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Agostino in ginocchio dinanzi al Cristo in trono
TOMMASO DA MODENA
1482
Venezia, Biblioteca Marciana, ms. Lat. II 60
Agostino in ginocchio dinanzi al Cristo in trono
La miniatura è tratta dal libro Orationes ex meditationibus et ex soliloquiis, dipinto sul finire del '400. Molto prima del 1471, Ferrara era un centro affermato per la produzione di manoscritti. Sotto Leonello i laboratori locali avevano enfatizzato i classici e i temi umanistici, e sotto Borso d'Este (1413-71) l'enfasi si era spostata su magnifici libri miniati, traduzioni e letteratura popolare. Sotto il fratellastro Ercole (1431-1505) il campo si espanse ulteriormente. Ercole commissionò almeno quattro breviari magnificamente miniati per uso personale, tra cui il meraviglioso codice Sant'Agostino Estense, un libro devozionale in onore di Sant'Agostino (354-430). Si tratta di un'opera realizzata dallo scrivano Andrea dalle Vieze e dal miniaturista Tommaso da Modena. L'opera presenta 68 miniature dorate con più di 130 iniziali dorate e fu realizzata intorno al 1482 per la corte estense.
Il testo è oggi conservato alla Biblioteca Marciana a Venezia. Questa miniatura ha uno speciale tono cromatico che rende un poco più viva una scena che di per sé è piuttosto statica e leziosamente narrativa. All'azzurro del cielo si contrappone una serie di tonalità giallastre terrestri: il Cristo è assiso in trono e mostra ad Agostino le proprie stimmate in segno di pace. Agostino se ne sta in ginocchio vestito da vescovo, con la mitra in testa e il bastone pastorale: ha una lunga barba bianca e le mani sono congiunte in preghiera.
La tesi più profonda e più frequente dell'ecclesiologia agostiniana è quella della Chiesa, Corpo mistico di Cristo o della Chiesa-comunione, comunione dei membri con Cristo e tra loro. C'era da aspettarsi che il vescovo d'Ippona, parlando della preghiera, ne traesse tutte le conseguenze. Lo fece, infatti, e con tanta insistenza e abbondanza da destare meraviglia in chi non conosca il teologo e il mistico Agostino, che fu un grande innamorato di Cristo. Tali conseguenze trasse soprattutto nell'immensa opera delle Esposizioni sui Salmi, in cui è dominante la spiegazione cristologica ed ecclesiologica. In essi egli sente la voce di Cristo e la voce della Chiesa: di Cristo che parla in nome del suo Corpo mistico, della Chiesa che, unita al suo Capo, loda, implora, canta lungo il pellegrinaggio terreno:
" Dobbiamo sentire ormai nota e familiare, come fosse la nostra, la sua voce in ogni salmo, sia che canti o che gema, si allieti nella speranza o sospiri nella realtà ". Una sintesi di quest'aspetto della preghiera cristiana, così caro al vescovo d'Ippona, si trova all'inizio del commento al Salmo 105. Vi si legge: " Il Signore nostro Gesù Cristo è colui che prega per noi, che prega in noi, che è pregato da noi. Prega per noi come nostro sacerdote, prega in noi come nostro capo, è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo in lui la nostra voce e noi la sua ". Sintesi stupenda, segno di acume e di maturità di pensiero. L'oratore continua spiegando: " Noi preghiamo rivolti a Lui, preghiamo per mezzo di Lui, preghiamo in Lui. Ciò che diciamo, lo diciamo con lui ed egli lo dice con noi ... è Cristo che parla e sono io che parlo ". E ammonisce: " Non dire nulla senza di Lui ed Egli non dice nulla senza di te."
Ammonimento severo insieme e consolante, che riassume l'aspetto più profondo della nostra preghiera, la quale o è unita a Cristo o non è cristiana.
Tommaso da Modena
Scarse sono le notizie relative a questo eccellente miniatore e alla sua bottega che hanno lavorato in un periodo di grande fecondità artistica a Ferrara. Oltre al codice miniato, dedicato a Ercole I° d'Este, che contiene testi estratti dalle Meditationes e dai Soliloquia di Sant Agostino, di cui Tommaso da Modena è l'autore di 68 miniature, di lui ricordiamo anche l'intervento nella esecuzione, per volontà di Ercole, tra il 1502 e il 1504, delle miniature del "Breviario grande di nostro Signore". Si tratta di un vero e proprio epicedio della miniatura ferrarese che, agli albori del Cinquecento, al culmine della sua maturità, ricevette nuova linfa dagli stilemi propri della miniatura lombarda e di quella fiamminga, fondendoli e armonizzandoli mirabilmente con i canoni già in essere nella città estense per dare vita a un autentico capolavoro degno di rivaleggiare con la Bibbia di Borso, alla quale, in alcune pagine può addirittura risultare superiore.
Matteo da Milano che, arrivando a Ferrara, portò con sé l'esperienza della sua formazione lombarda, è l'artefice principale di questa impresa, coadiuvato da una grande squadra di miniatori composta da Tommaso da Modena e da Cesare e Andrea della Vieze. A questi artisti si devono le miniature delle 491 carte che compongono questo prezioso manoscritto, ricco di 45 carte miniate a pagina intera, di 11 carte miniate a metà pagina, di 40 scene illustrative di episodi del testo in piccoli riquadri rettangolari.