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Jacopo da Varagine

Il miracolo del Libro delle mancanze del demonio

Il miracolo del Libro delle mancanze del demonio

 

 

VITA DI SANT'AGOSTINO

dalla Legenda Aurea

di Jacopo da Varagine

 

 

 

L'illustre dottore S. Agostino nacque in Africa, a Cartagine, da nobile famiglia, suo padre si chiamava Patrizio e sua madre Monica; fu istruito nelle arti, liberali, e si acquistò fama di valente filosofo e retore. Lesse le opere di Aristotile e tutti i libri che trattassero di arti liberali che si poté procurare, come dice lui stesso nelle sue Confessioni. All'età di diciannove anni leggeva un'opera di Cicerone, ove si dice che l'uomo deve disprezzare il mondo e seguire la filosofia, ma fu molto dolente non avervi trovato il nome di Gesù di cui sua madre gli aveva parlato. La madre versava calde lacrime per lui, desiderosa di ricondurlo alla vera fede; una volta, come si legge nel terzo libro delle Confessioni, mentre essa era tanto afflitta, le apparve un giovane che le domandò la causa del suo dolore, ed essa, rispose: - Piango la morte di mio figlio.

Ma l'altro rispose: - Calmati, egli sarà dove sarai tu.

In quel mentre il figlio le viene vicino, ed essa gli raccontò quello che aveva visto, ma il figlio le disse: - Ti inganni, mamma, quello che ti è stato detto non avverrà mai.

Ma essa rispose: - No, figlio; mi è stato detto che tu sarai dove sarò io. Monica pregava con insistenza un vescovo perché intercedesse per il figlio, e quello, stanco per la insistenza, con spirito profetico disse: - Va', è impossibile che il figlio di tante lacrime perisca.

Agostino insegnò la retorica per diversi anni a Cartagine, poi, all'insaputa della madre si recò a Roma dove aprì una scuola. La madre lo seguì fino al porto per trattenerlo o per seguirlo, ma egli di soppiatto la notte partì. Gemette la madre quando la mattina appresso lo seppe, e da allora andava mattina e sera in chiesa a pregare per lui. Nel frattempo i Milanesi chiesero a Simmaco, prefetto di Roma, che mandasse un maestro di retorica, ed egli mandò Agostino.

Era allora vescovo di Milano Ambrogio. La madre non poteva tranquillizzarsi al saperlo lontano e, superando lievi difficoltà, lo raggiunse e lo trovò che non era né completamente manicheo né completamente cattolico; di più Agostino incominciò ad attaccare la predicazione di Ambrogio. Un giorno però Ambrogio tenne un forte discorso contro la dottrina dei manichei, portando solidi argomenti, e da allora in poi Agostino fu convinto che i manichei erano nell'errore. La dottrina di Cristo gli piaceva, ma sentiva ripugnanza a seguire la via che egli tracciava; Iddio gli ispirò di consultare in proposito Simpliciano, uomo divinamente illuminato, per esporgli ciò che passava nel suo cuore e domandargli un consiglio.

Simpliciano lo consigliò e lo esortò; ed Agostino rimproverando se stesso disse: - Ci sono tanti e tante giovani che nella chiesa di Dio servono il Signore non posso dunque io fare quello che fanno loro ? Gettati nelle braccia del Signore ed egli ti salverà.

Intanto anche Vittorino si convertì. Era uomo che godeva tanta stima, tanto che, lui vivente, gli era stata eretta una statua a Roma, sulla pubblica piazza, ma Simpliciano gli diceva: - Io non ti crederò fino a che non ti avrò visto in chiesa.

  APPROFONDIMENTO

E Vittorino gli rispondea: - Sono forse le mura che fanno il cristiano?

Alla fine, toccato dal Signore, venne in chiesa, fece la professione di fede fra la gioia e le acclamazioni del popolo. Nello stesso tempo venne d' Africa un tal Ponziano, amico di Agostino, che gli parlò della vita e dei miracoli di Antonio che era morto da poco in Egitto. Agostino, mosso da questi esempi andò, tutto turbato, dal suo amico Alipio e gli disse: - Quanto ci tocca soffrire al vedere gente ignorante innalzarsi verso il cielo, mentre noi con tutta la nostra scienza andiamo a gettarci nell'inferno!

