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Percorso : HOME > Africa agostiniana > Africa romana > L'antichitàAfrica romana: L'antichità
Cranio umano del paleolitico di cultura ibero-mauritana
Museo del Bardo a Tunisi
L'ANTICHITA': VERSO L'INCONTRO CON ROMA
Scarse sono le notizie che abbiamo sulla preistoria tunisina; pare che l'uomo (in senso molto lato) sia qui comparso all'alba del Quaternario. L'ambiente subì successivamente grandi trasformazioni climatiche, passando da condizioni nettamente tropicali e umide a fasi più temperate che modificarono nel profondo tanto la flora quanto la fauna: risalgono al IX millennio le prime tracce della presenza dell'Homo sapiens in Africa settentrionale, mentre tra il Paleolitico e il Neolitico nacque attorno a Gafsa la prima civiltà fondata sulla caccia e sull'utilizzo della pietra.
Fu però in seguito all'inaridimento di tutta la regione del Sahara (attorno al III millennio) che popolazioni ivi stanziatesi in precedenza o provenienti dall'Oriente egiziano furono spinte ai bordi della nuova area desertica e a fondersi con l'originario ceppo di Gafsa: prese così vita un nuovo gruppo etnico chiamato «protolibico» e, più tardi, berbero (dal latino barbarus).
Il modo di vivere delle popolazioni locali rimase, tuttavia, con ogni probabilità ancora primitivo e neppure la fondazione di Utica (XII sec. a. C.) come porto di transito utilizzato dai Fenici nelle rotte mediterranee verso Gibilterra ebbe un impatto di rilievo per lo sviluppo della regione; gli scambi con i Berberi furono saltuari, mentre i Fenici alternarono il commercio con la pirateria, secondo un'impostazione tipica dell'epoca che non distingueva nettamente le due attività.
Fu solo nell'814 a. C., con la fondazione di Cartagine, che la fase dell'esplorazione del Maghreb orientale ebbe termine e ne venne avviata la colonizzazione. La nascita della città punica, chiamata Qart Hadasht (ossia «città nuova») da cui poi il nome Cartagine, è tramandata anche da una leggenda, secondo la quale la principessa Didone, a causa delle discordie politiche maturate a Tiro in Fenicia, si allontanò dalla patria con parte della popolazione e, approdata al lago di Tunisi allora navigabile, vi fondò una nuova città. In realtà, poco si conosce della storia di Cartagine fino al V sec. a. C., quando divenne la prospera capitale di un vasto impero. Essa costellò progressivamente le regioni vicine di proprie colonie (Leptis Magna in Africa, Cagliari, Palermo), ma dovette spesso fare i conti con la temibile concorrenza militare e commerciale dei Greci (specie dopo la fondazione di Marsiglia) e degli Etruschi.
Il predominio sull'entroterra maghrebino non fu particolarmente esteso; Cartagine si accontentò di relazioni amichevoli con i capi delle tribù berbere e, spesso, favori matrimoni fra questi ed esponenti della propria aristocrazia, riuscendo in tal modo ad assicurarsi il controllo dell'attuale Tunisia. Continue guerre si svolsero invece per il predominio nel Mediterraneo occidentale, e se da un lato un condominio etrusco-cartaginese venne instaurato nel Tirreno, dall'altro Cartagine non fu capace di evitare una dura disfatta in Sicilia a opera dei Greci; fra il V e il IV secolo a. C. essa riuscì comunque a dominare i traffici verso Marsiglia, la Gallia e la Spagna fino all'Irlanda e a controllare il commercio dell'oro con il Sudan, spingendosi fino al golfo di Guinea. Attratta dal desiderio di conquistare la Sicilia per la contiguità geografica e la posizione strategica dell'isola, essa stentò qui ad affermarsi, tanto che nel 308 respinse a mala pena dal proprio territorio le incursioni dei Siracusani.
Quando, infine, riuscì a impadronirsi di Messina (270), si trovò a contatto diretto con Roma: l'incontro con la città laziale, già allora in piena espansione, si tradusse presto in un lungo conflitto armato che, nonostante le eroiche gesta prima di Amilcare e poi di Annibale, la vide alla fine soccombere per opera di Scipione l'Africano nel 146 a.C. Poco note sono le caratteristiche della società punica. Le istituzioni erano dominate dalla classe oligarchica tanto che solo Annibale, dopo la sconfitta subita a Zama da parte dei Romani, venne sostenuto dall'assemblea del popolo nel tentativo di riformare lo Stato.
