORI: Jacobello del Fiore

Agostino vescovo con il cuore fiammante di Johan Wening

Agostino vescovo nel Polittico di Cellino di Jacobello del Fiore

 

 

JACOBELLO DEL FIORE

1430 circa

L'Aquila, Museo Nazionale

 

Vergine in trono con Agostino vescovo e dottore della Chiesa e altri santi

 

 

 

 

Lo straordinario Polittico di Jacobello del Fiore detto Polittico di Cellino fu dipinto dal pittore verso il 1430 circa. Attualmente si trova a L'Aquila, nel Museo Nazionale. Originariamente l'opera si trovava nella chiesa di S. Maria la Nova a Cellino Attanasio in provincia di Teramo.

Ripartito in due ordini sovrapposti racchiusi in una cornice ad intaglio dorata e riccamente decorata, il dipinto raffigura al centro la Madonna col Bambino ignudo sulle ginocchia, a destra S. Silvestro e S. Nicola; a sinistra S. Michele Arcangelo e S. Bartolomeo, tutti a figura intera; negli scomparti sovrastanti sonno effigiati a mezzo busto, intorno al Redentore benedicente, a destra S. Dorotea e S. Antonio e a sinistra S. Caterina d’Alessandria e S. Agostino. I fondi sono tutti ad oro e le aureole sono minutamente definite a punzone e ad incisione. La predella presenta un semplice motivo a rombi intagliati.

La devozione per la Vergine fu un carattere specifico dell'ordine agostiniano. Già Agostino, nei suoi scritti, esaltò le virtù, affermando inseparabile la sua azione da quella di Cristo e proponendola come modello per tutti i credenti. Agostino si fece veicolo di precisi contenuti dottrinari che ebbero lo scopo di confutare le tesi eterodosse diffuse a quei tempi. Agostino ribadì ripetutamente e con chiarezza i concetti della maternità fisica e insieme divina di Maria nonché la sua verginità, che ne fanno il simbolo della Chiesa, nello spirito vergine, per integrità e pietà, e madre nella carità.

Dei tre vangeli sinottici quello che parla più diffusamente di Maria è il Vangelo di Luca. Vi si racconta che Maria viveva a Nazaret, in Galilea e che, promessa sposa di Giuseppe, ricevette dall'arcangelo Gabriele l'annuncio che avrebbe partorito il Figlio di Dio (Lc. 1, 26-38). Ella accettò e, per la sua totale fedeltà alla missione affidatale da Dio, è considerata dai cristiani il modello per tutti i credenti. Lo stesso Vangelo secondo Luca racconta la sua pronta partenza per Ain Karem, per aiutare la cugina Elisabetta, anziana, incinta di sei mesi.

Da Elisabetta è chiamata "la madre del mio Signore". Maria le risponde proclamando il Magnificat: « Allora Maria disse: L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.» (Lc. 1, 46)

 

Jacobello del Fiore nacque a Venezia nel 1370 circa e morì nel 1439. Ebbe un ruolo fondamentale nel rinnovamento della pittura veneziana, accogliendo con intelligenza le suggestioni del gotico internazionale introdotte in città da Gentile da Fabriano e da Michelino da Besozzo. Non è del tutto chiarita la sequenza delle sue opere che produsse tra la città lagunare e le Marche. Nelle sue prime opere si riconosce la persistenza del severo tradizionalismo bizantineggiante proprio della pittura veneziana del tardo Trecento, tipico di Guariento e Jacobello di Bonomo. Già nei primi polittici si intravede tuttavia l'influenza di stimoli provenienti dalla Lombardia. L'apertura al gotico internazionale si compie pienamente nelle Storie di Santa Lucia eseguite nel secondo decennio del Quattrocento per Fermo, dense di accenti fiabeschi e di invenzioni incantevoli e rese preziose dall'adozione di una gamma cromatica smagliante. La critica ancora indaga sulla questione aperta del contributo della bottega, che dovette essere molto attiva, alle opere tradizionalmente ricondotte al nome di Jacobello. In particolare, di recente è stata riconosciuta la personalità del cosiddetto Maestro di Ceneda, stretto collaboratore di Jacobello e ritenuto responsabile di alcune opere un tempo a quegli attribuite.