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Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Chiese agostiniane > Italia > La SpeziaChiese agostiniane: La Spezia
La chiesa a Sprugola
CHIESA DI S. AGOSTINO DI LA SPEZIA
A Sprugola, nel quartiere del Torretto che è il centro storico della città di La Spezia, una piazza prende il nome dalla chiesa dedicata ai SS. Giovanni e Agostino. La chiesa fu eretta parrocchia nel 1886 con la stessa Bolla che creava parrocchia la chiesa della Scorza. In origine la chiesa di S. Agostino si trovava poco più in là dell'attuale chiesa di S. Giovanni, a monte della piazza ove questa termina per dare inizio a Via G. Sforza.
Era un vecchio oratorio, di cui si hanno già notizie nel 1543 come sede di una confraternita, che come tante altre, verso la fine del XIV secolo si diffuse in Liguria sotto il titolo di Compagnie o Confraternite dei Disciplinanti. E all'inizio del Cinquecento troviamo infatti sulla collina del Poggio un Convento e la Chiesa di Sant'Agostino, che furono costruiti da un gruppo di religiosi provenienti da Vezzano Alto. La Chiesa rimase aperta al pubblico sino al 1797, quando fu acquisita dal Comune e utilizzata come scuola. Durante l'occupazione francese della città il generale francese Miolis prese possesso della struttura per acquartierarvi le truppe.
La Confraternita Mortis ed Orationis aveva legami con l'Oratorio dedicato a San Giovanni Battista Decollato. Era, questo, un edificio inizialmente modesto che progressivamente si arricchì di strutture architettoniche come la cupola seicentesca e l'altare in marmo nel 1727. Nel Settecento la Chiesa assunse una struttura assai simile a quella odierna. Una lapide in latino ricorda la costruzione del nuovo altare. Un'altra lapide di marmo murata sulla porta laterale, ricorda la concessione in perpetuo dal Pontefice Pio VI dell'indulgenza plenaria per coloro che avessero visitato l'Oratorio (1 marzo 1781). Quando nel 1799 i Francesi si ritirarono da Spezia, nell'Oratorio fu ripristinata l'attività religiosa. Ma in seguito alla battaglia di Marengo nel 1800 fu nuovamente requisito. Cessato il regime napoleonico nel 1816 la Chiesa fu riaperta al culto, come testimonia una lapide murata quell'anno. Nel 1886 l'Oratorio fu eretto a parrocchia dal Vescovo Mons. Giacinto Rossi ed alla dedicazione di S. Giovanni Battista si aggiunse quello di S. Agostino a ricordo della vicina Chiesa degli Agostiniani chiusa nel 1779. Fortunatamente i bombardamenti dell'ultima guerra mondiale lasciarono indenne la Chiesa dei SS. Giovanni ed Agostino.
Da un punto di vista architettonico la Chiesa presenta una facciata di stile semplice, con un portale modesto sopra il quale è stata sistemata una modesta statua della Madonna di Lourdes. Il portone presenta formelle bronzee e statue in scaglia del Settecento. La chiesa ha un'unica e ampia navata lunga 40 m ricca di decorazioni barocche, più volte ritoccate nel XVIII e XIX secolo. L'abside ha una forma semicircolare, mentre la cupola è coperta con ardesia a spina di pesce terminata da una lanterna. La Chiesa non conserva al suo interno opere d'arte di particolare rilievo. Si possono citare un quadro raffigurante la Madonna del Suffragio di incerta attribuzione, due grandi Crocefissi del Settecento, un organo dei fratelli Serassi del 1823 ripetutamente riparato e un fonte battesimale a forma di conchiglia del Cinquecento.
Gli Agostiniani a La Spezia
(Testo tratto dalla monografia su "Antonio Carpenino ed il restauro della Pala degli Agostiniani " al capitolo di Marzia Ratti dal titolo A. M. Carpenino e il restauro della "Gloria di San Nicola da Tolentino")
La pala era stata commissionata a Carpenino nel 1539, o forse nel precedente anno, probabilmente dalla Confraternita di San Nicola che, insieme a quella del Rosario e di Santa Maria della Consolazione, aveva la propria sede nella chiesa degli agostiniani a La Spezia. La sua ubicazione originaria è ricordata da uno scritto inedito di Mazzini dove si afferma che la tavola fu eseguita dal pittore per una cappella del soppresso convento di Sant'Agostino a La Spezia. Qui rimase fino alla fine del secolo XVIII per passare all'ex convento delle Monache Clarisse dove erano alloggiate le scuole pubbliche e dove rimase fino al 1870 per essere portato in Municipio.