Una delle maggiori debolezze dell'Impero cartaginese era l'esercito, nelle cui fila si contavano moltissimi mercenari. In campo religioso Cartagine evidenziò appieno la tendenza al sincretismo mescolando influenze greche ed egizie; praticò l'uso di sacrifici animali e umani, e diffusissima fu la superstizione, nella convinzione che il mondo fosse abitato da potenze sovrannaturali ostili, dalle quali era necessario difendersi ricorrendo ai più diversi amuleti.
Per la moderna Tunisia l'età cartaginese non fu solo l'affermarsi di una civiltà di mercanti sensibili al gusto ellenico, ma anche l'avvento di un'epoca cruciale grazie alla quale la regione dei Berberi fu definitivamente integrata nel mondo mediterraneo. Il predominio di Roma su quella che fu denominata «Africa proconsolare» si risolse, almeno agli inizi, in uno sforzo di contenimento militare delle pressioni provenienti dalla Numidia: la costruzione di una fossa regia tra le attuali Tabarka e Sfax ebbe lo scopo di proteggere la Sicilia. Lo sviluppo economico dell'Africa romana divenne florido specialmente sotto gli imperatori Flavi e Severi, quando alcune regioni si caratterizzarono per la produzione di grano (attorno a Dougga e Ammaedara) e di olio (nei pressi di Hadrumetum), favorendo la nascita dì numerose città, porti e mercati.
Applique rotonda in avorio con testa di adolescente.
Museo del Bardo a Tunisi (IV-III sec. a. C.)
La stessa Cartagine ne subì un influsso benefico: già favorita nella rinascita da Caio Gracco, Cesare e Augusto, nel corso del III sec. d. C. divenne un porto dell'annona tanto importante da trasformare la città nel secondo centro urbano dell'Impero. Si sviluppò allora una corrente artistica «afro-romana» che si affermò in particolare nelle composizioni decorative e nei mosaici; inoltre, la radicata tendenza al particolarismo etnico-culturale della popolazione si accentuò anche sotto il profilo religioso con l'adozione di «dei nazionali » fra i quali fu oggetto di venerazione il «Saturno africano». Nonostante le persecuzioni, il Cristianesimo trovò qui fervidi adepti, specialmente nelle campagne; più tardi esso penetrò nelle città e Cartagine, grazie a S. Cipriano, divenne sede ecclesiastica. La letteratura e l'architettura continuarono a fiorire ancora per tutto il IV secolo, finché ripetute crisi agricole, una struttura urbana sempre più costosa e crescenti contrapposizioni fra pochi latifondisti ricchi e una massa sempre più povera di coloni e plebei prepararono una miscela sociale esplosiva. Nacquero allora movimenti religiosi intransigenti, come quello dei Donatisti, che spezzarono l'unità cristiana e raccolsero grande consenso nella popolazione esasperata, la quale, a più riprese, insorse mescolando elementi religiosi a istanze economiche e sociali.
Grande rigorismo morale caratterizzò anche alcuni movimenti sociali come quello dei Circoncellioni (o Agonistici), che trovarono seguito fra schiavi fuggiti, contadini, braccianti e Berberi e che furono protagonisti di ripetuti atti di violenza contro i ricchi, ottenendo comprensione dagli stessi Donatisti. Sul finire del IV secolo, il capo berbero Gildone, con l'appoggio ancora una volta dei Donatisti, promosse una rivolta nell'Africa settentrionale che fu repressa dai Romani non senza difficoltà e che lasciò politicamente indebolita l'intera regione. Quando nel 439 irruppero nel Maghreb, i Vandali di Genserico poterono fiaccare rapidamente la resistenza dei Romani e fondarono un regno barbarico che però, a causa dell'arretrato livello di civiltà, non riuscì a esercitare un controllo efficace sul territorio. I Berberi acquisirono così un'autonomia sempre più ampia, mentre le città subirono maggiormente il dominio dei Vandali, i quali, quando poterono, confiscarono a proprio vantaggio le terre dei Romani trasferendo a se stessi i preesistenti privilegi feudali.
La durata del nuovo regno fu comunque effimera: già nel 533, su ordine di Giustiniano, Belisario stabilì il predominio bizantino su tutta la regione, eretta quindi in diocesi indipendente nel 534 e da un punto di vista amministrativo suddivisa in sei province, alle quali fu poi aggiunta la Sardegna. Il comando dell'armata venne affidato a un magister militum, cui spettarono compiti rilevanti nella difesa del paese dagli attacchi berberi; vennero inoltre costruite numerose fortezze, opere imponenti simbolo dell'instabilità politica della zona. Giustiniano tentò anche riforme di tipo fiscale, agrario e religioso, ma i suoi successori non furono in grado di mantenere a lungo il controllo sulla nuova provincia, che persero definitivamente nella seconda metà del VII secolo.