Percorso : HOME > ScriptoriumDupuch > Bona

Dupuch: Traslazione Reliquia di Agostino 

Frontespizio della pagina del libello stampato in occasione della traslazione

La pagina del libello stampato in occasione della traslazione

 

 

 

RELAZIONE DEL RICEVIMENTO DELLA RELIQUIA DI SANT'AGOSTINO A BONA E DEL SUO TRASPORTO AD IPP0NA

Scritta in francese da un testimone oculare e stampata a Bona nel novembre 1842

 

 

 

Portare la reliquia di S. Agostino a Milano e deporla sull'altare che copre le ceneri di S. Ambrogio era pure un voto ardentissimo nel cuore di Monsignor Dupuch. "Questo stesso giorno (scriveva egli in suo idioma di qui a Milano il dì 12 ottobre 1842) ricevetti il preziosissimo tesoro che m'era stato promesso, e che io era venuto a cercare da contrade sì lontane. Un pensiero venutomi, giova crederlo, dal cielo, mi sta fisso in cuore, né vi saprei resistere - Vorrei, prima di lasciare per ben molto tempo questi sacri luoghi e di via trasportar meco per sempre cotesta porzione insigne del corpo di S. Agostino, vorrei deporla, fosse anche per una sola mezz'ora, sull'altare ove riposa quello di S. Ambrogio riunendo nello stesso luogo il maestro ed il discepolo e raccogliendo una doppia benedizione. Inoltre, se non vi fosse niun inconveniente, stimerei grande felicità potermi trattenere quell'ultima notte in orazione dinanzi alle reliquie di S. Ambrogio e di S. Agostino .... impetrando il loro patrocinio sulla mia povera Chiesa."

Già egli aveva manifestato per lettera cotal suo desiderio al Cardinale Arcivescovo di Milano in quei giorni assente dalla Capitale, che, oltre annuire, inviò il proprio maestro di cerimonie perchè attendesse all'ordinamento della funzione.

Questi infatti il dopo pranzo della Domenica (16 ottobre) insieme al proposto parroco di S. Maria dei Servi si recò per buon tratto di via incontro a Monsignor Dupuch. Poco dopo le quattro il Vescovo d'Algeri entrava in Milano, e sceso all'atrio dell' I. R. Basilica di S. Ambrogio vi fu solennemente ricevuto da quel clero, che con cerei e con turiboli al suono festivo de' sacri bronzi e dell'organo accompagnò la Reliquia portata da due canonici algerini e seguita dal Vescovo e da Monsig. Strada proposto del luogo all'altare maggiore, ove fu posta sulla mensa ... Si cantarono dal clero le litanie dei Santi a cui facevano eco i pietosi fedeli ed indi, dopo breve dimora, il Vescovo co' suoi furono scortati alla casa prepositurale. A sera fatta egli fu nuovamente a pié dell'altare, e consigliato al riposo, dopo assai buona pezza si ritirò; vi fu il dì seguente (17) innanzi l'alba; ascoltò alcune messe che varii distinti sacerdoti si recarono a gran ventura di poter dinanzi a quella reliquia celebrare, ed ivi la celebrò ancor egli: vi fu da ultimo per qualche ora prima della partenza. Questa avvenne intorno alle undici dopo le supplicazioni come alla venuta, e dopo aver quel Prelato venerabile impartita a molti astanti la sua pastorale benedizione.

Un canonico algerino ed uno della basilica portarono il prezioso pegno frammezzo agli accoliti che recavano doppieri, precedeva con cerei numeroso clero, seguiva il Vescovo con Monsig. Prevosto, il quale alla porta dell'atrio incensata la reliquia ricevette dal Dupuch egli e varii de' suoi, le testimonianze più affettuose di attaccamento fraterno. Partito da Milano il Vescovo d'Algeri giunse a Novara alle tre pomeridiane dove era aspettato da tutta la città. Quivi la cassa della reliquia fu collocata nella Cattedrale ed esposta alla pubblica venerazione sull'altare maggiore a tale uopo riccamente adorno; il clero ed un immenso popolo giubilavano di potere venerare e possedere, sebbene per pochi istanti, un sì prezioso tesoro.

Sull'incominciar della notte Monsignor Dupuch abbandonò Novara, ed alle 8 ore pomeridiane pervenne a Vercelli, ove la reliquia di S. Agostino dovea ricevere straordinarii onori. Infatti all'arrivo dell'Algerino Prelato, S. E. M. d'Angennes Arcivescovo di quella città accompagnato da numeroso clero e da tutte le confraternite della città e da immenso popolo ha ricevuto la santa Reliquia vestito degli abiti pontificali fra i sacri canti e la pubblica allegrezza. Una lunga e divotissima processione scortata dai reali dragoni si è schierata e dopo di aver percorsa tutta la città, splendente per ispontanea illuminazione ritornò alla Cattedrale bellamente addobbata, dove si fece sentire una magnifica musica ordinata a celebrare la gloria del grande Dottore della Chiesa d'Africa. Il Governatore, i Magistrati della città hanno voluto aver parte a questo religiosofesteggiamento aumentandone lo splendore e la bellezza colla loro presenza. La pia cerimonia ebbe fine colla benedizione del SS. Sacramento che fu impartita dal Vescovo d' Algeri.

Il 18 Monsignor Dupuch ha celebrato la santa Messa sulla tomba dell'illustre S. Eusebio, dove il giorno innanzi era stata collocata la reliquia di S. Agostino. Il Capitolo della metropolitana assistette al venerabile Prelato Algerino nella celebrazione dell'incruento sacrificio; un immenso popolo era adunato nella Chiesa per ascoltare la messa, e partecipare ai sacri canti di cui echeggiavano le volte della Cattedrale. Dopo d'aver onorato le spoglie di S. Eusebio il gran difensore della fede contro l'arianismo, insieme ad altre preziose reliquie esistenti in quel tempio, il Vescovo d'Algeri si congedò da S. E. P Arcivescovo, dal Capitolo, dai Magistrati e dal popolo affollato innanzi alla Cattedrale e partì alle dieci ore della mattina per Torino dove arrivò la sera alle cinque. Lungo il cammino la santa reliquia ha ricevuto le più vive dimostrazioni di religioso ossequio dagli abitanti dei villaggi vicini, che da ogni parte si presentavano per osservare l'illustre viaggiatore, e il sacro Deposito che seco trasportava.

Il 19 la sacra relìquia venne esposta alla pubblica venerazione nella Chiesa delle religiose del Sacro Cuore, dove il Vescovo Dupuch celebrò la santa Messa in presenza della numerosa comunità e di una folla di distinte persone raccolte nella cappella esterna del Monastero, che fu sempre piena di gente, che si succedeva di continuo per vedere ed onorare quella preziosa reliquia. E qui le Educande di quel rispettabile Monastero, nel quale il dì innanzi la Regina erasi degnata conferire i premi, offersero nuovo e commovente spettacolo.

Recatesi in divota schiera alla Chiesa, le premiate deposero le corone e i premj loro sulla balaustra dell'Altare, offerendoli in ossequio alla preziosa reliquia. A1 quale atto di venerazione intenerito Mons. Dupuch, tenne un discorso, in cui disse e delle accoglienze avute in Pavia, e del modo col quale gli fu donato il sacro pegno, e del pregio in cui si deve tenere quel braccio, che tanto operò per la gloria di Dio, e della protezione, che non sarebbe mancata a quelle fanciulle, che delle care palme ottenute facevano omaggio al grande Dottore. Nello stesso giorno l'africano Prelato fu a pranzo dal re di Sardegna, che gli fu liberale di cortesi parole e onorevoli dimostrazioni.

