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Agostino incontra il Bambino in riva al mare
MAESTRO DI MORELIA
1670-1680
Morelia, chiesa di sant'Agostino
Agostino incontra il Bambino in riva al mare
La scena è una parte di un quadro più ampio che riproduce integralmente una stampa pubblicata a Parigi da Schelte da Bolswert nel 1624, che godette, assieme alle altre stampe della serie, di una fortuna incredibile. Queste stampe, che narravano la vita di Agostino, furono riprese e copiate in numerosi conventi e chiese.
L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino, grande indagatore del problema del Bene e del Male, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.
Ciò detto sparì, lasciando il grande filosofo nell'angoscia più completa. Secondo il parere di alcuni studiosi di parabole e leggende la narrazione potrebbe essere considerata un sogno effettivamente fantasticato dal Santo. Altri aggiungono che forse il colloquio non si sarebbe svolto esattamente come è stato raccontato, perché, prima di sparire, il Santo aveva potuto a sua volta replicare che la risposta non lo convinceva, in quanto - avrebbe obiettato - il mare e i misteri di Dio sono due realtà assai diverse. Pur impossibile, sarebbe stato teoricamente verosimile immaginare il versamento del mare in una buca e allora allo stesso modo si sarebbe potuto supporre che i misteri divini avrebbero potuto entrare in un cervello umano adatto allo scopo e se l'uomo non aveva ricevuto una mente con tali qualità la colpa sarebbe da imputare a Dio, che non aveva appunto voluto che i suoi misteri fossero concepiti dall'uomo, per lasciarlo nell'ignoranza e nel dubbio più atroci.
"Perché Dio non vuole essere capito?" avrebbe domandato il Santo al pargolo divenuto improvvisamente pensieroso. "Te lo dimostro subito" rispose il bambino dopo un momento di perplessità e così, mentre parlava, con il secchiello divenuto improvvisamente grandissimo e mostruoso, in un sol colpo raccolse l'acqua del mare, prosciugandolo, e la pose nella buca, che si allargò a dismisura fino ad inghiottire il mondo. A quella vista il Santo si svegliò con le lacrime agli occhi e capì.
In alto a sinistra in una nuvola si nota la presenza simbolica della Santissima Trinità. Sullo sfondo oltre alla marina si nota un promontorio su cui sorge il monastero dei monaci del Monte Pisano, che è un elemento della seconda scena che compone l'opera.
L'edificio conventuale agostiniano di Morelia risale al XVI secolo ed è oggi adibito a Museo. Sebbene sia assai ricca di dipinti, reliquie, ornamenti e santi, la struttura mantiene una sobrietà elegante nelle sue forme. Si pensa che l'intero complesso monastico sia il secondo edificio più antico di Morelia. Il convento rivela anche una influenza stilistica di tipo gotico. La chiesa, il convento e la struttura della piazza da mercato di Antojitos sono tipiche della concezione urbanistica coloniale, anche se sono stati costruiti in tempi diversi.
I primi agostiniani a mettere piede nelle terre di Michoacan furono Fray Juan de San Román e Fray Diego de Chavez e Alvarado, che si stabilirono per la prima volta a Tiripetío, dove costruirono il convento, la chiesa e l'ospedale. Gli agostiniani vennero espulsi dal loro monastero nel 1863 ma solo tre anni dopo l'imperatore Massimiliano permise loro di ritornarvi.
Tuttavia quando le forze politiche liberali tornarono al potere, i monaci vennero nuovamente espulsi. Da allora la chiesa e il convento ebbero destini diversi. La piazza di sant'Agostino, il cui nome originario era Plaza Ignacio Comonfort, fu realizzata sull'area di un preesistente cimitero.
In questo luogo viene venerata la Vergine di Socorro, una immagine che venne donata ai monaci agostiniani da San Tommaso de Villanueva, arcivescovo di Valencia, prima della sua morte avvenuta nel 1565. Uno dei luoghi meglio conservati di questa chiesa è una cappella laterale, posta accanto alla sacrestia, la cui volta e le cui pareti sono coperte da dipinti di illustri personaggi del tempo della Nuova Spagna realizzati dal pittore Javier Tapia. La sacrestia è stata decorata durante il Priorato di Fray Cristobal Plancarte tra il 1676 e il 1682.