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Particolare del sepolcro di Jacopo da Varagine
JACOPO DA VARAGINE
(1228-1298)
Jacopo De' Fazio, noto soprattutto come Jacopo da Varagine nacque a Varazze probabilmente nel 1228, presso la frazione di Casanova, dalla nobile famiglia de' Fazio, come sostiene Padre Giovanni Borzino O.P. del convento di S. Maria di Castello di Genova, storico ufficiale dell'Ordine Domenicano della Provincia di Genova.
Entrato nel 1244 nei domenicani, mutò il nome in fra Jacopo da Varagine dell'Ordine dei Predicatori, da poco fondato da san Domingo de Guzmán. I predicatori erano stati formati per controbattere l'eresia dei catari. Costoro si presentavano agguerriti nella conoscenza delle Scritture ed erano ben voluti dal popolo perché erano di costumi austeri e vegetariani. Siccome a quel tempo solo ai vescovi era concesso predicare, questi non di rado soccombevano nelle dispute con gli eretici. I catari studiavano le Scritture ed erano inoltre abili nei dibattiti, mentre i vescovi, dovendo occuparsi del governo, spesso non erano altrettanto preparati dottrinalmente.
San Domenico ebbe l'idea di formare dei predicatori mendicanti, preparati e austeri, disposti a recarsi dovunque fosse richiesto su ordine del Papa. Fino a quel momento gli "erudito" nella Chiesa erano stati i canonici agostiniani, ma la clausura impediva loro di opporsi nelle piazze al catarismo. In quanto domenicano, Jacopo divenne uno studioso dalla vita votata alla santità.
Per la sua cultura e per il suo acume, nel 1265 già priore del suo convento, a Como, Bologna e Asti. Dopo soli due anni fu eletto provinciale della Lombardia, che allora comprendeva quasi tutta l'Italia settentrionale e abbandonò la carica nel 1286. Jacopo fu anche nominato vicario generale e governò l'ordine domenicano per due anni. Così riferisce lo storiografo domenicano padre Michele Piò: "Reggeva la Provincia di Lombardia fra Giacomo da Varazze detto da Varagine quando morì il Vercelli (Giovanni da Vercelli Maestro dell'Ordine deceduto nel 1283); onde essendo già dato il capitolo generale in Bologna, Egli restò vicario dell'Ordine sino all'anno 1285 nel quale fra Munio di Zamora spagnuolo fu assunto al Generalato".
Nel 1288 fu chiamato a reggere la diocesi di Genova, ma rifiutò per umiltà. Fu inoltre definitore in due capitoli generali, tenuto il primo a Lucca nell'anno 1288, e l'altro in Ferrara nel 1290. Accettò infine la carica di arcivescovo di Genova che esercitò dal 1292 fino al 1298, anno della sua morte.
Quando divenne arcivescovo di Genova non bastava, però, la santità, ci voleva anche una buona dose di autorevolezza e coraggio, perché la città era dilaniata dalle lotte intestine tra le grandi famiglie guelfe e ghibelline dei Fieschi, Doria, Spinola, sino a degenerare da parte Guelfa nell'incendiare il tetto della cattedrale di San Lorenzo. Jacopo più volte riuscì a mettere pace tra queste famiglie. Da buon domenicano scrisse molte opere, tra cui I commentari a sant'Agostino e una Cronaca di Genova (Chronicon Ianuense) che tratta della storia di Genova dalle origini fino al 1297. Uomo di pace, storiografo, agiografo fu il vero creatore del mito delle origini di Genova.
Stando a una tradizione non accertata, Jacopo avrebbe redatto una delle prime traduzioni in volgare della Bibbia, ma non abbiamo manoscritti di tale versione. La sua fama si deve, invece, a una raccolta di vite di santi, dal titolo Legenda aurea (Legenda sanctorum), scritta a partire dagli anni sessanta del XIII secolo e rielaborata fino alla morte. L'opera, che fu scritta in latino e in seguito diffusa in versione volgarizzante, ottenne molta influenza sulla successiva letteratura religiosa e servì come importante fonte iconografica per numerosi artisti. Tuttora sopravvivono più di 1400 manoscritti a testimonianza della grande importanza e dell'enorme diffusione che ebbe l'opera.
Il suo sepolcro era collocato originariamente nella chiesa di San Domenico. Questa chiesa venne distrutta su ordine del re di Piemonte e Sardegna Carlo Felice che fece edificare in quell'area il teatro che porta il suo nome. Originariamente l'arca era posta nel coro di sinistra rispetto all'altare maggiore. Probabilmente il sarcofago era inserito all'interno di una edicola di cui non resta traccia, La statua funeraria in marmo bianco apuano è databile alla fine del XIII secolo e venne realizzata da un anonimo scultore genovese. Oggi è conservata nel museo d'arte medioevale di Sant'Agostino.