Partito da Torino alle nove della sera attraversò rapidamente la città di Cuneo; il 20 alla mattina valicò il colle di Tenda, e finalmente pervenne a Nizza il 21 alle 4 ore del mattino. Alle nove la preziosa Reliquia è stata ricevuta ad Antibo dal Clero e da tutti gli abitanti. Prima della santa Messa il prelato Dupuch ha tenuto un commovente ragionamento, che ha prodotto la più viva impressione.

Alle undici partirono per Frejus, dove Monsignor Michel Vescovo di quella Città, il Capitolo, il Clero, il Seminario, e le diverse Confraternite hanno ricevuto il braccio di S. Agostino sopra un altare appositamente preparato all'ingresso della città. Cantata 1'antifona del S. Dottore, fra la melodia di una soavissima musica, la sacra reliquia fu portata in processione nella Cattedrale, dove arrivato Monsignor Dupuch pronunciò un'allocuzione Tiva ed affettuosa dopo la quale diede la benedizione del SS. Sacramento.

Il 22 ottobre Monsignor Michel Vescovo di Frejus accompagnato dal suo Vicario generale e dal suo Secretano, essendosi unito al Vescovo d'Algeri ed al suo seguito partirono insieme da Frejus alle sei ore del mattino. Lungo la strada a Vidauban, a Lue, a Pignans, a Cuers, a Sollies-Pont la sacra reliquia ha ricevuto i teneri omaggi degli abitanti di quei luoghi, che si mostravano ansiosi di vederla e venerarla. Finalmente alle cinque della sera arrivò sul campo di Marte a Tolone frammezzo a trenta mila persone, che coprivano la piazza e lo spalto. Ricevuta dal Curato di Nostra Signora, da numeroso clero di quella e di varie altre diocesi della Francia fra un prodigioso numero di fedeli accorsi da tutte le parti, al suono di tre musiche militari, attorniata dalle Confraternite di tutte le parrocchie della città, fu collocata sopra 1'altare innalzato in mezzo della vasta piazza del Campodi Marte d'onde fu portata processionalmente fra i sacri canti, ed i concenti di militari sinfonie nella chiesa maggiore di Nostra Signora, e deposta sull'altare, fu venerata e successivamente incensata dai sette Vescovi presenti alla cerimonia, cioè Monsignor Michel Vescovo di Frejus, Monsignor Dupuch Vescovo d'Algeri , Monsignor Donnet Arcivescovo di Bordeaux, Monsignor de Prilly Vescovo di Chàllons, Monsignor Mazenod Vescovo di Marsiglia, Monsignor Sibour Vescovo di Digne, e Monsignor Chatrousse Vescovo di Valenza, indi fu esposta in una magnifica nicchia alla venerazione del popolo.

Il 23, giorno di Domenica, il Vescovo di Frejus Monsignor Michel cantò la messa solenne di S. Agostino: tutti i Prelati sopra nominati, ai quali s'era aggiunto Monsignor Dufètre nominato Vescovo di Nevers, assistevano alla augusta funzione sopra diversi troni loro preparati nel santuario. Alle tre ore si cantarono i vesperi solenni da Monsignor Donnet Arcivescovo di Bordeaux a cui furono presenti tutti gli altri Prelati. Terminati i vesperi Monsignor Vescovo d'Algeri rivolto al popolo, che era affollato nella Chiesa tenne un discorso pieno di fuoco e d'unzione in cui dimostrò che la mano del Signore si faceva evidentemente sentire nella traslazione della reliquia di S. Agostino, che portava seco con tanto onore nella sua diocesi, e manifestò inoltre le speranze che nutriva per 1'avvenire dell'Africa. Immediatamente dopo il discorso si fece una solenne processione per le principali contrade della città: la cassa di S. Agostino era portata da preti vestiti degli abiti sacerdotali, la seguivano i Vescovi vestiti di piviale e mitra, la folla del popolo ingombrava le strade e le pubbliche piazze. La processione rientrò nella chiesa maggiore di Nostra Signora alle sei ore e mezzo, e la sacra cerimonia fu terminata colla benedizione del SS. Sacramento data dall'Arcivescovo di Bordeaux. Subito dopo Monsignor Michel vivamente commosso da questo magnifico spettacolo tenne al suo popolo (Tolone forma parte della Diocesi di Frejus) una patetica allocuzione, in cui malgrado la sua avanzata età, ha fatto conoscere ancora quel fuoco e quella commovente unzione che caratterizzavano tutti i suoi discorsi, allorché faceva sentire la sua voce così sovente fra le pareti di quella stessa chiesa di cui fu parroco per molti anni.

Il 24 la reliquia fu esposta tutta la giornata alla venerazione dei fedeli che andavano con trasporto ad offrire i loro omaggi ai sacri avanzi di un Santo, che con eguale confidenza viene invocato e dai giusti e dai peccatori.

Il martedì 26 ottobre alle ore otto il Vescovo di Algeri ha celebrato la santa Messa nella chiesa di Nostra Signora alla presenza di tutti gli altri Prelati. La folla dei fedeli empiva tutta la chiesa. Celebrato il santo Sacrificio, Monsignor Dupuch tenne un breve affettuoso discorso per ringraziare il Vescovo di Frejus, il parroco di Nostra Signora e i buoni fedeli di Tolone del loro zelo e premura, e congedossi da loro coi più obbliganti modi. Mosse indi la comitiva alla spiaggia del mare camminando verso il porto col Clero delle quattro parrocchie ed al suono di musicali stromenti. La cassa portata da quattro sacerdoti in pianeta era seguita dagli otto Prelati. Il Vescovo di Frejus impedito dalla sua decrepitezza di seguire il nobile corteggio diede un commovente addio agli illustri viaggiatori colle seguenti parole: "Monsignori! In procinto di separarmi da voi ricevete gli ultimi miei saluti. Oh se vorrei pure potermi far vostro compagno! ma certo che i miei preghi almeno e i miei voti vi seguiranno sulla terra d'Africa fino ad Ippona. Degnisi la divina Maria, la Stella del mare farsi vostra guida e splendere su di voi in questo tragitto! E l'Angelo del Signore deh vi accompagni, egli abbonacci sulla vostra via i furenti marosi: vi scorga, vi conduca fino al porto, avventurata meta delle vostre brame. Facciasi, che per voi sia tosto resa alla cara Ippona la porzione preziosa del grande Agostino sì felicemente ottenuta dal venerabile mio fratello Monsignor Vescovo d'Algeri. Pregherò per voi, e tutto il mio clero del pari pregherà onde impetrare da Dio un buon viaggio ed un felice ritorno."

L'ammiraglio Baudin prefetto marittimo presiedeva sul porto all'imbarco della preziosa Reliquia, dei Prelati, e del loro seguito, e dalle 4 ore erano giunti sul pachebotto il Gassendi, che partì qualche ora dopo per Bona con favorevole vento. Trenta altri ecclesiastici rappresentanti diverse diocesi della Francia salivano nello stesso tempo un altro batello il Tenaro, che viaggiava insieme al Gassendi. Non si poteva desiderare un tragitto più magnifico.

Il 26 la sacra reliquia venne collocata sulla coverta della nave, e intorno ad essa con augusta pompa si cantarono i vesperi solenni dall'episcopale corteggio.