E, come racconta nelle Confessioni, recatosi in giardino, si mise sotto una pianta a piangere amaramente, e diceva: - Quanto tempo ancora? Quanto ancora? Domani, domani ! ancora un po' di tempo.

Ed era desolato di non sapersi decidere o a restare nel mondo o a consacrarsi a Dio. Gli venne allora un forte mal di denti, tanto che non poteva parlare: scrisse che si pregasse per lui, acciocchè quel mal di denti cessasse, poi si mise in ginocchio, appena egli si fu inginocchiato, il male cessò. Scrisse allora a S. Ambrogio per sapere quali libri dovesse leggere per meglio istruirsi nella fede, e il santo gli mandò le profezie di Isaia che preannunzia il vangelo e fu quasi il precursore dell' Apostolo delle genti. Egli dapprincipio non comprese le parole del profeta, ed Ambrogio gli disse di rileggerle dopo che avesse meglio approfondite le Sacre Scritture. Il giorno di Pasqua Agostino ricevette il battesimo insieme all'amico Alipio che era stato convertito dalle prediche di S. Ambrogio, e ad Adeodato, figlio dello stesso Agostino, natogli mentre era ancora filosofo pagano.

Allora S. Ambrogio secondo quello che lui stesso dice, gridò: Te Deum laudamus.

S. Agostino seguitò: Te Dominum confitemur.

E in tal modo rispondendosi composero quest'inno, come narra anche Onorio nel suo libro Lo specchio della Chiesa. Agostino, meravigliosamente confermato nella fede, rinunziò a tutti gli allettamenti del mondo e lasciò la scuola dove tanto aveva insegnato. Nelle sue confessioni ci dice come gustasse le dolcezze dell'amore divino, e con quanta assiduità leggesse la Sacra Scrittura, giacché ci dice che ci meditava sopra senza mai interrompersi, mentre si esercitava nella preghiera, nelle mortificazioni, nelle opere buone. Volle poi tornare in Africa per rivedere sua madre, ma essa morì piamente mentre egli era ad Ostia. Agostino allora tornò nei suoi possedimenti e perseverava nella mortificazione nelle opere di bene, scriveva libri ed istruiva gli ignoranti nella fede. La sua fama si divulgava dappertutto, e le sue opere ed i suoi scritti lo facevano ammirare da tutti.

C'era a Ippona un ricco che mandò a dire ad Agostino che, se fosse andato a visitarlo e consigliarlo, si sarebbe convertito e ritirato dal mondo, ed Agostino andò a visitarlo. Valerio, vescovo di Ippona, nonostante la sua riluttanza, lo ordinò prete, ed egli subito fondò un monastero e impose la regola prescritta dai santi apostoli. Da questo monastero uscirono dieci Vescovi. Siccome Valerio. vescovo, era poco istruito nelle lettere latine, gli permise di predicare in sua presenza, cosa inusitata nella chiesa orientale, e molti ne biasimavano il vescovo; ma egli non ne faceva caso, perché era contento che un altro facesse quello che lui non poteva fare. In quel tempo il prete Fortunato combatté e confutò un manicheo ed altri eretici soprattutto donatisti.

Valerio incominciò a temere che Agostino fosse eletto vescovo di qualche altra chiesa, perciò rassegnò nelle mani del vescovo di Cartagine le sue dimissioni e propose Agostino per successore. Agostino non volle accettare, ma infine fu costretto a cedere e fu consacrato vescovo. Più tardi egli disse che non avrebbe dovuto ricevere la consacrazione episcopale per mano del suo predecessore perché la cosa era proibita da un concilio, ma egli conobbe la proibizione solo dopo essere stato consacrato e non volle che si facesse con altri una cosa che a lui era tanto dispiaciuta. La sua tavola fu sempre frugale e semplice; mescolava carne destinata ai poveri e ai pellegrini ai legumi che erano destinati a lui.

