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Chiesa di S. Agostino a Rieti
Interno della chiesa di S. Agostino a Rieti
CHIESA DI S. AGOSTINO DI RIETI
La chiesa di Sant'Agostino memorie del passato e nuove acquisizioni
Testi e foto a cura di Ileana Tozzi
Nel corso del XIII secolo, si insediarono a Rieti le comunità degli Ordini mendicanti degli Agostiniani, Francescani e Domenicani, sorti per rispondere alle profonde esigenze di riforma della società civile e religiosa del basso medioevo. Caratterizzate da un impianto ad aula basilicale, atto ad accogliere i fedeli perché fossero indottrinati attraverso la predicazione e l'osservazione della Biblia pauperum costituita dai cicli pittorici che si snodavano lungo le pareti, le chiese mendicanti vennero erette negli spazi di nuova espansione della città, che si era data l'assetto di libero comune fin dall'ultimo quarto del XII secolo.
La chiesa reatina di Sant'Agostino, di cui si ha notizia fin dal 1252, fu fondata dagli Agostiniani su di un sito precedentemente appartenuto agli Eremitani, ma la sua struttura fu edificata ex novo, secondo gli orientamenti e le esigenze dell'Ordine: l'interno è a navata unica, ampio ed illuminato da eleganti bifore, la volumetria di raffinato equilibrio è movimentata dalle tre absidi poligonali, scandite da lesene. Sulla facciata, prospiciente all'antica piazza del Leone, si apre il portale impaginato da due serie sovrapposte di agili colonnine, legate da una mensola finemente scolpita; nella lunetta a tutto sesto è un affresco della metà del XIV secolo raffigurante la Madonna in maestà e Santi dell'Ordine Agostiniano. Il timpano reca inscritto, in un bassorilievo a cornice rettangolare, il simbolo dell'Agnus Dei.
L'interno della vasta aula basilicale, aderendo all'esigenza di testimoniare per imagines gli episodi salienti della Storia sacra e le più edificanti legendae della vita dei Santi, fu affrescato nel corso dei secc. XIV-XVI da anonimi artisti di diversa ascendenza. Così s'individuano importanti frammenti che propongono alla devozione dei fedeli l'immagine della Madonna, a volte raffigurata in Maestà, seduta su di un trono, recante in grembo il Bambino Gesù, a volte rappresentata come Madonna delle Grazie, l'ampio mantello teso ad offrire tutela ai suoi figli. In altri lacerti, si riconoscono tratti cospicui della Legenda aurea del Domenicano Jacopo da Varagine o dei numerosi testi agiografici proposti alla lettura ed alla meditazione nel corso dell'età medievale. In particolare, nelle absidiole ottagonali sono rappresentate le scene salienti della vita dei Santi dell'Ordine Agostiniano, tra cui riconosciamo in particolare San Nicola da Tolentino.
Le generazioni di frescanti che s'impegnarono fra il XIV ed il XVI secolo presso la chiesa agostiniana a compiervi la decorazione parietale hanno prodotto un notevole corpus pittorico che merita di essere recuperato e studiato con appassionato interesse, consentendo di scrivere una nuova pagina della storia dell'arte locale, poiché il territorio della Diocesi reatina, aperto alle suggestioni delle grandi scuole dell'Umbria, della Toscana, delle Marche, di Roma, fu un autentico crogiolo in cui stili e tecniche si fusero non senza spunti di originalità e tratti di sensibilità particolare.
Cappella medioevale Affreschi di santi agostiniani
Nel corso del XVIII secolo, adeguando la chiesa ai dettami del Concilio di Trento, furono realizzati gli altari laterali, impiantati sulla primitiva struttura: furono così totalmente coperti, attraverso una serie di scialbature e tamponature, gli affreschi tardomedievali che gli attuali interventi promossi dalla Sovrintendenza ai beni storici ed artistici stanno gradualmente restituendo al loro originario splendore. Presso la chiesa ha trovato sede definitiva un prezioso Crocifisso ligneo, proveniente dalla chiesa dell'antico orfanotrofio femminile, che risale al XIV secolo.
Il Crocifisso, in legno finemente intagliato e policromato, ha le sembianze del Christus patiens, dal volto emaciato e contratto dal dolore, in grado di esprimere con intensità empatica le sofferenze fisiche e morali dei fedeli. Anche il modellato plastico della imponente figura, di grande efficacia nella sovrapposizione dei piedi forati da un unico chiodo, nella suggestione dell'ampio panneggio del perizoma azzurro che cinge i fianchi del Cristo, è saldamente controllato dall'anonimo ebanista che dimostra di possedere adeguate nozioni anatomiche unite a mezzi espressivi di tutto rispetto. La chiesa di Sant'Agostino, che come ogni chiesa mendicante ha subito fra la seconda metà dell'Ottocento ed i primi decenni del Novecento le dure conseguenze della soppressione postunitaria delle congregazioni religiose, torna oggi a dotarsi di un coro ligneo, a risarcimento dell'antico ed a testimonianza di una vitalità inesauribile, che si manifesta attraverso la preghiera ed il canto, nella ricerca del bello, del bene, del vero, in lode di Dio creatore.
Nelle chiese delle comunità religiose il coro costituiva, con i suoi stalli accoglienti, gli inginocchiatoi, le spalliere, i cassetti dove ordinatamente venivano riposti spartiti e messali, uno degli spazi più importanti dove forma e funzione si corrispondevano nella fruizione fondamentale della vita monastica vissuta nella piena adesione alla Regola: dal canto delle Lodi, che inaugurava il mattino, alla recita della Compieta, a tarda sera, la giornata degli Agostiniani era scandita dalla Liturgia delle ore canoniche, solennizzata dal canto e resa intima dalla preghiera, in armonia ed in perfetta comunione.
La comunità parrocchiale che oggi custodisce la chiesa di Sant'Agostino vuole ricordare anche attraverso il rifacimento del coro l'antica comunità che per secoli ha pregato in questo spazio consacrato, vuole onorarne la memoria e rinnovarne l'impegno di fede. Il nuovo coro riproduce nelle forme l'antico, documentato da alcune rare immagini risalenti alla fine del XIX secolo. Gli stigli in noce nostrale, finemente modanati, sono caratterizzati da una essenziale linearità e pulizia formale, inserendosi con sobria efficacia nella perfetta volumetria absidale dell'antica chiesa di Sant'Agostino.