Il 27 il fortunato vascello costeggiava la Sardegna. Era intenzione dei Prelati di sbarcare a Cagliari , ove per due secoli si conservarono le onorate spoglie di S. Agostino, ma il timore di non poter giungere il 28 a Bona, avendo fatto abbandonare questo progetto, determinò i Vescovi ad accontentarsi di benedire solennemente quell'Isola colla santa Reliquia. La mattina del 28 erano alla rada di Bona. Da che la Francia s'insignorì di questa terra Africana ben di soventi i nemici di lei si racconsolarono credendo non essere lontano a giungere il giorno, in cui essa dovesse abbandonare la sua conquista. Non pochi stavano in timori e grandi trepidazioni, e colui che appoggiate le sue speranze in un bell'avvenire erasi condotto a confidare le sue fortune a questo suolo, ed a bagnarlo co' suoi sudori, paventava sotto a suoi piedi gli mancasse. Egli è, che la Francia unicamente intenta a raffermare il suo acquisto, non per ancora aveva posata quella pietra angolare, senza la quale vanamente uomo s'adopera ad edificare. Pur tuttavia da parecchi anni molti pregiudizi si sono dissipati e tranquillati molti animi timorosi, e se la Croce non aveva ancora compiutamente trionfato in questa terra degli Agostini e dei Cipriani; non pertanto però era ai Sacerdoti concesso di percorrere con sicurezza le città e le campagne, e di innalzare all'ombra del vessillo di Francia un umile altare e di porgere ai morienti i soccorsi del loro sacro ministero.

Ma se lungo tempo i nostri cuori hanno ondeggiato fra i timori e le speranze, se noi sovente abbiamo gettato uno sguardo di dolore sopra queste belle regioni, in cui mal fermi sembrava mettessimo i nostri passi, d'ora innanzi le nostre trepidazioni verranno dimenticate, rimosse le nostre esitazioni, e le speranze nostre rianimate sorgeranno; poiché ora è messo il fermamento alla potenza nostra nell'Algeria col ritorno bramosamente desiderato delle Reliquie dei Santi.

La tradizione racconta, che allorquando la giustizia di Dio alla fin fine si decise punire questo paese fatto sordo alle parole d'Agostino, si udirono voci, come un tempo a Gerusalemme, che esclamavano; togliamoci di qua, togliamoci di qua, ed allora uno stormo di barbari stromento della vendetta di Dio si estese sopra la terra d'Illirica come ruinoso torrente menando per ogni parte desolazione ed esterminio. All'appressarsi di questi infedeli ognuno fuggiva; i Vescovi caricatesi le spalle delle Reliquie dei Santi, che i Vandali avrebbero profanate, Le portarono con sollecitudine in terre straniere. Privo di questo Palladio, l'Africa per quattordici secoli è stata calpestata come il fango dal piede del barbaro, per quattordici secoli la vendetta di Dio ha passato sopra di lei, come un incendio. Ed ecco che ora mai il viaggiatore cerca invano le vestigia di quelle fiorenti città, che facevano queste spiaggie orgogliose; non infrequentemente esso discopre ruderi di templi e di anfiteatri fra gli sterpi che li ricoprono; vede un arabo errante pascere la greggia, ove sorgevano palazzi di Re; e scorge che una triste ed infruttifera vegetazione si stende come uno strato funebre sopra uno scheletro roso dal tempo dove già sorgeva Ippona e Cartagine.

Ma affrettiamoci a dirlo; la giustizia di Dio alla perfine si è placata, il pegno della salute è ridonato all'Africa, il segnale della riconciliazione ci è porto nel tornare alla sua Ippona i sacri avanzi di Agostino. Se nei trascorsi tempi l'allontanamento di questo tesoro in terre straniere fu il segno della rovina; perchè il suo ritorno in questi luoghi non sarà egli il segnale della riedificazione? Ah sì questo pensiero è troppo caro ai nostri cuori, è troppo corrispondente alla misericordia del Signore, perchè noi non abbiamo ad accoglierlo come una santa inspirazione.

Prima di partire per Pavia Monsignore Vescovo d'Algeri in una sua pastorale tracciò la storia della Reliquia di Sant'Agostino dal giorno in cui il grande Dottore fu tolto al mondo dalla morte; furono da prima i suoi avanzi mortali trasportati da Fulgenzio di Ruspa in Sardegna, e di poi per le pie cure del Re Luitprando a Pavia capitale del regno de' Longobardi. D'allora le innumerevoli grazie, che queste ossa gloriose spargevano intorno come soave profumo, ne conservarono la traccia per lungo corso di secoli. Monsignore ci narrava le magnifiche promesse a lui fatte in un precedente viaggio di rendere alla Chiesa d'Ippona una parte insigne di questo Corpo venerato; cioè il braccio destro del Santo, e ci annunziava imminente il ritorno di questo prezioso tesoro. Questa graditissima novella preparò la città di Bona alla grande cerimonia , di cui noi tenteremo di farne l'esposizione. Otto giorni prima dell'epoca stabilita un Missionario di Lione, il Reverendo Abate Montial aveva cominciato a predicare gli esercizj spirituali nella piccola Chiesa di Bona. Le sue predicazioni accolte dapprima dimessamente, avevano ben presto riunito intorno al suo pergamo un numeroso uditorio, ed a misura che si approssimava il fortunato giorno, in cui le Reliquie di Agostino dovevano toccare queste rive, la Chiesa si trovava troppo angusta a contenere la moltitudine bramosa di ascoltare la divina parola.

Il giorno 28 ottobre appena il sole irradiò le colline dell'Edough, il cannone annunziò alla città di Bona l'arrivo del tesoro che da 1344 anni era fuggito lontano dalle sue rive. A questo segnale di festa incontanente rispose il lieto squillo delle campane ed in ogni parte si diceva che nella notte due bastimenti da guerra avevano preso fondo vicino al porto e che in quel momento bellamente si ornavano a festa solenne. Allora pure si narrò che sette Vescovi eletti a rappresentare tutti i Vescovi di Francia avevano varcato il mare seguiti da un numeroso clero per unirsi al trionfo del gran Dottore. In quel tanto la moltitudine corre, s'affolla al porto dove un bell'arco trionfale di verzure era innalzato con questa iscrizione. Ad Agostino la sua cara Ippona. Alle ore otto e mezzo della mattina la processione era ordinata sul porto e sul suolo. Ben presto sulla placida onda s'avanza con solennità una lunga fila di scialuppe; il sonante tuffo dei remi mossi in cadenza accompagnava la grave armonia del Benedictus, che i Vescovi ed i Sacerdoti cantavano colmi di un medesimo sentimento di gioja e l'eco delle spiaggie ne ripeteva il suono. La moltitudine penetrata essa pure da un innenarrabile sentimento di contentezza seguiva cogli occhi la benedetta flottiglia, che piegando intorno al forte Cicogna si avanzava verso il molo.

I marinai raccogliendo i remi, disposero le barche a semicerchio, mentre una di esse avvicinandosi al lido vi depose la statua di bronzo di Agostino destinata al monumento elevato ad onore di lui. I Vescovi avventurati testimoni del trionfo del Santo Dottore tosto posero piede a terra, mentre che il Reverendo Abate Suchte Vicario generale d'Algeri ed Arcidiacono d'Ippona sotto un magnifico baldacchino di veluto cremisi, donato dal Re de' Francesi alla Cattedrale d'Algeri, ricevette dalle mani del Vescovo Successore d'Agostino il prezioso Deposito, che la Chiesa di Pavia porge alla sua sorella d'Ippona. Allora i Prelati, precedendoli il riunito Clero, s'avanzano taciti verso l'arco trionfale sotto il quale le Autorità civili e militari attendevano Monsignor Vescovo d'Algeri per esprimere a Lui ed ai Vescovi compagni del suo devoto pellegrinaggio le loro felicitazioni ed i voti loro. Quando la Santa Reliquia fu deposta sopra un altare a ciò preparato, il sig. Pepin Maire di Bona pronunciò alla circostante udienza con voce commossa il seguente discorso. Monsignore ! Già la Città di Bona ben apprezzava la sua prospera situazione (L'antica Città d'Ippona venne distrutta dal Califfo Odmar nell'anno 651.

