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Chiesa degli Eremitani a Padova
CHIESA DI S. AGOSTINO DI PADOVA
Nell'area urbana situata tra l'arena romana e via Altinate, la strada romana che conduceva da Padova ad Altino, si insediano nel 1237, secondo la testimonianza del Portenari, i frati Eremitani costruendovi nel 1264 una piccola cappella intitolata ai santi Filippo e Giacomo, come ricorda la lapide ora ubicata sul pilastro sinistro dell'arcone trionfale: CAPELLA HAEC FUNDATA FUIT ANNO DOMINI MILESIMO CCLIV DIE PRIMA MADII.
Gli Eremitani di sant'Agostino, un ordine costituitosi con la fusione di varie congregazioni, svolgono nella città di Padova un'intensa opera di predicazione ma soprattutto di collaborazione e di integrazione con l'Università, un'azione religiosa e sociale presto riconosciuta dal Comune che negli statuti del 1276 stabilisce la costruzione, a spese pubbliche, di una chiesa più ampia per corrispondere alle accresciute esigenze di culto. La nuova chiesa presenta una pianta molto semplice ad aula unica con un'abside molto profonda, una tipologia architettonica largamente in uso presso gli ordini monastici, dediti alla evangelizzazione, per ragioni di semplicità costruttiva, di economia e di funzionalità. All'esterno la facciata in cotto presenta in alto un aspetto molto semplice: l'usuale coronamento ad archetti pensili, cinque lesene, un grande rosone centrale e quattro oculi laterali.
Sul fianco meridionale alte monofore e lesene lievemente sporgenti scandiscono la partitura muraria. Su tale struttura duecentesca molto semplice interviene nel 1306 fra' Giovanni degli Eremitani addossando alla facciata un'elegante pseudo loggia in pietra ad arcate a tutto sesto e completando l'interno con una copertura a carena, in legno di larice e di rovere. Fra' Giovanni, un "enzignerio" attivo a Padova dal 1289 al 1318, molto celebre anche quale costruttore di ponti, strade e fortificazioni, realizza la grande impresa del soffitto ligneo sfruttando le soluzioni architettoniche e tecnologiche ideate nella copertura lignea del palazzo della Ragione da poco conclusa. Alla metà del Trecento viene costruita, a fianco della cannella laterale destra, la cappella della famiglia Ovetari. Nello stesso secolo vengono realizzate anche le decorazioni delle cappelle: negli anni 1310-20 la cappella dei Santi Cosma e Damiano, a sinistra della Maggiore, da anonimi giotteschi, e la cappella Angelorum (poi della famiglia Dotto), a destra della Maggiore, da anonimo veneziano di cultura "bizantineggiante"; nel 1338 circa la seconda cappella sul fianco meridionale affrescata da Guariento; nel 1361-1365 probabilmente la cappella Maggiore dipinta anch'essa da Guariento; nel 1370 infine la prima cappella sul fianco meridionale eseguita da Giusto de' Menabuoi.
Avendo ben cinque cappelle affrescate all'inizio dell'ottavo decennio, la chiesa è certamente la più ornata nella città di Padova, poiché solo dopo qualche anno il battistero verrà affrescato da Giusto de' Menabuoi (1374-78 circa) e la basilica del Santo verrà decorata da Altichiero, nelle cappelle di San Giacomo (1376-79) e di San Giorgio (1380-84), e ancora da Giusto in quella del beato Luca Belludi (1380-82). Segno evidente dell'attenta apertura culturale degli Eremitani nei confronti delle arti figurative è anche il fatto che nel 1324 chiamano Pietro e Giuliano da Rimini per affrescare una cappella nel vicino convento e per compiere il dipinto su tavola della cappella Maggiore della chiesa. Il dipinto è andato perduto e degli affreschi si conservano ora presso il Museo Civico di Padova solo pochi frammenti staccati nel 1873. Nella chiesa degli Eremitani, la cappella dei Santi Cosma e Damiano, la prima ad essere decorata, conserva ora poche tracce della decorazione del primo Trecento: Tre figure di sante e una Madonna in trono e santi. Nei decenni successivi infatti nuove decorazioni vengono aggiunte a ricoprire le prime: una Madonna e santi di Giusto de' Menabuoi, commissionata da Enrico Spisser nel 1373, e un affresco votivo con emblemi araldici, ora in gran parte perduto in seguito alla collocazione sulla parete dell'urna di Ilario Sanguinacci (1381 circa). Il sepolcro, già collocato sopra la porta della sacrestia e ornato nel 1440, a completamento, da una statua equestre in terracotta e da venticinque figure in bassorilievo, opere quest'ultime dello scultore toscano Nicolò Baroncelli, è l'unica parte che è stata conservata con il trasferimento del monumento funebre (1579).
