Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Seicento: Giacinto Gimignani

PITTORI: Giacinto Gimignani

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine

 

 

GIMIGNANI GIACINTO

1650-1655

Fano

 

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine

 

 

 

Il tema trattato da Gimignani in questo quadro richiama una leggenda che vede protagonista Agostino e che nasce probabilmente in Italia. Gli artisti che variamente hanno trattato questo soggetto si sono ispirati ad alcuni passi delle sue meditazioni. Abitualmente il santo è raffigurato in un piano inferiore in mezzo al Cristo crocefisso ed alla Vergine. Disposto alla preghiera, si domanda: "Hinc a vulnere pascor", e, volgendosi verso Maria, soggiunge: "Hinc lactor ab Ubere", concludendo: "Positus in medio quod me vertere nescio, Dicam ergo Jesu Maria miserere".

L'episodio fu probabilmente codificato e omologato da un passo della S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et S. R. E. doctoris vita di Cornelius Lancelotz (1574-1622) O.S.A. edito ad Anversa nel 1616.

Lancillottus scrive, riportando parole apocrife di Agostino: "Positus in medio quo me vertam nescio. Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere." La medesima scritta fu riportata da Francesco Francia e poi da Kartarius, un incisore nativo di Viterbo, che lavorò a Roma fra il 1560 e il 1570, nella sua stampa della Vita di Agostino edita nel 1570.

La prima immagine di Maria "Galactotrephousa" (così era chiamata in Oriente, mentre in Occidente veniva appellata come "Maria Lactans") è di origine copta e si trova in una cella monastica di Banit in Egitto e in una caverna eremitica del Monte Latmos in Asia minore (entrambi del sec. VI - VII) nonché a Roma in un frammento di scultura del secolo VI rinvenuto nel Cimitero di San Sebastiano. L'immagine paleocristiana della Virgo lactans, che nella rappresentazione del gesto materno per eccellenza evidenziava l'incarnazione del Cristo in una creatura terrena, fu recuperata nel secolo XII e incontrò enorme successo a partire dal XIII secolo, in coincidenza con la diffusione, promossa dai crociati, delle icone della Galactotrephousa che stimolò una fiorente produzione d'immagini devozionali sia nella pittura che nella scultura.

Gimignani nel suo quadro riprende la struttura tipica di questo soggetto con Agostino ai piedi del Cristo e della Vergine, indeciso a chi rivolgersi. Il Cristo mostra le sue ferite al costato mentre la Vergine offre il suo seno. Un nugolo di angeli avvolge le due figure celesti e altri ancora, in basso, attorniano Agostino. Un angelo a sinistra gli regge la mitra, un altro a destro prende in mano il bastone pastorale. Vicino a lui un terzo angelo apre un libro e lo legge rivolgendosi all'angelo accanto. Agostino indossa i paramenti episcopali e mostra un volto segnato dalla incertezza, con una foltissima barba che gli copre il viso.

 

 

Giacinto Gimignani

Nasce a Pistoia nel 1606, dove cresce alla scuola del padre Alessio (1567-1651). Verso il 1630 da Pistoia si trasferì a Roma, dove, dopo un breve periodo legato alla pittura di Pietro da Cortona, intraprese la via del classicismo in sintonia con la pittura praticata a Roma dai francesi Nicolas Poussin, Pierre Mignard e François Perrier. Nel 1643 nasce il primo figlio Ludovico che continuò il suo lavoro divenendo anche principe dell'Accademia di San Luca dal 1688 al 1689. Nel 1652 Gimignani si trasferisce a Firenze, dove lavora per la corte medicea e soprattutto per la famiglia pistoiese dei Rospigliosi. Nel 1661 ritorna a Roma. Determinante per la sua carriera fu l'influsso della famiglia Rospigliosi e in particolare del cardinale Giulio (1600-1669), che salirà al soglio pontificio col nome di Clemente IX (1667-1669). A lui va attribuita la svolta classicista che l'artista intraprende verso il 1635. Grazie ai favori del cardinale, Gimignani ottenne prestigiose commissioni tra cui la pittura di venticinque tele con storie sacre e mitologiche (1652-1654) e un Ratto delle Sabine (1654) per il palazzo Rospigliosi in Ripa del Sale a Pistoia che fu la più impegnativa di tutta la sua carriera. Il Gimignani morì a Roma nel dicembre 1681 e fu seppellito, dopo solenni onoranze, cui parteciparono gli accademici di S. Luca, nella chiesa di S. Andrea delle Fratte. La tomba di famiglia, nella prima cappella a destra, decorata con un san Michele Arcangelo di Ludovico, era stata voluta dallo stesso Gimignani nel 1667, in occasione della morte della moglie Cecilia Turchi; l'iscrizione, dispersa, è documentata da Pascoli e da Forcella.