Alcun tempo dopo i Maomettani hanno fabbricata un'altra Città verso occidente che gli Arabi nominarono Beledel Ugueb che vale quanto, luogo dei giuggioli, a causa dell'abbondanza che i suoi d'intorni producono di questo frutto. I cristiani l'hanno chiamata Bona dall'antico nome Ippona, o perchè questo luogo è il più fertile di tutta Barbaria. Mor. Dict.), i suoi contorni, ed il comprender ne' suoi sobborghi le due colline, dalle quali non si possono disgiungere tante memorie grandiose e di religiosa venerazione.

Già per Bona Cristiana e Francese era una lietissima speranza essere chiamata a rannodare la catena de' tempi nella duplice storia della Chiesa di Gesù Cristo e dell' incivilimento delle nazioni nel luogo medesimo, nel quale la Religione cattolica e lo spirito umano furono glorificati con tanta rinominanza e con tanto splendore ! Ma Bona oggigiorno non possederà soltanto le due colline della regale Città, non soltanto le memorie e le vestigia dell'uomo stesso che le ha fatte celebri; non soltanto un busto più o menopregiato per la preziosità della materia, più o meno sorprendente per la rassomiglianza, ma lo stesso Corpo, od una parte almeno del Corpo di questo Principe della Chiesa così grande innanzi agli uomini, così grande innanzi a Dio .... ! Rifiorisce in queste regioni la civiltà e con lei la Religione di Cristo, che è la Religione del progresso, e Bona in questo momento non solo ha la speranza di divenire, dopo la capitale, il centro più luminoso di quest'ultima e grand'opera della nostra conquista, ma ne possiede la certezza.

Questa certezza s'impadronisce della mente e del cuore con tanta sicurezza, con tanta gioia o con tanta nobile e giusta alterezza nell'avvenimento di questa solennità ed alla presenza di questo santo Reliquiario! ... Poiché il Braccio che vi è racchiuso è venuto a benedire le nostre bandiere, ad assicurare alle nostre armi tutti i trionfi della vittoria e restituito ai luoghi dove fece cose immortali, opererà nuovi prodigi e comanderà alle sorgenti fecondatrici della fede religiosae della umana scienza di novellamente scaturire e scorrere sopra questa terra sitibonda per renderle la sua primiera ricchezza e beltà. Voi Monsignore sì meritevole per tante virtù di succedere a Colui, che in terra fu insigne fra gli uomini insigni, e che in Cielo è Santo fra i Beati, voi. Monsignore, che sotto il patrocinio del nostro Governo e col sollecito concorso dei grandi Diguitari della Chiesa ci recaste il pegno del più lieto avvenire, Voi , Monsignore, abbiate i rispettosi sentimenti di alta ammirazione e di riconoscenza vivissima della Città, a Voi cara, ed alla quale io mi glorio d'essere ora il rappresentante.

A queste degne e nobili parole, Monsignore Vescovo d'Algeri rispose ringraziando il Maire e tutte le Autorità delle loro sollecitudini e dello zelo con che concorsero a far bello iltrionfo del Santo, ed i suoi voti unì a quelli che gli erano porti, che sia questo giorno fortunato principio di un'era di benedizione per tutta l'Africa cristiana ed in singolar modo per la Chiesa di Bona.

Allora s'innoltra l'Abate Suchet e così parla: Monsignore ! Misit Simon et accepit ossa Jonathae fratris sui, et sepelevit ea in Modin civitate patrum ejus. 1. Machab. c. 13. 25. In quella stessa guisa che il Sommo Pontefice e capo del popolo di Dio, Simone, andò in cerca del corpo del suo fratello Gionata, al quale successe, per trasportarlo nella Città degli avi suoi, così Voi, o Monsignore, Fratello e Successore del grande Agostino, Voi siete andato, per nulla curando i disagi di lungo e periglioso viaggio, a cercare in terra ospitale le sue sante Reliquie per portarle in trionfo alla sua cara Ippona, per sì lungo tempo vedova sconsolata del suo amatissimo pastore.

Dacché la Francia si è impadronita di queste regioni, che pure sono vostre, tì parve udire dall'alto de' Cieli la voce d'Agostino; come allora che Belisario ritolse l'Africa ai feroci Vandali il Vescovo Leto intese a Cartagine la voce di Cipriano che esclamava al Signore: Terram tuam tuis redde: redde meis ossa mea. Ed ecco che sollecito Esecutore dei voleri dell' Altissimo Voi dietro le nostre vincitrici insegne avete ricondotto sopra questa terra Cristiana i figliuoli del Dio vivente ed oggigiorno Voi rendete a questi fortunati fedeli le ossa del suo celeste Proteggitore. Apostolo avventuroso ! La benedizione del Cielo scenda sopra di Voi per questa doppia missione che avete in sì ammirabil modo adempiuta. Salve, o santa Reliquia! Esulta, esulta di ritornare a questa terra per sì lungo volger d'anni sconsolata; tripudia nelle sue allegrezze, oggi che sei ridonata all'amor suo.

Valgano a soddisfarti della ingratitudine e della dimenticanza de' tuoi degeneri figli la fede, le sollecitudini, gli omaggi, i voti di questo nuovo popolo da lontano venuto per essere spettatore di questo giusto trionfo! Ma che! questi non sono già i figli dì quel tuo caro popolo di cui fosti il buon Pastore; una belva crudele li ha divorati (Fera pessima devoravit Joseph). Intende (Psal. XLIV. 5) Vedi, vedi la tua diletta Ippona, la riconosci tu? Come unr altra Rachele assisa sulle ruine delle tombe 5 ella chiama invano da quattordici secoli i suoi figli. Ella ricusa ogni consolazione, poiché eglino le sono smarriti !

E che mai accade di quei fervorosi cristiani ? che faceano popolosa questa Città? Ove sono le devote vergini per tua cura raccolte e che per ogni dove seguivano l'Agnello immacolato ? Ove sono quei zelanti Sacerdoti, que' tanti Pontefici tuoi benevoli ? che unitamente a Te la gloria formavate del secol vostro ? Ove quei tempj magnifici, nei quali del continuo le lodi del Signore risuonavano? Ahi sventura, sventura, sventura! Disperse sono le pietre di que' Santuarj nei trivj; e piangono le desolate sue vie la spenta face della vera Fede. Intende, vedi ovunque abbattimento ed esterminio. Prospere procede. Ritorna, vieni a por termine al suo dolore immenso come il mare Novello Eliseo, che la presenza di questo tuo prezioso Avanzo mortale renda la vita a tante anime morte. Traggi Tu dall'annichilamento questa antica Chiesa d'Africa, che fu già Madre di tanti Santi, di tanti gloriosi Martiri. Vieni a por riparo a tanti mali a liberarci da tanta rovina ! … Prospere procede et regna. Vieni a prendere novellamente possesso del tuo Seggio insigne. Vieni a ristabilire il tuo impero là ove sino al presente, neppure ti fu lasciato il rifugio della tomba ! Prospere procede et regna. Che questo possente Braccio alla vista del quale noi ci prestiamo, ci sostenga e ci diriga; che Esso s'innalzi a benedirci. Onore, gratitudine, benevolenza a Voi, amantissimo Prelato, l'amico, il fedele imitatore d'Agostino, che a Lui avete preparato con tanta sollecitudine questo bel trionfo.