La cappella Angelorum non conserva oramai nulla della decorazione trecentesca essendo andata distrutta nell'incursione aerea dell'1l marzo del 1944, quando alcune bombe caddero sulla chiesa distruggendo la facciata, il soffitto, l'abside della cappella Maggiore, la cappella Dotto e la cappella Ovetari. Nel ciclo di affreschi, opera di un anonimo pittore veneziano di formazione antecedente a quella di Paolo Veneziano e di cultura "bizantineggiante", erano state raffigurate le nove schiere angeliche, secondo l'insegnamento di san Dionigi l'Areopagita. L'illustrazione di un tema teologico così strettamente legato alla dottrina degli Agostiniani ebbe un'importanza storica eccezionale in quanto divenne poi alla metà del secolo il prototipo iconografico per la decorazione a mosaico della cupola del battistero nella basilica di San Marco a Venezia e per la decorazione del soffitto della cappella della reggia carrarese compiuta dal pittore padovano Guariento d'Arpo.
In gran parte perduta purtroppo è anche la decorazione della cappella affrescata da Guariento probabilmente nel 1338, quando è documentata la sua presenza nel convento agli Eremitani. Le Sante raffigurate nel sottarco entro cornici sono la prima opera eseguita a Padova e, con la Croce stazionale per la chiesa di San Francesco a Bassano di qualche anno anteriore, manifestano quanto siano stati fondamentali nella formazione del pittore padovano i testi pittorici di Giotto, nella vicina cappella degli Scrovegni, e dei pittori riminesi nel convento e nella chiesa degli Eremitani. La saldezza volumetrica delle figure non impedisce che la delicata cromia e le gotiche eleganze decorative segnalino l'affacciarsi di un gusto cortese e aristocratico giunto a Padova dai centri europei tramite l'illustrazione di codici miniati, di oreficerie e di oggetti devozionali di piccolo formato. Siffatta inclinazione si esprime in forme e in modi di aristocratica elezione formale alla metà del secolo nella reggia carrarese quando Guariento diventa pittore di corte di Francesco da Carrara signore di Padova e della moglie Fina Buzzaccarini. Dopo tale esperienza pittorica e culturale l'artista alla metà del settimo decennio compie la decorazione nella chiesa degli Eremitani della cappella Maggiore, un'impresa di vastissime proporzioni per le ampie superfici decorate e di grande impegno per i molti temi iconografici illustrati. Nell'abside vengono affrescati il Giudizio universale e nel sottarco Episodi del Vecchio Testamento; nelle vele della tribuna i Dottori della chiesa; nelle pareti gli Evangelisti ed Episodi della vita di san Filippo, sant'Agostino e san Giacomo; nella zona inferiore delle pareti i Sette pianeti e le età dell'uomo.
Di fronte alla difficoltà di comporre organicamente molti episodi Guariento, muovendo dai problemi figurativi e spaziali pittoricamente risolti da Giotto negli affreschi della cappella Scrovegni, supportato dall'ambiente culturale dell'ordine degli Eremitani - che svolge un ruolo di grande rilievo per le personalità dei singoli padri e per la ricchissima biblioteca - sviluppa il problema dell'illusionismo architettonico con un'ampiezza e varietà di soluzioni senza precedenti, tanto da doversi supporre fertili contatti con l'ambiente universitario ove avevano luogo studi di matematica e di ottica molto avanzati. Oltre a ciò Guariento manifesta nuove e sorprendenti capacità pittoriche nelle figure, nella carica espressiva dei volti e nella scioltezza dei movimenti. Le Allegorie dei pianeti sullo zoccolo, in un chiaroscuro morbidissimo che rinvia alle figure allegoriche delle Virtù e dei Vizi di Giotto agli Scrovegni, sono espresse con un'eleganza e una fluidità grafica senza precedenti e Giusto poco dopo, sia pure in forme e modi variati, saprà coglierne la lezione stilistica.
Dell'intero ciclo pittorico si conservano purtroppo soltanto gli affreschi della parete sinistra e della volta, insieme alla croce del veneziano Semitecolo, suo probabile collaboratore nell'esecuzione. In gran parte perduto è il ciclo pittorico con La Gloria di sant'Agostino con le Virtù e con le Arti Liberali, commissionato a Giusto de' Menabuoi nel 1370 dalla madre di Tebaldo Cortellieri, morto nella piena maturità, uomo coltissimo e celebre giurista. Le giovani figure femminili, le poche figure sopravvissute alla distruzione del 1606, sono realizzate con un'ampiezza volumetrica "neo-giottesca" che Giusto apprende da Giotto agli Scrovegni ma anche dai pittori attivi con Giotto a Milano negli anni dal 1335 al 1337 e da pittori lombardi di cultura giottesca. Il colore avvolge morbidamente le figure in liquide trasparenze, in un perfetto equilibrio di forma e di colore. Nella chiesa degli Eremitani, dopo i cicli pittorici del Trecento, occorre attendere il secolo successivo perché si aggiunga il nuovo ciclo pittorico, la decorazione della cappella Ovetari. Nel Cinquecento viene compiuto il monumento funebre del giurista Marco Mantova Benavides, commissionato allo scultore toscano Bartolomeo Ammannati, eseguito tra il 1545 e il 1546.
