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Manifesto del film di Rossellini su Sant'Agostino di Ippona

Manifesto del film di Rossellini

 

 

 

AGOSTINO DI IPPONA

di ROBERTO ROSSELLINI

 

 

 

Il film fu realizzato da Roberto Rossellini nel 1972 nell'ambito di una serie di biografie nel progetto l'Officina della Storia. Fra il 1968 e il 1974 Rossellini fu infatti impegnatissimo nel portare il più avanti possibile questo suo progetto didattico e realizzò una serie impressionante di film cercando di coprire in modo enciclopedico i momenti chiave della storia dell'evoluzione della civiltà occidentale attraverso il racconto delle idee e degli uomini che la hanno guidata.

La traccia del film narra gli ultimi trent'anni nella vita di Agostino (354-430) dalla nomina a vescovo di Ippona (nell'attuale Algeria) alla vittoria sul tribuno Marcellino (F. Garriba) nella disputa teologica con i donatisti scismatici. Sullo sfondo si sviluppa il declino dell'impero romano (con Roma messa a sacco nel 410 dai visigoti di Alarico) di cui Agostino (D. Berkani) è testimone, ma di cui annuncia il superamento. Pur non volendo Agostino come un protagonista tradizionale, Rossellini non ha saputo farne il testimone convincente di un'epoca di transizione. Non mancano i momenti eloquenti (la decisione sull'eredità tra i due fratelli Sisto e Papirio; il rifiuto dell'offerta di Siriaco; il discorso finale) né le pagine in cui la disadorna semplicità del suo linguaggio trova le sue illuminazioni (la visita in carcere e l'uccisione di Marcellino). Invece di essere epica (nel senso di Brecht), la rappresentazione dei fatti e dei personaggi risulta tranquilla e proiettata su tempi dove le vicende si stemperano. Diviso in due parti, fu messo in onda dalla RAI nell'ottobre 1972. Le allusioni all'oggi gli procurarono risentite riserve dalla critica di sinistra.

 

Regia: Roberto Rossellini

Sceneggiatura: Roberto Rossellini, Luciano Scaffa, Marcella Mariani

Attori: Virgilio Gazzolo, Giuseppe Alotta, Dary Berkani, Fabio Carriba, Bruno Cattaneo, Leonardo Fioravanti, Livio Galassi, Giuseppe Mannajuolo, Cesare Barbetti

Fotografia: Mario Fioretti

Montaggio: Jolanda Benvenuti

Musiche: Mario Nascimbene

 

Trama del film Agostino d'Ippona:

Agostino viveva in Ippona, nel cenobio da lui fondato, quando il vescovo Valerio che già l'aveva consacrato sacerdote per obbedienza, sentendosi prossimo a morire, lo designò suo coadiutore e successore. Si trovavano allora ad Ippona Alipio di Tagaste e Megalio di Calama per la riunione dei vescovi della Numidia, che accettarono la richiesta di Valerio con l'eccezione che comportava e consacrarono Aurelio Agostino tra il giubilo del clero e del popolo. Da quel momento, il santo Vescovo non conobbe più il silenzio del chiostro e, facendo violenza alle proprie aspirazioni, si dedicò interamente alla sua diocesi e all'intera chiesa africana. Fu subito attaccato dal vescovo donatista Macrobio e al debellamento di quella eresia dedicò tutte le sue forze. Nonostante che i "circumcellioni" s'aggirassero per le campagne al grido di "Deo laudes" e attaccassero ferocemente i non eretici, Agostino si batté fortemente affinché nella lotta dominasse la carità verso le persone.

Quando Marcellino, legato imperiale di Onorio, inizio una forte repressione contro i donatisti, il vescovo d'Ippona ne ospitò diversi e si recò a Cartagine per ottenere clemenza dall'autorità imperiale. Nel frattempo si eresse a campione dell'ortodossia mediante lettere, che sovente divenivano autentici trattati, e con una intensa predicazione. Rifiutò indefessamente la "intercessio apud saeculi potestates", anche se facile fonte di appoggi potenti e di elargizioni munifiche alla sua bisognosa chiesa; e, appellandosi più allo "jure coeli" che allo "jure fori", rifiutò legati che risultassero di danno ai naturali eredi dei generosi defunti. Quando Marcellino cadde in disgrazia e venne condannato dal comes Massimo, si recò nuovamente a Cartagine per confortare il prigioniero e ottenerne la liberazione.

Al retore Volusiano con chiarezza rispose che Roma aveva ceduto di fronte ai barbari di Alarico non per debolezza del cristianesimo abbracciato, bensì per la decadenza dei suoi costumi. Parlando di Roma, tracciò le linee della città celeste e della città terrestre.