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Africa romana: La grande strada costiera mediterranea

Immagine dello storico greco Erodoto

Lo storico greco Erodoto

 

 

LA GRANDE STRADA COSTIERA ROMANA DELLE PROVINCE MEDITERRANEE

 

 

 

La strada costiera - prolungata nell'anno 98 sotto il breve regno di Nerva, - era la grande arteria dell'Africa proconsolare che collegava tutte le province dell'Africa mediterranea, da Alessandria d'Egitto alle Colonne d'Ercole. Nerva, che doveva morire due anni dopo la sua assunzione al trono, la cominciò lasciando al figlio adottivo Traiano il compito di finanziarne il prolungamento in Libia. La strada romana che univa Cartagine alle «tre città» della Tripolitania fu costruita in una zona «classica» dove tre secoli prima che la parola «romano» fosse mai stata udita avevano già vissuto Egiziani, Greci, Fenici, Cretesi e Siriani. I deserti della Libia (l'antica Libu) partivano dal Nilo.

 «Una grande cintura di sabbia», così li descrisse Erodoto, «che si allunga da Tebe in Egitto alle Colonne d'Ercole (Tangeri). Eppure non solo questi deserti non erano mai vuoti, ma alcuni dei loro tratti sono stati ininterrottamente abitati per 20.000 anni. Erodoto ci ha conservato una lista delle tribù che dominavano in quel tempo la Libia. In Cirenaica - dove si stabilirono più tardi i greci, costruendovi una splendida serie di città costiere - se ne trovava una che usava «carri a quattro cavalli»; poi, «procedendo verso occidente, s'incontrano per primi i Nasamones ... che lasciando l'estate il loro bestiame sulla costa si spingono per il raccolto dei datteri nel deserto chiamato Augila».

Quest'oasi di Augila, o Awjilah Galo, sorge ancora oggi a 222 chilometri dalla costa con le sue palme dattilifere. Un'altra tribù, i Nasamones, aveva per vicini gli Psylli, oggi estinti. Poiché le loro terre si trovavano al limite del grande mare di sabbia di Calanscio e «il vento del sud asciugava tutta l'acqua dei loro serbatoi», questi Psylli decisero di dichiarargli guerra. S'inoltrarono perciò, per attaccarli, nel deserto da dove soffiava; ma «il vento del sud li seppellì nella sabbia». Venivano poi i Gindances, di cui le donne erano famose per la loro libidine; poi i Lotofagi, che vivevano dei frutti del loto «grandi come bacche di mastice e dolci come datteri» e avevano buoi che pascolavano retrocedendo.

Un po' più lontano - inoltrandosi cioè, geograficamente parlando, per più di mille miglia nella Tunisia - s'incontravano i Machlys, stabiliti intorno «alla grande laguna di Tritonis», ossia Chott el Djerid, una depressione salata orlata di vegetazione paludosa e di oasi, una volta senza dubbio una via d'acqua interna che portava da Gabes sulla costa all'oasi di Tozeur. Secondo la mitologia, Argo si smarrì in questo labirinto e Giasone non riusciva a venirne fuori finché «non apparve Tritone e gl'ingiunse di dargli il tripode, se voleva che gli mostrasse il canale ...». Tenendo conto del fatto che i suoi viaggi non lo portarono mai al di là dell'Egitto, Erodoto seppe sfruttare molto bene «le storie che raccontano i Libici». Riferisce, infatti, che «ancora più a sud, nella parte della Libia dove si trovano le bestie feroci, vivono i Garamantes».

 A distanza di 2.500 anni i dati etnografici che Erodoto ci fornisce di questi Garamantes che dovevano entrare nella storia di Roma, sono sorprendentemente esatti. Questa potente tribù esercitava, pare, la sua sovranità su oasi e strade carovaniere che partendo dal centro dell'Africa portavano oro, piume di struzzo, schiavi, pelli e pietre di carbonchio (rubini) fino ai mercati della costa libica.