Quale gloriosa pagina Voi oggi aggiungete alla celebrata storia della Chiesa africana ! In avvenire verrà benedetto di generazione in generazione il vostro Nome come sono benedetti i nomi di Eugenio da Cartagine, Fulgenzio di Raspa e di Liutprando, Onore, gratitudine, benevolenza a Voi, o Monsignori, a Voi , che il vivo amore per Agostino e per la sua rinascente Chiesa ha fatto oltrepassare i mari intraprendendo un così disastroso viaggio ? per dare a questo trionfo sì gran solennità! A Voi degni rappresentanti dei confratelli vostri Vescovi di Francia, che per le sollecite vostre cure sorge questo augusto monumento alla memoria dell'insigne Dottore della Chiesa universale ! Onore, gratitudine, benevolenza all'illustre Vescovo di Pavia, al suo Venerabile Capitolo, al suo Illustrissimo Municipio, a tutti gli ordini degli abitatori di quella Città sì a ragione orgogliosa di possedere un tanto prezioso Tesoro, e che con tanta cortesia e generosità amò con noi dividerlo! Questo sacro Pegno sarà legame, che terrà mai sempre unite le due Chiese di Pavia e d'Algeri.

E noi cittadini della novella Ippona grandemente godiamo d'esser fatti i fortunati custodi di questo insigne Deposito. Il mondo cattolico invidia alla nostra avventura e noi rendiamocene degni d'averla conseguita. D'ora innanzi noi non ci prostreremo sopra mute mine, davanti una vuota tomba, ma davanti ad una Reliquia di Sant'Agostino ! Quivi a noi parrà vederlo, intenderlo, parlare a Luì, quivi noi l'invocheremo con maggiore fiducia, con più vivo fervore. Quivi vicino a Lui i nostri cuori si sentiranno riscaldati da quella facella che infiammò il suo cuore. Possano i popoli accorrere in folla ad offrire i loro omaggi ed i voti loro a questa venerata e santa Reliquia! Possano i miracoli di grazia, che il nostro santo Agostino operò vivendo, rinnovarsi alla sua tomba, la quale sempremmai diventi gloriosa nel seguito de' secoli! Et ossa ipsius visitata sunt et post mortem prophetaverunt; ipsum gentes deprecabuntur, et erit sepulchrum ejus gloriosum (Eccl. 49- 18. Isaiae n. io).

La viva commozione d'animo di Monsignore Vescovo d'Algeri non gli concesse rispondere che brevi parole a questo discorso tutto pieno di sacerdotale unzione. La processione allora s'incamminava coll'ordine seguente: In capo s'avanzavano i fanciulli preceduti da un umile stendardo, sul quale era ricamato il segno della Salute con queste parole: in hoc signo vinces.

Le donzelle tutte bianco vestite venivano dappoi schierate sotto l'insegna della Regina del Cielo. Queste erano seguite dalle Dame della città, che precedevano immediatamente tredici Suore della Dottrina Cristiana di Nancy provvidamente giunte il giorno medesimo. Dopo ciò veniva la musica militare elevando i guerrieri concenti alla gravità della cerimonia; da sei marinaj del Gassendi, che avevano chiesto questo onore, era portata la statua di bronzo del gran Dottore atteggiata cosi che tiene fra le mani uno de' suoi immortali volumi. Dodici bambini vestiti in lunghe robe di lino e col capo coronato abbruciavano d'innanzi alla santa Reliquia incensi e spandevano fiori: di poi teneva dietro un numeroso Clero accorso da tutte parti di Francia per assistere a questa oltramirabile solennità. Questi Ministri dell'Altissimo soli potevano degnamente apprezzare la sublimità di questo trionfo. L'abbondante esultazione degli animi loro gli fece prorompere nel festoso cantico di Sion tanto opportuno alla circostanza; In convertendo Domìnus (Psal. 125) ecc. A quelle parole: euntes ibant et flebant eglino si richiamavano alla mente l'acerbissimo cordoglio che avrà occupato l'animo di que' santi Vescovi d'Africa fugati e spersi dalle loro sedi dai barbari Vandali. Ma al vedere tornare tanto insperatamente nella sua Ippona questo mortale avanzo d'Agostino eglino cantavano colla più viva gioja venientes autem venient cura exultatione.

Il nome dei Vescovi a che rappresentavano il cousorzio dei Vescovi di Francia accorso alle spinggie d'Africa per festeggiare personalmente il ritorno d'Agostino alla sua terra natale di già appartengono alle pagine della Storia. I Monsignori, Donnet Arcivescovo di Bordeaux, De-Monyer de Prilly Vescovo di Chàlors, Sibour Vescovo di Digne, De Mazenod Vescovo di Marsiglia; Chtrousse Vescovo di Valenza; Dufètre nominato ora Vescovo di Nevers, Dupuch Vescovo d'Algeri.

La santa Reliquia locata in una cassa di cristallo e d' argento veniva portata in una bara ornata di belle drapperie dai Reverendi Montial predicatore e da Banvoy Curato di Bona, che da sei anni governa con paterna sollecitudine il gregge alle sue cure affidato.

Un ricco baldacchino scintillante di ricami d'oro era portato da sei notabili della Città. I cordoni erano tenuti: dal Colonello della Legion straniera rappresentante V armata, dal Maire rappresentante la Città , dal Procuratore del Re rappresentante le Magistrature, da Saint-Leon comandante della milizia d'Africa, dal Console della Santa Sede rappresentante il Corpo diplomatico, dal Capitano comandante del porto rappresentante la marina. Dopo il baldacchino erano in corpi riuniti, il Generale Randon, il Presidente del Tribunale e tutte le Autorità civili e militari di Bona.

Al suono festoso delle campane, al lieto battere dei tamburi, alla piacevole melodia dei musicali concerti si mescolava il grave e maestoso canto della Chiesa. Cosi preceduta da questo corteggio e così riverentemente ossequiata la santa Reliquia dopo essere passata sotto un secondo arco di trionfo innalzato nella via di Costantina arriva sulla gran piazza, ove al centro di un quadrato di truppe era stato innalzato un altare maestoso nella sua semplicità. Fu deposto con riverenza il prezioso Avanzo del nostro Santo in presenza dei Vescovi e delle Autorità tutte riunite. Al di dietro dell'altare, come all'ombra d'Agostino, si mirava una Deputazione di Musulmani avente alla sua testa il Cadì. Le truppe francesi ed africane facevano chiusura a questa mirabile scena, e più da lungi sulla piazza e alle finestre una folla avida di vedere e di udire stava protesa ed attenta per nulla perdere di questa importante Solennità. Il Santo Eucaristico Sacrificio si incominciò e compì accompagnato dal suono di devota musica. In questa singolarissima circostanza il Successore d'Agostino non seppe tenersi dal porgere al gran Vescovo d'Ippona un giusto omaggio di lodi e d'amore. Il suo cuore infiammato di santo zelo gli dava un facile ed ornato parlare. Giammai la sua loquela, che è sempre animata ed espressiva fu sì sciolta in più ardenti espressioni. Egli ci andava dicendo la dolce compiacenza, di che sentiva la sua anima inondata alla vista d'un tale spettacolo; di poi tracciando a gran tratti il dominio tenuti dai Vandali in Ippona quivi chiamati dalla vendetta di Dio, dipinse e le calamità che questa grande Città ebbe a patire ed il nostro Agostino moriente pregando a prò del suo popolo. Di certo, soggiuns'egli, il misericordioso Iddio per consolarlo nella sua ora estrema gli fece travedere che fra il volgere dei secoli sarebbe pur giunto questo giorno avventurato, che dovea ricondurre in trionfo nella sua cara Ippona questo suo mortale Avanzo. Dippoi imponendo le sue mani sul sacro Reliquiario: Jungamus dexteras esclamò; uniamo le mani nostre, o Voi, che io non so con qual nome più giustamente chiamarvi, Se io vi dico mio Padre ah ! Voi lo siete di certissimo; ma io non oso usurparmi il nome di figliuol vostro; se io vi dico mio Fratello, io arrossisco d'essere così poco degno di così stretto parentado; se vostro Successore ed amico mi dico, Voi lo siete in verità, ma che mi son io per succedere ad un Agostino ? Congiungiamo però le nostre mani, o Voi che siete mio Padre, mio Fratello, mio Predecessore, Amico mio! Uniamo le nostre mani per benedire questa novella Ippona, che con tanto tripudio vi riceve, per benedire questo popolo, il quale comechè non lo abbiate conosciuto, egli vuol essere e si dice vostro; uniamo le nostre mani per benedire questi prodi guerrieri, che ci stanno intorno, e dalla bravura de' quali noi dobbiamo questo edificante trionfo; uniamo le nostre mani per benedire costoro che quantunque disgiunti per una straniera credenza, pur tuttavia ci sono fratelli; uniamo le nostre mani per benedire in fine questi d'intorni, queste montagne, questa terra, che altre volte cogli occhi vostri mortali conosceste, e che ben di sovente udirono la vostra eloquente voce.