Durante il pasto preferiva occuparsi di pie conferenze piuttosto che di ciò che era imbandito. Contro il vizio della maldicenza scrisse: Chiunque si diletta a dir male degli assenti non ha posto in questa tavola. Una volta che certuni si erano messi a sparlare di altri, Agostino li rimproverò vivamente e disse che se non avessero smesso avrebbe lasciato la tavola. Un giorno aveva invitato a pranzo un tale, fra altri, che, curioso entrò in cucina e poi andò a domandare al santo cosa avesse fatto preparare. Agostino gli rispose: - Io non penso mai a quello che debbo mangiare, e non so che cosa mi sarà portato in tavola. Diceva di aver imparato da S. Ambrogio due cose: la prima di non far mai a tavola della maldicenza o esporre non buoni propositi; la seconda di non accettare inviti a pranzo. E ciò per evitare maldicenza, scandalo, cattiveria e perdita di tempo. La sua purezza e la sua umiltà furono tali che le più minute colpe di cui noi facciamo poco o nessun conto egli le ha descritte nelle sue Confessioni e ha chiesto umilmente perdono al Signore. Giacché egli si accusa perfino di aver preferito talvolta i giochi fanciulleschi alla scuola; di non aver mai voluto studiare se non dietro costrizione dei genitori o del maestro; di aver letto con tanta passione da ragazzo le favole dei poeti e specialmente i fatti di Enea, e di aver pianto per Didone, morta per amore; di aver vinto i compagni nei giochi infantili facendo delle frodi; di aver rubato pere a sedici anni, d'aver guardato con compiacenza un cane che correva, di essersi fermato a guardare dei cacciatori in un campo e di aver fissato con una passione dei ragni che nelle loro tele prendevano delle mosche. Di tutte queste cose si pente perché allontanano lo spirito dalle pie meditazioni e interrompono la preghiera. Si accusa di aver tanto desiderato le lodi e di aver aspirato alla vanagloria. Molte chiese lo invitarono a visitarle ed egli vi andava e con la sua parola allontanava molti dall'errore.

Talvolta gli avveniva d'allontanarsi dal tema prescelto, ma diceva che era disposizione divina per salvare qualcuno, come avvenne in un caso in cui un manicheo fu convertito per una digressione che Agostino fece durante una predica, ed in cui dimostrò la falsità della dottrina manichea. Quando i Goti presero Roma, gli infedeli e gli idolatri insultavano cristiani. ed allora Agostino scrisse il suo libro La città di Dio in cui dimostra che i buoni devono essere talvolta oppressi dal dolore e che i cattivi tal devono godere. In questo libro tratta anche delle due città: Gerusalemme e Babilonia, e dei loro re e cioè Gesù Cristo, re di Gerusalemme e il demonio re di Babilonia. Da queste due città, egli dice, provengono due amori: dalla città del demonio l'amore di se stesso che porta al disprezzo di Dio; e dalla città di Cristo l'amor che porta al disprezzo di se stesso. In quegli anni, e, precisamente verso il 430, i Vandali devastarono l'Africa non avendo riguardo né ad età né a sesso, né a condizione sociale; datisi alle più gravi e disastrose azioni di saccheggio giunsero ad Ippona e la cinsero di stretto assedio.

Questo periodo fu causa per Agostino di grandi tribolazioni, e la vita di lui, vecchio, ne fu piena di dolore e di amarezze. Le lacrime gli furono pane e notte e giorno quando vide chi scannato, chi stretto a fuggire, le chiese private dei loro pastori e le città distrutte.

Radunati i monaci disse loro: - Ho pregato il Signore che o ci liberi da tanti pericoli o ci dia la forza per sopportarli, oppure che mi tolga di questa vita perché io non ho più la forza di sopportare tanti mali, e di esserne testimonio.

Ottenne la terza cosa che aveva domandato perché tredici giorni dopo che a stato posto l'assedio, nel mese di febbraio, preso da forte febbre si mise a letto. Comprendendo che la fine ormai era vicina, rece trascrivere i sette salmi penitenziali e, fattili mettere sul muro a fianco del suo letto, li leggeva e rileggeva fra abbondanti lacrime. Per non dover pensare che a Dio e non subire alcuna distrazione proibì i dieci giorni che precedettero la sua morte di entrare nella sua camera a chiunque, eccettuato il medico o chi veniva a portargli qualche medicina. Intanto venne da lui un ammalato a domandargli con insistenza che lo guarisse ed egli rispose: - Figlio mio, credi tu che se io ne avessi avuto il potere non ne avrei usato prima per me?

Ma l'ammalato insisteva dicendo che in una visione gli era stato dato questo comando. Vedendo la sua fede, il santo gli impose le mani e lo guarì. Liberò molti indemoniati e fece altri miracoli. Nel ventesimo libro della Città di Dio narra due miracoli che egli aveva fatti, come se fossero opera di un altro, dicendo che una donna si era imbellettata il viso e fu invasa da un demonio, ma rivoltasi piangendo ad un prete ne fu liberata; e nello stesso libro dice che egli sapeva di un vescovo che pregò per un giovane che non aveva mai visto e lo liberò da un demonio impuro. Non si può neppure dubitare che egli parli di se stesso, ma per modestia il suo nome.