Le sue spoglie mortali attualmente sono conservate nella cappella a lui dedicata nella Chiesa di San Domenico a Varazze. Jacopo da Varazze fu oggetto di culto e l'appellativo di beato è stato confermato nel 1816 da papa Pio VII.
JACOPO DA VARAGINE
di CARLO FEDELE SAVIO
Iacopo da Varagine, come è noto comunemente, nacque verso il 1230 a Varazze, graziosa cittadina della Riviera Ligure. Nulla sappiamo dei suoi genitori: la data della sua nascita si può fissare solo approssimativamente perché dice di aver assistito - ancora fanciullo - ad una eclissi che avvenne nel 1239. Entrato nel 1244 nell'Ordine dei Predicatori, ben presto si distinse nella pietà e nello studio: insegnò teologia in molti conventi dell'Ordine, e, per la sua predicazione, attirò su di sé l' attenzione generale. Nel 1267 fu eletto Provinciale per la Lombardia, e tale restò per 17 anni: fu quindi eletto Definitore. Erroneamente fu asserito che egli fu anche Generale dell'Ordine. Nel 1288 l'imperatore Enrico IV gli affidò l'incarico di far assolvere i Genovesi dalla Scomunica in cui erano incorsi per aver preso partito pei siciliani ribelli al Re di Napoli.
Restata vacante in questo tempo la Sede arcivescovile di Genova, egli fu eletto dal Capitolo Metropolitano ad Arcivescovo. Non avendo egli accettato, la Chiesa Genovese fu affidata a Obizzo Fieschi Patriarca di Antiochia, che i Saraceni avevano cacciato dalla sua Sede. Alla morte di Obizzo, nel 1292 il Capitolo, con voti unanimi lo elesse, ed egli dovette accettare anche perché e Senato e popolo genovese approvarono con voti solenni e grandi feste la elezione fatta dal Capitolo. Vescovo, rifulse per spirito di povertà, di carità ... di zelo. Si adoperò con successo alla pacificazione degli animi, divisi nelle fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini; e quando la pace fu di nuovo rotta, e le discordie si acuirono fino a culminare in lotte cruente, egli sprezzando la sua vita si interpose fra i combattenti. Morì il 14 Luglio 1298 e fu sepolto alla sinistra dell'Altare Maggiore della Chiesa di S. Domenico in Genova. I suoi concittadini innalzarono in suo onore un monumento, una statua marmorea che sta sulla fronte del Palazzo Municipale.
Iacopo da Varazze scrisse la Leggenda Aurea, in latino, letto e inteso nel Medio Evo; ma ne esiste un'antica versione italiana, della quale curò la stampa il geniale scrittore della Vita di Cristo, Giovanni Papini. La versione, che presentiamo ai nostri lettori, non avrà il pregio della classicità, per cui si raccomandi ai cultori delle lettere italiane; pure, ci ripromettiamo, sarà per offrire gradito pascolo a quanti nelle vite dei santi mirano alla propria edificazione. In questo ridestarsi di spiritualità e di sentimento cristiano, cui assistiamo - Dio ne sia benedetto - nella nostra Italia, oh! sì, salutiamo il ritorno della Leggenda Aurea nelle mani dei letterati, degli artisti e dei devoti; e percorrendo quelle pagine semplici, di una schiettezza che avvince, dimentichiamo un istante la vicenda turbinosa della vita contemporanea, sedotti dall'incanto di una fede vissuta dalla sorte e generosa nostra stirpe, per esperimentare ancora noi la devozione, che trabocca dal cuore, la pace raccolta in Dio. Mutato il fondo delle coscienze, anche gli ideali si mutano nella vita e nelle lettere: non piacciono più i libri scettici; i cuori sempre scontenti e sempre infelici oramai si sono orientati verso il Cristo, che redime dal peccato, e incorona i santi, i quali soffrirono, lottarono e morirono per Lui; alle anime sitibonde di vita perenne si dischiude l'ideale della santità.
Ed anche la scuola, rinata nell'era nuova, vuole conoscere e amare i santi, quali ce li ha tramandati la tradizione, l'arte, nella agiografia, dopo i Fioretti di S. Francesco, la Leggenda Aurea, nella sua sincerità nativa, per l'educazione del sentimento cristiano può essere il libro del maestro e del discepolo. Ma dobbiamo aprirlo e leggerlo con quella serena e limpida semplicità, con la quale fu scritto; e leggerlo per esserne salutarmente edificati.