Contenuto
Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Chiese agostiniane > Italia > GrottammareChiese agostiniane: Grottammare
Chiesa di S. Agostino
CHIESA DI S. AGOSTINO DI GROTTAMMARE
Grottammare anticamente era chiamata "Cuprae Fanum" in quanto vicino alla foce del fiume Tesino (dove in seguito venne eretta la chiesa di S. Martino) sorgeva il tempio della dea Cupra, protettrice della fecondità in epoca picena. Nell'VIII secolo i monaci benedettini s'installarono a San Martino e ne fecero una base per la diffusione della religione cristiana in un territorio non ancora completamente evangelizzato. Nel IX secolo già esistevano le fortificazioni sul monte ove sorge il Castello: le antiche mura e il massiccio Torrione della Battaglia furono eretti per difendere il porto dalle continue invasioni dei Saraceni. Grottammare fu tenuta in grande considerazione da Fermo, che la pose tra gli 8 castelli di prima classe sui 130 esistenti.
Fu solo dopo il 1783 che gli abitanti di Grottammare cominciarono a costruire le proprie case lungo la fascia costiera, spinti dalle numerose e improvvise frane. Costruita sul finire del 1300, la chiesa fu ristrutturata nel 1614 e vi fu edificato il Convento dei Frati. Nel coro esiste un affresco del Pacchiarotti, allievo del Perugino. In origine era dedicata a S. Patrizio, ma i frati agostiniani quando vi si trasferirono nel 1451 cambiarono la dedicazione in quella per S. Agostino. Il campanile mozzo ricorda la sosta che vi fece Martin Lutero. Una interessante scoperta artistica è stata fatta recentemente proprio in questa chiesa. A destra di chi entra nella chiesa vi è una pesante cornice in scagliola settecentesca, che racchiude una pala d'altare raffigurante la Vergine e due santi. Sul muro retrostante appare un affresco che risale al Cinquecento.
Si tratta di una crocifissione, con S. Monica o S. Chiara da Montefalco e S. Nicola da Tolentino, sovrastata da una lunetta con Dio benedicente il globo, su di un cumulo di nembi arricchito dalla presenza di sette cherubini. L'iconografia nicoliana è curiosa: il santo, di solito raffigurato giovane, col viso glabro, nell' affresco grottammarese è rappresentato anziano, greve, col capo rasato e il volto barbuto. La caratterizzazione iconografica rivela una committenza particolare: forse quella di una congregazione agostiniana riformata. La severità, la nuda essenzialità e povertà della composizione, la rigidezza e austerità iconografica sono tese ad accentuare e divulgare i rigidi dettami della riforma cattolica (sedicesimo-diciassettesimo secolo), che si possono brevemente riassumere nella famosissima frase: Homines per sacra mutari fas est, non sacra per homines.
L'opera contrasta con la leziosità della cornice dipinta che lo racchiude, quasi come se incastonasse l'immensa miniatura" di un antico incunabolo. Cita apertamente lo stile dei freschi e delle decorazioni dell' appartamento Borgia in Vaticano (1492-1494), eseguiti dal maestro Bernardino di Betto detto il Pintoricchio (Perugia 1454-Siena 1513), ma senz'altro con minor capacità espressiva e destrezza artistica. L'affresco grottammarese risente dello stile popolare dell' arte marchigiana del nostro piccolo Rinascimento di provinciali, ed evoca distintamente un nome: l'autore potrebbe essere Jacopo Bonfini di Patrignone (Ascoli Piceno 1470-1533 circa). In una pubblicazione specifica del Crocetti dell'aprile 1995, vi è la Crocifissione dell'oratorio della Madonna della Misericordia a Tortoreto Alto, del tutto simile a quella grottammarese, fino ad oggi sconosciuta. Alcuni tratti peculiari, presenti in ambedue le opere, come ad esempio i particolari cirri allungati inferiormente appiattiti e sopra invece spumeggianti (sempre di stile pinturecchiano), le specchiature delle venature del legno della croce, l'inclinazione verso destra del corpo del Cristo, la stessa espressione afflitta, il labbro inferiore livido e gonfio che sbuca dalla folta barba, perfino il cartiglio arrotolato a mo' di pergamena sulla croce, sembrano identificare quasi con assoluta certezza le due opere come frutto dello stesso artista. Il particolare del braccio destro del Cristo sembra ricalcare perfettamente quello del Cristo del grande Tortoreto, come se il disegno fosse stato tratto dallo stesso cartone. Il cielo è bicolore: nella parte alta di un bluastro grigio-azzurrino, nella parte inferiore è grigiastro, proprio come quello che si trova nella cittadina di Tortoreto.
