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Sant'Agostino e il bambino in riva al mare
MAGNASCO ALESSANDRO
1730-1740
Douai, Musée de la Chartreuse
Sant'Agostino e il bambino in riva al mare
L'opera, che è stata riprodotta più volte dall'autore, presenta un celebre episodio iconografico agostiniano il cui soggetto vuole efficacemente esprimere il desiderio che Agostino nutrì per tutta la vita di conoscere il mistero della Trinità.
La tela fu dipinta dal genovese Alessandro Magnasco detto il Lissandrino (1667-1749) e questa versione è oggi conservata a Duoai nel locale Museo de la Chartreuse.
Lo scenario si svolge in un contesto marino ricchissimo di elementi cromatici. La pennellata di Magnasco si rivela densa di contrasti luminosi che tendono a costruire apparati oscuri e figure distorte, anticipando la pittura dei secoli successivi da William Turner agli Impressionisti. In questa sua visione della luminosità introduce una forte dose di drammaticità ed un certo gusto tutto rococò di stampo scenografico e teatrale. In un panorama burrascoso dove le acque oscillano al fluir del vento Agostino e il Bambino sembrano minuscoli di fronte alla drammaticità dell'evento che si sta sviluppando intorno a loro con la natura scatenata come una furia. Agostino con in mano un libro aperto interroga il Bambino mentre il suo abito nero, la veste degli Eremitani, svolazza nell'aria scossa dal forte vento. Il Bambino si rivolge al santo offrendogli la tazza d'acqua che ha preso dalla vicina pozzanghera. Sullo sfondo, in tanto mulinare di vento, una torre dà quasi un senso di sicurezza e di forza in tanto ondeggiare.
Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.
Alessandro Magnasco
Con la morte del padre Stefano, anche lui pittore allievo di Valerio Castello, Alessandro Magnasco, ad appena cinque anni, venne affidato a un mercante che, nel 1682 circa, lo condusse a Milano. Qui conobbe Filippo Abbiati di cui divenne allievo. Del periodo milanese gli resterà un grande ricordo soprattutto della coeva pittura veneziana, fatta di materia pastosa e sfaldata con violenti contrasti sia cromatici che luministici.
Questi effetti li possiamo notare nell'opera agostiniana, dove lo scenario si svolge in un contesto marino non ben definito, ma ricchissimo di elementi cromatici, Considerato uno dei pittori più originali del Settecento italiano, Magnasco si distinse, nella pittura di genere popolaresco, per la pennellata densa di contrasti luminosi che tendevano a costruire apparati oscuri e figure distorte, anticipando la pittura dei secoli successivi da William Turner agli Impressionisti.
Magnasco nella sua visione della luminosità aggiunge una forte dose di drammaticità ed un certo gusto tutto rococò di stampo scenografico e teatrale. In un panorama burrascoso dove le acque oscillano al fluir del vento Agostino e il Bambino sembrano minuscoli di fronte alla drammaticità dell'evento che si sta sviluppando intorno a loro con la natura scatenata come una furia. Agostino con in mano un libro aperto interroga il Bambino mentre il suo abito nero, la veste degli Eremitani, svolazza nell'aria scossa dal forte vento. Il Bambino si rivolge al santo offrendogli la tazza d'acqua che ha preso dalla vicina pozzanghera. Sullo sfondo, in tanto mulinare di vento, una torre dà quasi un senso di sicurezza e di forza in tanto ondeggiare.
"Pittore di un carattere particolare nelle sue pitture": così Carlo Giuseppe Ratti descrive Alessandro Magnasco nella biografia che dedica al grande pittore genovese. Carattere particolare, perché il protagonista è uno degli artisti più bizzarri e originali del suo tempo: quella di Magnasco è un'arte anticonformista e antiaccademica, dove i protagonisti non sono né re, né principi, ma sono spesso detenuti, zingari, quaccheri, frati, galeotti e, in generale, individui ai margini della società.