Contenuto
Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Chiese agostiniane > Italia > PisogneChiese agostiniane: Pisogne
S. Agostino a Pisogne
CHIESA DI S. AGOSTINO A PISOGNE
La facciata della chiesa è a capanna ed è dotata di un elegante portale in pietra rossa di Gorzone. La struttura è arricchiata da rilievi a candelabra di gusto rinascimentale; sull'architrave, oltre al monogramma del nome di Gesù, spiccano due tondi con profili di santi. Il portale è opera dello stesso artista di Santa Maria in Silvis. La ricca decorazione ad affresco, ormai poco leggibile o addirittura scomparsa, copriva tutto l'esterno dell'edificio: sotto gli archetti pensili sono ancora visibili ritratti a mezzo busto di profeti ed antenati di Cristo, testine di cherubini, l'immagine di Dio Padre ed una Vergine con Bambino vivacemente proteso verso l'esterno, appoggiati alla cornice dell'oculo centrale.
L'interno è ad una navata ampia di tre campate, divisa in archi traversi acuti, coperta da volte a crociera oblunghe. La luce penetra dall'oculo circolare della facciata. Le quattro finestre che in origine si affacciavano sulle pareti laterali furono chiuse quando il Romanino eseguì i suoi affreschi. Girolamo Romani, il Romanino, pittore bresciano, affrescò la chiesa nel 1534, su commissione dei Disciplini. Costoro suggerirono il soggetto del ciclo ispirato alla Passione, Morte e Resurrezione di Cristo.
Le varie sequenze della storia fanno da corollario al tema centrale della crocifissione, che doveva promuovere la religiosità attraverso la meditazione guidata da un predicatore. La volta è organizzata da una finta struttura a cielo aperto che accoglie figure di Sibille e Profeti in atteggiamenti movimentati che si sporgono e si volgono quasi a colloquiare con lo spettatore. Romanino, reduce dal lavoro nel Magno Palazzo del cardinale e principe vescovo di Trento, Bernardo Clesio, qui in provincia, lontano dagli umori colti e raffinati delle corti cittadine, poté liberamente esprimersi creando un suo linguaggio originale, anticlassico e fortemente espressivo.
In seguito ai recenti restauri è stato accertato che, prima dell'intervento del Romanino le pareti interne erano ornate con affreschi quattrocenteschi di carattere votivo: ne restano alcuni lacerti nella volta del presbiterio che conserva inoltre le sinopie che Romanino eseguì senza poi terminare il lavoro, forse, per motivi economici. Nell'abside era collocata una statua in legno policromo della Madonna in trono col Bambino Gesù ritto in piedi e benedicente, opera del XVI secolo, rubata nel 1971. Nel pavimento di fronte alla porta d'ingresso una lapide in marmo, con ricco stemma inciso, segna il sepolcro di alcuni membri della famiglia di origine del famigerato bandito di Pisogne Giorgio Vicario. Dalla porta sud del presbiterio si entra nel campanile e da qui in sagrestia. Vi si conservano tracce di altri affreschi del Romanino.
La volta era decorata con tenere e vivaci figure di angioletti, che ora sono state trasferite in Municipio. Sulla parete di fondo un dipinto del XVII secolo attribuito al Voltolino, rappresenta il Magistero della Chiesa. All'epoca del Romanino a questo lato della chiesa era addossato un portico che i frati Agostiniani trasformarono in cappella. L'ambiente, semplice, è dotato di un altare dalla ricca soasa in stucco di fattura seicentesca. Ai lati del portale due fasce divise in quattro riquadri portavano un Trionfo della Morte, soggetto macabro nato oltralpe e diffusosi, anche se limitatamente, nelle valli alpine.
Tale dipinto oggi è completamente perduto, ma ne restano alcuni disegni eseguiti nel 1846. Sulla fascia di sinistra uno scheletro coronato è in atto di scoccare dardi verso una comitiva di personaggi soprattutto ecclesiastici, che avanzano portando vasi colmi d'oro. A destra lo scheletro è disarmato e invano tende l'arco senza dardi verso i rappresentanti dei vari ceti sociali ed autorità secolari che sono guidati e preceduti da Cristo, Maria e Santi. Il dipinto sembra ricordare che davanti alla morte non può nulla nemmeno il denaro, solo in Cristo si può trovare la salvezza. Il piccolo sacello sul lato nord era anch'esso affrescato sia all'interno che all'esterno. Oggi restano pochi frammenti di questi dipinti che rappresentano la creazione dell'uomo, all'interno degli archetti pensili che portano all'esterno delicate figure di angioletti musicanti.
All'interno del sacello si possono ancora vedere alcune parti di affreschi votivi. Tutta la decorazione dell'esterno è attribuita al pittore Giovanni Pietro da Cemmo, attivo in Valle Camonica nella seconda metà del '400, ed alla sua cerchia. La parete laterale della chiesa era adorna, sotto al portico ora scomparso, di un grande affresco cinquecentesco del Romanino che rappresentava il Presepe, completamente perduto, l'adorazione ed il corteo dei Magi di cui restano pochi frammenti strappati nel 1878 e conservati nel presbiterio. Sempre su questa parete esterna , in seguito alla perdita del Presepe del Romanino, è emerso un riquadro raffigurante la Vergine incoronata, circondata da scenette della vita contadina e lacuale di Pisogne.