Dette queste commoventi parole i sette Vescovi l'un dopo l'altro ascesero all'altare per venerare la preziosa Reliquia d'Agostino; indi Monsignore Vescovo d'Algeri innalzatala colle sue mani la mostra al popolo e solennemente lo benedice. Ciò compiuto, la processione si rimette in cammino cantando il Te Deum, e giunta alla Chiesa fu la Reliquia collocata sull'altare per essere esposta alla venerazione dei fedeli.

I vesperi furono cantati da Monsignore l'Arcivescovo di Bordeaux, che in un discorso sulla solennità di questo giorno rammentò con consolazione come quattro anni innanzi nel medesimo dì aveva fatta la Episcopale consacrazione al pio Successore d'Agostino.

La sera una generale luminaria provò la pubblica comune gioja. E qui non è a passarsi in silenzio la generosità colla quale gli abitanti di Bona offersero ospitalità agli illustri Personaggi, che erano venuti a prendere parte a questa cerimonia. Le Autorità civili e militari principalmente gareggiarono in sollecitudini. Il sotto Direttore dell'interno, che per indisposizione di salute non avea potuto esser presente alla cerimonia si fece pregio di alloggiare i Monsignori Arcivescovo di Bordeaux e Vescovo di Marsiglia, e chi scrive, è avventurato di poter essere l'interprete dei sentimenti di riconoscenza, che udì esprimere dai venerabili Prelati. La memoria dei tre felici giorni passati a Bona resterà impressa nel cuore di ognuno.

Il sabato 29 la sollecitudine del popolo per godere la presenza dei Santi Vescovi ed udire le loro sacre parole non fu minore di quella del giorno innanzi. Monsignore il Vescovo di Digne pontificalmente officiò e in una istruzione piena di forza ed insiememente di unzione rammentò che altre volte la Diocesi, di cui egli è Vescovo, ebbe la grazia di essere evangelizzata da due Sacerdoti d'Ippona. San Vincenzo e San Connato, di certo inviativi da Agostino. Profittando di questa opportunità offerse un giusto tributo di lodi al degno Vescovo d'Algeri (ch'egli non sapeva presente al discorso). Esso ricordò come virtuosamente questi condusse la sua giovinezza mentre studiava il diritto a Parigi. Monsignor Sibour terminò la sacra funzione amministrando i Sacramenti dell' Eucaristia e della Confermazione ad un gran numero di fedeli. Ai vesperi solenni di questo stesso giorno la folla non fu men grande, che quella della vigilia; a questa volta Monsignor Vescovo d'Algeri raccontò in un discorso le particolarità del suo viaggio da Pavia a Bona; mostrò i popoli accorrenti da tutte le parti; gli abitanti spontaneamente vestiti dei loro abiti festivi farsegli incontro per onorare gli avanzi del Dottor della Chiesa, ed eziandio i terrazzani delle minori borgate, essere solleciti pararsi sul passaggio del glorioso convoglio per contemplare la Reliquia di Colui, che fu sì grande davanti a Dio, sì grande davanti agli uomini.

A questo discorso tenne dietro una cerimonia quanto semplice, altrettanto commovente. Abbiamo detto essere arrivate da Francia le Suore della Dottrina Cristiana di Nancy. Elleno vengono a queste spiaggie per prodigalizzare le loro cure alla gioventù e per portare consolazioni e soccorso agli infermi. Tutta intera la processione Le accompagnò alla loro nuova dimora. Monsignore indirizzò ai fanciulli ed ai parenti alquante edificanti parole, indi benedisse questa Casa destinata a divenire il centro di tante buone opere.

La Domenica 30 Ottobre spuntò splendidissimo il sole in un bel cielo azzurro; i suoi raggi non erano velati da quella densa nebbia, che in questa stagione suol nasconderli in Francia, in tutto sembrava un giorno d' estate. All'aurora il continuato suono delle campane diceva alla Città essere venuto il giorno del trionfo. Di presto mattino una folla numerosa composta di persone d' ogni età e d'ogni ordine si riunì nella Chiesa fatta troppo angusta per contenerla. Ad otto ore e mezzo la processione si mette in cammino nello stesso ordine, che la prima volta, solo che in luogo della statua di Agostino eravi una elegante cassetta contenente tutte le opere del Santo, dono molto apprezzabile dei fratelli Gaume. Questa cassetta era portata sulle spalle; un ramo d' ulivo carico dei suoi maturi frutti ombreggiava questa preziosità, qual ingegnoso simbolo della dolcezza e dell'abbondanza degli scritti del Vescovo d'Ippona.

Era pure maestoso spettacolo questa processione accompagnata dai valorosi soldati di Francia vestiti in gran gala dilungarsi per la spiaggia della Bon-Dyemma e ricondurre in trionfo nella sua Ippona una insigne porzione degli avanzi del Santo Vescovo, che mille e quattrocento anni innanzi per colpa dei barbari di là si dovette sottrarre; era pur piacevole udire risuonar le colline dell'Edough del giulivo cantico: in exitu Israel (Salmo II 3), che sì ben ricordava questo miracolo della Previdenza.

Questo giorno era ben altro da quello in cui parecchi pietosi Vescovi si affrettarono di sottrarre queste care spoglie dalla profanazione del Vandalo. Per quattordici secoli la Chiesa d' Ippona assisa qual vedova desolata sulle rive della Seybousa mandava i suoi gemiti all'eco impotente. In questo lunghissimo volger d'anni Ella era stata calpestata dal piede del barbaro; pure alla fine un tal giorno sorse, nel quale tutte si dovean asciugare le lagrime sue. Mirate come i suoi numerosi figli si racconsolano allo spuntar di talgiorno. Al ponte antico della Bou-Dyemma vicinole abbandonate ruine della Basilica della Pace, ai piedi del poggio, ove Ippona scorge il mare, sono innalzati archi di trionfo e questo avanzo di Sant'Agostino quasi esultante all' avvicinarsi alla diletta sua città per ben tre volte ricevette gli omaggi dei Vescovi e del popolo.

