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PITTORI: Pietro Ricchi

San Giuseppe in gloria con i santi Agostino e Monica

San Giuseppe in gloria con i santi Agostino e Monica

 

 

PIETRO RICCHI

1660-1663

Venezia, chiesa di S. Giuseppe di Castello

 

San Giuseppe in gloria con i santi Agostino e Monica

 

 

 

Pietro Ricchi è l'autore di questo comparto di mezzo del soffitto della chiesa veneziana di san Giuseppe di Castello in cui rappresenta san Giuseppe trasportato in cielo dagli angeli. Negli altri due comparti ha raffigurato Agostino e Monica. Abbastanza tardiva è l'iconografia che celebra san Giuseppe in gloria come in questo caso della chiesa di San Giuseppe di Castello, la cui maestosità è dovuta, insieme alle altre pregevoli opere artistiche, alla munificenza del Doge che volle arricchire l'edificio sacro con lo scopo di farne il suo mausoleo. La presenza di Agostino e Monica è dovuto alla presenza delle suore agostiniane, che così hanno voluto celebrare il loro Santo Patrono.

Agostino è raffigurato su una nuvola nelle sue vesti episcopali, secondo i canoni iconografici meglio consolidati nelle sue raffigurazioni. L'insieme si distingue per la drammaticità della resa luministica e i colori cangianti.

Un decreto del Senato veneziano nel 1512 aveva autorizzato la costruzione di una chiesa con attiguo convento di monache agostiniane. L'area interessata a quel tempo era composta da diverse isolette circondate da una palude. Si rese necessaria la bonifica per poter costruire nuovi insediamenti sulle antiche isole di Secco Marina, Paludo, Rio Terà. La chiesa fu officiata dall'Ordine agostiniano fino al 1801, quando Napoleone soppresse sia la chiesa che il monastero. Caduto Napoleone il complesso fu affidato alle suore salesiane della Visitazione, che portarono con sé dalla Francia la reliquia del cuore di san Francesco di Sales. Nel 1912 le monache si trasferirono a Treviso e donarono al Comune il convento, che fu trasformato in sede scolastica e la chiesa divenne sussidiaria della basilica di San Pietro di Castello.

Il soffitto affrescato nel 1660-1663 da Pietro Ricchi detto il Lucchese, raffigura, nel tondo centrale, San Giuseppe in Gloria e, ai lati, La gloria di santa Monica. La composizione, realizzata su ben 540 mq di superficie, amplifica verso l'alto il volume della chiesa con le architetture illusionistiche progettate dal bolognese Gianantonio Torri. Notevoli sono i dipinti di Paolo Veronese poste nel presbiterio, con le tavole che illustrano l'Adorazione dei pastori e un san Girolamo. Interessanti sono pure alcuni affreschi di Jacopo Palma il Giovane. Sul primo altare di destra scopriamo l'opera di Tintoretto e del figlio Domenico.

 

 

 

Pietro Ricchi

Pietro Ricchi o Righi, detto il Lucchese a motivo della sua città natale, dove nacque nel 1606. Suo padre era Antonio e sua madre Margherita Paladini. Dal suo testamento sappiamo che aveva un fratello minore, Riccardo, anch'egli pittore. Secondo la testimonianza di Filippo Baldinucci il padre lo aveva avviato agli studi letterari e nel contempo frequentò la bottega di un modesto pittore locale. In seguito ebbe per maestro Ippolito Sani, per poi trasferirsi a Firenze tra il 1620 e il 1623 nello studio di Domenico Passignano. Tra il 1624 e il 1627 lo troviamo a Bologna presso Guido Reni. Per un certo periodo di tempo si trasferì in Francia, in Provenza, Lione e Parig, dove sono note alcune sue decorazioni in varie sale di palazzi e ville magistralmente eseguite. Verso il 1634 raggiunse a Milano e poi a Brescia, dove nel Museo Diocesano è conservata la sua opera più vecchia "La Vergine con Santi". Raggiunse una maggiore maturità artistica nell'incontro con l'arte lombarda seicentesca, che gli permise di sviluppare uno stile più espressivo con effetti drammatici di chiaroscuro. Su proposta di Marco Contarini degli Scrigni lavorò a Vigna Contarena. Nel 1650 lavorò a Venezia dove si trovano alcune sue composizioni, ispirate dalle opere del Veronese. Nel 1663 si trasferì a Vicenza, dove collaborò con Giulio Carpioni. Le sue ultime opere sono caratterizzate da un elegante manierismo e mostrano brillanti colori e un raffinato stile figurativo. Dopo il 1672 si stabilì ad Udine, dove lavorò negli ultimi anni della sua vita e dove morì nel 1675. Fra i suoi allievi ricordiamo Francesco Monti e Federico Cervelli. Sembra che utilizzasse la pratica di ungere d'olio le tele per poter lavorare più velocemente, un espediente, oltre all'uso di colori non sempre di buona qualità, ha causato la perdita di molte sue opere.