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Chiese agostiniane: Anghiari

Abside della chiesa di sant'Agostino ad Anghiari

Abside della chiesa di sant'Agostino ad Anghiari

 

 

CHIESA DI S. AGOSTINO DI ANGHIARI

 

 

 

Le origini della chiesa di S. Agostino, secondo l'erudito Lorenzo Taglieschi, sembrano siano legate al passaggio da Anghiari di Tommaso Beckett (1115-1170), il famoso santo Cancelliere di Enrico Il d'Inghilterra che fu nominato Arcivescovo di Canterbury, nella cui cattedrale fu assassinato da sicari del re.

Beckett avrebbe ottenuto nel 1164 da Rolando di Montedoglio, l'Abate di San Bartolomeo, le carbonaie del Castello che si trovavano fuori delle mura. In questo luogo gli Ospedalieri di S. Antonio Abate (detti anche del Tau o di Vienne), che secondo la tradizione sarebbero giunti in Valtiberina al seguito dell'arcivescovo di Canterbury, costruirono dei romitori ed un oratorio dedicato a sant'Antonio. Nel 1188 questa comunità accettò la regola di Sant'Agostino.

Recentemente però diversi autori, fra cui Angelo Ascani, Giuseppe Bartolomei e Mario Mattei, che sulla base delle ricerche sui giamboniti preferiscono pensare, basandosi sui legami con gli eremi giamboniti di Miratoio e Sansepolcro, a una prima fondazione giambonita anche ad Anghiari. Dopo la Magna Unio del 1256 l'insediamento sarebbe stato abbandonato per essere poi rifondato all'inizio del XIV secolo.

Non molto tempo dopo, sulla stessa area dell'oratorio, fu edificata una chiesa dedicata ad Agostino. Quando nel 1464 crollò il campanile, si procedette ad un ampliamento della chiesa, l'attuale, che si presenta a navata unica con cappelle laterali erette dalle principali famiglie anghiaresi. L'abside ha una inconsueta forma a torrione, soluzione architettonica di matrice urbinate che riconduce a Francesco di Giorgio Martini. Il portale rinascimentale della facciata con relativo oculo risale al 1472.

L'interno presenta una decorazione a stucchi della seconda metà del XVIII secolo. Al 1748 risale il restauro dell'abside quattrocentesca.

Il 29 giugno 1440 la pianura antistante Anghiari fu teatro di una famosa battaglia, passata alla storia appunto come battaglia di Anghiari, tra i Fiorentini alleati della Santa Sede, da un lato, e i Milanesi dall'altro. Poche furono le vittime, ma la vittoria toscana ebbe come conseguenza la riduzione delle ambizioni territoriali lombarde.

L'impianto planimetrico della chiesa, incentrato sulla navata con tre cappelle per lato, si qualifica subito per la configurazione di queste ultime: un rettangolo lungo e stretto. La larghezza delle cappelle non è costante: sono più ampie le tre di destra rispetto a quelle di sinistra. Ciò è dovuto al fatto che le pareti longitudinali dell'originaria navata -  ambedue ora suddivise in tre parti - erano di lunghezza diversa, a motivo della posizione obliqua della facciata, allineata con la via.

Facciata della chiesa di S. Agostino ad Anghiari

Facciata della chiesa di S. Agostino ad Anghiari

Il dover adattare le nuove cappelle entro il perimetro del vecchio edificio, ha indubbiamente condotto alla loro limitata profondità. La loro configurazione richiama alla mente la planimetria del Tempio Malatestiano e, specificamente, l'intervento di Matteo de' Pasti, realizzato pochi anni prima rispetto all'avvio dei lavori a S. Agostino di Anghiari. Com'è noto il pittore, miniatore, medaglista, ma anche architetto, Matteo de' Pasti era giunto a Rimini da Verona o da Ferrara nel 1446, insieme al maestro, il Pisanello, proprio quando Sigismondo Malatesta andava maturando alcuni lavori alla chiesa di S. Francesco.

A lui dobbiamo le prime due cappelle di destra di S. Sigismondo e di S. Michele e quella intermedia delle Reliquie, iniziate alla fine del 1447 ed ultimate all'inizio del 1449. Quando Matteo de' Pasti realizza le cappelle, amplia il perimetro della chiesa, allineandosi con quella trecentesca di maggior profondità e attualmente inglobata nella terza di destra, detta di S. Girolamo.

Tutte le altre cappelle, costruite in seguito, ripetono lo schema delle prime: una pianta rettangolare, larga e stretta in profondità, che avrebbe suscitato forti perplessità nell'Alberti, allorché subentrò come direttore di cantiere nel 1450.

 

La chiesa presenta attualmente un aspetto che risale sostanzialmente al XVIII secolo, caratterizzato dalla decorazione in stucco della navata e del presbiterio e dai ricchi altari di varie epoche con mense settecentesche ornate da volute e stemmi. Le vicende architettoniche e storiche dell'edificio hanno lasciato però molte tracce dei secoli precedenti il Settecento nell'arredo artistico, che comprendeva affreschi, dipinti su tavola e su tela, sculture, manufatti lignei, paramenti e altro ancora.

Ma a partire soprattutto dalla soppressione del convento, nel 1808-1810, che segna il momento di maggior dispersione del patrimonio artistico, sino a giungere a tempi recenti, la chiesa ha visto diminuire progressivamente l'insieme delle opere d'arte e degli arredi che ornavano i suoi altari e gli altri ambienti del complesso monastico. Di alcuni oggetti si è persa oggi la memoria, altri sono conservati in edifici di Anghiari come Palazzo Taglieschi o la Propositura. Molti sono ancora collocati nel luogo d'origine. Alcune notizie d'archivio testimoniano che la dispersione del patrimonio artistico di S. Agostino iniziò già a partire dalla fine del Settecento. Nel novembre 1783, a seguito dell'ingrandimento della sacrestia, furono venduti molti dipinti di piccole dimensioni e un grande quadro raffigurante S. Antonio Abate; nel 1788 una contesa oppose il proposto Doni e la comunità agostiniana a causa del trasferimento in Propositura di un pulpito ligneo, autorizzato senza diritto dal Comune. Dopo la soppressione del 1808-1810 e la cessione del convento alla comunità di Pistoia da parte del Governo granducale il Vescovo di Arezzo acquistò dal Ricevitore del Demanio, in una data anteriore al 1820, molti arredi'della chiesa per limitare la loro dispersione.