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PITTORI: Giacomo Jaquerio

Sant'Agostino vescovo a Fénis, cappella del castello

Sant'Agostino vescovo

 

 

GIACOMO JACQUERIO

1414 ca.

Fénis, cappella del castello

 

Sant'Agostino vescovo

 

 

 

 

Nella cappella del castello di Fénis fu dipinta da Jaquerio e dalla sua bottega una splendida serie di affreschi disposti su due registri, che fra due grandi scene, la crocifissione e la Madonna della Misericordia, raffigurano gli apostoli e vari santi, fra cui, secondo la tesi di Domenico Prola, quasi certamente Agostino. La tesi si basa sul confronto fra la struttura del ciclo e il libro d'ore del maresciallo Boucicaut (Ms 2 al museo Jacquemart di Parigi), le cui miniature furono ampiamente saccheggiate da Jaquerio. A Fénis sono dipinti tre vescovi mentre in questo libro d'ore ne sono presenti quattro: saint Denis, che manca a Fénis, Agostino, Nicola e Onorato. Mentre quest'ultimo è poco probabile, le figure di Nicola e Agostino sembrano invece molto credibili, essendo presenti diversi altari loro dedicati ad Aosta, in Cattedrale e in S. Orso. Questa individuazione è plausibile a Fénis in quanto il piano culturale dei dipinti è di alto profilo e si addice, più che a santi popolari, a santi di devozione colta, come appunto Agostino.

Il nome di Jaquerio compare nel 1401 in una committenza domenicana a Ginevra. La sua attività si svolge a servizio dei Savoia, soprattutto a Torino. Lavora anche a Fénis per gli Challant. Densa di grandi risultati è anche la sua attività a Ranverso. Eseguì molti altri lavori in Piemonte e Svizzera all'interno di un percorso pittorico che segue l'evoluzione del gotico europeo. Per i principi di Acaja eseguì opere a fresco nel loro castello di Torino (l'attuale "Palazzo Madama") di cui nulla però è rimasto. Agostino è raffigurato nelle vesti di vescovo: ha in mano un libro e il bastone pastorale, in testa ha la mitra e il nimbo. Lo sguardo è intenso e una bianca barba gli copre il mento.

 

8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.

8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.

8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.

8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.

8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.

8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.

POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6

 

Giacomo Jacquerio

Giacomo Jaquerio (Torino, 1375 circa - 1453) fu il maggior rappresentante della pittura tardo gotica in Piemonte. Fu attivo a Torino, a Ginevra, ed in varie località della Savoia. Nato da una famiglia con una lunga tradizione nella pratica della pittura, la prima parte della sua vita si svolse attraverso continui spostamenti tra Torino, Ginevra, Thonon-les-Bains ed altre località d'oltralpe, lavorando per ampia parte del suo tempo al servizio di Amedeo VIII di Savoia e ricevendo commesse da istituzioni religiose e da importanti casate nobiliari. Dal 1429 in poi abitò stabilmente a Torino. Per i principi di Acaja eseguì opere a fresco nel loro castello di Torino (l'attuale "Palazzo Madama") di cui nulla però è rimasto. Della produzione di Jaquerio dovettero anche far parte, come abbastanza usuale nelle botteghe pittoriche di quell'epoca, lavori di miniatura.