La Gloria di San Nicola da Tolentino era una delle tante opere che decoravano l'edificio sacro dopo il suo ingrandimento tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento. Gli altari della chiesa erano parecchi e le cappelle incavate nelle pareti: quello di Santa Monica aveva un'icona antica da restaurare, quello della Trasfigurazione ne aveva una "molto corrosa dal tempo", per cui andava sostituita, quello di San Girolamo, al di sotto di una cappella, ne aveva una molto piccola che, perciò, andava cambiata, mentre quello del Crocifisso era dotato di un'opera abbastanza bella, come pure quello della Beata Vergine del Soccorso, di San Giovanni, della Resurrezione, di San Leonardo, del Rosario; di contro erano privi di ornamento gli altari di San Pietro, della Purificazione, di San Giovanni e quello dell'Annunciazione era così indecoroso che il Visitatore ne ordinò la demolizione. Per la maggior parte, gli altari erano di giuspatronato delle famiglie notabili della città e della Lunigiana - gli Oldoini, i Massa, i Castagnola, i Campi di Pontremoli, i Mascardi di Sarzana - le quali si erano adoperate per fornire la chiesa di adeguate ancone e suppellettili. La data di esecuzione del dipinto di Carpenino precede di poco l'anno di consacrazione della chiesa ristrutturata (24 aprile 1547).
Probabilmente questa opera non fu l'unico lavoro che Carpenino fece per la rinnovata chiesa agostiniana. Il soggetto dell'opera è incentrato sulla figura dell'eremita agostiniano, raffigurato in modo statuario sopra un plinto a specchiature policrome, coi suoi tradizionali attributi: il crocifisso, i gigli, la stella sul petto (l'unico oggetto dell'iconografia del santo che manca è il libro). Nel registro superiore si dispiega la triplice incoronazione con al vertice Dio Padre tra una gloria di cherubini, al di sotto a destra la Vergine assi sa in gloria col Bambino, Sant' Agostino in abito episcopale a sinistra e, quindi, due angeli, con gigli, offerenti la terza ed ultima corona sul capo del santo. Nel registro inferiore, intorno alla figura di San Nicola in un interno di chiesa, una piccola comunità di fedeli assiste al sacro evento e invoca il santo taumaturgo. Nell'ideazione del dipinto, colpisce lo iato tra la composizione ambiziosa e solenne del registro superiore ed il tono "di popolare naturalezza nella folla dei devoti". Il motivo sta forse nel committente, la confraternita intitolata a San Nicola, che desiderava una scena corale che attinge alla quotidianetà: a destra i confratelli e a sinistra le consorelle, mentre partecipano con trasporto e gestualità studiata all'evento miracoloso.
Utilizzando lo schema compositivo di una sacra conversazione, l'artista indulge nella descrizione realistica dei personaggi e dei loro costumi. Due fisionomie in particolare sono trattate con risalto veristico tanto da sembrare veri e propri ritratti: si tratta della corpulenta figura di astante a destra e dell'anziana donna inginocchiata dall'altro lato, la quale tuttavia potrebbe essere uno studio virtuosistico sulla vecchiezza. Per essi il dato della riconoscibilità è molto evidente ed enfatizzato. Colpisce anche lo studio delle anatomie che, a parte qualche ingenuità residua - ad esempio le mani filiformi del devoto frontale inginocchiato -, denotano l'avvenuta assimilazione del verbo leonardesco; colpisce ancor di più la curiosa attenzione verso le patologie di cui sono portatori alcuni personaggi e, in questa chiave, va letta anche l'aggiunta dell'arteria temporale azzurrognola del santo, di cui non vi è traccia nel disegno preparatorio.