Morì nella pace del Signore alla presenza dei suoi monaci che pregavano, in età di 77 anni, dopo quarant'anni di episcopato. Morì senza far testamento perché nella sua povertà evangelica nulla aveva di cui potesse disporre.

 

 

La traslazione del corpo

Alcuni anni dopo la sua morte i barbari che erano divenuti padroni della città profanavano le chiese; allora i fedeli presero il corpo del santo e lo trasportarono Sardegna; erano passati 280 anni dalla sua morte. Nell'anno 718, Liutprando, re dei Longobardi, saputo che i Saraceni avevano devastato la Sardegna, vi mandò ambasciatori a rilevare le reliquie del santo e portarle a Pavia, ed esse pagarono un forte riscatto e le portarono a Genova. Il re appena lo seppe si affrettò ad andare incontro alle reliquie e le ricevette con gioia e venerazione. Il giorno appresso non si riuscì a procedere fino a che il re non ebbe fatto il voto di innalzare una chiesa in onore di S. Agostino se le reliquie fossero giunte a Pavia. Fatto il voto si poté procedere con la massima facilità, ed il re, fedele sue promesse costruì in onore del santo una magnifica basilica, sul luogo stesso dove il miracolo era avvenuto.

Lo stesso fatto accadde il giorno appresso a Casale, ed anche lì fu eretta una chiesa. Il re vedendo che il santo era desideroso che fossero erette delle chiese in suo onore, e d'altra parte temendo che egli volesse fermarsi in qualche città differente da quella che egli stesso aveva scelto, si affrettò a costruire una chiesa in ciascun dei luoghi dove, passando, il corpo soggiornava. Giunto finalmente a Pavia, lo fece riporre con gran venerazione nella chiesa di S. Pietro.

 

 

I Miracoli

 

1. Un mugnaio che per S. Agostino aveva una devozione speciale soffriva una grave malattia alle gambe; si rivolse con fervore al santo, e dormendo lo vide avvicinarglisi, toccargli le gambe e immediatamente guarirlo; di che egli rese vive grazie al Signore ed a S. Agostino.

2. Un ragazzo aveva il mal di pietra; la madre, si raccomandò a S. Agostino, e terminata la preghiera, il ragazzo emise la pietra e fu completamente guarito.

3. Un monaco, mentre di notte pregava ebbe un'estasi e vide S. Agostino su una splendidissima nube; era vestito di abiti pontificali, gli occhi aveva splendenti come soli che rischiaravano tutta la chiesa, mentre per l'aria era diffuso un delizioso profumo.

4. S. Bernardo, una mattina quando era in coro, si appisolò mentre si leggeva un passo di S. Agostino. Vide allora un uomo di una bellezza meravigliosa, dalla cui bocca usciva un fiume che inondava tutta la chiesa e non ebbe alcun dubbio che fosse S. Agostino la cui eloquenza aveva sparso la dottrina in tutta la chiesa.

5. Un uomo che aveva una gran devozione per S. Agostino, ne chiese un dito al monaco che ne custodiva le reliquie; il monaco, dietro la promessa di una forte somma di danaro, prese un dito di un morto qualunque e dicendo che era di S. Agostino, glielo diede ed intascò il danaro.

L'altro, tutto felice teneva in venerazione la reliquia e spesso la baciava e se la portava sugli occhi. Avvenne che il Signore con un miracolo cambiò il dito col vero dito di S. Agostino, ed allora incominciarono ad avvenire miracoli in gran numero. Giunta la notizia all'abate del convento, questi ne domandò al frate custode, il quale confessò l'operato. Ma l'abate volle verificare ed aperta la cassa che conteneva le dita si trovò che un dito mancava. Allora l'abate tolse il monaco dall'ufficio di custode e lo punì severamente.

