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PITTORI: Capella Francesco

Sant'Agostino cardioforo

Sant'Agostino cardioforo

 

 

CAPELLA FRANCESCO

1760-1770

Urgnano, chiesa dei SS. Nazaro e Celso

 

Sant'Agostino cardioforo

 

 

 

Questo quadro risale al periodo della maturità di Francesco Capella che lo dipinse fra il 1760 e il 1770 per la chiesa parrocchiale di Urgnano. L'opera raffigura sant'Agostino nel suo studio mentre regge nella mano destra un cuore fiammante, simbolo del suo ardente amore per Dio, che traspare anche dalla postura del viso che esprime una grande forza interiore che sconfina con l'estasi.

Il quadro appartiene a una serie di quattordici dipinti con dottori e padri della Chiesa che Capella compose per la parrocchiale dei SS. Nazaro e Celso. Realizzata con la tecnica ad olio su tela, l'opera misura cm 150x100 ed attualmente si trova in uno stato di conservazione discreto.

Agostino ha un aspetto piuttosto maturo e una foltissima barba riccioluta che gli copre il viso. Con la mano sinistra regge il bastone pastorale, mentre con la destra alza un cuore da cui sprigiona una fiamma ardente. indossa il piviale e la mitra mentre se ne sta seduto su una comoda ed ampia poltrona. Sulla scrivania si nota un libro aperto, mentre poco sotto, ad un piano inferiore fanno capolino le teste di due angioletti che annunciano con un cartiglio il personaggio rappresentato e cioè S. AGUSTINO.

Da un punto di vista artistico la chiesa parrocchiale dei Santi Nazario e Celso ha una notevole importanza. Costruita alla fine del XVIII secolo contiene opere di grande valore, tra cui spiccano gli affreschi di Vincenzo Angelo Orelli, la Pietà del Tintoretto, il dipinto San Nazario e Celso condannati alle verghe eseguito da Enrico Scuri, la Via Crucis e Gesù scaccia i mercanti dal tempio di Francesco Capella e L'invenzione da parte di Sant'Ambrogio delle reliquie dei Santi Nazario e Celso, opera di Giacomo Trecourt.

 

 

Francesco Capella

Nato a Venezia nel 1711 da Francesco e Luigia Varida, fu conosciuto fin dai primi anni con il soprannome di Daggiù, tanto che in alcune citazioni viene addirittura menzionato come Francesco Daggiù detto il Cappella. Fin da giovane mostrò una grande inclinazione alla pittura, per cui i genitori lo indirizzarono subito allo studio ed alla pratica artistica, facendogli frequentare la bottega di Giovanni Battista Piazzetta. Il maestro influenzò notevolmente lo stile del ragazzo, che portò a lungo nel suo bagaglio artistico le caratteristiche pittoriche di Piazzetta. I primi dipinti di Francesco Capella erano lavori di completamento di affreschi del Piazzetta stesso. Fra il 1744 e il 1747, Capella si iscrisse alla Fraglia dei pittori Veneziani, anche se non conosciamo suoi dipinti prima del 1746. La sua fama raggiunse un livello notevole dato che nel 1747 cominciò ad essere conosciuto anche nella lontana città di Bergamo. L'elevata quantità di richieste, specialmente in ambito sacro, spinse Francesco Capella a farsi aiutare nell'esecuzione delle opere da alcuni dei suoi alunni. Verso il 1770 dipinse un Sant'Agostino e una Santa Monica per la chiesa di Santo Spirito a Bergamo.

La sua attività proseguì fino al 1780 circa, dopodiché Capella si ritirò a vita privata, fino alla morte che lo raggiunse nella sua casa di Bergamo all'età di 73 anni nel 1784.

Le sue prime opere seguivano quasi completamente lo stile del maestro Giovanni Battista Piazzetta, ricalcandone i toni armoniosi e le scelte cromatiche luminose, con una spiccata predilezione verso colori quali l'azzurro, il rosa ed il viola. Spiccava in particolare una grande raffinatezza nelle forme, accompagnate da grandi contrasti in chiaroscuro. Una svolta si ebbe attorno al 1750 quando l'artista, approdato a Bergamo, venne influenzato dal nuovo contesto ed ampliò quindi il suo bagaglio artistico, indirizzandosi verso soluzioni cromatiche molto più varie, nonché avvicinandosi a Giambattista Tiepolo, con cui collaborò nella decorazione della Cappella Colleoni di Bergamo. Il suo rapporto con Venezia andò affievolendosi. Quando ritornò in città trovò una mutata tendenza artistica, incentrata su un classicismo a cui rimase estraneo, preferendo abbracciare definitivamente la scuola lombarda. Ne risultò un'evoluzione che lo portò a curare notevolmente anche i paesaggi, fino ad allora utilizzati soltanto per fini decorativi. Gli ultimi anni della sua carriera artistica furono contrassegnati da un recupero dello stile tardo-barocco, con una successiva involuzione dovuta a composizioni più volte ripetute, con un freddo accademismo ed un largo utilizzo dei suoi alunni della bottega.