Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Chiese agostiniane > Italia > Montemonaco

Chiese agostiniane: Montemonaco

Rosone romanico

Rosone romanico

 

 

CHIESA DI SANT'AGOSTINO (oggi di San Giovanni Battista) A MONTEMONACO

 

 

 

Gli Eremitani di sant'Agostino si stabilirono a Montemonaco nel 1373 dove fondarono una chiesa dedicata al santo vescovo di Ippona. La chiesa fu soppressa da Innocenzo III nel 1652 nell'ambito del piano di riordino dei conventi italiani "poveri di sostanze e di individui".

Una lapide in caratteri gotici incastonata sul lato sinistro della chiesa ricorda la data del 1391: a quell'anno sono da ascrivere una serie di restauri voluti da Giovanni Jacopi, un notabile di Montemonaco che fu poi seppellito nella chiesa. I monaci oltre all'edificio sacro avevano annesso anche un loro convento. Tra le varie attività che svolgevano c'era anche l'officiatura in San Giovanni e l'aiuto al parroco di San Biagio. La chiesa era piccola ancorchè elegante ed era praticamente riservata ai nobili del paese che potevano partecipare alle funzioni religiose e lasciarvi le loro spoglie. in seguito alla soppressione dell'Ordine degli Eremitani le rendite della chiesa furono attribuite alla parrocchia di Ferrà il cui parroco venne ad abitare nel capoluogo assumendo il titolo di Priore. Fu per questo motivo che fino a qualche anno fa l'edificio sacro era chiamato "la chiesa di Ferrà". Nel transetto originariamente oltre l'altare maggiore vi erano altri tre: uno dedicato a San Carlo Borromeo, un altro alla Beata Concezione e e un terzo dedicato a San Francesco da Paola.

Oggi è rimasto solo l'altare maggiore dove un tempo era posizionata la pregevole tela "La Vergine del Soccorso" (1521) opera di Giulio Vergari di Amandola che la dipinse nel 1521. La tela, custodita a lungo presso il Vescovado di Montalto, dovrebbe essere ricollocata nella sua sede originaria nella chiesa di San Giovanni Battista. Altro quadro degno di nota visibile in questa chiesa è l'Immacolata il cui committente fu il Conte Camillo Garulli del Duce Domenico che partecipò alla battaglia di Lepanto in qualità di Comandante di una galea veneta. Nella tela la nave vi è rappresentata a vele spiegate assieme alla raffigurazione del committente. Il quadro reca la firma di un certo"Tobias Cecchinius Aquilanus pingebat MDLXXXX" e porta l'antico stemma dei nobili Garulli con fondo azzurro ai tre monti d'oro, sormontati dall'aquila incatenata d'argento. Della primitiva struttura tardo trecentesca resta il tetto a capanna sorretto da travature lignee, l'abside in stile gotico e una leggiadra finestra ogivale dietro un baldacchino in muratura innalzato molto probabilmente nel Settecento.