6. Nel convento di Fontenoy c'era un monaco molto devoto di S. Agostino, che ne studiava gli scritti e lo supplicava di ottenergli la grazia di morire il giorno della sua festa. Quindici giorni avanti la festa di S. Agostino fu colpito da violenta e fu trovato in terra quasi morto. Ma ecco che si vedono entrare nella chiesa molti uomini di aspetto bellissimo, vestiti di bianco, seguiti da un vegliardo vestito di abiti pontificali. Il monaco che li vide entrare fu colpito da stupore e domandò chi fossero e dove andassero, ed uno di essi rispose che era S. Agostino che coi suoi canonici veniva a visitare sul letto di morte il monaco che era stato tanto devoto di lui, per portarne l'anima nel regno dei cieli. Questo venerando corteo si recò all'infermeria e ci rimase qualche tempo, quindi l'anima del monaco fu liberata dai lacci della carne e introdotta nel paradiso dal suo protettore.

7. Si legge che un giorno, mentre S. Agostino era ancora in vita, vide passare il demonio con sulle spalle un gran libro e gli domandò che cosa ci fosse scritto. Il demonio rispose che c'erano scritti i peccati di tutti gli uomini, e S. Agostino gli chiese di vedere che cosa ci fosse scritto a carico suo. Cercarono parecchio ed alla fine trovarono che c'era scritto che una volta non aveva recitato compieta. Più tardi il demonio, chiuso il libro, se ne andò e S. Agostino si recò in chiesa dove con molta devozione recitò compieta. Più tardi il demonio passò di nuovo ed il santo gli chiese di rivedere il libro. Lo sfogliarono tanto, ma trovarono che il peccato ascritto a S. Agostino era stato cancellato.

Il diavolo allora, inquieto, gli disse: - Tu mi hai bene ingannato e sono tanto dispiacente di averti mostrato il libro dove era scritto un peccato che tu hai cancellato con le tue preghiere.

E se ne andò confuso.

8. Una donna che aveva molto da soffrire per la cattiveria di alcuni, andò a chiedere consiglio a S. Agostino, lo trovò che studiava e lo salutò, ma lui non le rispose né la guardò. Essa pensò che lo avesse fatto a bella posta e che per spirito di santità non volesse guardare in faccia una donna; gli si fece da presso e gli raccontò il caso suo senza peraltro che egli rispondesse una parola, sicché essa si ritirò tutta triste. Il giorno appresso, mentre il santo celebrava la Messa, all'elevazione essa ebbe un'estasi e si trovò davanti alla Santissima Trinità, dove era anche S. Agostino, col viso basso, e che discorreva con molta attenzione del mistero della Santissima Trinità.

Allora sentì una voce che disse: - Quando tu sei stata a trovarlo, Agostino era intento così a studiare il mistero della Santissima Trinità, perciò non ti ha risposto. Tornaci e lo troverai pieno di affabilità e di bontà e ti saprà dare un consiglio.

Essa lo fece ed Agostino, dopo averla ascoltata con bontà e attenzione, le diede un consiglio prudente.

9. Si legge anche che un uomo di molta pietà in un'estasi vide tutti i santi, ma per quanto cercasse, non riusciva a vedervi S. Agostino. Ne domandò la ragione ed il santo cui si era rivolto gli disse: - Agostino è nel più alto dei cieli e contempla la Santissima Trinità.

10. Alcuni Pavesi erano prigionieri del Duca di Malaspina, che rifiutava dare loro da bere per estorcere un forte riscatto. Alcuni erano già in agonia ed altri si sorreggevano bevendo dell'urina. Uno di loro molto giovane e che aveva per S. Agostino una devozione speciale ne implorò l'aiuto. Verso mezzanotte il santo gli comparve, presolo per mano, lo condusse sulle rive del fiume, con delle foglie di vite bagnate nell'acqua gli temperò l'arsura.

11. Il custode di una chiesa molto devoto di S. Agostino, da tre anni era tanto ammalato che era costretto a stare a letto. Il giorno della vigilia della festa del Santo, mentre suonavano i vespri, si raccomandò a lui con molto fervore, ed il santo gli apparve vestito di bianco e gli disse: - Tu mi hai chiamato; eccomi; alzati e celebra con fervore sera in mio onore.

Ed il malato perfettamente guarito si alzò e si recò in chiesa fra la meraviglia di tutti quelli che lo videro.

