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PITTORI: Jacopino di Francesco de' Bavosi

Crocifissione di Cristo con i santi Giacomo Maggiore, Bartolomeo, Agostino, Stefano

Crocifissione di Cristo con i santi Giacomo, Bartolomeo, Agostino, Stefano

 

 

JACOPINO DI FRANCESCO DE' BAVOSI

1360-1380

Bologna, Pinacoteca Nazionale

 

Crocifissione di Cristo con i santi Giacomo Maggiore, Bartolomeo, Agostino, Stefano

 

 

 

Realizzata con la tecnica a tavola in legno, l'opera misura cm 122 di altezza e 190 di larghezza. Autore è Jacopino di Francesco de' Bavosi noto anche con lo pseudonimo di Jacopo da Bologna. Prima di essere collocata nella Pinacoteca Nazionale bolognese, la tavola era conservata sempre nella città di Bologna nella chiesa dei SS. Naborre e Felice.

La rappresentazione grafica si presenta da subito piuttosto complessa: al centro della scena troviamo la Crocifissione di Cristo a cui piedi a di lato si notano due gruppi di persone che piangono e assistono compassionevoli alla morte di Cristo. Al dolore delle pie donne a sinistra, si contrappone la vigile attesa di un gruppo di santi a destra. Si possono riconoscere fra questi i santi Giacomo Maggiore, Bartolomeo, Agostino e Stefano.

 

 

Iàcopo di Francesco dei Bavosi

Figlio di Francesco de' Bavosi, fu attivo a Bologna dal 1360 circa sino almeno al 1383. I documenti che parlano di lui, danno notizia di un suo figlio Pietro, pure esso pittore. Assieme ad Andrea de' Bartoli, Iacopo si reca nel 1365 a Milano per lavorare al castello di Pavia di Galeazzo Visconti. Fu "massaro" nel 1366 della confraternita bolognese di Mezzaratta, alla quale lascia in legato un doppiere nel primo testamento del 4 maggio 1371. Con il priore Pietro de' Cloavi di questa compagnia sottoscrisse l'impegno di lavorare per la chiesa della confraternita. Nel ciclo di affreschi che decoravano l'oratorio di Mezzaratta, la firma "Iacobus" in effetti tuttora figura nel riquadro della Probatica Piscina. La sua personalità nel passato venne a lungo confusa con quella di Iacopo Avanzi, ma gli studi critici del Novecento ad opera di Arslan e Longhi lo trassero dall'anonimato tanto da venire presentato come uno dei protagonisti principali del Trecento pittorico bolognese e padano. La sua arte fu quasi certamente influenzato da Vitale da Bologna.