Su questa verde collinetta tutta coperta d'ulivi al di sopra di quelle immense cisterne opera colossale d'un popolo potente, vuole la tradizione, e cristiana ed araba, fossevi il sepolcro d'Agostino; e quivi appunto si eresse per le pietose cure dei Vescovi di Francia un monumento destinato ad eternare la memoria del gran Vescovo d'Ippona. Sopra uno zoccolo circolare di trenta metri in giro ne sorge un secondo attorniato da un alto cancello di ferro, nel mezzo di questo recinto selciato di marmo bianco s'innalza un altare pure di marmo sopra cui ha a posare la statua di bronzo del Santo Dottore. Di là lo sguardo s' arresta, a sinistra, sulle alte colline dell'Edouch sul piano paludoso, che s'estende emicircolarmente a' suoi piedi, e prosegue sino al mare la Bou Dyemma, che lenta s'avvolge nelle sue sabbiose rive e indi si vede Bona e le sue bianche case ed i vascelli alla spiaggia, e più da lungi il mare. Al dirimpetto si distende il verde piano, ove all'ombra delle ficaje e degli oliveti 1'antica Ippona dorme da tanti secoli un sonno di morte. Oltre questo spazio lentamente scorre al mare la Seybousa le cui acque salse non portano che piccoli vascelli. Da ultimo sulla destra, oltre ad assai belle pianure ove una prosperevole vegetazione invita il colono alla coltura, lo sguardo incontra le azzurre montagne, che cingono il golfo di Bona. Ora, sopra questo rialzamento disposto a scaglioni ove sta il monumento, all'ombra di quei secolari ulivi i cui rami si piegano sotto il peso de' loro frutti (che sventuratamente non evvi mano che si stenda a raccoglierli), si erano raccolte ed ammucchiate a migliaja le persone, che una santa curiosità aveva chiamate a questo luogo. In prima sono le file de' soldati Francesi e le milizie africane, che non doveano esser ultime a rendere onore al Patrono della Città. Vennero pure a prender parte a questa solennità i marinaj dei due bastimenti, che furono avventurati a condurre la santa Reliquia. Di poi e Francesi e Maltesi ed Italiani e Spagnoli confusi assieme erano quivi tutti vestiti coi costumi loro sì vari e pittoreschi; non mancavano parimenti i Mori e gli Arabi ch'eglino pure amarono unire i loro omaggi a quelli dei Cristiani per accrescere il trionfo del gran Renimi la memoria del quale anche tra loro è celebrata; i barbari indigeni alla lor guisa intendono onorare il Santo portandosi settimanalmente in questo luogo ad offrirgli sacrifici. La processione lentamente salendo arrivò al rialzamento e si arrestò sulla spianata. I Vescovi colle mitre in capo e vestiti dei loro abiti pontificali entrano nel riservato ricinto cantando il salmo Laetalus sum (Salmo 221). Monsignore Vescovo di Bordeaux dapprima benedì altare ove si celebrò il sacrificio della Messa, al quale il popolo con meraviglioso raccoglimento assistette. Spogliatosi poi de' suoi pontificali ornamenti l'Arcivescovo s'avanzò sino all'ingresso del recinto indirizzando al numeroso popolo un discorso pieno di idee elevate e di felici allusioni sviluppando queste tre proposizioni. La Religione cristiana è eminentemente favorevole all' incivilimento. Ella consola nell'infortunio. Ella sola procura una verace felicità in terra. Il sacro Oratore ha provato la prima proposizione scorrendo lo stato in che erano queste regioni prima della irruzione dei barbari e di quello in che caddero dacché la Religione se ne partì; Ed ora, soggiunse egli, se l'incivilimento deve ancora distendersi in questi luoghi, se l'Arabo dovrà un giorno imparare a coltivare questo terreno, che presentemente calca con stupido piede, saranno Sacerdoti, che quivi chiameranno i costumi inciviliti, saranno religiosi Trapisti, che insegneranno a far fruttare i campi. Passando alla seconda proposizione il sacro Oratore dimostrò; la religione è sola atta a versare veraci consolazioni nelle anime dalla pietà religiosa comprese. Ei porge ad esempio il caso di una amorosa madre alla quale perviene novella, che il suo diletto figliuolo, sul bell'avvenire del quale tanto capitale faceva, sen giace agonizzante in termine di morte. Oh! che strazio di anima all'infelice Madre ! Oh ! come sono cocenti le ambasce ! Come acuti gli spasimi ! Ma a breve andare viene la Religione a mettere balsamo di conforto nel suo cuore, a raddolcirle i tormenti, a comporre i suoi dì nella calma di una pietosa rassegnazione, L'eloquente Prelato sempre felice nelle sue citazioni, per la testimonianza dello stesso Napoleone, che disse ad un generale della sua grande armata: tu sei il più felice del mio Impero, poiché In sei il più cristiano (Questo generale era Drouiot), prova, che non entra in cuore di uomo felicità vera che ove evvi religione, ma religione veramente pratica, e non stabilita in quei sentimenti vaghi di religiosità, che fanno l'uomo contento di ammirare senza comprendere, poiché la religione è credere ed amare.

Questo discorso detto colla più calda efficacia ed allettante insinuazione produsse una impressione sì profonda, che se il rispetto dovuto alla gravità delle cerimonie non avesse ritenuto l'entusiasmo, certo l'uditorio si sarebbe levato ed in aperta maniera applaudito avrebbe, tanto queste parole erano assai bene penetrate nel cuore degli ascoltanti. Ciascun Vescovo per di poi scende all'Altare e prendendo in mano il sacro Reliquiario con esso benedice il popolo, la Città ed il paese intero.

Quegli la cui voce possente non ha lasciato in Francia Città, che non sia stata commossa, dico Monsignore Dufétre, le virtù e lo zelo del quale ora lo hanno fatto chiamare alla cattedra Episcopale di Nevers, avendo alla sua volta innalzato sopra il popolo il braccio d'Agostino, volle aggiungere qualche parola alle eloquenti dell'Arcivescovo di Bordeaux. Laonde disse: che dal giorno in cui riceverebbe la sacra unzione di Vescovo egli intendeva aggiungere al nome di Domenico suo glorioso patrono, quello di Agostino le virtù episcopali del quale proponevasi torre ad esemplare. Egli terminò esortando il popolo a conservare la memoria di questo glorioso giorno con raddoppiata confidenza nella protezione del Santo, indi benedì ei pure colla Reliquia il devoto popolo. I Santi Vescovi sul punto di dare 1'ultimo vale ad Ippona, ch'erano venuti sì da lungi a visitare, vollero ancora impartire un'ultima benedizione sopra queste spiagge, che videro tante meraviglie, ed unendo le loro mani consacrate tutte insieme nel nome della Santissima Trinità benedirono il paese e questo avventurato popolo al quale in questi giorni furono aperte tante sorgenti di grazia. Tutto il Clero in coro allora intonò il Te Deum, quel canto di ringraziamento, che si crede composto dallo stesso Agostino; indi si diresse al padiglione innalzato a poca distanza per deponi i Sacerdotali ornamenti e ricevere le felicitazioni dei generali Randon, Baraguey d'Hilliers, che avevano assistito a questa si importante cerimonia alla testa del loro stato maggiore.

Egli era il mezzogiorno ed il sole percuoteva co' suoi ardenti raggi. Tutto il popolo si disperse all'ombra degli ulivi dalla Basilica della Pace sino alla sommità del poggio d'Ippona per riposarsi e prender cibo. Nel recinto delle antiche cisterne il generale Randon aveva fatto allestire un banchetto, al quale assistettero i sette Prelati e le Autorità civili e militari. La brama di passare la festa d'Ognissanti ad Algeri costrinse i sacri Viaggiatori ad affrettare la loro partenza; ma innanzi di allontanarsi, forse per sempre, i caritatevoli Vescovi vollero aver partecipi alla lor comune gioja i poveri, distribuendo loro abbondanti elemosine sull'esempio del primo Pastore, del quale è scritto, transiit bene facendo. Alcune barche vennero a prenderli al porto della Seybouse e tosto noi li viddimo con rammarico di tutta la popolazione montare sui loro vascelli, ed un'ora dopo salutavano già coll' ultimo addio la città ospitale di Bona.