Per il momento non è possibile osservare l'affresco grottammarese in tutta la sua completezza perché all'incirca alla metà è attraversato dal fascione della cornice in scagliola sopra stante, che tuttavia, fortunatamente, non lo ha danneggiato, essendo soltanto appoggiata ad esso. 1'affresco è dipinto in concavo, entro una grande nicchia, mentre la cornice riporta la parete in orizzontale. La Crocifissione è sovrastata da una lunetta con Dio benedicente: anche qui notiamo le inequivocabili rassomiglianze con gli affreschi della volta del ciclo di Tortoreto Alto: infatti dentro una mandorla luminosa vi è la divinità, a Grottammare contraddistinta dal triangolo. In ambedue le opere, l'una rappresentante Dio, l'altra il Cristo, entrambi benedicenti, la mandorla è contornata da nembi a corona, come merletti sopra i quali testoline ricciute di cherubini con le alucce svolazzanti sorridono estatici. Interessante il particolare primitivo delle piume delle ali, dipinte con toni di colore degradanti, dall' oro al marrone, tipico dell'arte bonfiniana. Il volto di Dio (Grottammare) presenta delle somiglianze notevoli con quello di S. Marco Evangelista (Tortoreto), come pure con quello, più giovanile ma somigliantissimo, del Cristo della «Gloria del Cristo Risorto» (Tortoreto). Anche la mano benedicente di Dio (Grottammare) e di Cristo (Tortoreto) risultano identiche, grandi e carnose. Il Dio grottammarese indossa una tunica bianca, trattenuta in vita da una cintura scura, e mantello bruno riccamente drappeggiato, abbigliamento molto simile al S. Marco di cui si è detto prima. Egli sorregge con la sinistra il globo, intersecato da una linea rossa: la parte superiore del globo terrestre risulta purtroppo danneggiata, per cui non è visibile, ma senz'altro, come d'iconografia tipica, presentava una piccola croce sulla sommità.
Ai lati del Cristo vi sono: alla sua destra una figura femminile ammantata di nero, fasciata di bianco sotto il mantello, che sembrerebbe non tanto l'Addolorata, quanto una suora (purtroppo, come accennato, non è possibile osservare il resto del corpo e il suo abbigliamento a causa della cornice in scagliola): potrebbe trattarsi di S. Monica, madre di S. Agostino, oppure, più probabilmente, di S. Chiara da Montefalco, entrambe connesse con le iconografie tipiche del ciclo agostiniano, al quale la chiesa è dedicata. Non dimentichiamo che la chiesa di S. Agostino apparteneva ad una piccola comunità di monaci agostiniani presenti a Grottammare in altro luogo fin dal 1358. La piccola «famiglia» agostiniana grottammarese fu costretta ad andarsene nel 1650, a causa della soppressione innocenziana, non raggiungendo il numero necessario di monaci (all'epoca della relazione erano solo in 3 più un laico). All'altro lato del Cristo, come è stato già accennato, vi è un vecchio S. Nicola da Tolentino, riconoscibile dalla grossa stella nel petto, anch'essa, purtroppo, semicoperta dalla cornice in scagliola.
Crocifissione con Monica (o Chiara da Montefalco) e san Nicola da Tolentino
Tutto l'affresco, molto austero e povero di particolari, probabilmente su richiesta dei committenti, tesi ad evidenziare l'essenzialità del messaggio evangelico, è tuttavia incorniciato e valorizzato da una ricchissima e frastagliata decorazione. Nella parte semicircolare superiore imita gli intarsi del marmo delle volte delle chiese, con dischi variegati con venature dipinte di vario colore e grottesche ghirlande, mentre ai lati della Crocifissione vi sono delle bande nere e bianche racchiudenti «candelabra» fantasiosissime, con degli angeli musicanti che danzano sulla bocca di un vaso, e poi volute, festoni, figure allegoriche, frutta e arabeschi. Se non dovesse risultare opera del maestro Jacopo Bonfini, certo l'affresco grottammarese è opera di un suo imitatore, forse un suo ragazzo di bottega; per saperne di più dovrebbe essere trasferita altrove la cornice in scagliola, o quantomeno la sua parte inferiore, che copre l'affresco cinquecentesco per almeno la metà.
A nostro avviso nella chiesa di S. Agostino a Grottammare Alta c'è ancora molto da scoprire: le decorazioni dei 10 altari dovrebbero essere ancora visibili, sotto l'intonaco, che in vari punti lascia intravedere in trasparenza le tracce color pastello degli affreschi sottostanti. La Chiesa di S. Agostino, con l'annesso convento agostiniano, si trova fuori dalle mura, nella omonima via che congiunge il vecchio insediamento al nuovo, immediatamente dopo Villa Azzolino. La chiesa ha una semplice facciata, composta da mattoni di prevalente colore giallo ocra, ingloba materiale di recupero rappresentato da antiche pietre incise e lapidi con iscrizioni frammentarie. In alto, sopra il portone di ingresso, sono i resti di alcuni bacili cinquecenteschi in maiolica, disposti a croce; in corrispondenza del braccio destro è inserito un mattone inciso con la data 1517, anno di costruzione del monastero. L'abside è merlata, come se fosse fortificata. La chiesa è a pianta longitudinale e a navata unica con tetto a capanna, la copertura è a capriate con travature di legno. Sul lato sud della chiesa si trova il chiostro quadrangolare, cui si accede o dalla chiesa o dall'ingresso posto in via S. Agostino. Il chiostro, al centro del quale si trovava un pozzo oggi non più esistente, è composto da arcate in muratura a tutto sesto poggianti su pilastri a base rettangolare.