12. Anche ad un cieco che lo aveva invocato con tanta fiducia, comparve e toccatolo, lo guarì.

13. Verso il 912, alcuni uomini gravemente ammalati andavano a Roma dalla Germania e dalla Gallia, - erano più di quaranta, - per visitare le tombe Apostoli. Alcuni si trascinavano su grucce, altri, completamente paralitici, si facevano portare, altri erano ciechi e camminavano portando i loro compagni e servivano di guida. Passate le montagne giunsero ad un paese chiamato Cava, a tre miglia Pavia, ed allora apparve loro S. Agostino vestito di abiti pontificali, che usciva da una chiesa costruita in onore dei Santi Cosma e Damiano. Il santo li salutò e domandò loro dove andassero, e quando ebbero risposto che andavano a Roma disse loro: - Andate a Pavia e domandate dove è la chiesa di S. Pietro; e là otterrete la grazia che chiedete.

Gli domandarono essi il suo nome ed egli rispose: - Io sono S. Agostino, vescovo di Ippona.

Ed immediatamente disparve. Essi, giunti a Pavia, andarono nella chiesa di S. Pietro e quando seppero che là era il corpo di S. Agostino, gridarono: - Sant'Agostino, aiutateci!

I cittadini ed i religiosi accorsero, attratti dalla novità della cosa, ed ecco che per la tensione dei nervi, incomincia a colar del sangue che forma un rivo dalla porta della chiesa al sepolcro del santo, ed i malati che si avvicinarono al sepolcro furono guariti, né rimase in essi traccia d'infermità, di modo che la fama del santo si sparse sempre più ed una folla di ammalati incominciò ad affluire alla chiesa, e chiunque veniva era guarito e lasciava doni in ringraziamento. La quantità di questi voti fu tale che tutta la cappella di S. Agostino ne fu piena ed allora furono messi nel vestibolo, ma presto anche lì furono tanti che rendevano difficoltoso il passaggio, ed i religiosi furono costretti a farli portare altrove.

 

Bisogna notare che tre cose soprattutto desiderano gli uomini del mondo: ricchezze, piaceri, onori. Tale fu la perfezione del santo che disprezzò le ricchezze, rifiutò gli onori, ebbe orrore dei piaceri. Il suo disprezzo per le ricchezze è attestato da lui stesso nei I Soliloqui dove la Ragione gli domanda: - Non desideri le ricchezze?

Egli risponde: - Ora ho trent'anni e si può dire che da quattordici anni ho rinunziato ad un simile desiderio, e che non desidero più di quello che mi è necessario per vivere. Un libro di Cicerone da parecchio tempo mi ha persuaso che le ricchezze non devono formar l'oggetto dei nostri desideri. Quanto agli onori confesso che solo da poco tempo, vi ho rinunciato.

E la Ragione gli domanda: - Non saresti contento di avere una sposa bella, ricca, sopratutto se sapessi che nessun fastidio ti verrebbe da lei?

Ed il santo risponde: - Qualunque sia la forma sotto la quale me la dipingi, qualunque buona qualità tu le dia; io non cercherei mai più piaceri carnali.

E la Ragione: gli dice: - E per mangiare che cosa desideri?

Ed il santo risponde: - Non me lo domandar neppure, perché io non desidero più di quello che è necessario a mantenere la salute del corpo.

 

 

LA LEGENDA AUREA

La Legenda Aurea ci trasporta appunto ai tempi del suo autore, e meglio di qualunque storia ci fa conoscere l'ambiente cristiano del secolo XIII. Non facciamo della critica schifiltosa ! Per assaporare la bellezza di quelle pagine, bisogna discendere alcun poco dalla burbanzosa alterezza, in cui ci mantiene l'educazione razionalista dell'anteguerra. E non sorridiamo, quasi schernendo la credulità medievale: anche i racconti di cose strane e inverosimili hanno un valore, il significato di un simbolo, l'espressione di una rappresentazione vissuta. Per questo la Leggenda Aurea è anche ricercata dagli artisti, al fine di dare ai freschi ed alle tele quella vita, quel sentimento, che seppero tradurvi i grandi maestri dell'arte, i quali da quel libro trassero l'ispirazione. Difatti di molte pitture medievali la Leggenda Aurea ci apre l'intelligenza. L'autore raccolse, in un santorale organizzato secondo l'anno liturgico, circa centocinquanta vite di santi. Privilegiò i santi antichi, ma senza trascurare la sua epoca. Le vite di santi sono intercalate con una trentina di capitoli dedicati alle principali feste cristologiche, mariane e liturgiche. Il metodo seguito fu quello dell'abbreviatio. Le fonti utilizzate furono principalmente i leggendari dei domenicani Giovanni da Mailly e Bartolomeo da Trento.