Nelle grandi sculture e nel grande fondale architettonico le componenti derivate da Michelangelo e dal Sansovino non impediscono all'Ammannati di realizzare un'opera di organica monumentalità e di raffinatezze manieristiche. Provengono dalla chiesa di Sant'Agostino, distrutta nell'Ottocento, i sepolcri di Ubertino e di Jacopo da Carrara, compiuti da Andriolo de' Santi alla metà del Trecento.
Un quadro della situazione agostiniana a Padova ci viene fornita da un documento seicentesco. Le costituzioni emanate dal pontefice, la lnter Cetera del 17 dicembre 1649 e la Instaurande regularis disciplinee del 15 ottobre 1652, dovevano fornire un quadro dettagliato dello stato economico e finanziario di tutti i conventi degli Ordini religiosi sul territorio italiano. La lnter Cetera (trascritta da una copia conservata in Roma presso l'Archivio Generale dei Padri Carmelitani (Instituturn Carmelitanum)- AGOC, II, C. O, 10), prevedeva la redazione di un formulario che doveva essere compilato da tutti i conventi appartenenti agli Ordini Mendicanti, secondo uno schema riassuntivo. Sulla chiesa di Padova vi sono informazione tratte dall'lstorie di Padova di p. Angerlo Portinaro, che sono trascritte di seguito: «Il Monasterio delli RR. PP. Eremitani di s. Agostino situato nella città di Padova vicino alle mura verso il Portello in mezzo di due strade pubbliche. Fu fondato et eretto non s'ha cognitione da chi come appare nell'istorie di Padova di Angelo Portinaro agostiniano (e ciò per perdita delle scritture e revolutioni di Padova), nel libro 9. Cap: 24. c.447. La Chiesa è sotto il titolo di s. Filippo e Giacomo, fu istaurata l'anno 1253 e di nuovo della forma, che ritrova 106. Longa 180 piedi larga et alta 50 con suoi ornamenti, come si può vedere dalla suddetta historia. Acanto di quella è la sua sagrestia con bell'altare di rimpetto con pittura di S. Giovanni Battista di Guidoreno con suoi banchi di nugara intorno, e dietro detta sagrestia vi è il suo orticello. Il Monastero è situato con due Claustri grandi con circuito di 26 Colonne di Marmo, nel primo Chiostro, dei quali vi sono le sepulture della Natione Alemana con epitafi intorno, et il Capitolo, dove si fanno le funzioni dello Studio. Nel secondo vi sono undeci appartamenti per maestri e graduati con diverse camere, et horticelli, et qualsivoglia appartamento, ha la sua porta distinta che viene nel Claustro, v'è anco la Cancellaria publica del Monastero, et due Refettori, uno grande per l'estate uno piccolo per l'iverno, tra l'uno e l'altro Claustro vi è la scala publica de Dormitorio, dove habitando li PP. studenti, et altri nel qual Dormitorio vi sono Camere n. 30 habitabili, servendo l'altre più tosto per ornamento di detto Dormitorio, che per potersene servire; Passati li due Claustri, vi è la Cucina grande dove si scaldano li PP.; et dopo d'essa un altro Cucinotto per gli utensili di detta cucina con una corte scoperta e Pozzo appresso il quale vi è il legnaro, stalla per bisogno de forastieri. su detto sito v'è una forestia con Camere 9 di sotto e di sopra altre tante parte per infermaria, e parte per i Conversi, e Servitori di Cucina. Sotto il detto Claustretto vi è il Noviziato con scala da basso e horto. Di sopra Scaldatoio Camera per il Maestro Salone per i Novizi, et altre [89v] due camere per gli istessi Novizi. Vivono alla Porta che viene nel secondo Claustro di sotto due Granari, sotto de quali vi è una Cantina per uso del Monastero. L'anno 1629.8 ottobre fu fatta l'ultima prescrittione del quondam Padre Maestro Innocentio Fioruini Padovano Priore di quel tempo con I'assenso di tutto il venerabile Capitolo, e fu prefisso il numero di Religiosi e Serventi a quarantadue e connesso di Studio della Religione e Generale onde oltre i figlioli propri del Convento alimente quindici o venti studenti di diverse nationi, i quali sono posti dal Reverendissimo Generale di detto ordine a suo benpolato e più e meno. Mantiene tre moderatori ciò responsabilmente e un maestro di studio».