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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Quattrocento: Battista MalacridaPITTORI: Battista Malacrida
Santa Monica
BATTISTA MALACRIDA
1496-1499
Gravedona, Chiesa di S. Maria delle Grazie
Santa Monica
Nela chiesa agostiniana di S. Maria delle Grazie a Gravedona è possibile vedere questo interessante e ben conservato affresco che raffigura, come recita la didascalia, santa Monica.
Nella striscia al pedice si legge infatti: Sancta Monicha mater sancti domini Patris Augustini Doctoris Ecclesiae, che richiama la figura del giflio sant'Agostino, Dottore della Chiesa. L'opera è attribuita al pittore Battista Malacrida, noto anche come Battista da Musso. La realizzazione dell'affresco risale probabilmente al periodo 1496-1499.
La santa è stata raffigurata a mezzo busto e, come spesso si incontra nella iconografia agostiniana, è vestita come una suora agostiniana. Attorno al capo compare l'aureola dei santi.
Nella mano destra regge una chiesa, che potrebbe corrispondere all'edificio di culto locale, mentre con la mano sinistra regge un lungo crocifisso verso cui svolge il suo sguardo.
L'immagine è racchiusa entro una cornice classica che riproduce un arco neoclassico.
Lo sfondo azzurro risalta in modo speciale il pallore del viso e l'agito grigiastro che indossa Monica.
La madre di Agostino viene spesso raffigurata nell'iconografia agostiniana, da sola o assieme al figlio. Ella partecipa a scene fondamentali, come l'estasi di Ostia, la partenza da Cartagine o il soggiorno milanese e poi a Cassiciaco. La ritroviamo ancora assieme ai monaci ed ella stessa monaca o vestita da monaca mentre illustra la regola agostiniana nella versione femminile. Toccanti sono pure le scene che la vedono in azioni caritative. Con Agostino lasciò Milano diretta a Roma, e poi a Ostia, dove affittarono una casa, in attesa di una nave in partenza per l'Africa. Fu un periodo carico di dialoghi spirituali, che Agostino ci riporta nelle sue Confessioni. Lì si ammalò, forse di malaria, e in nove giorni morì, all'età di 56 anni. Drammatiche e toccanti sono le rappresentazioni della sua morte a Ostia. Di lei Agostino offre una biografia stupenda nella parte finale del libro IX delle Confessioni.
Finalmente guadagnò a te anche il marito, già quasi al limite estremo della vita temporale: e in lui che ormai era credente non rimpianse ciò che aveva tollerato nel miscredente. Era poi la serva dei tuoi servi. Chi di loro l'aveva conosciuta, in lei rendeva lode e onore e amore a te, sentendo nel suo cuore la tua presenza, testimoniata dai frutti di una vita consacrata a te. Era stata la moglie d'un solo uomo, aveva reso ai genitori il bene ricevuto, aveva retto con devozione la sua casa, a testimonio aveva le sue buone opere. Aveva allevato dei figli, partorendoli di nuovo ogni volta che li vedeva allontanarsi da te. Infine di tutti noi, Signore, che possiamo per tuo gratuito favore dirci servi tuoi, e ricevuta la grazia del tuo battesimo vivevamo già in una nostra comunità, al tempo in cui ancora lei non s'era addormentata in te, di tutti noi si prese cura quasi fossimo tutti figli suoi, e quasi fosse figlia di noi tutti ci servì.
AGOSTINO, Confessioni, 9, 22
Riposi dunque in pace con l'uomo di cui fu sposa, il solo di cui lo fu, e che servì portandoti il suo frutto con pazienza, per guadagnare anche lui a te. E tu ispira, mio Signore e Dio mio, ispira tu i tuoi servi e miei fratelli, i tuoi figli e padroni miei, che io servo col cuore e la voce e la penna: e ogni volta che leggeranno queste pagine si ricorderanno davanti al tuo altare di Monica, tua ancella, con Patrizio che fu un tempo suo sposo. Attraverso la loro carne mi hai fatto entrare in questa vita - come, non so. Con devozione si ricorderanno di loro: genitori miei in questa luce provvisoria, e miei fratelli in te che ci sei Padre e nella madre cattolica, e miei concittadini nella Gerusalemme eterna, a cui sospira il tuo popolo lungo tutto il suo cammino dall'inizio al ritorno. Così sia meglio appagato in virtù di queste confessioni il suo estremo desiderio: lo sia nella preghiera di molti, piuttosto che nella mia soltanto.
AGOSTINO, Confessioni, 9, 37