Nel por termine a questa relazione, che noi abbiamo distesa il più possibilmente esatta, è dolce al nostro cuore offrire ringraziamenti ed i nostri rispettosi omaggi ai venerabili Prelati ed a quei sacri Ministri incaricati dal Sacerdozio di Francia, che non curando i disagi di un lungo viaggio, attraversando un mare in una stagione ordinariamente procellosa, vennero ad accrescere colla loro presenza il trionfo del nostro Agostino. Noi egualmente pensiamo essere ufficio nostro ringraziare in nome del Clero le Autorità Civili e Militari, che concorsero con tanta sollecitudine e tanto zelo in tutto ciò, che poteva dare pompa alla Solennità. Siamo pur avventurati di presentare alla popolazione di Bona tanto zelante ed ossequiosa i ringraziamenti di tutti gli illustri e devoti Viaggiatori.

Questa non è che l'espressione sincera dei sentimenti, che noi abbiamo uditi espressi dai Reverendissimi Vescovi. Ed ora, che i giorni di solennità hanno avuto termine e che la Città di Bona resta avventurata depositaria del sacro mortale avanzo dì Agostino ci sia concesso aggiungere a questa relazione alcune parole, che varranno come la conclusione. Abitanti di Bona ! troppo lungamente viveste rassegnati a non avere per Chiesa che un informe ed angusta moschea tolta ai Maomettani e veramente indegna d'aversi per la Casa di Dio. Troppo lungo tempo ancora non picciol numero di voi allegò per pretesto la ristrettezza del luogo per togliersi dall'assistere ai divini uffici. La manchevole capacità 5 che prima d'ora vi valeva a scusa, da qui innanzi non sarà che un indegno sutterfugio, indegno di voi, indegno della vostra pietà al presente che possedete entro alle vostre mura questo inestimabile Tesoro, Palladio sacro, che voi con tanta gioja avete accolto.

Altre volte sopra terra straniera questi venerati Avanzi hanno ricevuto una regia ospitalità, e sarà egli dicevole che ritornando alla sua patria un avanzo mortale di Colui, che d'ora innanzi avrà il nome di vostro Padre, non abbia un onorato monumento per raccoglierlo ? Di certo più tardi (ci è caro sperarlo) le ruine della Basilica della Pace saranno purificate dalla immonda sordizie, che la imbrattò; sopra questi antichi fondamenti, sopra queste vecchie muraglie, che spesso hanno udita la voce di Agostino, una novella Basilica della Pace si innalzerà, più tardi ancora sopra queste vaste cisterne, sopra di questo monumento elevato per fraterna cura dei Vescovi di Francia verrà edificato un tempio che notte e giorno risuonerà dei sacri cantici; ma sfortunatamente ancora per gran tratto di tempo verrà ritardata l'esecuzione di un'opera così sontuosa; trattanto Voi, o abitatori di Bona, Voi sarete gli avventurosi guardiani di questa sacra Reliquia.

Se la vostra fede non ci fosse ben conosciuta; se noi non l'avessimo veduta manifestarsi tanto apertamente in questi giorni noi ci serviressimo di argomento più umano per eccitarvi a costruire ora una Chiesa entro le mura di questa vostra Città, e vi diremmo, che ci va del vostro decoro di edificare al Divo Agostino un tempio degno di lui, degno di voi. Da qui innanzi la vostra avventurata città sarà scopo di numerosi pellegrinaggi, e sarà egli condecente cosa che il devoto viaggiatore invanamente cerchi il monumento dalla vostra religione innalzato al patrono della Città? E che questi ritornando dappoi alla sua terra non abbia per la vostra Bona che parole di biasimo? Direte voi che mancano i necessarj mezzi, che l'egoismo del secolo tiene la generosità serrata entro i cuori, che un monumento quale noi proponiamo richiede l'opera di secoli ?

E il confessiamo, l'egoismo domina, non sono in gran copia le anime generose capaci a fare un sacrificio s'elleno non vedono tantosto chiaramente spiccare la ricompensa. Pur tuttavia noi crediamo non incerto il successo se voi siete fermamente uniti in questo desiderio, in una medesima volontà. Noi confidiamo nel successo poiché l'opera è cattolica è francese; noi speriamo con gran fiducia perchè vi sta della vostra religione, del vostro decoro, dell'interesse della vostra Città chiamata a' più grandi destini. Con questi tre motori, religione, onore ed interesse, si fanno maravigliosissime cose. Non intendiamo proporvi una di quelle grandiosissime Cattedrali del nord simbolo della pietà de' nostri padri.

Sopra più strette proporzioni può essere edificata una chiesa nelle vostre mura, né mancano artisti cristiani che conoscono una Moschea, un tempio di Giove non poter essere Casa del vero Dio, e questi saranno gloriosi poter consacrare l'opera loro ad elevare la prima basilica Cristiana nell'Algeria. Animo adunque, abitanti di Bona ! A voi solo domandiamo che intraprendiate l'incominciamento; abbiate fiducia nella vostra impresa, che è pur quella di Dio; accingetevi senza temenza, e confidate che la Francia nostra Cristiana patria, che l'Europa intera si terranno avventurate poter venire coi loro sovvenimenti ad associarsi a noi per erigere il tempio ad Agostino. Noi diremo alla Francia cattolica, il valore dei nostri guerrieri ha conquistato in queste regioni una seconda Francia, grazie ad un augusto intervento la novella Ippona ha veduto ritornare a se un avanzo del gran Dottore che già le fu Vescovo; penetrata dalla grandezza di questo favore la Città di Bona desidera vedere innalzato nelle sue mure un tempio cristiano atto a riunire tutti i suoi cittadini intorno all'altare d'Agostino.

Il suo potere non giunge al bisogno per sì grand'opera; ed è perciò che alla Francia cristiana ella stende la mano, perchè le porga il suo ajuto. Nei tempi andati le città ed i popoli si collegavano assieme per innalzare sino al Cielo quelle magnifiche Cattedrali, le quali pur oggidì formano la gloria vostra. Eziandio a' giorni nostri la Città di Bologna di mare ha veduto sorgere un tempio magnifico costrutto dalla carità dei fedeli. E perché mai questo non potrà avvenire a Bona? Bologna non avea da custodire come noi un tesoro nel mortale avanzo d'Agostino, ma i fedeli di quella Città avevano fede nell'opera loro. Noi pure abbiamo fede in questa impresa che non può mancare di buon successo.

Noi abbiamo fede nella vostra religione celebrata in tutta cristianità, fede nella vostra generosità che è illimitata, fede ancora nell'avvenire di questo paese che l'incivilimento cristiano, essendo Agostino guida, va sempre meglio ampliandosi. Noi diremo all'Europa tutta: Agostino non fu solamente Vescovo d'una Provincia d'Africa; ma fu ancora Dottore della Chiesa universale, e le sue immortali opere trasportate in tutti gli idiomi da secoli formano la consolazione del mondo cattolico. E per rendere a questa Reliquia gli omaggi che le sono dovuti che noi chiamiamo tutti i popoli cristiani.

Questa è impresa eminentemente cattolica; laonde non dubitiamo punto che la nostra voce non sia intesa; anzi ci teniamo nella lieta speranza che ben tosto sopra queste spiaggie sì lungamente deserte, s'innalzerà un tempio degno d'Agostino, degno del mondo cristiano.